Dante Segatto e il Circolo Verdi

DANTE SEGATTO   E IL CIRCOLO VERDI

 

Notizie tratte da “Il Compagno” giornale del Partito comunista , recuperato da Giampiero Galli.

 

Dante Segatto fu una figura emblematica nella storia dell’antifascismo olgiatese.

Di origine friulana , nato il 7 marzo 1878, di grande carattere e di profonda cultura  aprì la sua casa a quanti volessero imparare a leggere e a far di conto, e volessero capire l’urgenza del riscatto dei lavoratori

Fondò ad Olgiate  , dove arrivò il 13 giugno 1904, e diresse la Sezione del Partito Socialista fino alla sua soppressione, avvenuta  nell’aprile del 1926.

Quindi attorno a lui  si riunirono  gruppi di operai e di contadini ai quali leggeva e commentava i giornali del Partito   come “ l’Avanti”  e “Lotta di Classe”

Partecipò alla Prima Guerra Mondiale ritornandone  “menomato nel corpo e con la fede più temprata dalle fatiche.”

Formò la Compagnia teatrale “Vittorio Alfieri”, staccandosi da quella dell’Oratorio, dando così sviluppo all’attività teatrale, organizzata in collaborazione con i  soci del Club Apollo, prima cellula antifascista olgiatese.

Diresse per diversi anni il Cinema-Teatro  VERDI affittando  un salone posto  sull’angolo della Via…Restell .con la Via Bellotti.

Qui fu ucciso il Visurga, colpito da una squadraccia fascista.

METTERE VISURGA

 

E qui Dante fondò e diresse la Biblioteca Proletaria con lo spirito di un neofita che vedeva in questa attività  il momento più significativo per il  riscatto della classe operaia.

Per questo   fu arrestato una prima volta e dovette scontare sei mesi di carcere “per aver partecipato ad una dimostrazione anti-reazionaria davanti al Cotonificio di Solbiate Olona.

“Dal 1921 al 1924 il suo fu un dentro e fuori dalle Caserme RR.CC. alle Carceri Giudiziarie”.

Infatti nel 1924 fu condannato a otto mesi di carcere per il Processo intentatogli, a in seguito di una sua reazione armata  ad un’aggressione fascista della camicie nere.

Sempre da “IL COMPAGNO” si evince la motivazione della condanna. Il relatore scrive:

“ Era un calvario il suo vivere ma la sua fede non venne mai meno:…Ebbe la casa bruciata, il negozio di merceria e parrucchiere distrutti dalla bestiale opera dei fascisti locali e dai famigerati “13” di Busto Arsizio.   PROCESSO VEDERE LE DATE

(nota Mario Cozzi “Pino”: questo gruppo di facinorosi proveniva da Busto, esattamente da una ditta di Via XX Settembre, che utilizzava camions per il trasporto dei “13” nei paesi limitrofi, minacciando il proprietario di distruggergli la ditta se non avesse accettato di fornire loro i mezzi di trasporto per le loro incursioni.)

Fu in quella occasione che la sua pazienza traboccò: quando tra il crepitio della fiamme che distruggevano la sua casa e tra gli spari dei fascisti ubriachi di vino e di odio, udì lo straziante grido  della figlia Virginia che,ferita, cadeva tra le braccia della madre.

Egli allora imbracciò il fucile e sparò con calma sulla massa di delinquenti e  colpì un fascista , cosa che la Giustizia di allora fece passare per un pacifico passante.

Il compagno Segatto ebbe otto mesi di galera ed in più ebbe il figlio Mario, attualmente sindaco di Oleggio, confinato per tre anni.”

Dante Segatto morì nel 1942 ma il suo ricordo è rimasto vivo nel  “SUO CIRCOLO VERDI”   che durante il Regime fu tenuto sempre sotto pressione perché riconosciuto  come “covo eversivo.”

 

IL CIRCOLO – TEATRO VERDI

 

Il Salone –Teatro del Circolo Verdi era adibito anche alla proiezione di films muti, durante la proiezione dei quali Dante accompagnava l’azione suonando motivi al pianoforte .

Nacque subito un contrasto con il Regime già prima dell’attuazione del DOPOLAVORO, avvenuta il 2 luglio 1929, perché l’Istituto LUCE programmava la proiezione di films sulle pubbliche piazze utilizzando furgoni cinematografici che si spostavano

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Da “Gli anni del Regime: 1925-1939”

Eva Paola Amendola – Pasquale Iaccio.    Editori Riuniti

“Il fascismo fu abile….nel piegare alle proprie finalità anche forme di spettacolo, adattandole alla nuova situazione….Basterà accennare ai famosi CARRI DI TESPI ideati da Giovacchino Forzano  nel 1929 e rimasti in auge fino alla seconda guerra mondiale”

Lo scopo fu quello di ingaggiare compagnie teatrali, talvolta di buon livello e altre volte raffazzonate, che avevano lo scopo, spostandosi nei vari paesi della Provincia, di propagandare il pensiero del nuovo Regime

I Carri di Tespi furono ampiamente utilizzati dall’Opera Nazionale Dopolavoro , appoggiata  dal Partito fascista e dalle altre istituzioni.

Questi complessi  teatrali erano formati sia da adulti che da scolari  e si spostavano con camions o in treno ; avevano un grosso impatto propagandistico sulla popolazione che accorreva in massa a vedere le loro rappresentazioni che erano sostenute dalla stampa sia nella presentazione dei vari gruppi che nel commento  dopo le manifestazioni.

 

IL CINEMA

Anche i furgoni cinematografici avevano la stessa funzione del Carro di Tespi.

Si spostavano con facilità, avevano bisogno di pochissime attrezzature (bastava un telone) ed attiravano moltissima gente sulle piazze dove venivano proiettati film solitamente propagandistici. Il tutto era gestito dall’Istituto Luce.

Questo Istituto organizzava anche la distribuzione dei films nei diversi  cinematografi di città e paesi, controllando però  che tutti ritirassero le pellicole da proiettare, pena richiami e sanzioni.

Il Cinema – Teatro  Verdi di Olgiate Olona ebbe diversi richiami in  proposito.

 

 

Terminato il periodo di detenzione sia lui che la sua famiglia conobbero momenti drammatici di assoluta indigenza.

 

 

Il motivo ufficiale era l’atteggiamento del Circolo-Teatro Verdi nei confronti della distribuzione dei films LUCE, films che non venivano ritirati dalla gestione Segatto perché imposti dal Regime e per il loro contenuto prettamente propagandistico.

Numerosi furono i richiami da parte del LUCE nell’anno 1928.

 

21 febbraio 1928

AL PODESTA’ DI OLGIATE OLONA

“La presente per comunicarle che il Cinematografo VERDI ….non ha provveduto a ritirare

le nostre (sic) films né è mai passato da noi per opportuni accordi

 

Un richiamo del 31 marzo 1928 dice  ” Ci facciamo dovere di avvertire la  S.V. Ill.ma che il  Cinematografo VERDI non ha ritirato il film “ LA SOMALIA PITTORESCA”.

 

In data 9 aprile 1928. la lettera al Podesta’  ha come oggetto  è il non ritiro del film “ORME DI BOTTEGO”.

 

L’ultimo richiamo reca la data del 6 maggio 1928.

 

E la ritorsione non si fa attendere nel rifiutare alla Sig. Tosi Maria in Segatto , la moglie di Dante, le gestione del Cinematografo VERDI ,nonostante le richieste del podestà

.

Olgiate Olona 18 giugno 1928

 

 

La vicenda della  gestione del Cinema –Teatro Verdi  diventa drammatica quando una lettera del Commissario Prefettizio di Olgiate Olona comunica al Questore di Varese quanto segue.

 

Olgiate Olona 18/6/1928 –VI

Oggetto.Tosi Maria in Segatto. Ciname-Teatro Verdi.

 

Nello scorso anno, non essendo stata accolta da codesta R.Questura la domanda dell’emarginata Tosi Maria in Segatto per l’autorizzazione a gestire il Cinema-Teatro Verdi in questo Comune, venne accordata l’autorizzazione stessa a certa Lualdi Antonia.

Essendo però in seguito risultato che la nominata Lualdi era solamente un prestanome, questo Podestà ritenne di non dover dar corso alla di lei domanda per la rinnovazione trimestrale della licenza (…..) e quindi il Cinema è  ora  chiuso.

            Ciò premesso, e tenuto presente che la condotta della famiglia della Tosi Maria (il riferimento è al marito Segatto Dante. ndr.)  è tale da essere graziata moralmente del suo passato,

(………) prego l’Ill.ma S.V. a significare se una domanda della ripetuta Tosi Maria (……) potrebbe  ora essere accolta (…) per non privare ulteriormente la Tosi stessa dell’onesto guadagno necessario alla sua famiglia.

 

 Sopralluogo Circolo Verdi

Nel rifiuto di concessione del Circolo Verdi alla moglie di Dante Segatto, perché  elemento sovversivo,si inserisce l’incarico dato al De Carli Arnaldo

In seguito alla pressione del  nuovo gestore,  per  verificare l’agibilità della struttura del Circolo Teatro , una Commissione fu attivata allo scopo.

VERBALE DI VISITA ESEGUITA DALLA COMMISSIONE PROVINCIALE DI VIGILANZA DEI LOCALI DI PUBBLICI SPETTACOLI NEL CINAME –TEATRO VERDI.

L’anno 1929, il giorno 5 aprile….in seguito all’istanza in data 15 marzo 1929, con la quale il Sig. De Carli Arnaldo ebbe a richiedere la visita ai locali del Cinema-Teatro Verdi, (la Commissione) si è recata sopraluogo constatando quanto appresso:

  1. Il Cinema predetto risulta locato a pian terreno, posto in Via Restelli.
  2. La sua lunghezza è di m. 25,65, di cui m.6.50 sono adibiti a palcoscenico
  3. La larghezza è di m.7.40 …la sala è completamente occupata da posti a sedere.
  4. OMISSIS
  5. I posti, salvo le variazioni che si ritenessero necessarie, restano stabiliti cosìSecondi posti         n.   200                                                                       Per copia conforme Varese 6 aprile 1929-VIIIl figlio di Dante, Leonida Segatto, aveva inoltrato una richiesta di gestione del Cinema-Teatro VERDI.            QUESTURA DI VARESE                                                                                                          7 ottobre 1930                        “Segatto Leonida, di Dante, di anni 22 da costì, ha prodotto istanza a quest’Ufficio per ottenere l’autorizzazione a Cinema Verdi di codesto Comune.            Gradirò cortese riscontro.In calce a questa lettera c’è una nota del podestà che dice “Chiedere parere scritto al Segretario Politico”,    Frimato Mario Guidi,.Rsiposta:                                                                                                                      21 OTTOBRE 1930                                                                       Il Segretario Politico            La relazione autografa del Podestà ha come            “ Il Segretario Politico di qui, mi comunica che la persona in margine indicata è già stata segnalata all’Ufficio Politico come individuo politicamente sospetto ed appartenente a famiglia notoriamente sovversiva e pertanto ritengo LA DETTA PERSOPNA NON MERITEVOLE DELLA RICHIESTA AUTORIZZAZIO.             QUESTURA DI VARESE                                                                                              2 NOVEMBRE 1930 – VIII –            Vorrà restituire al Segatto le unite marche da bollo ecc…
  6.                                                                                   IL QUESTORE
  7.             “In relazione al parere contrario ed a quanto riferito dalla S.V. con nota n. 2218 del 25 ottobre u.s. prego comunicare che la sua domanda ad ottenere la licenza di pubblici spettacoli cinematografici non è stata accolta.
  8.                                                                        AL PODESTA’ DI OLGIATE OLONA
  9. Di conseguenza
  10.                                                                                   IL PODESTA’ (c’è solo una sigla)
  11. OGGETTO: Cinema Verdi – Segatto Leonida.
  12.                                                                                   ( OMISSIS)
  13.             “Il nominativo di cui a margine è già stato segnalato all’Ufficio Politico come individuo politicamente sospetto ed appartenente a famiglia notoriamente sovversiva.”
  14.             PARTITO NAZIONALE FASCISTA – Sezione di Olgiate Olona
  15.                                                            IL QUESTORE (firma illeggibile)
  16.             Prego fornire parere in merito…ove non esistano i motivi che ostino al rilascio della licenza.
  17. Oggetto: Segatto Leonida CIRCOLO VERDI ( ndr. È la prima volta che è detto CIRCOLO)
  18.                                                                                   AL PODESTA’ DI OLGIATE OLONA
  19.             Ma la risposta è in questi termini:
  20. TOTALE               n. 300
  21. Primi posti             n. 100

 

 

 

 

 

 

 

IL COMMISSARIO PREFETTIZIO

(manca la firma)

Il Commissario Prefettizio era Mario Guidi, incaricato di reggere il Comune fin dal 15 marzo 1928, dopo che Pietro Bianchi aveva rassegnato le dimissioni da Podestà.

 

La fine del Cinema-Teatro Verdi potrebbe essere fissata al mese di aprile 1930 ,come risulta da una lettera del Podestà di Olgiate Olona, a seguito di una richiesta di elenco dei cinematografi attivi in paese.

 

COMUNE DI OLGIATE OLONA 10 ottobre 1930 –VIII –

Oggetto: Elenco cinematografi.

On.Ufficio del Registro

BUSTO ARSIZIO

            Ad evasione della nota sopraindicata comunico che in questo Comune esisteva un  solo cinematografo assegnato alla 4^ categoria, ma lo stesso venne chiuso d’ordine dell’autorità di P.S .nel mese di aprile ultimo scorso.

                                                                                  Il Podestà

(Mario Guidi)

Il nuovo Podestà aveva ricevuto la nomina in data 6/12/1928

 

 

Quando poi il Cinema-Teatro Verdi si trasferì nell’attuale sede, dove avvennero molti fatti legati alla Resistenza, siamo nei primi anni del 1930, il locale fu occupato dalla falegnameria del Roveda.

Il Circolo Verdi,negli anni del Regime , era la sede che i fascisti tenevano d’occhio per attività sovversiva   e  per l’appoggio all’azione dei sabotatori

 

 

 

Il   13 NOVEMBRE 1982 ,   il figlio di Dante Segatto, Edoardo, in arte Dino d’Alba, riceve una lettera dalla DEGRETERIA GENERALE  della PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA nella quale il Segretario Generale lo informa che “ Su quanto in essa prospettato si è provveduto ad interessare l’Amministrazione Comunale di Olgiate Olona”.

Con ogni probabilità il figlio doveva aver spedito una missiva allo scopo di poter riabilitare la memoria del padre Dante.

In base alla comunicazione della SEGRETARIA GENERALE, Edoardo indirizza una lettera al

COMUNE DI OLGIATE OLONA

 

“Faccio inoltre presente alla Vostra attenzione, che altri documenti (fotocopie di processi fascisti nei confronti di mio padre e di una lettera di interessamento da parte dall’allora Presidente del Consiglio On.Alcide De Gasperi) sono stati  da me consegnati presso questo Comune.

Ringraziando profondamente per quanto vi proponete di fare alla memoria di mio padre, in fede mi firmo e porgo i più profondi ossequi.

SEGATTO EDOARDO

 

La lettera ha un epilogo nella risposta del Sig;: Sindaco di Olgiate Olona, Geom:Valerio Mola, datata 29 giugno 1994 e indirizzata al Sig: Edoardo Segatto, Via Landriani 15:

“Come d’accordo, Le invio una copia della delibera di Giunta Municipale con la quale si è provveduto ad intestare una Via Comunale a Suo padre Dante.

Certo di farLe cosa gradita, colgo l’occasione per porgerLe cordiali saluti.

IL SINDACO

(Geom.Valerio Mola)

 

Oggi una traversa della Via Diaz è dedicata a D. SEGATTO voluta dall’Amministrazione Comunale a ricordo di questo personaggio che ha scandito per diversi anni la vita del paese, iniziando dalla organizzazione della Compagnia Teatrale, del Club Apollo, notoriamente antifascista e con la fondazione del Cinema-Teatro VERDI che diventò poi l’attuale CIRCOLO VERDI.

AGGIUNGERE FOTOCOPIA DELLA DELIBERA

 

 

COLOMBO SAPORITI MARIA

Mi ricordo che  alla sua attuale collocazione venne chiamato  il Circolo “ de la cruseta” perché li di fianco c’era una croce di ferro , e c’è tuttora, sul cancello del Franchi, ; croce che era stata posta  su una montagnola di detriti quando i Saporiti costruirono la casa nel 1911.

Le gente di Olgiate chiamò per molti anni il Circolo Verdi  come il  “Circolo de la cruseta”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Cenni introduttivi

BREVI CENNI SULLE MODALITA DELL’ARRIVO AL POTERE DEL FASCISMO

 

 

                                                       GIAMPIETRO GALLI   “GIOVANNI

( Membro del Direttivo Provinciale dell’A.N.P.I. –Varese e

e del Direttivo dell’A.N.P.I. di Olgiate Olona.)

L’avvento del Fascismo in Italia non fu un fatto casuale ma la conseguenza dei lunghi anni di stenti e di crisi per il popolo, che nella maggior parte dei casi  vide soffocate nel sangue, dagli interventi del Regio Esercito, le sue lotte e le rivendicazioni sacrosante contro le disastrose politico –  economiche  seguite dai Governi.

 

Nel 1913, mentre l’economia di tutto il mondo veniva colpita dall’ennesima crisi, le contraddizioni della politica imperialista stavano per esplodere nella I° Guerra Mondiale; per l’Italia la crisi del 1913 non fu come la precedente del 1907, cioè una brusca interruzione temporanea di una fase d’espansione, ma l’aggravamento di un processo di declino già in atto da alcuni anni.

 

Il primo tentativo di superare la “stagnazione” fu la guerra nel 1911 contro la Turchia, con lo scopo di occupare la Libia,. La guerra di Libia fu decisa sotto le pressioni di gruppi industriali e bancari interessati sia alle forniture militari, che agli investimenti in quel paese; mai come in questa guerra, la commistione fra affari economici e politica fu più stretta.

 

La Guerra libica salvò gli investimenti del gruppo bancario· che si era economicamente esposto per favorire la penetrazione italiana nel Mediterraneo. Questo gruppo fin dal 1907 aveva aperto filiali a Tripoli nel tentativo di stabilire una forma di controllo dell’economia libica. Con la guerra sul suolo africano, il governo Giolitti diede un sostegno tangibile alle richieste dei gruppi finanziari e industriali per lo sfruttamento di terre turche, in particolar modo per le miniere di carbone turche sul mar Nero e le concessioni ferroviarie in Anatolia. La manovra del governo permise il salvataggio delle industrie siderurgiche, che alla rovina e cariche di debiti, si rivelavano incapaci di reggere la concorrenza internazionale, i debiti furono liquidati con 96 milioni di lire (garanzie statali) in nome “del supremo interesse dello Stato” e la produzione assicurata dalle commesse per gli armamenti.

 

Le 5 maggiori industrie siderurgiche, tutte private, si fusero in un unico monopolio; per la prima volta furono usati gli autocarri nel deserto e gli aerei; l’innovazione costituì un “lancio” per l’industria aeronautica italiana ma, sul piano economico generale, la Guerra libica fu ben lontana dal risolvere la crisi che lo spettro della “stagnazione” manifestava; diede respiro a qualche industria, ma per contro: 70.000 italiani furono cacciati dalla Turchia;  3.431 furono i morti e 4.220 i feriti o mutilati. Anche l’industria tessile, che da un lato ebbe una boccata d’ossigeno per gli ordinativi dell’esercito, dall’altro subì un grave colpo per la perdita delle esportazioni in Medio Oriente[1].

 

Quando Giolitti ritornò al Governo nel 1911 si propose di attuare alcune importanti riforme:

 Riforma della Scuola –Il primo impegno fu dare attuazione al programma del governo Luzzatti, promovendo la legge Daneo-Credaro che, già discussa alla Camera nel 1910, venne fortemente osteggiata dai cattolici perché assegnava allo stato la maggior parte delle scuole elementari.[2] Nonostante l’iter lungo e faticoso, tale legge che non risolse il grave problema dell’analfabetismo, apportò comunque un notevole progresso, migliorarono infatti le condizioni economiche e la preparazione dei maestri e furono istituite nuove scuole.

La facoltà del Re per la scelta dei senatori – Sulla proposta di modifica all’art. 33 dello Statuto, l’apposita Commissione pur ammettendo la possibilità di una legge interpretativa, diede un parere negativo bloccandola al Senato. Al Re rimase quindi la facoltà nella scelta dei senatori.

Il suffragio universale – Il 4° Ministero di Giolitti disegnò anche una riforma elettorale che diventò elemento qualificante in senso democratico del programma giolittiano; infatti prevedendo il suffragio universale, prevenne una mobilitazione del P.S.I. e della C.G.d.L. (Confederazione Generale del Lavoro) che in merito stavano impegnando gli iscritti.

La nascita dell’INA – Altro punto qualificante che precedette la riforma elettorale, approvata nel giugno del 1912; fu l’istituzione del Monopolio di Stato delle Assicurazioni sulla Vita. La proposta di legge presentata alla Camera il 3 giugno 1911 (la riforma elettorale il 9 dello stesso mese). scatenò grandi polemiche e interventi infuocati da parte della stampa; la discussione fu sospesa in concomitanza del periodo feriale e per l’inizio della guerra di Libia; ripresa nel febbraio del 1912 venne approvata il 4 aprile dello stesso anno e diede vita all’INA (Istituto Nazionale Assicurazioni).

 

La crisi del 1913 investì tutte le industrie, il mercato azionario registrò un calo preoccupante, le importazioni superarono le esportazioni di 1.200 milioni, le aziende licenziarono in massa.

Non vi sono dati precisi sull’aumento della disoccupazione ma, in quell’anno emigrarono 872.528 persone, probabilmente disoccupati. .In un solo anno se ne andò il 2,5 % della forza lavoro.

Lo sbocco di questa grave crisi fu “la Grande Guerra”, “mai prima del 1914 si erano visti tanti uomini in armi, mai erano stati usati armamenti tanto micidiali, mai si erano verificate perdite di vite umane così enormi; mai erano state mobilitate tante risorse, mai era stata distrutta una cosi grande quantità di ricchezze”.

 

La Grande Guerra accelerò e fece precipitare alcuni processi già in atto, determinando nello scacchiere mondiale mutamenti di grande importanza.

La guerra combattuta in Europa ne indebolì gravemente la struttura economica, mentre si andava rapidamente rafforzando quella americana e giapponese; l’imperialismo europeo perse importanti mercati in America Latina, in Asia, in Africa.

La Rivoluzione Bolscevica fu l’altro grande evento; nel 1917 l’impero degli Zar venne spazzato via dalla rivoluzione proletaria. La Rivoluzione d’ottobre condizionò tutta la storia d’Europa e del mondo intero, dando inizio ad un’accentuazione della lotta di classe nei paesi capitalistici, stimolò la lotta di emancipazione dei popoli coloniali, ma soprattutto diede inizio alla divisione del mondo in due parti economico-sociali contrapposte: quella socialista rappresentato dall’U.R.S.S. e quella capitalistica dominata dalle potenze imperialiste.

 

Secondo calcoli attendibili, i morti della prima guerra mondiale fra tutti i belligeranti furono circa 10 milioni (più del doppio di tutti i caduti nelle guerre del XIX secolo)[3] e circa 20 milioni i feriti e gli invalidi, dei quali almeno 6 milioni permanenti. Per quanto riguarda l’Italia, secondo i dati dell’Ufficio Statistico del Ministero della Guerra, i morti dell’esercito risultarono 571.000 e gli invalidi 451.645, ai quali bisogna aggiungere 57.000 morti in prigionia e altri 60.000 soldati, considerati prigionieri e mai rientrati in Italia. A questa triste lista vanno aggiunti 500.000 morti per l’epidemia di “Spagnola”.

La Grande Guerra costò quindi all’Italia circa 1.200.000 morti e più di 500.000 invalidi civili. Accanto all’ecatombe umana, va aggiunto il costo economico con un pesante accrescimento della spesa pubblica. In Italia vi fu anche un vasto movimento contro la guerra, la resistenza della popolazione, anche se disorganizzata, fu molto dura. Le persone denunciate furono 870.000, 101.665 condannati per diserzione, 24.500 per indisciplina, 10.000 per mutilazione volontaria, 5.300 per resa o sbandamento. Le condanne all’ergastolo furono 15.000, quelle a morte 4.028. Più che una protesta organizzata dalla propaganda, la resistenza fu una reazione spontanea contro gli orrori della guerra.

Durante il conflitto la condizione economica dei lavoratori e delle loro famiglie andò sempre più peggiorando; nell’agosto del 1917 il malcontento popolare esplose a Torino dove venne a mancare anche il pane, già da mesi in tutta Italia scoppiavano sommosse e tumulti, ma la protesta popolare non riuscì a fermare il macello in atto.

La guerra bruciò in breve tempo la metà delle ricchezze nazionali: dei 100 miliardi di ricchezze che l’Italia aveva, (secondo il calcolo degli economisti), ne vennero spesi 48. Il finanziamento bellico fu realizzato mediante un gigantesco indebitamento dello Stato,[4] che tocco alla fine i 69 ml e 200 milioni, oltre ai debiti contratti con gli Stati Uniti pari a 8 miliardi e 537 milioni di lire oro e con l’Inghilterra  15 miliardi e 400 milioni di lire oro. Il prezzo di cotanto scempio venne caricato soprattutto sulla popolazione e sui lavoratori..

L’elevata disponibilità di forza lavoro e l’economia di guerra permise agli industriali di imporre il blocco dei salari, i profitti per contro assunsero dimensioni stratosferiche: gli utili “ufficiali” dei siderurgici arrivarono a più 16% e quelli dell’industria chimica a più 15%. La grande abbuffata delle forniture belliche, attirò solo nell’ultimo anno di guerra 3.000 milioni di investimenti privati. La guerra fu un affare grosso e lucroso per tutti i gruppi industriali e bancari e la lotta tra di essi non aveva nulla di patriottico ma fu una mera spartizione di bottino e di concentramento di capitale. La coalizione si manifestò subito nel campo siderurgico e meccanico, con il grande rafforzamento dell’ILVA che estese la sua influenza nel settore della meccanica pesante. Il nuovo gruppo dirigente, Max Bondi, Arturo Luzzato e Cesare Fera, estromettendo Attilio Odero, modificò  il carattere dell’azienda fondendola con la Piombino, le Ferriere Italiane, la Ligure Metallurgica e la Siderurgica di Savona. Nascono l’ILVA Altiforni e le Acciaierie d’Italia. Bondi però non riesce nell’intento d’impadronirsi delle acciaierie di Terni dove, a breve, diventa presidente Attilio Odero.

L’Ansaldo sopravanzò ogni altra impresa nella fornitura di materiale bellico; produsse infatti 10.000 bocche da fuoco, più di 6.000 affusti, 11.000 carriaggi, quantità enormi di munizioni, costruì anche 3.000 aerei, più di 1.500 motori di aviazione, 96 navi da guerra, tra la quali una corazzata. Divenne una società Trust verticale poiché estese la sua attività direttamente o con affiliate, dalle miniere di Cogne Val d’Aosta, al campo idroelettrico, alla produzione della ghisa e dell’acciaio.

Durante la guerra la FIAT passò dal 30° al 3° posto nella graduatoria delle Industrie Italiane, aumentò i propri dipendenti da 4.000 a 40.000 e produsse più di 70.000 automezzi, dei quali 63.000 per le forze armate italiane ed alleate; fabbricò più dell’80% dei motori d’aviazione e fu di gran lunga la maggior produttrice di mitragliatrici, estendendo la sua influenza su società minori. La FIAT si dedicò anche alla fabbricazione di aerei in concorrenza con altre società del nuovo settore quali la Caproni, la Macchi, la Breda.

Giovanni Agnelli, il suo capo, agì saggiamente nel campo delle partecipazioni finanziarie usando maggior prudenza dei fratelli Perron e dei nuovi dirigenti dell’ILVA.

Anche l’industria chimica ricevette dalla guerra un grande impulso, tra le varie aziende spicca in particolare la società Montecatini, diretta da Guido Donegani.

Alla fine della guerra questi grandi gruppi industriali iniziarono la “scalata alle banche”, mettendosi in concorrenza fra loro, tanto che il Ministro del Tesoro Nitti, nel giugno dello stesso anno, intervenne per imporre una tregua ai contendenti[5].

 

Lo scempio causato dal catastrofico evento e la conseguente inflazione del dopo guerra, accentuarono il processo di differenziazione sociale; gli ex combattenti vittoriosi trovarono la Nazione nelle condizioni di un paese sconfitto, debiti colossali, diminuzione della produzione agricola, ridimensionamento dell’industria, licenziamenti, disoccupazione. Sia al Sud come al Nord, il reinserimento di oltre 4 milioni di reduci, pose drammaticamente il problema dell’esuberanza della manodopera. Nei primi mesi del 19 i prezzi dei generi di prima necessità subirono aumenti drammatici, la chimerica illusione che la vittoria ottenuta avrebbe spazzato via le difficoltà economiche svanì, il malumore del popolo che si ritrovò sul lastrico sfociò in una possente ondata di scioperi, guidati dalla C.G.d.L in prevalenza socialista, dall’ USI di stampo anarco sindacalista, in forma minore dalla C.I.L. appena costituita e sostenuta dal nascente P.P.I. di don L. Sturzo ed infine dalla U.I.L.[6]. Il numero degli iscritti ai sindacati in continuo aumento, agli inizi del 1920 arrivò a toccare 3.800.000 adesioni. Fra il 1918 e il 1919 i lavoratori strapparono pacificamente  le 8 ore e vari miglioramenti salariali, il reddito reale aumentò del 25%, i braccianti nelle campagne ottennero anche il controllo del collocamento e l’imponibile di manodopera.

 

Nel 1919 faceva capolino anche il Movimento Fascista, infatti nel 1918 con cospicui finanziamenti degli industriali, in prima fila i Perrone, Mussolini era riuscito a tenere in piedi il “Popolo d’Italia” giornale che all’origine si qualificava socialista.. Con i nuovi finanziamenti Mussolini cambiò il sottotitolo da “quotidiano socialista[7] a “quotidiano dei combattenti e dei produttori” un termine tipico dell’ideologia nazionalista, che implicava l’abbandono del concetto della lotta di classe. Nel 1919 interrotti i finanziamenti dei Perrone, Mussolini ottenne l’appoggio finanziario di Max Bondi quindi dell’ILVA; fondò il movimento fascista, formato da gruppi di reduci, ex ufficiali in congedo, ex arditi d’annunziani, deboli minoranze della borghesia che si presentava come un fenomeno ancora ristretto. Al congresso di Firenze del 1919  la nuova formazione politica contava 17.000 iscritti con 56 fasci costituiti in tutto il territorio nazionale, un movimento politicamente quasi inesistente.

Il Movimento fascista diverrà Partito fascista nel 1921.

 

Nel 1920 l’ombra di una nuova crisi capitalistica si addensava minacciosamente; nel mese di maggio ci fu un forte incremento del costo della vita, che salì del 60% circa rispetto al 1919; in base a ciò i Sindacati chiesero un aumento salariale del 40%. Nel frattempo alla Presidenza del Consiglio salì Nitti succedendo a Orlando; con le elezioni del 1919, i liberali democratici al Governo erano sostenuti dal P.P.I. che aveva ottenuto il 20% dei voti, i Socialisti, con il 32% dei voti, restarono all’opposizione·, i fascisti in quella tornata elettorale non ottennero alcun seggio[8].

 

Con l’aumento del costo della vita nel 1920 iniziarono scioperi e tumulti di fronte ai quali  si registrò una resistenza padronale più aspra delle precedenti; molto più frequenti e più violenti divennero gli interventi della forza pubblica, gli scioperi rivendicativi si svolsero durante l’inverno e la primavera di quell’anno. Ma lo scontro di classe più significativo, che segnò l’inizio della rivincita padronale e l’inasprirsi dei contrasti in seno al movimento operaio ed al PSI, avvenne nei mesi di marzo ed aprile a Torino ed ebbe, come oggetto principale, la nuova istituzione operaia “I consigli di fabbrica”, fortemente voluti dagli ordinovisti di Gramsci e Tasca, fondatori del Giornale e del Movimento “Ordine Nuovo” di cui Gramsci divenne ben presto il teorico più coerente[9].

In quel frangente anche Agnelli, Presidente oltre che della FIAT anche dell’AMMA “Associazione Industriale Metallurgici e Meccanici Piemontesi”, che nel 1919 assunse un atteggiamento più conciliante verso la rivendicazione operaia, si convinse della necessità di opporsi energicamente ai Consigli di fabbrica e, in un incontro con il Prefetto di Torino, minacciò la serrata entro pochi giorni per rispondere alla pressione degli operai.[10] La lotta durò dal 29 marzo al 23 aprile ed impegnò dapprima 50.000 operai metalmeccanici FIAT, poi dal 15 aprile 120.000 lavoratori della città  e della provincia. La posta in gioco era molto alta, la resistenza industriale fu durissima; con l’appoggio di Nitti quei giorni Torino fu militarizzata: 50.000 uomini fra guardie regie, carabinieri ed esercito fronteggiarono gli scioperanti, gli industriali non badarono a spese, arruolando  volontari e crumiri in funzione antisciopero generale. Il Fascio di Torino, con un centinaio di iscritti,  appoggiò gli industriali e, all’indomani della fine degli scioperi che segnarono la sconfitta operaia, Mussolini salutò con entusiasmo sul “Popolo d’Italia”  la vittoria degli industriali,.[11] ma le rivendicazioni operaie non cessarono.

L’ottavo congresso FIOM approvò in maggio una piattaforma rivendicativa, preparata dall’allora segretario FIOM Bruno Buozzi che, come abbiamo visto, chiedeva aumenti salariali del 40%. Cadde il governo Nitti e iniziò il quinto ministero di Giolitti; nel frattempo, adottando una tattica provocatoria, il padronato spinse deliberatamente gli operai a occupare le fabbriche con lo scopo di unire in un fronte unico tutti gli strati borghesi del Paese e perciò chiedere l’intervento del Governo. L’occupazione delle fabbriche fu, per i lavoratori fiaccati da dure lotte precedenti e divisi politicamente al loro interno, una scelta obbligata.

I seicentomila operai asserragliati negli stabilimenti, nonostante le loro divisioni e contraddizioni interne, condussero una lotta di straordinaria potenza e capacità organizzativa che cozzò contro il compatto schieramento reazionario.

 

Il 5° Governo Giolitti intensificò l’azione governativa coinvolgendo soprattutto i prefetti di Milano e Torino, Lusignoli e Taddei, il sottosegretario agli interni Corradini ed, in particolare, il Ministro del lavoro Labriola,[12] con lo scopo d’attenuare il contrasto e favorire la soluzione della vertenza. Labriola ottenne dalla FIOM la sospensione delle occupazioni, se la controparte avesse accettato l’apertura delle trattative, ma gli industriali rifiutarono, proclamando la serrata in tutta Italia. Gli operai, per nulla intimoriti, non uscirono dalle fabbriche ed il movimento si estese a macchia d’olio in tutta la Nazione.

La questione della vertenza approdò in Parlamento dove,  in un discorso rimasto famoso, Giolitti spiegò le ragioni del Governo e del suo mancato interventismo a tutela delle tesi industriali, rese infine noto l’accordo con la C.G.d.L. e con i riformisti socialisti, che avevano la maggioranza all’interno dello stesso sindacato, per lo sbocco politico della vertenza, scongiurando così uno scontro tra le forze dello Stato e quelle popolari[13]. Con questo discorso sia pur in sordina il governo Giolitti e Labriola si inserirono nella trattativa, superarono le rispettive intransigenze ed il 19 settembre a Roma, con la mediazione del Governo,[14] venne siglato l’accordo fra lavoratori e industriali che prevedeva aumenti salariali ed il riconoscimento del controllo, da parte operaia, delle industrie.

Infine lo stesso Giolitti firma un decreto che istituisce le commissioni paritetiche formate da  6 rappresentanti sindacali e 6 rappresentanti dell’azienda.

 

Ma lo scontro proseguì; gli industriali ringalluzziti dalle divisioni operaie e delle loro istituzioni, che sfociarono poi nella scissione di Livorno nel gennaio 1921 dove furono presentate per la prima volta le tesi sulla natura e sulla funzione del Partito Comunista d’Italia, attuarono una svolta decisiva per il totale recupero del controllo della produttività e del costo del lavoro. La borghesia italiana rinunciò a qualsiasi idea riformista e passò ad un programma di liquidazione violenta e globale del movimento operaio: il Partito Fascista, già ampiamente finanziato, ne fu lo strumento. Iniziarono così negli ultimi mesi del 1920 e nei primi mesi del 1921, per poi proseguire negli anni, violenze ed intimidazioni di ogni tipo; l’assassinio, la vendetta, la sopraffazione e l’intimidazione, divennero strumenti di lotta politica tollerati dalle autorità e favorite del potere capitalistico. Nonostante tutto, alle elezioni politiche anticipate, indette da Giolitti. nel maggio del 1921, le forze di reazione furono sconfitte, ma quelle elezioni segnarono anche il declino di Giolitti, del Riformismo di allora e l’entrata in Parlamento di uno sparuto gruppo di fascisti eletti nel cosiddetto “blocco sociale”: era il preludio della Marcia su Roma, avvenuta poi nell’ottobre del 1922. L’escalation della violenza comportò nei primi mesi del 1921 la distruzione di 17 tipografie e sedi di giornale, 59 case del popolo, 119 C.D.L. e 107 cooperative fra cui , nella nostra zona, quella di Fagnano Olona ed il Circolo G. Verdi di Olgiate Olona;  fatti, come vedremo, cruenti ma che nonostante tutto non intimidirono i nostri predecessori, concittadini e nonni.

Nelle elezioni del 15 maggio, nonostante i gravi fatti funesti, i socialisti a Olgiate ottennero 447 voti, 89 i comunisti, 120 i popolari e, solo 39 il blocco formato anche da fascisti. In questo grave clima di intimidazioni, violenze e assassini maturò la marcia su Roma.

I fascisti, giunti al potere passarono subito alla realizzazione dei loro programmi, imponendosi con leggi liberticide. Gli anni 1924-1926 segnano la legalizzazione della fascistizzazione dell’Italia  attraverso provvedimenti e decreti legge che esautoravano il Parlamentoe che imponevano, come legge dello Stato,  le leggi dei “manganellatori.”[15]

Nel 1926 il Consiglio dei Ministri  decreta: la soppressione di tutti i giornali d’opposizione, lo scioglimento di tutti i Partiti e delle altre organizzazioni contrarie al regime, istituisce il confino, il carcere per reati politici e la pena di morte.

Olgiate, la Valle Olona ed i grossi agglomerati come Legnano, Busto e Gallarate, con gli insediamenti industriali cotonieri, metalmeccanici e chimici furono sempre nell’occhio del ciclone, con scioperi, occupazioni, attività politiche che  ancora nel 1921 resistevano fieramente al sopruso ed  alla violenza.

Anche dopo l’ascesa Fascismo al potere, uomini e donne si opposero fieramente con ogni mezzo al regime, dando vita a biblioteche popolari, ad associazioni culturali, a compagnie  teatrali, a gruppi di difesa, alla solidarietà spiccia che il giogo fascista osteggiava e sopprimeva.

 

[1] G. Candeloro La Storia d’Italia Libro 7° cap. 4°

1) G. Candeloro – La Storia d’Italia Volume 8° pag. 222.

[5]  Su rapporti fra i Nitti e i Perrone si veda Monticone, Nitti e la Grande Guerra. Da pag. 199 a pag. 253.

[6] Organizzazione sindacale interventista nata durante la guerra da una scissione del’USI.

[7] G. Candeloro – Storia d’Italia Volume 8° pag. 275.

[8] G. Candeloro –“ La Storia d’Italia “  Volume 8° pag. 301.

[9] A. Gramsci – L’Ordine Nuovo 1919-1920  –  Einaudi Torino 1954 da pag. 27 a pag 48.

[10] G. Candeloro – “Storia dell’Italia moderna”, vol. VIII , pg. 308

[11] G. Candeloro, op. citata , vol. VIII, pg. 309

[12] Vedi Telegrammi Ministeriali pubblicati da C. Vallauri “L’atteggiamento del governo Giolitti di fronte all’occupazione delle fabbriche.” Milano Giuffrè 1965 – pag. 35., citato da G. Candeloro, op. citata, vol. VIII pg. 327.

[13] Giolitti Discorsi parlamentari Cit. dal Vol. IV pag. 1787.

[14] G. Candeloro  – La Storia d’Italia Volume 8° pag. 332.

[15] W. Tobagi 1973 “ Gli anni del manganello”: premessa le leggi del Regime.

Fascismo e Resistenza

         CLUB    APOLLO

                                         SVAGO E POLITICA

 

Angelo Borsetta

            Quando sono tornato dalla prigionia ,nel 1918, fui assegnato alla Compagnia di Novara quindi potevo tornare a casa ogni sabato ed ebbi occasione di avvicinare diversi amici amanti del teatro, come Visurga, Dante Segatto, Grampa, Colombo, Ganna,  Duvia Ermanno….Dicevamo “Andiamo che facciamo il teatro”. Ma prima di quello si pensò di fare un Circolo.  Ci si incontrava  anche con persone che non avevamo mai visto, e si diceva :”Proviamo a fare un Circolo, un posto di ritrovo per noi…per poter contare la nostra storia. E siamo andati subito d’accordo… abbiamo raccolto 5 lire ciascuno per farci soci.

            Si trattava di trovare il luogo adatto ed il Visurga disse :”Andiamo dal Mentèn, (Colombo Clemente) che ha un locale libero.

 

La posteria del Mentèn

negli anni venti.

(Mario Colombo)

 

 

 

 

 

 

 

 Ma il Mentèn non si fidava troppo perché eravamo giovani e lui voleva sapere se eravamo seri e altro. Intervenne la moglie Carolina, donna di grande esperienza e di profondo buonsenso, che gli disse :”No, no non preoccupatevi, son persone che conosco io” e alla fine abbiamo combinato.

            Il Bar allora era chiamato  “Bar del Crocefisso” per una croce sulla sua facciata.

 

Il “ bar del Crocefisso “ oggi.. (foto Spagnoli)

 

 

 

 

 

 

 

Dr: “Pippo”   Giuseppe Belloni

            La signora Carolina Volontè in Colombo, più nota come “Carlina dul Mentèn” ( il marito faceva Clemente di nome) , di aspetto tra il severo e l’austero, sorrideva raramente, aveva modi spicci e una voce imperiosa. La gestione del della posteria e dell’annesso bar era saldamente nelle sue mani, mentre il marito si occupava di manutenzione.

Nell’osteria che gestiva nel cortile adiacente al Club Apollo, che divenne di sua proprietà nel 1929, nel periodo fascista ad un tentativo di far esporre la bandiera col teschio fatta da un fascista disse :”Tu puoi, e comandi a casa tua, non qui”.,

            L’aspetto celava un cuore d’oro; nessuno in caso di vero bisogno le si rivolgeva inutilmente. Molte volte prestava  soccorso di sua iniziativa, correndo anche rischi notevoli, come nel caso degli aviatori inglesi precipitati e nascosti nei boschi del Gerbone, ai quali portava cibo e vestiario.

 

 

 

FOTO GRUPPO DI FAMIGLIA

 

 

 

 

 

 

 

Dr. “Pippo” Giuseppe Belloni

 

            “Ul Mentèn”, al secolo Clemente Colombo, marito della signora Carolina, era uomo mite, operoso e gran lettore.Lo ricordo sempre indaffarato attorno a qualche congegno mal funzionante o intento a scrutare con l’occhio miope, un libro, un opuscolo ,un giornale o qualsiasi pezzo di carta  stampata.

            Nel pianterreno dell’osteria possedeva un laboratorio attreazzatissimo. L’apparenza era mite ma il suo carattere era  deciso e le idee venivano accettate  per convinzione e non per imposizione. Ne è la prova il rifiuto ad iscriversi al partito fascista .

 

Infatti nel 1938 una lettera giungerà al Comune di Olgiate Olona da parte della PREFETTURA di VARESE.

Oggetto: Nomina Commissione Comunale per la disciplina del Commercio.

Varese 15 luglio 1938 – XVI-

Al Sig.Commissario Prefettizio di Olgiate Olona

“Risulta che tra le persone che dovranno comporre la Commissione Comunale per la disciplina del Commercio c’è COLOMBO CLEMENTE che non è iscritto al P.N.F.

Pregovi invitare l’Unione Commercianti a sostituire la persona summenzionata per altra iscritta al P.N.F.”

Il Prefetto (firma illeggibile)

 

 

Le figlie lo ricordano come persona coltissima che, nonostante avesse fatto soltanto la quarta elementare, leggeva i giornali e la Divina Commedia.

La mamma Carolina diceva loro:”Non sposate mai un uomo come vostro padre”. La frase indicava soltanto che il Mentèn era un uomo “troppo “ mite , rispetto alle forza decisionale   della moglie.

 

Angelo Borsetta

            “Avevamo anche un distintivo da mettere all’occhiello della giacca. Era un piccolo scudo di metallo con lo sfondo bianco su cui spiccavano le lettere C. A. (Club Apollo). Eravamo circa una ventina di aderenti e abbiamo pensato di fare un bar.

Siamo andati dal  Ganna che aveva una vecchia osteria  e abbiamo ritirato una “alzainera”, uno scaffale per metterci sopra le bottiglie.

            Nel bancone c’era una fessura per metterci il “palancòn” la moneta che valeva allora dieci centesimi e con quella si poteva bere una tazza di vino.

            Abbiamo comperato una damigiana di vino dal Circolo Verdi e dopo qualche bottiglia di liquore, di gazzosa… e così è nato il bar.

            Abbiamo poi preso un pianoforte in disuso, l’abbiamo lucidato e quando c’erano le feste si ballava.

            Poi fu comperata una colonnetta di marmo con un cordoncino per divedere il bar dalla sala da ballo. Tutte le sere si ballava e veniva gente anche da fuori.

Pagavamo 60-70 lire all’anno. Eravamo nel 1918.”

 

Con il Club Apollo si costituì quel gruppo di socialisti che diedero origine all’azione antifascista fin dagli anni del Primo Dopoguerra.

Con il Congresso di Livorno del gennaio 1921 si ebbe la scissione tra i Socialisti con la formazione del Nuovo Partito Comunista.

Queste evento si ripercosse anche sulla vita del Club perché Vittorio Visurga “Civilìn”e Dante Segatto si dimisero.

Il Segatto formò una  Compagnia teatrale propria , la  “Vittorio Alfieri” (vedere locandine del 1921) e gestì  poi il Cinema-Teatro Verdi nella costruzione che fa angolo tra Via Restelli e Via Bellotti. Lì vicino (angolo Via Mazzini e Via Redaelli) fondò il Circolo Verdi che era bar   e luogo di ritrovo per antifascisti.

Infatti sul tetto di questo Circolo fu ucciso dai fascisti il Visurga, dopo gli avvenimenti di Fagnano.

 

Il Segatto inoltre dovette subire  con la sua famiglia angherie anche drammatiche da parte del Regime che lo perseguitò a partire dal 1920 fino al 1930.

 

Angelo Borsetta

 

            All’inizio si ballava  e non c’erano le sedie che  poi furono comprate ,con uno specchio ed un lampadario.

            Il Dante Segatto da un fallimento  prese due specchi ed un lampadario che aveva dodici fiamme.

 

Colombo Piera in Maltagliati – Colombo Maria in Saporiti

 

Quando c’erano i balli alla sera, le ragazze venivano  con la calderina (recipiente di alluminio da portare al lavoro con il cibo da riscaldare) prima di andar giù in valle a lavorare; mettevano la calderina in un angolo, facevano quattro balli e poi via di corsa al lavoro. Lo facevano di nascosto perché allora i genitori erano rigidi.

 

Angelo Borsetta

 

            Poi si fece la Compagnia di Teatro con Segatto, Visurga, Ganna, Merelli , io e altri olgiatesi con  la Gemma Parravicini che veniva apposta da Milano.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LOCANDINE

 

            Le recite si facevano in fondo al gioco delle bocce e la Compagnia si chiamava Teatro Giardino Apollo.

            Avevamo stabilito delle norme: quando si suonava non si poteva recitare ; quando si recitava il bar doveva restare chiuso.

            Per sistemare la zona delle recite si impegnarono tutti: il Chiapparelli che faceva il falegname, l’elettricista.. tutti prestarono la propria opera gratuitamente.

            Si fece anche una stanzetta dove le donne potevano cambiarsi  i costumi.

            Siccome si recitava all’aperto, d’inverno le rappresentazioni venivano sospese.

            Davamo rappresentazioni ogni settimana non solo a Olgiate ma anche nei paesi limitrofi ed i testi erano altisonanti: “Maledizione paterna”, “La sepolta viva “, Il padrone delle ferriere”, I misteri della Senna”……

A turno, gratuitamente, facevamo servizio al bar, alla sala da ballo e alla gestione della zona “teatro”, in fondo al gioco delle bocce. Ognuno si era preso questo impegno inderogabile.

 

Dr. Giuseppe “Pippo” Belloni

 

            “Mia madre veniva dalla città; da una città con una nobile memoria storica, di quelle che risalgono al medioevo.

            Nel 1926 un matrimonio d’amore le fa compiere il brusco passaggio dalla città di Legnano a un paesotto in mezzo alle bricche.

            La seconda o la terza notte dopo le nozze, è mezzanotte passata di un sabato, non vedendo rientrare il marito, si mette seduta sui gradini della scala esterna e con il cuore in tumulto per l’apprensione, si mette a piangere sommessamente. La nonna, che dorme lì accanto, ne avverte la presenza, si affaccia, la intravede nel buio e viene a sederlesi accanto. Mettendo il più dolcezza possibile nella voce imperiosa le chiede sottovoce, per non disturbare:” Cosa fai qui fuori?” Perché non dormi?”

Singhiozzando risponde“E’ mezzanotte passata e non ancora tornato;Cosa gli sarà successo?”

            “Oh, figliola, torna a dormire. Tuo marito il sabato sera fa il direttore del Club Apollo; sai quello dove vanno a ballare e alla sera torna molto tardi”.

            Si era sempre dimenticato di dirglielo e dopo anni di frequentazione e il matrimonio, era la suocera, un sabato note, su una scala, che glielo diceva per consolarla.”

 

 

Angelo Borsetta

            Quando ci sono state le elezioni del 1921 è venuto a vederci il De Fernech con il Sindaco Onesti; con loro c’era anche lo scrittore di teatro Pietro Preda. Al termine della rappresentazione si complimentarono con noi per la nostra bravura e il Preda ci inviò 1.000 (mille) lire. Io allora prendevo seicento lire al mese di stipendio.

            Il Sindaco Onesti ci chiese di usare parte di quella somma per la   Biblioteca, cosa che noi facemmo volentieri.

            Il Club Apollo è finito nel 1924 perché dopo la marcia su Roma del 1922 hanno cominciato a venire i fascisti; ma non erano soci e non ne avevano il diritto.

            Una sera all’assemblea si dovevano nominare i consiglieri e vennero due fascisti con il manganello, si siedono e lo tengono sulle ginocchia.

            Noi diciamo:”L’assemblea è solo per i soci”.

Rispondono :”E noi ci facciamo soci”.

Ma con loro non si poteva ragionare per cui alcuni di noi disertarono e rimasero solo i fascisti che poi si mangiarono tutto.

            Ci chiesero fare una recita di beneficenza e alcuni di noi hanno accettato; ricordo che l’ultima recita fu “Addio Giovinezza” di Oxilia-Camasio. 

 

METTERE LOCANDINA ADDIO GIOVINEZZA   ?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il Club Apollo chiuse nel 1929. (1)

Il Mentèn  fu  , durante tutto il periodo fascista, un luogo di ritrovo , anche se non ufficialmente, degli antifascisti e quindi quel locale rimase sempre sotto  stretta sorveglianza.

 

Alberto Gambini

Ricordo che una volta i tedeschi, dopo il 1943, entrarono dal Mentèn e chiesero  le carte d’identità a quelli che vi si trovavano.Per fortuna c’era al Comando Tedesco la signorina Franca Ganna che riuscì a farle restituire. (2)

 

 

1) da “ OLGIATE OLONA 1895-1943 “Mezzo secolo della nostra vita” di Natale Spagnoli

pgg.165…174 – Grafica Olonia – 1986.

2)   N.Spagnoli – “Olgiate Olona e la  Resistenza”  – 8 sett.1943 – 25 aprile 1945 .pg.26 .

 

 

 

 

 

 

BIBLIOTECA

 

 

Il Club Apollo  spaziava  nelle sue attività dal teatro, alla musica,dal  divertimento alla politica.

La Biblioteca Comunale, pur avendo avviato la sua attività già nei primi anni del Novecento, fu un  punto di riferimento per gli appartenenti a questo sodalizio nato dopo il 1918, tanto da  offrire parte del loro bilancio all’arricchimento del patrimonio editoriale, soprattutto  nel settore della politica  socialista, visto che il Club era stato fondato  da iscritti a quel partito, come Dante Segatto, Angelo Borsetta, Vittorio Visurga,  Merelli ed altri amici.

 

            Egle Ferioli

            “Agli inizi del Novecento la Biblioteca Comunale esisteva già, era in un piccolo locale  delle Scuole Elementari Ferrini e la dirigeva mio fratello Ferioli Gaspare.

            Diciamo che la conduzione della Biblioteca  rimase in quegli anni in gestione  della nostra famiglia perché quando mio fratello  fu chiamato sotto le armi, nella Prima Guerra Mondiale, l’incarico passò a mia sorella Rosa.

Il locale era piccolo e c’era solo uno scaffale  con un numero ridotto di libri che ognuno  poteva scegliere e portare  a casa in accomodato.”

Il fatto che la Biblioteca funzionasse, anche se in forma artigianale , depone a favore degli olgiatesi, almeno  di   quella fascia  di persone che avevano avuto anche solo un breve   curriculum di studi o che desideravano ampliare il loro conoscere, mediante libri e giornali, pur nella ristrettezza della vita quotidiana.

Le persone di cultura erano interessate a che l’informazione e la conoscenza divenisse patrimonio comune e disponibile per tutti.(1)

 

Angelo Borsetta

            “Mi ricordo che la Biblioteca era situata nelle Scuole Ferrini,  in fondo ad un corridoio che le collegava con il Comune.Era  un locale ridotto e con pochi libri.

            Una volta, al termine di una recita di noi del Club Apollo,  il Sindaco Onesti, il Torresan e lo scrittore teatrale Pietro Preda si congratularono per la nostra prestazione e lo stesso Preda ci inviò, dopo pochi giorni , la somma di lire mille con l’invito ad arricchire la Biblioteca con una parte dellas somma.

            Noi tenemmo 600 lire per le spese del Club (scenari, spostamenti, costumi, che ritiravamo a Milano….) mentre 400 lire servirono per  aumentare il numero dei libri.

            Ricordo che siamo intorno al 1920-21. e in quel periodo la Biblioteca fu affidata alla sorella della Egle Ferioli, che allora era una ragazzina.          

            Nel 1922 ,  anno difficile per noi, i fascisti hanno portato via i libri, ne hanno fatto una scelta e una parte, i  libri socialisti, furono bruciati in piazza.

 

Colombo Saporiti Maria

“Negli anni 1938-39   nell’attuale palestra della  Scuola Media c’era l’Ufficio del Fascio ed io in quegli anni dirigevo la Biblioteca Comunale e facevo da Segretaria in  quell’ufficio che era diretto da Ernani.         

            La gestione fu presa in mano dai fascisti 

            Un giorno arrivò   una cassetta con altri libri che non abbiamo messo in Biblioteca; li ha presi in consegna il Bottini Enrico, che a quel tempo era assessore comunale,  che li ha tenuti in casa,distribuendoli, dopo qualche anno e di nascosto,  a chi li voleva.”

“Un giorno dell’anno 1922, i fascisti si presentarono in Biblioteca intimando di restare calmi e cominciando a selezionare libri che , secondo loro, erano da epurare e li scelsero con cura mentre io ero lì impietrita impossibilitata ad intervenire.

            Poi presero quei volumi, li portarono nel cortile della Scuola e li bruciarono.

Io di nascosto riuscii a mettere alcuni volumi, specialmente di argomento romanzesco che loro non avevano bruciato, li misi in alcune scatole e chiamai alcuni ragazzetti “balilla” affinchè li portassero a casa mia in Via Tovo n.6.

Probabilmente qualcuno li aveva seguiti,forse dietro una spiata, li fermarono e tolsero loro le scatole delle quali non seppi più nulla. Probabilmente qualcuno se n’era impossessato per arricchire la propria biblioteca.

Da quel momento la Biblioteca Comunale passò sotto la gestione del Fascio nella persona di Ernani.”

 

Dr:”Pippo” Giuseppe Belloni

 

“Ripensando al tentativo  di salvare la Biblioteca dalla distruzione da parte dei fascisti, sono portato a considerare sotto luce diversa il ritrovamento che feci da ragazzo inn una vecchia cassetta militare appartenuta a mio padre, di una decina di romanzi di Michele Zevaco, il cui nome era in verità Michel Zevaco (Aiaccio 1 febbraio 1860 – Eaubonne – Seine et Oise – 8 agosto,1918). Era un intellettuale membro del “Collège de France” che si autodefiniva “Socialista rivoluzionario”, collaboratore di numerosi periodici anarchici e autore di romanzi ambientati in varie epoche e caratterizzati da un anticlericalismo radicale, che in Italia aveva come epigoni Podrecca e Galantara con il loro periodico “L’Asino”.

                        Mio padre frequentava il Club Apollo ed era un lettore appassionato.Penso che abbia portato a casa quei libri e li abbia nascosti accuratamente con il duplice scopo di salvarli dal rogo dei fascisti e  di sottrarli alla medesima fine da parte di mia nonna,accanita lettrice, ma anche Priora delle Consorelle del Santissimo Sacramento.”

.

 

Angelo Borsetta.

“Da quel momento la Biblioteca, come luogo di cultura che non fosse irregimentata, perse ogni importanza perché i libri che i fascisti avevano tenuto, alle gente non diceva più nulla.”

(ndr.) Probabilmente perché erano rimasti solo libri , come diceva Borsetta, che raccontavano la vita di Santi, di eroi e libri tecnici riguardanti le industrie tessili della zona. (1)

 

  1. N. Spagnoli: -Olgiate Olona 1895 – 1943 .Mezzo secolo della nostra vita Ed.Olonia pg.165-175).

L E     T A P P E      D E L     R E G I M E

nella realtà olgiatese

 

 

 

 

Possiamo parlare concretamente di Fascismo dopo l’adunata in Piazza S.Sepolcro a Milano, del

marzo 1919, quando Mussolini  fonda  i  “Fasci di Combattimento”, che diverranno Il Partito Nazionale Fascista.

Le loro intenzioni e la loro azione non si fanno  attendere. Il 15 aprile dello stesso anno incendiano la sede milanese dell’”Avanti”, dopo una manifestazione di operai socialisti  che scioperavano.

Lo stesso anno intanto viene fondato  “Il Popolo d’Italia”, giornale del Partito fascista, al quale aderiscono monarchici, repubblicani, anticlericali, artisti (Toscanini e Puccini), nazionalisti.

La rabbia fascista si scatena ancor più dopo la loro  sconfitta alle  elezioni del 1919, rabbia che sfocia nelle spedizioni punitive, con il manganello e l’olio di ricino, contro i socialisti, le persone e le organizzazioni di sinistra in genere perché in quelle votazioni  i socialisti hanno  ottenuto 156 seggi,successo strepitoso (1)

 

  1. “Storia gorlese delle liberta “ ANPI Gorla Minore 25 aprile 1999   pg. 25            Tra il 1919 e il 1920 , di fronte a questo dilagare di violenza, sostenuta sia dai grandi proprietari terrieri che dagli industriali, scoppiarono scioperi, come il grande sciopero generale dei metallurgici a Torino                   Giolitti nella sua politica “buonista” non volle far intervenire l’esercito e ordinò invece agli industriali di concedere salari migliori agli operai al fine di venire incontro alle loro rivendicazioni.
  2. 3) Antonio Spinosa :”Mussolini, il fascino di un dittatore!” -ed. Euroclub 1989 ( pg. 73….80).
  3. 2) Giorgio Candeloro “Storia dell’Italia moderna” –edit. Feltrinelli 1978 –vol.8^ pg.345.
  4.             Anche l’occupazione delle terre fu sostenuta dai Socialisti , dai Cattolici e dai Comunisti che, dopo la scissione di Livorno del 1921, puntavano tutto sulla volontà della classe operaia di ottenere un riscatto dignitoso alla loro situazione, gravemente compromessa dal Dopoguerra. (3)
  5. a) Per una storia de “La Provvidenza” di Busto Arsizio – a cura di Alberto Brambilla   vol. III –2004 pg 10
  6. “…..Ci si radunava per studiare le spedizioni, si partiva e se si tornava tutti sani e salvi molto meglio. Ma ogni ritorno segnava una piccola vittoria: un covo rosso disinfettato, un oratore socialista ridotto al silenzio, un comizio comunista disperso, sì Santo Dio a colpi di randello (a)
  7.             Angelo Tuttoilmondo scrive su “Pagine di storia del Fascismo Bustese”
  8. Nella nostra zona furono organizzate squadre d’azione come la “Mara” e la “Tredici”.
  9.             Le camicie nere si accanirono con ferocia contro gli operai che occupavano le fabbriche e ci furono assalti alle Case del Popolo che il Partito Socialista aveva voluto.(2)

 

Il 1921 è ricordato ad Olgiate come l’anno   della    morte dell’olgiatese Visurga ad opera di squadristi.

 

  Giampietro Galli

“Settimanale Socialista

Cooperativa     di  Fagnano  ed il  “Circolo    Giuseppe Verdi “di Olgiate  devastatati  dai“fascisti”

“L’antefatto”

Fascio dil Combattimento

Servizio di Fagnano Olona

7Maggio 1921 Raccomandata

 

Ci consta che da varie domeniche gruppi di forestieri percorrono le vie di Fagnano collo scopo evidente di provocare incidenti che potrebbero tornare oltremodo spiacevoli a voi;ci consta inoltre che ad esempio giovedì scorso un gruppo di sunnominati venuto dalla vostra cooperativa hanno cantato inni contro l’Italia e contro il fascio .Noi sappiamo che tutta quella libertà la predicate voi e voi siete il responsabile, perchè sappiamo da fonte sicura che detti signori sono guidati da vostri gregari.Questo per vostra norma . Il Direttorio.

 

Sia pure con poco rispetto della grammatica appare evidente la minaccia fascista contro il direttore della Cooperativa.

 

La scintilla

Appena dopo il comizio avvenuto nella sera del 14 Maggio alcuni facinorosi presero di mira i locali della Cooperativa esplodendo anche colpi di arma da fuoco ,nel contempo anche un camion di compagni proveniente da Busto A.e diretto a Bergoro per tenere un comizio elettorale appena entrato in Fagnano veniva fatto segno di colpi sparati da un manipolo di fascisti,i compagni poterono mettersi in salvo rifugiandosi nelle case vicine.

Alle 23.30 l’opera di distruzione della Cooperativa era quasi ultimata,sotto gli occhi compiacenti degli RRCC ,infatti un cordone di militi,comandato dal capitano dei carabinieri della stazione di Gallarate,impediva l’accesso alla Cooperativa a chiunque non fosse fascista ;all’interno i fascisti distruggevano il salone teatro,l’ufficio di direzione,incendiando carte ,libri,registri,e quantaltro.Verso mezzanotte alcuni di noi raggiunse, nella caserma dei carabinieri,i 22 arrestati Socialisti presi all’interno del cortile della Cooperativa.In quel frangente potemmo avere la prova che fascisti e carabinieri agivano in perfetto accordo:udimmo alcune telefonate di un caporalmaggiore che assicurava di non aver bisogno di rinforzi ,dato che sul posto erano già pervenuti fascisti da Gallarate, Legnano, Busto e Castellanza,i quali sono più che sufficienti;apprendemmo anche,direttamente dallo stesso sottufficiale che al telefono era il Direttorio del fascio Gallaratese.Alla fine della scorribanda distrutta la Cooperativa ,molti compagni furono feriti e arrestati,i fascisti lamentarono 5 feriti di cui uno grave.

 

Ma la notte era ancora lunga

 

I fascisti caricati su due camion provenienti da Fagnano si diressero verso Olgiate prima ancora di guadagnare la costa che sbocca proprio di rimpetto al Circolo Giuseppe Verdi,si misero a sparare all’impazzata terrorizzando le poche persone che a quell’ora circolavano.Giunti al Circolo,era circa l’una di notte lo invasero sparando,gettando scompiglio fra le poche persone presenti data la tarda ora e del tutto ignare dei fatti accaduti a Fagnano.Iniziarono l’opera di distruzione,nel Circolo vi si trovava anche il povero Visurga antifascista e comunista uno dei fondatori del”Club Apollo”.Il Visurga preso di mira con un’altro compagno cerca una via di fuga salendo sul tetto del Circolo mentre il compagno di fuga riesce a fuggire saltando alcuni muretti divisori,il Visurga inseguito viene colpito da due colpi di pistola e ucciso.I fascisti nell’inseguimento dei fuggiaschi pistole alla mano irrompono anche in alcune case dove trovano donne impaurite e imploranti misericordia.Il Circolo fu completamente devastato,dal cassetto furono asportati soldi per l’ammontare di circa 1200 lire.Compiuta la cosidetta “impresa”,risaliti sui camion partirono alla volta di Castellanza e Busto.Il Visurga  stava preparando le sue nozze che si sarebbero celebrate nella settimana entrante.Giornali come il Corriere e il Popolo d’Italia riportano le notizie in modo distorto e di parte ,noi per contro siamo forti delle testimonianze dirette dei presenti . In particolare per i fatti di Olgiate abbiamo la testimonianza del sig.Onesti,procuratore della ditta Ogna e Sindaco di Olgiate de del Cav. Ganna pure di Olgiate e abitante vicino dove il grave fatto di sangue è avvenuto.

 

Gli Imponenti Funerali della Vittima di Olgiate

Martedì 17 1921  nel pomeriggio a Olgiate Olona si svolsero,in forma solenne,i funerali del povero Visurga,barbaramente assassinato dai fascisti.

Le contrade del paese erano pavesate di striscioni neri e tutte le botteghe erano chiuse in segno di lutto cittadino.Si calcola che ai funerali hanno partecipato non meno di settemila persone,quasi tutti lavoratori,accorsi anche da Busto,Legnano,e dai paesi della valle.

Il lungo corteo era così ordinato:in testa la banda musicale cittadina,seguita dagli alunni dell’Asilo infantile e delle scuole comunali,poi il carro funebre,coperto di parecchie corone di fiori,fra le quali quelle della famiglia e della fidanzata dell’ucciso;seguivano i famigliari,i parenti,la rappresentanza comunale,con alla testa il sindaco sig. Onesti,un largo stuolo di amici e di compagni portanti la corona di fiori del Circolo Giuseppe Verdi e qella della sezione Socialista e Comunista locali. Veniva poi la rappresentanza della Camera del Lavoro di Busto composta da circa trecento organizzati,due dei quali portavano una magnifica corona di garofani rossi;la rappresentanza della Camera del Lavoro di Legnano,delle organizzazioni di Prospiano,della ditta Ernesto Macchi dove lavorava l’ucciso e via via una folla di operai e operaie che hanno voluto portare ultimo tributo di affetto al povero assassinato.Ilcomune di Busto era rappresentato dagli assessori Giuseppe Pozzi e Paolo Pellegatta,la Camera del Lavoro di Legnano dal suo segretario Mario Sesana,la provincia(di Milano)dal deputato provinciale Ambrogio Macchi. Il compagno Rugginenti,che era stato invitato a portare l’estremo vale alla vittima,ha dovuto,a malincuore declinare l’incarico dato le sue condizioni di salute.Al cimitero dissero degnamente del povero Visurga un suo ex compagno d’arme.Mario Sesana della Camera del Lavoro di Legnano,e il sig.Onesti sindaco di Olgiate.Dopo la mesta cerimonia la gente ritornò alle proprie case con la tristezza nel cuore.” (1)

 

1)Dalla Emeroteca  della Biblioteca Comunale di Busto Arsizio. Anno 1921.

 

 

 

Altra figura emblematica nella storia dell’antifascismo olgiatese fu

 

 D  A  N  T  E        S  E  G  A  T  T  O

Giampietro Galli:

 

Notizie tratte da “Il Compagno” giornale del Partito comunista

“ Dante Segatto fu una figura emblematica nella storia dell’antifascismo olgiatese.          Di origine friulana , nato il 7 marzo 1878, di grande carattere e di profonda cultura  aprì la sua casa a quanti volessero imparare a leggere e a far di conto, e volessero capire l’urgenza del riscatto dei lavoratori

Fondò ad Olgiate  , dove arrivò il 13 giugno 1904, e diresse la Sezione del Partito Socialista fino alla sua soppressione, avvenuta  nell’aprile del 1926.

Quindi attorno a lui  si riunirono  gruppi di operai e di contadini ai quali leggeva e commentava i giornali del Partito   come “ l’Avanti”  e “Lotta di Classe”

Partecipò alla Prima Guerra Mondiale ritornandone  “menomato nel corpo e con la fede più temprata dalle fatiche.”

Formò la Compagnia teatrale “Vittorio Alfieri”, staccandosi da quella dell’Oratorio, dando così sviluppo all’attività teatrale, organizzata in collaborazione con i  soci del Club Apollo, prima cellula antifascista olgiatese.

Diresse per diversi anni il Cinema-Teatro  VERDI affittando  un salone posto  sull’angolo della Via…Restelli .con la Via Bellotti.

Qui fu ucciso il Visurga, colpito da una squadraccia fascista.

E qui Dante fondò e diresse la Biblioteca Proletaria con lo spirito di un neofita che vedeva in questa attività  il momento più significativo per il  riscatto della classe operaia.

Per questo   fu arrestato una prima volta e dovette scontare sei mesi di carcere “per aver partecipato ad una dimostrazione anti-reazionaria davanti al Cotonificio di Solbiate Olona.

“Dal 1921 al 1924 il suo fu un dentro e fuori dalle Caserme RR.CC. alle Carceri Giudiziarie”.

Infatti nel 1924 fu condannato a otto mesi di carcere per il Processo intentatogli, a in seguito di una sua reazione armata  ad un’aggressione fascista della camicie nere.

Sempre da “IL COMPAGNO” si evince la motivazione della condanna. Il relatore scrive:

“ Era un calvario il suo vivere ma la sua fede non venne mai meno:…Ebbe la casa bruciata, il negozio di merceria e parrucchiere distrutti dalla bestiale opera dei fascisti locali e dai famigerati “13” di Busto Arsizio.

(nota Mario Cozzi “Pino”: questo gruppo di facinorosi proveniva da Busto, esattamente da una ditta di Via XX Settembre, che utilizzava camions per il trasporto dei “13” nei paesi limitrofi, minacciando il proprietario di distruggergli la ditta se non avesse accettato di fornire loro i mezzi di trasporto per le loro incursioni.)

Fu in quella occasione che la sua pazienza traboccò: quando tra il crepitio della fiamme che distruggevano la sua casa e tra gli spari dei fascisti ubriachi di vino e di odio, udì lo straziante grido  della figlia Virginia che,ferita, cadeva tra le braccia della madre.

Egli allora imbracciò il fucile e sparò con calma sulla massa di delinquenti e  colpì un fascista , cosa che la Giustizia di allora fece passare per un pacifico passante.

Il compagno Segatto ebbe otto mesi di galera ed in più ebbe il figlio Mario, attualmente sindaco di Oleggio, confinato per tre anni.”

 

Dante Segatto morì nel 1942 ma il suo ricordo è rimasto vivo nel  “ suo  CIRCOLO VERDI”   che durante il Regime fu tenuto sempre sotto pressione perché riconosciuto  come “covo eversivo.”

 

IL CIRCOLO – TEATRO VERDI

 

Il Salone –Teatro del Circolo Verdi era adibito anche alla proiezione di films muti, durante la proiezione dei quali Dante accompagnava l’azione suonando motivi al pianoforte .

Nacque subito un contrasto con il Regime già prima dell’attuazione del DOPOLAVORO, avvenuta il 2 luglio 1929, perché l’Istituto LUCE programmava la proiezione di films sulle pubbliche piazze utilizzando furgoni cinematografici che si spostavano

 

 

 

 

 

 

INCOLLARE  FOTO di Amendola e Iaccio

 

 

 

…..

 

“Il fascismo fu abile….nel piegare alle proprie finalità anche forme di spettacolo, adattandole alla nuova situazione….Basterà accennare ai famosi CARRI DI TESPI ideati da Giovacchino Forzano  nel 1929 e rimasti in auge fino alla seconda guerra mondiale”

Lo scopo fu quello di ingaggiare compagnie teatrali, talvolta di buon livello e altre volte raffazzonate, che avevano lo scopo, spostandosi nei vari paesi della Provincia, di propagandare il pensiero del nuovo Regime

I Carri di Tespi furono ampiamente utilizzati dall’Opera Nazionale Dopolavoro , appoggiata  dal Partito fascista e dalle altre istituzioni.

Questi complessi  teatrali erano formati sia da adulti che da scolari  e si spostavano con camions o in treno ; avevano un grosso impatto propagandistico sulla popolazione che accorreva in massa a vedere le loro rappresentazioni che erano sostenute dalla stampa sia nella presentazione dei vari gruppi che nel commento  dopo le manifestazioni. (…)

 

..) Eva Paola Amendola – Pasquale Iaccio in “Gli anni del regime:1925 – 1939” Edit.Riuniti 1974.

 

 

FOTO CARRO DI TESPI

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IL CINEMA

           

 

DANTE SEGATTO   E IL CIRCOLO VERDI

 

Notizie tratte da “Il Compagno” giornale del Partito comunista , recuperato da Giampiero Galli.

 

Dante Segatto fu una figura emblematica nella storia dell’antifascismo olgiatese.

Di origine friulana , nato il 7 marzo 1878, di grande carattere e di profonda cultura  aprì la sua casa a quanti volessero imparare a leggere e a far di conto, e volessero capire l’urgenza del riscatto dei lavoratori

Fondò ad Olgiate  , dove arrivò il 13 giugno 1904, e diresse la Sezione del Partito Socialista fino alla sua soppressione, avvenuta  nell’aprile del 1926.

Quindi attorno a lui  si riunirono  gruppi di operai e di contadini ai quali leggeva e commentava i giornali del Partito   come “ l’Avanti”  e “Lotta di Classe”

Partecipò alla Prima Guerra Mondiale ritornandone  “menomato nel corpo e con la fede più temprata dalle fatiche.”

Formò la Compagnia teatrale “Vittorio Alfieri”, staccandosi da quella dell’Oratorio, dando così sviluppo all’attività teatrale, organizzata in collaborazione con i  soci del Club Apollo, prima cellula antifascista olgiatese.

Diresse per diversi anni il Cinema-Teatro  VERDI affittando  un salone posto  sull’angolo della Via…Restell .con la Via Bellotti.

Qui fu ucciso il Visurga, colpito da una squadraccia fascista.

METTERE VISURGA

 

E qui Dante fondò e diresse la Biblioteca Proletaria con lo spirito di un neofita che vedeva in questa attività  il momento più significativo per il  riscatto della classe operaia.

Per questo   fu arrestato una prima volta e dovette scontare sei mesi di carcere “per aver partecipato ad una dimostrazione anti-reazionaria davanti al Cotonificio di Solbiate Olona.

“Dal 1921 al 1924 il suo fu un dentro e fuori dalle Caserme RR.CC. alle Carceri Giudiziarie”.

Infatti nel 1924 fu condannato a otto mesi di carcere per il Processo intentatogli, a in seguito di una sua reazione armata  ad un’aggressione fascista della camicie nere.

Sempre da “IL COMPAGNO” si evince la motivazione della condanna. Il relatore scrive:

“ Era un calvario il suo vivere ma la sua fede non venne mai meno:…Ebbe la casa bruciata, il negozio di merceria e parrucchiere distrutti dalla bestiale opera dei fascisti locali e dai famigerati “13” di Busto Arsizio.   PROCESSO VEDERE LE DATE

(nota Mario Cozzi “Pino”: questo gruppo di facinorosi proveniva da Busto, esattamente da una ditta di Via XX Settembre, che utilizzava camions per il trasporto dei “13” nei paesi limitrofi, minacciando il proprietario di distruggergli la ditta se non avesse accettato di fornire loro i mezzi di trasporto per le loro incursioni.)

Fu in quella occasione che la sua pazienza traboccò: quando tra il crepitio della fiamme che distruggevano la sua casa e tra gli spari dei fascisti ubriachi di vino e di odio, udì lo straziante grido  della figlia Virginia che,ferita, cadeva tra le braccia della madre.

Egli allora imbracciò il fucile e sparò con calma sulla massa di delinquenti e  colpì un fascista , cosa che la Giustizia di allora fece passare per un pacifico passante.

Il compagno Segatto ebbe otto mesi di galera ed in più ebbe il figlio Mario, attualmente sindaco di Oleggio, confinato per tre anni.”

Dante Segatto morì nel 1942 ma il suo ricordo è rimasto vivo nel  “SUO CIRCOLO VERDI”   che durante il Regime fu tenuto sempre sotto pressione perché riconosciuto  come “covo eversivo.”

 

IL CIRCOLO – TEATRO VERDI

 

Il Salone –Teatro del Circolo Verdi era adibito anche alla proiezione di films muti, durante la proiezione dei quali Dante accompagnava l’azione suonando motivi al pianoforte .

Nacque subito un contrasto con il Regime già prima dell’attuazione del DOPOLAVORO, avvenuta il 2 luglio 1929, perché l’Istituto LUCE programmava la proiezione di films sulle pubbliche piazze utilizzando furgoni cinematografici che si spostavano

INCOLLARE  FOTO

 

 

…..

Da “Gli anni del Regime: 1925-1939”

Eva Paola Amendola – Pasquale Iaccio.    Editori Riuniti

“Il fascismo fu abile….nel piegare alle proprie finalità anche forme di spettacolo, adattandole alla nuova situazione….Basterà accennare ai famosi CARRI DI TESPI ideati da Giovacchino Forzano  nel 1929 e rimasti in auge fino alla seconda guerra mondiale”

Lo scopo fu quello di ingaggiare compagnie teatrali, talvolta di buon livello e altre volte raffazzonate, che avevano lo scopo, spostandosi nei vari paesi della Provincia, di propagandare il pensiero del nuovo Regime

I Carri di Tespi furono ampiamente utilizzati dall’Opera Nazionale Dopolavoro , appoggiata  dal Partito fascista e dalle altre istituzioni.

Questi complessi  teatrali erano formati sia da adulti che da scolari  e si spostavano con camions o in treno ; avevano un grosso impatto propagandistico sulla popolazione che accorreva in massa a vedere le loro rappresentazioni che erano sostenute dalla stampa sia nella presentazione dei vari gruppi che nel commento  dopo le manifestazioni.

 

IL CINEMA

Anche i furgoni cinematografici avevano la stessa funzione del Carro di Tespi.

Si spostavano con facilità, avevano bisogno di pochissime attrezzature (bastava un telone) ed attiravano moltissima gente sulle piazze dove venivano proiettati film solitamente propagandistici. Il tutto era gestito dall’Istituto Luce.

Questo Istituto organizzava anche la distribuzione dei films nei diversi  cinematografi di città e paesi, controllando però  che tutti ritirassero le pellicole da proiettare, pena richiami e sanzioni.

Il Cinema – Teatro  Verdi di Olgiate Olona ebbe diversi richiami in  proposito.

 

 

Terminato il periodo di detenzione sia lui che la sua famiglia conobbero momenti drammatici di assoluta indigenza.

 

 

Il motivo ufficiale era l’atteggiamento del Circolo-Teatro Verdi nei confronti della distribuzione dei films LUCE, films che non venivano ritirati dalla gestione Segatto perché imposti dal Regime e per il loro contenuto prettamente propagandistico.

Numerosi furono i richiami da parte del LUCE nell’anno 1928.

 

21 febbraio 1928

AL PODESTA’ DI OLGIATE OLONA

“La presente per comunicarle che il Cinematografo VERDI ….non ha provveduto a ritirare

le nostre (sic) films né è mai passato da noi per opportuni accordi

 

Un richiamo del 31 marzo 1928 dice  ” Ci facciamo dovere di avvertire la  S.V. Ill.ma che il  Cinematografo VERDI non ha ritirato il film “ LA SOMALIA PITTORESCA”.

 

In data 9 aprile 1928. la lettera al Podesta’  ha come oggetto  è il non ritiro del film “ORME DI BOTTEGO”.

 

L’ultimo richiamo reca la data del 6 maggio 1928.

 

E la ritorsione non si fa attendere nel rifiutare alla Sig. Tosi Maria in Segatto , la moglie di Dante, le gestione del Cinematografo VERDI ,nonostante le richieste del podestà

.

Olgiate Olona 18 giugno 1928

 

 

La vicenda della  gestione del Cinema –Teatro Verdi  diventa drammatica quando una lettera del Commissario Prefettizio di Olgiate Olona comunica al Questore di Varese quanto segue.

 

Olgiate Olona 18/6/1928 –VI

Oggetto.Tosi Maria in Segatto. Ciname-Teatro Verdi.

 

Nello scorso anno, non essendo stata accolta da codesta R.Questura la domanda dell’emarginata Tosi Maria in Segatto per l’autorizzazione a gestire il Cinema-Teatro Verdi in questo Comune, venne accordata l’autorizzazione stessa a certa Lualdi Antonia.

Essendo però in seguito risultato che la nominata Lualdi era solamente un prestanome, questo Podestà ritenne di non dover dar corso alla di lei domanda per la rinnovazione trimestrale della licenza (…..) e quindi il Cinema è  ora  chiuso.

Ciò premesso, e tenuto presente che la condotta della famiglia della Tosi Maria (il riferimento è al marito Segatto Dante. ndr.)  è tale da essere graziata moralmente del suo passato,

(………) prego l’Ill.ma S.V. a significare se una domanda della ripetuta Tosi Maria (……) potrebbe  ora essere accolta (…) per non privare ulteriormente la Tosi stessa dell’onesto guadagno necessario alla sua famiglia.

 Sopralluogo Circolo Verdi

Nel rifiuto di concessione del Circolo Verdi alla moglie di Dante Segatto, perché  elemento sovversivo,si inserisce l’incarico dato al De Carli Arnaldo

In seguito alla pressione del  nuovo gestore,  per  verificare l’agibilità della struttura del Circolo Teatro , una Commissione fu attivata allo scopo.

VERBALE DI VISITA ESEGUITA DALLA COMMISSIONE PROVINCIALE DI VIGILANZA DEI LOCALI DI PUBBLICI SPETTACOLI NEL CINAME –TEATRO VERDI.

L’anno 1929, il giorno 5 aprile….in seguito all’istanza in data 15 marzo 1929, con la quale il Sig. De Carli Arnaldo ebbe a richiedere la visita ai locali del Cinema-Teatro Verdi, (la Commissione) si è recata sopraluogo constatando quanto appresso:

  1. Il Cinema predetto risulta locato a pian terreno, posto in Via Restelli.
  2. La sua lunghezza è di m. 25,65, di cui m.6.50 sono adibiti a palcoscenico
  3. La larghezza è di m.7.40 …la sala è completamente occupata da posti a sedere.
  4. OMISSIS
  5. I posti, salvo le variazioni che si ritenessero necessarie, restano stabiliti cosìSecondi posti         n.   200                                                                       Per copia conforme Varese 6 aprile 1929-VIIIl figlio di Dante, Leonida Segatto, aveva inoltrato una richiesta di gestione del Cinema-Teatro VERDI.            QUESTURA DI VARESE                                                                                                          7 ottobre 1930                        “Segatto Leonida, di Dante, di anni 22 da costì, ha prodotto istanza a quest’Ufficio per ottenere l’autorizzazione a Cinema Verdi di codesto Comune.            Gradirò cortese riscontro.In calce a questa lettera c’è una nota del podestà che dice “Chiedere parere scritto al Segretario Politico”,     Frimato Mario Guidi,.Rsiposta:                                                                                                                      21 OTTOBRE 1930                                                                       Il Segretario Politico            La relazione autografa del Podestà ha come            “ Il Segretario Politico di qui, mi comunica che la persona in margine indicata è già stata segnalata all’Ufficio Politico come individuo politicamente sospetto ed appartenente a famiglia notoriamente sovversiva e pertanto ritengo LA DETTA PERSOPNA NON MERITEVOLE DELLA RICHIESTA AUTORIZZAZIO.             QUESTURA DI VARESE                                                                                              2 NOVEMBRE 1930 – VIII –            Vorrà restituire al Segatto le unite marche da bollo ecc…
  6.                                                                                   IL QUESTORE
  7.             “In relazione al parere contrario ed a quanto riferito dalla S.V. con nota n. 2218 del 25 ottobre u.s. prego comunicare che la sua domanda ad ottenere la licenza di pubblici spettacoli cinematografici non è stata accolta.
  8.                                                                        AL PODESTA’ DI OLGIATE OLONA
  9. Di conseguenza
  10.                                                                                   IL PODESTA’ (c’è solo una sigla)
  11. OGGETTO: Cinema Verdi – Segatto Leonida.
  12.                                                                                   ( OMISSIS)
  13.             “Il nominativo di cui a margine è già stato segnalato all’Ufficio Politico come individuo politicamente sospetto ed appartenente a famiglia notoriamente sovversiva.”
  14.             PARTITO NAZIONALE FASCISTA – Sezione di Olgiate Olona
  15.                                                            IL QUESTORE (firma illeggibile)
  16.             Prego fornire parere in merito…ove non esistano i motivi che ostino al rilascio della licenza.
  17. Oggetto: Segatto Leonida CIRCOLO VERDI ( ndr. È la prima volta che è detto CIRCOLO)
  18.                                                                                   AL PODESTA’ DI OLGIATE OLONA
  19.             Ma la risposta è in questi termini:
  20. TOTALE               n. 300
  21. Primi posti            n. 100

                       

           

 

 

 

 

 

IL COMMISSARIO PREFETTIZIO

(manca la firma)

Il Commissario Prefettizio era Mario Guidi, incaricato di reggere il Comune fin dal 15 marzo 1928, dopo che Pietro Bianchi aveva rassegnato le dimissioni da Podestà.

 

La fine del Cinema-Teatro Verdi potrebbe essere fissata al mese di aprile 1930 ,come risulta da una lettera del Podestà di Olgiate Olona, a seguito di una richiesta di elenco dei cinematografi attivi in paese.

 

COMUNE DI OLGIATE OLONA 10 ottobre 1930 –VIII –

Oggetto: Elenco cinematografi.

On.Ufficio del Registro

BUSTO ARSIZIO

Ad evasione della nota sopraindicata comunico che in questo Comune esisteva un  solo cinematografo assegnato alla 4^ categoria, ma lo stesso venne chiuso d’ordine dell’autorità di P.S .nel mese di aprile ultimo scorso.

Il Podestà

                                                                                  (Mario Guidi)

Il nuovo Podestà aveva ricevuto la nomina in data 6/12/1928

 

 

Quando poi il Cinema-Teatro Verdi si trasferì nell’attuale sede, dove avvennero molti fatti legati alla Resistenza, siamo nei primi anni del 1930, il locale fu occupato dalla falegnameria del Roveda.

Il Circolo Verdi,negli anni del Regime , era la sede che i fascisti tenevano d’occhio per attività sovversiva   e  per l’appoggio all’azione dei sabotatori

 

 

 

Il   13 NOVEMBRE 1982 , il figlio di Dante Segatto, Edoardo, in arte Dino d’Alba, riceve una lettera dalla DEGRETERIA GENERALE  della PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA nella quale il Segretario Generale lo informa che “ Su quanto in essa prospettato si è provveduto ad interessare l’Amministrazione Comunale di Olgiate Olona”.

Con ogni probabilità il figlio doveva aver spedito una missiva allo scopo di poter riabilitare la memoria del padre Dante.

In base alla comunicazione della SEGRETARIA GENERALE, Edoardo indirizza una lettera al

COMUNE DI OLGIATE OLONA

 

“Faccio inoltre presente alla Vostra attenzione, che altri documenti (fotocopie di processi fascisti nei confronti di mio padre e di una lettera di interessamento da parte dall’allora Presidente del Consiglio On.Alcide De Gasperi) sono stati  da me consegnati presso questo Comune.

Ringraziando profondamente per quanto vi proponete di fare alla memoria di mio padre, in fede mi firmo e porgo i più profondi ossequi.

SEGATTO EDOARDO

 

La lettera ha un epilogo nella risposta del Sig;: Sindaco di Olgiate Olona, Geom:Valerio Mola, datata 29 giugno 1994 e indirizzata al Sig: Edoardo Segatto, Via Landriani 15:

“Come d’accordo, Le invio una copia della delibera di Giunta Municipale con la quale si è provveduto ad intestare una Via Comunale a Suo padre Dante.

Certo di farLe cosa gradita, colgo l’occasione per porgerLe cordiali saluti.

IL SINDACO

(Geom.Valerio Mola)

 

Oggi una traversa della Via Diaz è dedicata a D. SEGATTO voluta dall’Amministrazione Comunale a ricordo di questo personaggio che ha scandito per diversi anni la vita del paese, iniziando dalla organizzazione della Compagnia Teatrale, del Club Apollo, notoriamente antifascista e con la fondazione del Cinema-Teatro VERDI che diventò poi l’attuale CIRCOLO VERDI.

AGGIUNGERE FOTOCOPIA DELLA DELIBERA

 

 

COLOMBO SAPORITI MARIA

Mi ricordo che  alla sua attuale collocazione venne chiamato  il Circolo “ de la cruseta” perché li di fianco c’era una croce di ferro , e c’è tuttora, sul cancello del Franchi, ; croce che era stata posta  su una montagnola di detriti quando i Saporiti costruirono la casa nel 1911.

Le gente di Olgiate chiamò per molti anni il Circolo Verdi  come il  “Circolo de la cruseta”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Anche i furgoni cinematografici avevano la stessa funzione del Carro di Tespi.

Si spostavano con facilità, avevano bisogno di pochissime attrezzature (bastava un telone) ed attiravano moltissima gente sulle piazze dove venivano proiettati film solitamente propagandistici. Il tutto era gestito dall’Istituto Luce.

Questo Istituto organizzava anche la distribuzione dei films nei diversi  cinematografi di città e paesi, controllando però  che tutti ritirassero le pellicole da proiettare, pena richiami e sanzioni.

Il Cinema – Teatro  Verdi di Olgiate Olona ebbe diversi richiami in  proposito.

Terminato il periodo di detenzione sia lui che la sua famiglia conobbero momenti drammatici di assoluta indigenza.

 

 

Il motivo ufficiale era l’atteggiamento del Circolo-Teatro Verdi nei confronti della distribuzione dei films LUCE, films che non venivano ritirati dalla gestione Segatto perché imposti dal Regime e per il loro contenuto prettamente propagandistico.

Numerosi furono i richiami da parte del LUCE nell’anno 1928.

 

21 febbraio 1928

AL PODESTA’ DI OLGIATE OLONA

“La presente per comunicarle che il Cinematografo VERDI ….non ha provveduto a ritirare

le nostre (sic) films né è mai passato da noi per opportuni accordi

 

Un richiamo del 31 marzo 1928 dice  ” Ci facciamo dovere di avvertire la  S.V. Ill.ma che il  Cinematografo VERDI non ha ritirato il film “ LA SOMALIA PITTORESCA”.

 

 

Tra il 1922 e il 1925 il Parlamento sembrò funzionare senza grossi cambiamenti, naturalmente a senso unico secondo le direttive del Regime, contro le quali non ci fu una vera opposizione.Infatti : i Popolari se ne uscirono nel 1923 ed i Liberali nel 1924, dopo le votazioni plebiscitarie  a sostegno del Fascio, avvenute in seguito alle disposizioni del Gran Consiglio, creato appositamente allo scopo.

C’era qua e là un certo movimento operaio antifascista ma veniva   soffocato  di forza dall’autorità ,che teneva sotto controllo tutto l’apparato produttivo, sia agricolo che industriale, in modo da  poter mantenere l’ordine  minacciando di carcerazione o di deportazione in Germania  gli elementi più sovversivi..

Nonostante le minacce , il 12/2/34, operai comunisti e socialisti organizzano un grande sciopero

Nello stesso tempo a Parigi ,dove si erano rifugiati, Nenni e Longo scrivono il  manifesto che vede i Socialisti ed i Comunisti uniti contro il Regime fascista  repressivo e totalitario. E’ il 17 agosto 1934.

Dopo questa data non ci sono più i grandi scioperi di massa. Tuttavia azioni sporadiche nelle fabbriche non lasciano morire quello spirito deciso di  opposizione   al  Fascismo.

 

 

“Le elezioni del 1924 furono come un plebiscito in favore del Fascio.La Campagna elettorale era stata gonfiata enormemente ed il risultato fu un’adesione di massa” (1)

Il periodo precedente, come quello successivo alle votazioni, fu caratterizzato da episodi di violenza contro gli antifascisti.

1) Antonio Spinosa  “Mussolini il fascino di un dittatore” ediz. Euroclub – (pg. 305)

 

Dopo il 1924   il Governo Mussolini  impostò immediatamente una tattica politica e divulgativa,

atta a creare nella popolazione uno stato d’animo che potesse recepire e maturare il concetto che quanto affermato dal Duce era l’azione più incisiva e più  sicura per i destini del Paese.

Ogni momento  culturale,sociale e politico fu impostato sullo standard della pianificazione voluta  e coordinata da coloro che volevano  convincere e , di conseguenza, assoggettare al credo fascista tutta la popolazione italiana.

Quindi la Scuola, la promulgazione delle Leggi Razziali, l’Iscrizione obbligatoria  al P.N.F. (Partito Nazionale  Fascista), gli interventi sull’Agricoltura, la creazione di Organizzazioni fasciste, la Persecuzione nei confronti di quanti non concordavano con il nuovo “Credo”, le ritorsioni verso i Sindacati, la Libertà di Stampa, i Partiti politici e quant’altro furono il primario impegno del Regime,così da mettere in chiaro subito i  metodi di intervento ed i fini che il Fascismo voleva raggiungere.

Bisognava esaltare l’opera del Duce Mussolini, coinvolgendo tutte le Amministrazioni Comunali affinchè il suo prestigio fosse preminente nel pensiero e nell’azione. Il nuovo Governo ha bisogno di propaganda e di adesione.

 

In occasione dell’anniversario dell’entrata in guerra , 24 maggio 1915,  in data 20 maggio 1924 giunge al Comune di Olgiate Olona una lettera.

 

FEDERAZIONE PROVINCIALE FASCISTA MILANESE

On.le  Sig. SINDACO

Nella ricorrenza dell’entrata in guerra dell’Italia riteniamo che sia decoroso che tutti i Comuni della Patria nostra rendano omaggio a Colui che guida la nazione superbamente, dopo averla salvata dallo sfacelo: a S.E. Benito Mussolini, al quale in Campidoglio Roma diede l’alto e ambito titolo di figlio.

L’omaggio deve consistere nella cittadinanza onoraria che tutti i Comuni offrano nel fausto giorno al Presidente del Consiglio.

OMISSIS

Naturalmente detta deliberazione, quando le circostanze lo impediscano, può essere presa anche dalla sola Giunta in via d’urgenza.

IL DIRETTORE

Dott: NICCOLINI SIGISMONDO

Lo stesso giorno, 20 maggio 1924, con urgenza si riunisce la GIUNTA MUNICIPALE

Bianche Pietro                        sindaco

Castiglioni Carlo                    assessore

Cozzi Gio. Battista                assessore

Guidi Mario                           assessore

Palma Giovanni                      assessore

“La Giunta Municipale in occasione della ricorrenza dell’entrata in guerra dell’Italia

OMISSI                                             DELIBERA

Di conferire la cittadinanza onoraria a S.E. Benito Mussolini Presidente del Consiglio dei Ministri quale omaggio per la mirabile e grandiosa opera da Lui svolta per la Patria.OMISSIS

IL SINDACO

(P. Bianchi)

 

Sempre in data 20 maggio 1924 viene spedito un telegramma indirizzato alla

SPETT. ASSOCIAZIONE DEI COMUNI ITALIANI

MILANO

“Ho l’onore ed il piacere di comunicare a codesta Spett. Associazione che questa Giunta  Municipale ha deliberato in via d’urgenza di conferire la cittadinanza onoraria a S.E. Benito Mussolini Presidente del Consiglio dei Ministri.

Tanto mi affretto a comunicare affinchè nella ricorrenza della storica data del 24 maggio anche questo Comune possa partecipare all’omaggio da offrire a Colui che così nobilmente seppe valorizzare la Vittoria”

IL SINDACO

(P. Bianchi)

 

 

“ Il 1 agosto 1924 il Consiglio dei Ministri delibera di  includere la Milizia nazionale (fascista) nelle forze armate dello Stato con la prestazione del giuramento al re. In patica diventa milizia personale di Mussolini”.

“Il 31 gennaio del 1926 si convertono in Legge i provvedimenti del 1923 e 1925 contro la libertà di Stampa…. Si sciolsero le associazioni giornalistiche.. e si ricostituirono fascisticamente col “sindacato nazionale fascista dei giornalisti”

“Il 4 febbraio 1926 si sostituirono i Consigli Comunali e quelli Provinciali con “Consulte e Podestà di nomina governativa” (1)

 

 

(1)Walter Tobagi “Gli anni del manganello” Fratelli Fabbri Editori – 1973 –(pgg. 5 e 6)

 

Nonostante  la soppressione della libertà di Stampa qualche pubblicazione continua, anche se clandestinamente, per cui da Varese ai Commissari Prefettizi viene recapitato un ordine che esige di “accertare e riferire se nei rispettivi Comuni….si stampino periodici di qualsiasi genere…. Compresi i bollettini parrocchiali.

“Il 1927 è l’anno della grande riorganizzazione dello Stato. Il Gran Consiglio riduce i membri della Camera da 560 a 400 mentre il Senato rimane invariato.

Le liste concorrenti sono state eliminate e l’unica lista comprende i 400 nomi scelti che vanno eletti o ricusati in blocco.  La domanda è “Approvate voi la lista dei deputati designati dal Gran Consiglio Nazionale del Fascismo?” La procedura viene approvata con un disegno di  legge che non lascia spazio alle contestazioni. E’ il 16 marzo 1928. (2)

 

2) Antonio Spinosa in “Mussolini….” ( Pg. 305)

 

Nel contempo l’opposizione  clandestina  si ramificava  e prendeva piede soprattutto il Partito Comunista che subì pesanti perdite di personaggi significativi capaci di trainare le masse popolari, come quelli reclusi nei penitenziari o  mandati al confino.

 

Furono emanate leggi speciali nei loro confronti e molti dovettero fuggire in Francia , come i fratelli Rosselli, poi assassinati, Giuseppe di Vittorio,Pietro Nenni, Bruno Buozzi .Luigi Longo e altri ancora

Tra i tanti personaggi colpiti dal Fascismo  vogliamo ricordare  Roberto Bracco, grande  autore teatrale che fu eletto nelle liste di Amendola nelle elezioni del 1924.Siccome era ampiamente conosciuto sia in Italia che all’estero, fu osteggiato dal fascismo e tutte le sue opere vennero boicottate.

 

Il Governo Fascista organizza le attività comunali nei minimi particolari in modo da dare risalto a quanto richiami la grandezza della Patria : il telegramma datato 28 luglio 1931 ne è un esempio.

Si tratta i dare  il nome “VIA ROMA” ad una via comunale.

“Prego comunicare per lettera espresso se in codesto Comune vi sia una via intitolata a Roma et se essa sia Principale aut secondaria. Stop.

IL PREFETTO

 

La risposta del Sindaco dichiara

 

ALLA PREFETTURA DI VARESE

“In risposta al telegramma a margine indicato significo che in questo Comune esisteva già precedentemente una Via Roma in località remota; nel 1929 in seguito a deliberazione Podestarile….venne denominata VIA ROMA una delle principali arterie del paese.

Con ossequi.

IL PODESTA’

 

 

 

                                               LA   SCUOLA

 

 

 

 

26 LUGLIO 1928: nelle Scuole Elementari diviene obbligatorio l’adozione del libro di testo unico di Stato.

L’impostazione del libro era nettamente orientata all’esaltazione dei fasti del Regime, alla gloria delle conquiste coloniali, all’altisonante figura del Duce, insomma alla gloriosa marcia del Fascismo verso i “destini” che la  Patria riservava al Suo Capo ed al Popolo italiano.

Le materie di studio erano quindi orientate in questo senso ,con il complemento obbligato  dell’Educazione Musicale  progettata per l’apprendimento dei canti marziali  da sfoggiare come accompagnamento delle  adunanze “oceaniche”  organizzate  dal Fascio  e del “Sabato fascista”.

L’attenzione della Scuola era orientata ad una specie di militarizzazione soprattutto nei confronti dei piccoli alunni che iniziavano il curriculum delle Scuole Elementari. Da qui doveva partire   l’azione  dell’indottrinamento per una strutturazione pianificata del bambino, così da renderlo recettore della dottrina fascista, senza lasciargli la possibilità di una seppur minima riflessione critica, che a quell’età è ancora “in fieri”.

L’Opera Nazionale Balilla gestiva la  pianificazione scolastica . Si partiva dai  piccoli “Figli della Lupa”,  per passare ai Balilla, agli Avanguardisti ed alle Piccole Italiane.

 

“ La   Carta della Scuola

(15 febbraio 1939)

 

 

 

 

 

PRINCIPI, FINI E METODI DELLA SCUOLA FASCISTA

 

I   Dichiarazione

“La Scuola…. forma la coscienza umana e politica delle nuove generazioni. La Scuola fascista per virtù dello studio, concepito come formazione di maturità,attua il principio d’una cultura del popolo, ispirata agli eterni valori della razza italiana e della sua civiltà…..

 

II Dichiarazione

Nell’ordine fascista, età scolastica ed età politica coincidono. Scuola, G.I.L. (Gioventù italiana del Littorio) e G.U.F. ( Gioventù  Universitaria Fascista)  formano insieme uno strumento unitario di educazione fascista.

 

III Dichiarazione

Lo studio….mira  alla formazione morale e culturale dei giovani ….e alla loro preparazione politica e guerriera.

 

IV Dichiarazione

Dalla Scuola elementare alle altre di ogni ordine e grado, il lavoro ha la sua parte nei programmi Speciali turni di lavoro nelle officine, nelle botteghe, nei campi, sul mare educano alla coscienza sociale e produttiva…

 

V Dichiarazione

…..Il principio della selezione opera di continuo nella Scuola a salvaguardia della sua funzione…

 

VI Dichiarazione

Scuola e famiglia, naturalmente solidali, collaborano ai fini dell’educazione e dell’orientamento. Genitori e parenti partecipano alla vita della Scuola.”

 

In vigore dal 15 febbraio 1939 al 27 luglio 1943, la Carta della Scuola tracciava,…., le basi del nuovo sistema scolastico italiano, introducendo tra l’altro l’abbinamento scuola-lavoro come elemento formativo. (..)

 

….) Storia d’Italia –testo di Elio d’Auria – vol. VIII – edit.De Agostini (No) 1978 – pg . 324

 

Dr.”Pippo”Giuseppe Belloni

 

“Le maestre della nuova generazione non usavano quasi mai le maniere forti . Mollavano raramente uno scappellotto o una tiratina di capelli. Vi era però, rara avis in quanto erano quasi tutti richiamati alle armi, un maestro con il quale, per fortuna, ho avuto a che fare la sola volta che venne in supplenza nella mia classe. Costui, distinguendosi dal Padreterno, pagava solo il sabato, quando, in ottemperanza ai superiori comandi, arrivava a scuola indivisa da graduato della Milizia, con tanto di lucidissimi stivali. Usava passare in rassegna le divise e le cartelle degli alunni e a quelli trovati in difetto somministrava una generosa dose di pedate, facendo ancora di più brillare I già lustrissimi stivali. Un sabato capitò in supplenza nella mia classe. La sera prima mi era caduta una macchia di inchiostro, piccola in verità, sulla copertina del quaderno a quadretti:  il maledetto la vide e mi piovve addosso una vera gragnola di schiaffoni e pedate nel sedere. Ma, direte voi, I genitori in queste situazioni non intervenivano? Intanto da parte dei punitori veniva scrupolosamente applicata una rigorosa politica classista. I figli dei maggiorenti, delle persone che contavano, dei ricchi in nessuna occasione venivano sfiorati o solo minacciati .essi erano sempre ordinati, puliti e preparati al contrario dei figli dei contadini e degli operai che qualche volta, malgrado la buona volontà delle mamme, lasciavano un po’ a desiderare riguardo all’ordine e alla pulizia.

Un altro evento contribuiva a far germogliare in noi le prime contestazioni al regime, la distribuzione dell’olio di fegato di merluzzo.. In quegli anni di alimentazione scarsa e squilibrata il rachitismo era molto diffuso tra le giovani generazioni. É l’affezione più antimilitarista che sia dato di vedere. Le tibie a sciabola, le spine dorsali stortignaccole o, addirittura, le gobbe non si inscrivono facilmente nell’iconografia guerriera. Il rachitismo contrastava inesorabilmente il progetto del Duce di trasformare il popolo italiano in un popolo di combattenti, pronti a “donare il petto all’amato condottier”. Da qui la disposizione, peraltro meritoria, di distribuire l’olio di merluzzo nelle scuole e di istituire le colonie elioterapiche.

Il mattino la mamma ti infilava tra I quaderni in cartella un enorme cucchiaio da tavola e all’ora della ricreazione, prima di poter accedere ai gabinetti, lo  si tendeva alla bidella che, sfoderando il più mefistofelico dei sorrisi, lo riempiva fino all’orlo del più nauseabondo, viscido e ributtante dei liquidi. Alla deglutizione dell’immondo beverone presiedeva la cara maestra in persona che controllava che nemmeno una goccia ne andasse sprecata, pena il rimetterti in fila e farti di nuovo riempire il cucchiaio. Penso che la cerimonia dell’olio di fegato di merluzzo abbia marcato in modo indelebile la mia generazione. Ancora oggi sono ben lungi dal crucciarmi per il fatto che I Norvegesi non vogliano aderire alla Comunità Europea. Le vittorie della nostra staffetta e della divina Manu Di Centa nel loro sport nazionale, in casa loro, sono state mie vittorie personali. Sosterrò di vero cuore il più feroce degli embarghi contro lo stoccafisso e gli altri loro prodotti qualora I maledetti riprendessero la caccia alle balene.

 

Il Dr. “Pippo” Giuseppe Belloni ricorda in particolare due maestre.

 

 La prima delle due si chiamava Minerva Falcombello  ed era la nostra maestra di quarta elementare. Non uso la precauzione di celarne l’identità sotto una sigla o un nome fittizio, come usa fare, perché di lei non dirò altro che bene. Non potrò fare altro che celebrare la ventata di venustà e di inebriante gioia di vivere con le quali ha rianimato la nostra vita di poveri campagnoli. Minerva (tanto nomine!) veniva da Saronno ed era ai nostri occhi di una bellezza incomparabile. Aveva I capelli corvini, con sfumature viola, gli occhi verdi e due labbra dal disegno squisito che si schiudevano su denti bianchissimi e che, pronunciando I nostri nomi, ci incantavano. Eravamo tutti innamorati di lei e persino Candela si era munito di un regolare fazzoletto col quale si puliva regolarmente il naso. Minerva era conscia della propria bellezza e il pomeriggio, prima di partire dopo aver gestito il doposcuola, usava ritoccarsi il trucco in classe invitando uno di noi a reggerle lo specchietto. Ci si preparava al balzo per raggiungere l’agognato oggetto, come ad una gara olimpionica e il premio era quello di mirarne da vicino le fattezze e aspirarne il profumo. Per raggiungere da Saronno la scuola si serviva delle Nord fino a Castellanza e da lì raggiungeva Olgiate con la corriera. Il pomeriggio tornava alla stazione di Castellanza servendosi della bicicletta presa in prestito a una delle nostre mamme e partiva seguita da due di noi su di una sola bici per potere poi riportare alla base l’altra. Per avere da nostra madre la bicicletta da prestare a Minerva eravamo disposti a ogni rinuncia. Che orgoglio e che gioia vederla pedalare al nostro fianco, roteando le gambe affusolate, vedere il gesto civettuolo e il sorriso malizioso con cui abbassava la gonna quando risaliva troppo in alto sulle tornite cosce, che rossori emotivi per quel fugace balenio di pizzi nascosti quando montava o smontava dalla bicicletta. In classe, forse in onore del nome che portava, ci raccontava le avventure di Odisseo che, grazie alla dea dello stesso suo nome che lo proteggeva, era il suo eroe preferito. Per me, da allora, Pallade Atena ha avuto le sembianze di Minerva Falcombello (e le conserva tuttora) ed é di gran lunga la preferita e la più bella tra l dee. Non ho mai capito perché quel pirla del Paride le avesse preferito Venere, sollevando peraltro quel po’ po’ di casino.

L’altra donna era parzialmente avvolta da un alone di mistero che ne faceva una leggenda vivente. La vedevamo fugacemente a volte scendere da un’auto che si arrestava dinanzi alla sua casa per il tempo di lasciarla smontare. Era la rapida visione di due gambe bellissime, di due eleganti scarpe, di un vestito alla moda che fasciava il corpo slanciato e di un turbante quasi sempre cremisi. Nessuno riusciva mai a coglierne le fattezze del viso, tanta era la rapidità con la quale si infilava nel portone di casa. Si sapeva che lavorava a Milano in una casa di moda e che moti ricchi Milanesi avevano perso la testa per lei, che però, almeno per il omento, non si voleva legare stabilmente con nessuno. Si chiamava Franca G. e divenne un mito quando Piero mostrò un ritaglio di giornale, sottratto a sua sorella, in cui compariva a figura intera e mostrava il suo volto. Era di una bellezza classica, perfetta, quasi severa se non fosse stato per un nonsoché di malizioso nello sguardo. Al tempo della repubblica di Salò circolarono voci su di un suo possibile collaborazionismo con I Tedeschi e I Fascisti e il nostro timore fu di vederla trattare come avevamo visto fare con altre collaborazioniste, rapate a zero e verniciate di rosso sulla pubblica piazza. Ma quando fu allestito il palco per il primo comizio dopo la liberazione, quale non fu il nostro sollievo e la nostra gioia nel vederla comparire al fianco del sindaco nominato dal CLNAI, bella più che mai e con un fazzoletto rosso al collo. Pare che a molti, al mio paese e nella stessa Milano, giovani renitenti alla leva, perseguitati politici, Ebrei,  partigiani fosse stata risparmiata la deportazione o addirittura la morte grazie all’opera di quella splendida figliola che aveva agito come quinta colonna infiltrata nel comando tedesco di Olgiate Olona”.

                       

 

            L’Educazione Fisica attuava manifestazioni con esercizi ginnici spettacolari sia all’interno della Scuola  sia  nelle sfilate  del Sabato fascista

 

            Dr: “Pippo” Giuseppe Belloni

 

Il pomeriggio del sabato, durante le esercitazioni paramilitari, bastava mostrarsi un pochino stanchi o mettere poco slancio in un saluto romano per essere condannati a fare venti o trenta giri di corsa attorno alla piscina da parte di un pisquanotto qualsiasi che, essendo in divisa e avendo un grado superiore al tuo, godeva un mondo nell’angariarti. I più grandi di noi però facevano la fronda e organizzavano delle spedizioni punitive contro I più carogna che, abbastanza spesso, rimediavano all’imbrunire, tra il lusco e il brusco, qualche sassata proveniente da chissà dove da parte di chissà chi.

Nella società di allora regnava incontrastato il “Machismo” (uso il termine, allora sconosciuto, per comodità). Era l’unico, meschino frutto degli sforzi del regime per trasformarci in un popolo di guerrieri. Con il petto in fuori e la pancia in dentro il maschio italiano tentava di assumere atteggiamenti che il tessuto bio-razziale e, soprattutto, la alimentazione di quei tempi assai scarsa di proteine, ostacolavano seriamente. Non facevano un bel vedere le gambe storte e l’epa straripante di parecchi gerarchi e gerarchetti di allora.  Ed erano patetici I personaggi in vista che, stimolati dalle circolari di Starace, tentavano di assumere un atteggiamento marziale e protrudevano il mento nel mal riuscito tentativo di mascherare la pappagorgia e di acquisire la volitiva mascella quadrata dell’Immarcescibile. I comunicati del “Minculpop” (Ministero della Cultura Popolare) letti con voce roboante dagli annunciatori dell’EIAR, dicevano della fiera gioventù che sfilava sulla via Sacra dei Fori Imperiali, imitando il passo dell’oca nazista, ribattezzato ”passo romano”. Da dove poi avessero tratto la convinzione che le legioni romane marciassero in quell’assurdo modo, così contrario ai criteri di praticità, di realismo e di sano cinismo che caratterizzavano la condotta di quei grandi conquistatori, molto portati a privilegiare la sostanza sulla forma,  nessuno è mai riuscito a capirlo.

 

 

 

 

 

 

FOTO SAGGIO GINNICO DA Storia d’Italia vol VIII  Elio D’Auria –

De Agostani (No) 1978

 

 

 

 

Le formazioni fasciste della gioventù intendevano dare un’impronta militare anche alle formazioni dei più giovani sia nell’addestramento, sia nelle armi che dalla sciabola del quattordicenne avanguardista cavalleggero arrivava al patetico moschettino del balilla. (…)

…..) Storia d’Italia –Elio d’Auria ed. De Agostani 1978 pg 392

 

 

 

Antonio Spinosa osserva come quella  militarizzazione generalizzata  non fosse ben accettata dalla popolazione in genere perché comprendeva una specie di istruzione paramilitare obbligatoria, dove i piccoli scolari dovevano dare dimostrazione di forza e di capacità di sopraffazione dell’avversario.

 

FOTO    LOTTA   IN     DIVISA   (Amendola)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Inoltre  le sfilate dei Balilla e degli Avanguardisti

Già gli edifici scolastici avevano una  progettazione ed una realizzazione architettonica inconfondibile, inoltre i nomi di intestazione delle Scuole erano mutuati da momenti gloriosi che si rifacevano a vittorie  dal Governo Fascista.

 

Dr. “Pippo” Giuseppe Belloni

 

            “L’edificio scolastico, ristrutturato al tempo dei fasti imperiali, era intitolato ad Adua, una località dove erano naufragati, in una memorabile batosta, i nostri sogni di espansione delle misere colonie in nostro possesso.

            Questo precedente aveva autorizzato il nostro esercito, nel 1935, ad usare i gas ed a portare a termine in pochi mesi, al comando del Leone di  Neghelli, Graziani, e del Duca di Addis Abeba, Badoglio, la conquista dell’Etiopia.

            Il cortile della Scuola era  vasto ed una siepe di mortella, tesa tra una decina di tigli,, lo divideva in due parti. Quella più vicina al fabbricato era adibita alla ricreazione, mentre oltre la siepe, era stata scavata una piscina di venticinque metri, in cemento, e si erano predisposte delle grandi buche riempite di “litta” (sabbia) per la elioterapia estiva.

            La divisa scolastica consisteva per i maschi in una blusa nera con un fiocco azzurro. La blusa nera era anche  la componente fondamentale della divisa che indossavamo per celebrare il Sabato fascista, una delle usanze più cretine introdotte dal Regime. Fino ai sette anni era obbligatorio, per quel giorno, presentarsi a scuola in tenuta dal Figlio della Lupa. I calzoncini dovevano essere grigioverd e sopra la blusa nera si indossava una sorta di imbracatura costituita da una cintura e da una bandoliera ,bianche. La bandoliera era doppia, incrociata sul davanti e sul di dietro e sull’incrocio anteriore reggeva una EMME di metalli nero, che doveva stare perfettamente dritta.

F O T O       A M E N D O L A   (figli della lupa)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

       All’inizio ed al termine delle lezioni  tutte le classi venivano adunate nell’atrio della Scuola, dove un insegnante dava l’attenti e poi con voce altisonante gridava:

                     “”Saluto al Re”

                     “Viva il Re” gridavamo in coro.

                     “Saluto al Duce”

                     “A noi”

                     Quale fosse il significato di quell’”A noi” penso che nessuno lo sapesse.Per noi significava “Per oggi è finita, andatevene”. Infatti subito dopo veniva dato il “Rompete le righe”.

 

Anche la  “Festa degli alberi” faceva parte dell’insegnamento  e quindi una missiva, siglata n. 3.800,  viene indirizzata al

 

SIG .PODESTA’                                 19/11/1942 – XXI –

 

“A Cascina Buon Gesù si dovrà svolgere la Festa degli Alberi.Ci rivolgiamo pertanto alla bontà vostra per i quantitativi degli alberi necessari per l’indicazione del luogo (Via o Piazza) dove sarebbe opportuno sistemare le piantagioni.

Se nulla AVETE in contrario ( notare il VOI invece del LEI, abolito dal Regime. ndr.) si potrebbe fissare per la Cascina la data dello scorso anno.

Con ossequio.

Insegnanti di Cascina Buon Gesù.

 

 

 

LA COLONIA ELIOTERAPICA

 

Dr. “Pippo”Giuseppe Belloni   (ricordi d’infanzia)

 

Durante l’estate la maggior parte dei ragazzi trascorreva la giornata in quella specie di Istituto di Rieducazione che era la colonia elioterapica.

 Nella prima estate in cui frequentavo la colonia e anche nella successiva, la mia squadra era sorvegliata da una maestrina dai grandi occhi neri e dai lunghi capelli corvini raccolti in una treccia che portava arrotolata attorno al capo. Aveva un’espressione dolce e da ogni suo atto e parola traspariva una serena sensazione di affettuosa partecipazione ai nostri sentimenti. Malgrado la feroce misoginia che ispirava la nostra condotta di maschietti fanatici, imbevuti della cultura “machista” del regime, eravamo tutti un po’ innamorati di lei. Un brutto giorno comparve a sostituirla una scialba ragazzetta del tutto anonima e sentimmo dire che era stata portata d’urgenza in ospedale per una peritonite. Si trattava di una affezione terribile allora, prima dell’avvento degli antibiotici, che raramente perdonava. Dopo tre giorni infatti la nostra maestrina era morta. Vi furono dei solenni funerali cui dovemmo partecipare in divisa mentre tutte le autorità erano in uniforme. La maestrina mi guarda ancora oggi, con I suoi grandi occhi neri, dalla foto sulla tomba di famiglia all’ingresso del cimitero. Ogni volta che incrocio il suo sguardo e vedo la sua treccia nera, mi prende un groppo e fatico a contenere l’emozione rinnovando il primo, vero, grande dolore della mia vita.

Nella colonia             si doveva far tutto a comando, dall’alzabandiera ai pasti, al marciare, cantare,prendere il sole,fare il bagno,riposare, allinearsi, saluti al re, al duce,a noi, rompete le righe.

 

 

La Colonia   aveva il pregio di toglierci dalla strada ed aveva anche una funzione educativa; infatti, in data 20 agosto 1942 il Comandante della  G.I.L. (Gioventù Italiana del Littorio) , che gestiva durante l’estate la piscina,  relaziona :

Sig.Cav.Rag. Angelo Codecà

„La colonia estiva apertasi il giorno 9 luglio u.s. si chiuderà il giorno 22 p,v,.I piccoli della Colonia daranno un saggio del lavoro compiuto durante il periodo di cura e saranno lieti di godere, domenica 23 c.m. alle ore 17.30 , della Vostra Presenza.

IL COMANDANTE  LA G.I.L. DI  FASCIO

Firma illeggibile

 

P I S C I N A

 

                     Chierichetti Antonio

 

           Agli inizi degli anni Trenta,  il Podestà Mario Guidi aveva steso un progetto

 per la costruzione della piscina comunale che venne realizzata in breve tempo.

L’area era quella occupata attualmente dalla Scuola Media.

 

 

Nel ricordo del Dr. “Pippo” Giuseppe Belloni

 

 c’è la figura della maestra Gedi Luigia che si dedicava alla sorveglianza dei bambini che frequentavano la colonia elioterapica estiva.Con lei c’erano delle responsabili come la Sig.na Ferioli Olga, la Sig.ra Luini ed altre ancora.

 

                                Il personale di sorveglianza era formato da un numero di maestrie quante erano le squadre e da un azzimato giovanotto che, al momento del bagno in piscina, compariva in costume  e fungeva da bagnino.

                                Dopo il bagno, mentre noi ci  asciugavamo al sole, lui si esibiva in una serie di tuffi dal trampolino da tre metri, a noi tassativamente negato, sotto i nostri occhi ammirati .”

 

                     Fino al 1942 la gestione della piscina doveva essere di totale responsabilità del Comune mentre nello stesso anno viene affidata alla G.I.L.  per lo svolgimento di tutte le attività sia ludiche che sportive.

E’ quindi presumibile che in quell’occasione venisse emessa un’ordinanza, senza la data,  del Commissario Prefettizio.

                                                                   A  V  V  I  S  O

                     “La piscina comunale è aperta ai cittadini di Olgiate Olona nei giorni

SABATO E DOMENICA   dalle ore 14 alle ore 18.

Il bagno è gratuito

Non sarà ammesso al bagno chi non sarà provvisto di costumino nero e comunque decente.

E’ assolutamente vietato:

  1. Danneggiare le piante e le altre proprietà comunali e private circostanti.
  2. L’ingresso ai bambini inferiori agli anni 10 ed alle donne.
  3. Di usufruire della piscina fuori dei giorni e delle ore stabiliti.I contravventori saranno puniti con un’ammenda di lire 100 a lire 500, salvo il risarcimento degli eventuali danni causati e, se del caso, il deferimento all’autorità giudiziaria.” .                     Il 15 giugno 1933 per incoraggiare l’uso della radio nelle campagne viene creato l’Ente Radio Rurale che diffonde apparecchi anche nelle Scuole dove viene ascoltato, in religioso silenzio, ogni proclama ed ogni discorso del Duce.                        SABATO FASCISTA                        Il 16 giugno 1935 ., con l’istituzione del Sabato Fascista gli italiani sono obbligati, tranne casi specifici, a dedicare metà del sabato ad esercitazioni, addestramenti e manifestazioni varie.                                                        ASSEDIO ECONOMICO
  4.                  LE SANZIONI
  5.                                                        FOTO MANIFESTAZIONI
  6.                                                IL COMMISSARIO PREFETTIZIO
  7. La vigilanza è affidata a due bagnini che esigeranno il rispetto delle suddette norme, ma più che altro alle civiltà dei cittadini.

                                  

Le truppe italiane entrarono in Etiopia il 3 ottobre 1935 e Mussolini “attaccò la Società delle Nazioni in cui, invece di”  riconoscere i nostri diritti “ parlavano di sanzioni”.

 

Colombo Maltagliati Piera e Colombo Saporiti Maria

 

            Le sanzioni nei confronti dell’Italia di Mussolini, iniziarono nel 1935-36 ;c’era una canzoncina che voleva smitizzarle e che  suonava così:

                        Chi se ne frega delle sanzioni

                        L’Italia sa far da sé

                        Col suo Duce e il suo Re.

I bollini invece entrarono in vigore nel 1940, con l’entrata in guerra dell’Italia a fianco della

Germania.

 

 

                                                                                            Varese 27/marzo/1940 . XVIII

 

AI PODESTA’ E COMMISSARI AI COMUNI DELLA PROVINCIA

N.318   Gab.                                                     Varese 17 gennaio 1941. XIX.-

Oggetto: Targhe a ricordo dell’assedio economico.

 

Ho avuto occasione di rilevare che in molti Comuni le targhe  apposte a ricordo dell’assedio economico sulle facciate dei Municipi, per la loro esposizione agli agenti atmosferici hanno i caratteri dell’iscrizione stinti ed illeggibili.

 

Poiché il ricordo del tentativo sanzionista deve essere in questo momento, come non mai, vivo nel cuore degli italiani, vi prego di provvedere perché le iscrizioni  in parola siano riverniciate e rimesse in condizioni di leggibilità.

IL PREFETTO

(Giuseppe  Russi)

 

 

VOI E LEI

 

Il Regime entra anche  nei dettagli della vita  ufficiale.

“Con la circolare 3 maggio 1938-XVI n. 1798 viene disposta l’abolizione del “lei” nella corrispondenza ufficiale.” Quindi nella corrispondenza indirizzata AL NOME DEL CAPO O TITOLARE DELL’UFFICIO va sempre usato il “voi” (..) ad esempio “siete pregato”, “vi prego”

Varese 29 maggio 1939-XVII

 

 

UNIVERSITA’

Anche l’attività universitaria fu tenuta sotto osservazione e sotto controllo cosicchè nell’ottobre del 1931 i professori universitari furono costretti a giurare con questa formula:” Giuro di essere fedele al Re, ai suoi reali successori, al regime Fascista, di osservare lealmente lo Statuto e le altre leggi dello Stato, di esercitare l’ufficio di insegnante e di adempiere a tutti i doveri accademici col proposito di formare cittadini operosi, probi e devoti alla Patria e al Regime Fascista.Giuro che non appartengo e non apparterrò ad associazioni e partiti, la cui attività non si concili coi doveri del mio ufficio”.

 

Varese 29 maggio 1939-XVII

I manifesti che esaltano  gli illustri ospiti diventano “una formalità anacronistica, a maggior ragione se si tratta del Capo del Governo  al quale deve essere riservata un’accoglienza ben diversa.

Ogni occasione è sfruttata allo scopo di esaltare il Duce ed il suo operato  specialmente (…) quando Egli  nei suoi viaggi nelle Provincie quando  “sente la fremente anima collettiva delle  masse oceaniche che lo attendono ed il primo saluto riempie lo spazio che separa il DUCE dal suo popolo”

In queste circostanze il saluto del manifesto è ben meschina cosa”.

 

 

FAMIGLIE NUMEROSE

 

Tra le feste che il Partito Fascista  organizzava c’era quella della “Giornata  della Madre e del Fanciullo” dedicata alle famiglie numerose.

Era organizzata da un’imponente campagna pubblicitaria ed otteneva grandi consensi per il fatto che il Regime aveva impostato un’azione propagandistica sì ma  che sicuramente incontrava ampia adesione popolare per il fatto che era  stata istituita l’O.N.M.I. (Opera Nazionale per la Maternità e l’Infanzia).

 

 

 

FOTO PAOLA AMENDOLA E IACCIO

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Con questa istituzione, nelle  famiglie più numerose e più indigenti la mamma aveva la possibilità di recarsi nelle sedi designate , dette anche volgarmente “casa della minestra”, per consumare il pasto a mezzogiorno e questo era di  sollievo ai più bisognosi anche perché diverse mamme consumavano un frugale pasto per poi portare a casa, di nascosto, qualche pezzo di pane  e di formaggio per la famiglia.

La premiazione delle famiglie numerose era preceduta da  indicazioni precise e la cerimonia era occasione per ulteriore  pubblicità.

UNIONE FASCISTA FRA LE FAMIGLIE NUMEROSE         Varese 29/12/1941-XX

Ai Podestà e Commissari Prefettizi

“(…) E’ indetto un concorso nazionale tra le famiglie numerose per il conferimento di cinque premi:

1 premio       lire   20.000

2     “               “      15.000

3     “               “     10.000

4     “               “       8.000

5     “                “      5.000

Detti premi saranno consegnati alla famiglie numerose che ABBIANO IL MAGGIOR NUMERO DI COMPONENTI ALLE ARMI NELL’ATTUALE GUERRA.

Le preferenze vanno a chi ha Caduti in guerra, a chi ha caduti decorati in guerra,a chi    ha partecipato ad azioni di guerra attuale, a chi ha il maggior numero di figli viventi, a chi ha benemerenze fasciste, “con particolare riguardo alle famiglia più disagiate”.

Per l’ammissione al Concorso occorre che il capo famiglia sia socio dell’Unione e che entrambi i coniugi non appartengano alla razza ebraica e siano di ottima condotta morale e politica

 

Varese 29 maggio 1939-XVII

DOPOLAVORO

 

Questa Associazione aveva una sua ramificazione specifica allo scopo di avere agganci  con ogni  aspetto della società, così da non lasciare scoperto alcun spazio.Aveva sicuramente una sua valenza positiva, per il fatto che il DOPOLAVORO organizzava attività coinvolgenti.

Quindi si aveva IL DOPOLAVORO AZIENDALE  i cui iscritti erano impiegati ed operai dell’azienda pubblica o privata di cui facevano parte.

C’era anche il DOPOLAVORO RIONALE al quale si aggregavano coloro che non facevano parte delle due categorie precedenti e cioè i contadini, gli artigiani ed i lavoratori autonomi in genere.

 

Colombo Maltagliati Maria e Colombo Saporiti Piera

 

            Il Fascio sicuramente fece delle cose importanti   a Olgiate Olona

IL DOPOLAVORO era un’organizzazione culturale , con sede presso l’ala della Scuole Medie che dà sulla Via…………

            Ci portavano spesso a vedere delle opere a Legnano o a Milano: la Tosca, la Bohème..

            Organizzava spesso anche delle gite alle quali molti partecipavano.

            Il Dopolavoro organizzava  anche recite teatrali, seguendo  la traccia del CARRO DI TESPI, che il Regime aveva impostato sia per i  bambini sia per gli adulti.

Questo “carro”aveva la funzione di indottrinamento e di propaganda e le Compagnie si spostavano, anche in treno, per presentare i programmi in zone lontane.

 

 

 

METTERE FOTO DEL CARRO DI TESPI   BAMBINI sul treno

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ad Olgiate c’era una Compagnia teatrale che dava questi spettacoli. Era patrocinata dal Dopolavoro, come si vede dalla locandina

 

 

 

 

 

 

LOCANDINA   DOVE C’E’   FRANCA GANNA.

 

 

 

“ Mussolini, impegnato in una guerra che prosciugava le risorse del Paese costringendo la popolazione a sensibili sacrifici, ottenne la più ampia manifestazione di solidarietà con la raccolta dell’oro e del ferro.”

Il ferro veniva asportato dagli edifici pubblici e privati, dalle cancellate e dalle recinzioni.

 

REQUISIZIONI

 

Il recupero di materiale necessario allo sforzo bellico mette in movimento molte iniziative del Governo Fascista, compresa quella della requisizione delle campane

REGIA PREFETTURA DI VARESE

Varese 15 marzo 1941-XIX^

Oggetto: Censimento campane di edifici destinati al culto.

AI  PODESTA’ E COMMISSARI DEI COMUNI DELLA PROVINCIA

E’ stata superiormente riconosciuta la necessità e l’urgenza  di provvedere al censimento delle campane appartenenti ad edifici destinati al culto, onde conoscere tempestivamente su quali quantità di bronzo possa farsi assegnamento nella eventualità che le esigenze della produzione bellica ne rendesse necessaria la rimozione e la raccolta

OMISSIS

Compiuto il censimento…sarà trasmesso un duplice elenco:

  • quello di tutte le campane del Comune, con le indicazioni riportate (peso,composizione del metallo,data di fabbricazione);
  • quello delle campane che si riterrebbe di proporre per la esclusione
  • quelle di eccezionale valore storico ed artistico.
  •  Di Don Zappa, prevosto di Olgiate, è immediata,facendo rimarcare l’importanza delle campane poste sui monumenti sacri.                                   Don Zappa ci tiene a dichiarare che il suono “argentino “ del concerto                                    La campana è necessario complemento all’importanza artistica della chiesa.Chiesa S.Gregorio di Olgiate Olona                         3 campane       (manca la data) in bronzoSull’argomento, in data 29 luglio 1942 – XX -, una lettera del Podestà Mario Guidi fa notare a Don Zappa di aver già con lui trattato dell’argomento dopo la sua nomina a Parroco, avvenuta il 24/1/41-XIX e di aver recentemente proposto al Prefetto di tener conto che le campane sono ricche d’argento, sono artistiche e danno il miglior concerto di tutta la Valle. Per il recupero di materiale che potesse servire alla Patria c’è una fitta corrispondenza tra il Comune e la Ditta incaricata della fusione del Monumento ai Caduti .                                                                                              Olgiate Olona 17 luglio 1941-XIX                                                           ALLA PREFETTURA DI VARESE            Il Monumento è del peso di kg. 239 (duecento trenta nove)                                                                                              (sigla di Guidi)            La ditta Tonolli di Paderno Dugnano fa presente, in data 9 sett. 1941, che il Monumento” è di bronzo , misto a terra,gesso e ad altre materie eterogenee, per cui il peso di kg.239 è da ritenersi lordo.”            Si tratta ora di ottenere il pagamento del Monumento consegnato.                                                                                              Olgiate Olona 14 luglio 1942– XX^ –            “Prego disporre pel pagamento statua in bronzo del Monumento di questo Comune, consegnato alla ditta Tonolli, sin dal luglio dello scorso anno.                                                                                  IL PODESTA            ‘Non c’è documento che parli del pagamento effettuato. (ndr.)
  •                                                                                   (sigla di Guidi)
  •             VINCEREMO
  •                         ALL’ ENTE DISTRIBUZIONE ROTTAMI   (ENDIROT)
  •                                                                                               IL PODESTA’
  •             “Come già da mia segnalazione in data 15 c.m. (…) vi comunico che il Monumento ai Caduti di questo Comune è stato rimosso in data 10 luglio u.s. e consegnato alla Ditta Tonolli di Milano.
  • Oggetto: Monumenti di bronzo
  •              Le campane non furono requisite.
  • Chiesa S.Antonio di Olgiate Olona                          1 campana       del 1864          bronzo
  •                                    è il miglior concerto della Valle, cosa di cui gli Oliatesi sono orgogliosi.
  • Chiesa Parrocchiale di Olgiate Olona                       6 campane       del 1864          bronzo e argento
  • Allo scopo di salvare il prezioso coronamento alla vita religiosa del paese, la risposta

REPUBBLICA SOCIALE

                                                                                         Varese 11 novembre 1943-XXII.

Un telegramma, con precedenza assoluta,  viene inviato  ai Podestà:

“Assumendo col primo dicembre lo stato repubblicano la denominazione di Repubblica Sociale Italiana uffici pubblici dovranno esporre bandiera”.

 

Segue una lettera urgente: del Capo della Provincia Enzo Savorgnan:”Ho rilevato che non tutti gli enti pubblici(…) sono provvisti della nuova Bandiera Nazionale.

Dopo un anno dalla fondazione del Nuovo Stato è inammissibile la mancanza del simbolo della Repubblica Sociale Italiana.

Il Nuovo Governo, impone una nuova Costituzione, che vuole cancellare definitivamente  i precedenti agganci  con la Casa Reale ed impone  la cadenza storica degli avvenimenti  in stile fascista: la  qualifica di Prefetto è  sostituita con quella di Capo della Provincia,la parola “regio o regia” va eliminata in ogni citazione,gli stemmi della Casa Regnaste devono essere rimossi, nelle date deve essere riportato l’anno dell’Era Fascista

Sempre a proposito della Casa Regnante in data 29 aprile 1944 XXII  il capo della Provincia Mario Bossi  ordina che “i ritratti,busti,effigi ecc. degli appartenenti alla ex casa regnante, se di bronzo o di altro metallo siano ritirati dall’Ente Distribuzione Rottami”(ENDIROT)

 

 

Il Regime per raccogliere quanto più materiale  possibile per far fronte alle urgenze che la guerra esigeva promuove la raccolta del rame.

Dal Comune di Legnano in data 5 marzo 1942 – XX parte una lettera al Comune di Olgiate Olona.

“Vi comunico che il Sig.RAIMONDI CARLO già residente in questo Comune, ha eseguito a suo tempo presso questo Ufficio la denuncia di Kg. 5.500 – utensili di rame da cucina con bolla nr. 2229.

Essendosi  trasferito in OLGIATE OLONA , la consegna di cui sopra dovrà essere effettuata presso codesto Ufficio Municipale.

IL PODESTA’

La risposta del Comune di Olgiate Olona è dell’ 8 aprile 1942-XX

Oggetto:Raccolta rame – Raimondi Giancarlo

Sig:Podestà

Legnano

Informo che la persona in oggetto ha provveduto a consegnare ai Sigg. PREMOLI FRANCESCO e ORAZIO PRANDONI gli utensili di rame da cucina, denunciati a suo tempo presso codesto Ufficio, come risulta dalla bolla n. 227442 in data 2 c.m.

Il Podestà

(La sigla è di Mario Guidi)

 

Anche le cancellate in ferro andavano rimosse e consegnate.

PREFETTURA DI  VARESE                                        20 aprile 1942- XX

 

AI PODESTA’ E COMMISSARI AI COMUNI DELLA PROVINCIA

“E’ stato segnalato al Sottosegretario di Stato per  le Fabbricazioni di Guerra che in questa Provincia esisterebbero cancellate in ferro già appartenenti a cittadini americani ed ora di proprietà di cittadini italiani, non ancora rimosse.

Vi prego di accertare se tali cancellate esistano effettivamente……

IL PREFETTO

 

Con il n. 1568                                                                    in data 29 aprile 1942-XX

risponde il Podestà di Olgiate Olona

“Informo che in questo Comune non esistono cancellate in ferro già appartenenti a cittadini americani ed ora di proprietà di cittadini italiani, non ancora rimosse.

Il Podestà

(sigla di Mario Guidi)

Le richieste di materiale ferroso da riciclare a scopi bellici è un altro aspetto delle difficoltà in cui il nazi-fascismo si trova

.Infatti in data 4 ottobre 1944 giunge ad Olgiate Olona una lettera con

OGGETTO:Raccolta di filo di ferro,filo spinato e rete metallica.

“ Il Comando Militare Germanico…comunica quanto segue:

Si è prospettata l’assoluta necessità di addivenire ad una raccolta in grande stile di filo di ferro, filo  spinato, tela metallica, sia mediante demolizione di cinte, sia con lo svuotamento di magazzini privati

OMISSIS

….il filo così recuperato va avvolto su paletti di legno in lunghezza da 50 a 100 metri…………. I Podestà avranno cura di provvedere all’immagazzinaggio protetto del filo….che verrà prelevato poi dai Comandi Militari di Piazza o locali………

IL CAPO DELLA PROVINCIA

(Enzo  Savorgnan)

 

Ogiate Olona   8/10/1944

“Il Comando Militare Germanico di Olgiate Olona ha requisito m. 20 di rete metallica che possedete in Via Piave n. 5.

Detto materiale deve essere portato in Comune entro il giorno 12 c.m., arrotolato, ben stretto su  pali di legno o matasse.

In merito al pagamento  del filo consegnato…saranno date delle disposizioni speciali.

IL COMMISSARIO PREFETTIZIO

(Dr.Ing. Egidio Frattarelli)

 

Segue un elenco di 18 persone che hanno consegnato il materiale di cui sopra.

 

“Alla raccolta del ferro e dei rottami si aggiunge la raccolta di stracci e della cartaccia”

Si ricorre quindi alla raccolta della lana . Inoltre si richiede alla popolazione un contributo  sia in abiti che in denaro per l’esercito.

 

 

 

La guerra ormai è un impegno troppo gravoso per il popolo italiano ed il Governo ne è pienamente consapevole;  nell’aria c’è il sentore  dell’enorme difficoltà in cui la Nazione si dibatte e quindi si ricorre ad ogni espediente per far fronte  allo stato di indigenza comune.

 

 

 

 

 

AI  PODESTA’ ET COMMISSARI  PREFETTIZI  PROV. VARESE

 

“Desidero vi sia notificato…quanto segue..Se in codesto Comune eventuale raccolta indumenti usati per ottenere lana scopo militare ed altri oggetti utili equipaggiamento…raccolta fondo acquisto per armi carri armati apparecchi da caccia o altro  per Esercito Repubblicano…

Capo Provincia : Bassi

 

La popolazione di Olgiate Olona, come di tanti altri Paesi, non può far fronte a questi impegni e la lettera del Podestà è la fotografia dell’indigenza in cui il paese si trova, dopo aver aderito a precedenti richieste in merito.

Olgiate Olona 13 marzo 1944

 

ECC. CAPO DELLA PROVINCIA DI   VARESE

 

“Ritengo che la proposta raccolta indumenti non possa avere probabilità di successo, inquantochè la popolazione ne è attualmente scarsamente sprovvista, anche perché ne ha offerto in precedenti raccolte.

Quanto alla raccolta di fondi per acquisto di armi ecc, si può tentare, e confido di riuscirre, nei limiti naturalmente, delle possibilità modeste dii questa popolazione.

IL PODESTA’ (non c’è la firma)

 

lla raccolta del ferro e dei rottami si aggiunge la raccolta di stracci e della cartaccia”

Si ricorre quindi alla raccolta della lana . Inoltre si richiede alla popolazione un contributo  sia in che in denaro per l’esercito.

 

 

 

 

ASSOCIAZIONE NAZIONALE FASCISTA DEL PUBBLICO IMPIEGO –

 

L’ apparato del Pubblico Impiego  è organizzato in maniera precisa quasi maniacale dato che da questo nucleo di impiegati  e dirigenti dipende  il buon andamento  e l’applicazione di tutto l’insieme delle leggi e delle ordinanze che giungono dai diversi Ministeri.

L’ISCRIZIONE al Partito Fascista era obbligatoria per tutti coloro che facessero parte dell’Amministrazione Pubblica e per i loro famigliari; non veniva tollerata alcuna scusa per la NON ISCRIZIONE, se non motivata PER ISCRITTO da parte del titolare dell’incarico, sul quale poi pesavano

Varese, data del timbro postale (1933-34?)

AI SIGG.INCARICATI DEL PUBBLICO IMPIEGO

“ Premesso che l’appartenenza alla nostra Associazione è resa obbligatoria OMISSIS……..

Ritenuto che in Regime Totalitario l’adesione all’Associazione Fascista del P.I……….è un atto di fede,simbolo di maturità politica…….

Fatto presente che alla mancata adesione da parte di qualche dipendente è fatto obbligo a questi di precisare per iscritto IL MOTIVO DELLA MANCATA PIENA ED INCONDIZIONATA ADESIONE AL REGIME FASCIISTA………..

OMISSIS.

La S.V. vorrà pertanto disporre tempestivamente alla bisogna OMISSIS       allegando

– l’elenco di tutti indistintamente i dipendenti…ed il loro preciso indirizzo

  • il tesseramento per l’anno X^ dovrà essere terminato entro il 25 marzo p.v.
  • la quota associativa è fissata in lire 1.4
  • tale cifra è comprensiva dell’abbonamento al giornale LE FORZE CIVILI
  • le quote devono essere versate all’Associazione Fascista Pubblico Impiego.           (l’annotazione autografa è aggiunta dal Podestà)                                                            IL FIDUCIARIO PROVINCIALE                                                                       OGGETTO:Sollecito circol. Del 17/5/1933-XI° –      A tutto oggi non mi è pervenuto riscontro alla Circ. 17/5/1933 n. 502 riflettente l’eventuale anzianità di servizio da riconoscere a quei dipendenti fascisti per il periodo di iscrizione anteriore alla MARCIA SU ROMA.Attendo con cortese urgenza. RISPOSTA NOTA 589 del 17 luglio 1933           In relazione alla nota a margine indicata comunico che in questo Comune non vi è personale che abbia diritto al riconoscimento di anzianità di servizio per essere stato iscritto al P.N.F. prima della Marcia su Roma.                        La campagna delle iscrizioni e degli abbonamenti è martellante e vengono chiamati in causa ed in prima persona tutti i Fiduciari incaricati dell’Associazione Fascista del P.I.                                              –
  •             La campagna delle iscrizioni e degli abbonamenti è martellante e vengono chiamati in causa ed in prima persona tutti i Fiduciari incaricati dell’Associazione Fascista del P.I.
  •                                               OLGIATE OLONA: 18 luglio 1933-XI° – n.1958
  • Prot.n. 589                                                                           17 LUGLIO 1933-XI°-
  • OMISSI……
  •                                                                                   ILL.MO Sig. PODESTA’
  •                    Riconoscimento anzianità si servizio a vecchi Fascisti.
  •                                                                              (Rag. Mario Massina)
  • Si chiede anche allegato il nome di tutti i dipendenti per l’invio del giornale a casa
  1. PREFETTURA DI VARESE                        Raccomando alle SS.LL. di cooperare che siano in codesto Comune intensificati gli abbonamenti alla “Cronaca Prealpina” che, essendo l’organo della Federazione Provinciale Fascista,, non può non interessare tutti i cittadini e i capi delle Amministrazioni.
  2.                                                                IL PREFETTO (firma illeggibile)
  3. OGGETTO: Abbonamenti “Cronaca Prealpina”.
  4. n. 1401 Div.Gab.                                                             Varese 23 aprile 1934 XII

 

 

Circolare n. 6

OGGETTO: Abbonamento al “Popolo d’Italia”.

A TUTTI I FIDUCIARI ED INCARICATI

DELL’ASSOCIAZIONE FASCISTA DEL P.I.

PROVINCIA DI VARESE.

La campagna delle iscrizioni e degli abbonamenti è martellante e vengono chiamati in causa ed in prima persona tutti i Fiduciari incaricati dell’Associazione Fascista del P.I.

Oggetto: ABBONAMENTO AL ”POPOLO D’ITALIA”         Varese 9 dicembre 1938 – XVII (?)

Si è iniziata la campagna abbonamenti dell ’anno 1939 XVII  al “Popolo d’Italia” e a tutte le altre pubblicazioni della Tipografia del giornale stesso.

Il Giornale del DUCE  è il più autorevole quotidiano del Partito, la bandiera della Rivoluzione, il faro dal quale  irradia la luce della nostra fede.

(…) I fiduciari dovranno raccogliere gli abbonamenti e dovranno versarli alle Segreterie dei Fasci di Combattimento.

Confido nell’alto spirito fascista che vi anima.

IL FIDUCIARIO PROVINCIALE

La campagna delle iscrizioni e degli abbonamenti è martellante  e vengono chiamati in causa ed in prima persona tutti i Fiduciari incaricati dell’Associazione Fascista del P.I.

 

 

 

 

Varese 26/2/1943 –XXI –

Circolare n.11 prot. 699

OGGETTO: ABBONAMENTI “Forze civili”

Ai Vice Fiduciari Provinciali

Dell’Associazione Pubblico Impiego

VARESE

 

La rinnovazione degli abbonamenti per il periodico “ Forze Civili” procede molto a rilento.Debbo perciò far nuovamente appello all’opera dei dirigenti locali dell’Associazione perché premurino i ritardatari ad effettuare il versamento della quota dovuta e si adoperino nello stesso tempo a trovare nuove adesioni.

Questa Provincia a tutt’oggi figura soltanto con n.248 abbonati, vale a dire l’8% degli iscritti.Se si considera che molte altre provincie (ad es.Cremona: 13%) hanno percentuali triple e quadruple, debbo sfavorevolmente apprezzare l’opera di diffusione svolta dai collaboratori, nella speranza che i continui e ripetuti richiami, l’esempio di quanto avvenuto altrove e la esatta comprensione degli scopi del periodico valgano a migliorare la situazione deficitaria di questa Provincia.

IL FIDUCIARIO PROVINCIALE

                                                                      (Giacomo Santini)

 

 

 

PARTITO NAZIONALE FASCISTA

Federazione fasci di combattimento

Varese 29 marzo 1938 – XVI

 

AL FASCISTA GEOM. Omissis

INCARICATO ASSOCIAZIONE FASCISTA DEL P.I.

PRESSO IL COMUNE DI

OLGIATE OLONA

 

L’ispettore di questa associazione camerata Ugo PAGNUZZI mi ha comunicato che la S.V.  non ha provveduto al tesseramento dei sottoelencati dipendenti di questo Comune e pertanto La invito a provvedere con sollecitudine  alla raccolta delle quote per il Tesseramento alla Associazione, al Dopolavoro e per i contributi al Dopolavoro, non INTENDENDO ASSOLUTAMENTE TOLLERARE DEFEZIONI.

Il Fiduciario Provinciale

(Cent.Rag. Giacomo Santini)

 

 

REGIA PREFETTURA DI VARESE

 

Varese 13 marzo 1939 –XVII

 

Signor Podestà di OLGIATE OLONA

 

SENZA APPROVAZIONE RESTITUISCO le Vostre deliberazioni….in quanto non Vi siete attenuto a quanto disposto con la mia nota n.2925 del 6 stesso mese      OMISSIS

Rilevo inoltre che tanto lo spazzino quanto il seppellitore non sono iscritti al P.N.F. e che se per il primo può tenersi conto della tarda età, per il secondo non può prescindersi da tale requisito.

Per lo spazzino inoltre deve considerarsi che il suo incarico richiede possesso di requisiti fisici che egli non ha e poiché i servizi comunali debbono essere efficienti non si vede come possa conciliarsi il desiderio da parte Vostra di fare opera quasi di beneficenza con la necessità di tenere in efficienza un pubblico servizio della massima importanza.

IL PREFETTO

(Giuseppe Russi)

 

Il 6 maggio  1939 – XVII – è un’ottima occasione  per ricordare che l’imminente  9 maggio ci sarà la celebrazione , trionfale per il Regime, della Fondazione dell’Impero, della Giornata del Soldato e della Giornata Coloniale.

            Ma è anche motivo per ricordare il TESSERAMENTO dei pubblici dipendenti

 

Se gli abbonamenti procedevano  a rilento , senza il dovuto impegno, soprattutto da parte del Pubblico Impiego, scattavano continui e ripetuti richiamo da parte degli organi preposti.

ASSOCIAZIONE FASCISTA DEL PUBBLICO IMPIEGO       Varese 26/2/1943-XXI-

Oggetto: Abbonamento “Forze civili”

Ai Fiduciari associazione P.I.

“La rinnovazione degli abbonamenti per il periodico “Le Forze Civili” procede molto a rilento. (…) questa Provincia (di Varese) figura soltanto con n. 248 abbonati mentre altre hanno percentuali triple e quadruple. (…) Debbo sfavorevolmente apprezzare l’opera di diffusione svolta dai collaboratori……

Il Fiduciario Provinciale

(Giacomo Santini)

 

Quando si tratta di esaltazione della razza italiana e della famiglia, alla quale è dedicata la  “Festa del fanciullo e della Madre”, gli organi competenti  pressano  i Podestà, i Commissari Prefettizi ed il Segretari politici  ad assolvere ad un loro preciso dovere di informazione e di raccolta di abbonamenti.

SEZIONE PROVINCIALE   di VARESE                         19 luglio 1939 – XVII –

“Vi annuncio che la rassegna mensile illustrata “FAMIGLIA FASCISTA” è divenuta (…) l’Organo Ufficiale di questa Unione.

La rivista assolverà il duplice compito di esaltazione e di difesa della famiglia prolifica ,tratterà (…) i problemi della potenza demografica della nostra razza.

(…) Un’azione propagandistica sarà possibile presso i Dopolavori Rionali ed Aziendali …

In attesa che mi ritorniate l’accluso stampato unitamente alla quota d’abbonamento di lire TRENTA.

Romanamente                                    Il Delegato Provinciale

(Luigi Lovati)

 

 

 

 

Tutti i dipendenti pubblici dovevano avere iscritto al Partito Nazionale Fascista le donne appartenenti alla famiglia.

Una lettera della REGIA PREFETTURA DI VARESE in data 30 ottobre 1939.XVIII, riservata e indirizzata a tutti i Podestà e Commisssari dei Comuni della Provincia ,compreso Olgiate Olona, ha come oggetto”FASCI FEMMINILI “e dice testualmente:

“ Ho avuto occasione di constatare come in molti casi le donne appartenenti alla famiglia (moglie,figlie,sorelle….) dei Podestà, dei Segretari e degli altri dipendenti comunali,degli Amministratori degli Enti di beneficenza,ed in genere degli Enti pubblici non siano iscritte al P.N.F.”

La lettera chiede che venga svolta un’efficace opera affinchè le suindicate donne si iscrivano  con sollecitudine.

 

La risposta del Podestà (firma illeggibile), in data 3 novembre, rassicura che “ Le donne degli amministratori e dei dipendenti pubblici sono iscritte al P.N.F. o alle Organizzazioni giovanili”

 

Per gli Amministratori e per i loro parenti, come pure per tutti coloro che avessero incarichi, seppur umili, nell’ambito pubblico correva l’obbligo di abbonarsi ai giornali ed alle riviste del Partito Fascista, pena la rimozione dall’incarico.

 

 

UNIVERSITA’

Anche l’attività universitaria fu tenuta sotto osservazione e sotto controllo cosicchè nell’ottobre del 1931 i professori universitari furono costretti a giurare con questa formula:” Giuro di essere fedele al Re, ai suoi reali successori, al regime Fascista, di osservare lealmente lo Statuto e le altre leggi dello Stato, di esercitare l’ufficio di insegnante e di adempiere a tutti i doveri accademici col proposito di formare cittadini operosi, probi e devoti alla Patria e al Regime Fascista.Giuro che non appartengo e non apparterrò ad associazioni e partiti, la cui attività non si concili coi doveri del mio ufficio”.

 

 

 

 

LEGGI   RAZZIALI

 

Dopo il 22 maggio,giorno del “Patto d’acciaio” tra Germania e Italia, la politica nazista fu adottata dal Governo italiano per quanto riguardava  le leggi razziali.

Infatti il 5 agosto 1938 comparve il manifesto che le sanciva e il primo decreto antisemita è registrato con la data del 7 settembre 1938.

I capitoli erano  perentori:

-Gli italiani devono proclamarsi razzisti:

-La popolazione italiana è di origine ariana:

-Gli ebrei non appartengono alla razza ariana e i caratteri fisici e psicofisici puramente europei degli italiani non devono essere alterati in nessun modo.

 

Con tale manifesto si sanciva l’esclusione da qualsiasi impiego o attività pubblica di coloro che non avessero avuto  le caratteristiche volute dalle prescrizioni sopraindicate.

 

In “Donne per la libertà” di Annalisa Castiglioni – Rossella Formenti.Pro Loco Gorla Minore – 2001 –

 

Gli ebrei furono perseguitati con decisioni   rapide, come  l’approvazione, tra l’altro, di un decreto che diceva:”Perché non  impediamo loro anche le modeste attività come il commercio (..) e la gestione di negozietti di rigattiere?”  Decreto approvato.

 

 

 

 

 

FOTO NEGOZIO CHIUSO

 

 

 

 

 

In data 13 agosto 1938 XVI, una lettera personale viene inviata al

Molto Rev. DON LORENZO CAZZANI (PARROCO in Olgiate Olona

E a DON GIOVANNI GRECO.

f..f. PARROCO (Buon Gesù)

OGGETTO DELLA MISSIVA: Esistenza persone ebree.

“ Vi sarò molto grato se, cooperando con l’azione ordinataci dalle autorità governative, vorrete usarci la cortesia, controllando nei vostri archivi e atti parrocchiali , di comunicarci se risultano in Olgiate Olona persone ebree o di origine ebrea. (la frase finale è sottolineata).

Gradirò risposta scritta.

  1. IL PODESTA’

(firmato) A. Ganna

 

 

La risposta di Don Cazzani è immediata.

 

Olgiate Olona 16 agosto 1938. XVI

“ Ill.mo Sig. Podestà,

dall’esame dell’Archivio parrocchiale risulta che presentemente in parrocchia non vi sono persone ebree.

Con ossequio.

(firmato) Sac. Cazzani Lorenzo.

 

 

In data: “Buon Gesù” , 22 agosto 1938

Don Giovanni Greco risponde, con lettera autografa.

“ Ill.mo Sig. Podestà,

dall’esame dell’archivio parrocchiale risulta che presentemente in parrocchia non vi sono persone ebree né di origine ebrea.”

Con ossequio

Sac. Giovanni Greco

 

In data 20/9/1938 al Podestà di Olgiate Olona viene fatto pervenire un telegramma che dice:

“ In attesa che il Gran Consiglio regoli posizione ebrei nel Regno, nessuna dichiarazione o autocertificato può essere rilasciato ai privati circa appartenenza, o meno, alla razza ebraica”.

Il MINCULPOP  fu attivissimo nella Campagna antiebraica ed i “Fasci Femminili”  compito di illustrare alle donne quanto fossero pericolosi i matrimoni misti.

 

 

Al M. R. don LORENZO CAZZANI – parroco di   OLGIATE OLONA

Oggetto: Matrimonio TETAZ – ROVELLI.

Olgiate Olona 7 ottobre 1938 A. XVI

 

Mi riferisco al preannunciatomi matrimonio Tètaz – Rovelli e vi confermo che farò effettuare immediatamente  le pubblicazioni, ove mi vengano richieste nelle forme legali.

Vi comunico però che,per quanto possa ostare al matrimonio in seguito alle deliberazioni prese dal Gran Consiglio del Fascismo nella seduta dal 6 corrente (Matrimonio di italiani e italiane con stranieri anche di razza ariana, dovrà avere il preventivo consenso del Ministero dell’Interno), ho provveduto ad inoltrare d’urgenza apposito quesito all’autorità competente.

Vi invito a non voler dare valore civile al matrimonio religioso che nel frattempo possiate celebrare, assicurandovi che appena in possesso della risposta al mio quesito ve ne farò conoscere subito il tenore.

Vi sarò anche grato se vorrete assicurarvi, a mezzo degli opportuni certificati , circa la razza del Tètaz.

Con osservanza

IL PODESTA’

Nota: C’è il timbro del Comune ma non c’è la firma del Podestà.

 

 

REGIA PREFETTURA DI VARESE

Varese – 26 gennaio 1939

 

Oggetto: Accertamenti razziali sul conto dei componenti i Comitati di Resistenza civile.

 

Urgente

Prego le ss. vv. di prendere in attento esame la posizione dei componenti il Comitato  di resistenza civile, agli effetti delle recenti norme per la difesa della razza.

Attendo comunicazione,non oltre la fine del corrente mese, delle modificazioni apportate all’elenco dei componenti suddetti

IL PREFETTO

(Giuseppe Russi)

 

 

Nonostante le disposizioni contro gli ebrei ad Olgiate ci fu un’azione di copertura, a rischio di coloro che non ottemperavano alle disposizioni vigenti,nei confronti della famiglia dell’ingegner Foà, di origine ebraica..

 

Angelo Borsetta

 

            La famiglia dell’ingegner Foà era fuggita da Milano, dove egli lavorava come dirigente della Falk ed era fuggito a Saronno, dove fu ospitato in un cascinale:Nel frattempo l’ingegnere aveva conosciuto un industriale che lo raccomandò al Sig.Garavello che faceva l’elettricista a Castellana.In seguito venne ad Olgiate e fu ospitato e nascosto dal Rag.Macchi in un locale lasciato libero da suo fratello. Il locale si trovava nel cortile del Maltagliati che aveva un negozio.

 

 

 

 

Sorelle Colombo Maltagliati Piera e  Colombo Saporiti   Maria

 

            Abitava qui da noi ed il suo cognome, che chiaramente non era italiano, fu mutato in Ingegner Fogli per non destare sospetti e per non incorrere nelle sanzioni contro chi aiutava gli

 ebrei.

 

 

Ferrari Carlo

Nella mia ditta facevo lavorare anche persone che dovevano proteggersi dai fascisti. Tra questi c’era anche l’ingegner Foà con la famiglia. Mi arrivò l’ordine di proteggerlo e di assumerlo con libretto-paga; aveva anche l’esonero dell’arruolamento ma era un documento falso.

 

Alla R. PREFETTURA DI VARESE

 

Il 18 marzo 1939 XVII  viene spedita la risposta da parte del Podestà.

Oggetto: – Comitato di resistenza civile.

Nessuna modificazione è da apportare al Comitato di resistenza civile, agli effetti delle recenti norme per la difesa della razza; in quanto tutti  componenti sono di razza ariana.

IL PODESTA’  (SIGLATO Guidi?)

OGGETTO: Ebrei – certificati d’iscrizione per commercio ambulante

 

In data 1 maggio 1939 giunge, da Varese, al Comune di Olgiate Olona il seguente telegramma.

“ Articoli della Legge difesa razza italiana fanno obbligo agli ebrei di denunziare allo stato civile loro razza di appartenenza….prego telegrafare numero complessivo ebrei che risultano avere presentato denunzia cotesto Comune a tutto 20 aprile scorso tenendo presente che occorre comunicare numero complessivo persone risultanti appartenere razza ebraica anche se denunzie risultino collettive famiglia.Di detti ebrei dovrà essere specificato quanti sono cittadini Italiani (maiuscolo nel testo) e quanti ebraici.

Successivamente dovrà essere inviato elenco alfabetico che specifichi numero capi famiglia che hanno presentato denunzia e numero complessivo persone denunziate.”

 

 

Ai Podestà della Provincia

“Per norma e rigoroso adempimento si comunica che agli appartenenti alla razza ebraica non debbono rilasciarsi né rinnovarsi le licenze per commercio ambulante di articoli di cancelleria e di tolette ad uso personale.”

IL PREFETTO

F° Giuseppe Russi

 

 

 

Varese  2/9/1941. XIX°.

Oggetto: Revisione censimento ebrei.

Ai Commissari e Podestà Prefettizi

Della Provincia

 

“ Per aderire a richiesta superiore pregasi far pervenire a quest’Ufficio immancabilmente entro il 20/9/1941 un elenco di tutti gli ebrei residenti STABILMENTE in codesto Comune e perciò iscritti nei registri di anagrafe,indicando per ciascuna persona (segue elenco di paternità,maternità.,stato civile.professione ecc…

Pregasi provvedere altresì acchè siano comunicati a quest’Ufficio successivamente le eventuali variazioni di residenza di elementi di RAZZA EBRAICA……”

IL QUESTORE

(FIRMA ILLEGGIBILE)

 

A stretto giro di posta,in data 4 settembre 1941 XIX parte la risposta d).el Podestà.

“ Con riferimento alla vostra nota (2 settembre u.s.) si comunica che in questo Comune,da accertamenti eseguiti, non risultano residenti persone appartenenti alla razza ebraica.”

IL PODESTA’

(La firma sembra di Mario Guidi)

 

“In Italia, in paese nel quale non ci sono mai state persecuzioni razziali (….) l’opinione pubblica insorge e viene prestato soccorso da parte della maggioranza della popolazione, agli ebrei perseguitati, specialmente attraverso la voce della Chiesa Cattolica perché la legislazione razziale ha provocato una frattura tra lo Stato e la Chiesa, che ha protestato contro quella Legge.” (1)

 

1) Federico Chabot “Italia contemporanea” (1918-1942.). Ed.Einaudi (pg.96)

 

 

 

“Lo sdegno pontificio scaturiva anche dal fatto che Mussolini aveva emesso un decreto di scioglimento di tutte le associazioni giovanili non fasciste, compresi i famosi  Scouts.”

 

Antonio Spinosa in “Mussolini il fascino di un dittatore”. (pg.45)

 

I Boy-Scouts, nella nostra zona come in altre d’Italia, erano nati come Associazione delle “AQUILE RANDAGE” nel 1923 ma il Governo Fascista labolì tutte le Associazioni non fasciste, nel 1926.

Nel 1928 alcuni giovani scouts costituirono allora, clandestinamente, il gruppo OSCAR che era un acronimo (Opera Scoutistica Cattolica Aiuto Ricercati) che rappresentò un’organizzazione che cercava rifugio ai ricercati (….) agli ebrei…

Il portabandiera dell’OSCAR fu don Teresio Olivelli, medaglia d’oro, che mor’ nel lager di Hersbruch il 12 gennaio 1945 e che compose la “PREGHIERA DEL RIBELLE” intitolata “Signore ,facci liberi” dove implora per tutti  “Signore (….) quando più s’addensa e incupisce l’avversario, facci limpidi (….) Nella  tortura serra le nostre labbra. Spezzaci, non lasciarci piegare.”

“Dall’archivio di Mario Colombo”

 

I PATTI LATERANENSI

 

L’11 febbraio 1929 la firma di Mussolini e del Card.Gasparri sanciscono i Patti Lateranensi e pongono fine, in teoria, al dissidio tra lo Stato Fascista e la Chiesa Cattolica.

Il Regime, una volta ottenuti  i consensi  dei cattolici, anche dai meno arrendevol,i,  imposta una politica sottile fatta di ricatti e di “sgarberie” nei confronti del Vaticano.

Infatti già nel dicembre dello stesso anno dei Patti ai Commissari della Provincia di Varese viene spedito un messaggio che ha come oggetto “BANDIERA DELLO STATO ESTERO CITTA’ DEL VATICANO” che dice:

            “Da parte dei sodalizi cattolici sta diffondendosi l’adozione di bandiere, stendardi ed insegne coi colori della bandiera dello Stato del  Vaticano. Poiché trattasi di bandiere di Stato estero la cosa non può essere tollerata nel territorio del Regno d’Italia.

            Pertanto S.E. il Capo del Governo ordina che siano sequestrate le bandiere che avessero tali colori.”

                                                                                  Il Prefetto

                                                                                  (Gino Brogi)

 

 

 

 

Già nell’agosto del 1929 lo stesso trattamento era stato riservato all’Inno pontificio.

 

            “…… che può essere suonato soltanto se è presente all’esecuzione un Cardinale Legato rappresentante la persona del Pontefice, essendo l’inno di uno Stato estero.”

 

21 agosto 1929 – VIII.

 

La donna, colei che deve essere la madre devota alla famiglia , va  salvaguardata nei suoi ideali  che il Fascismo si erge a difendere: moralità, compostezza, decoro femminile

                        Il Ministero dell’Interno  invia  un telegramma protocollato 25/6/1941 al

                                                                     COMUNE DI OLGIATE OLONA

“ E’ stato notato che donne in pantaloni lunghi aut corti aut a piedi aut in bicicletta circolano per le città in località non balneari tale moda appena tollerabile sulle  spiagge non è assolutamente conciliabile  con costume cittadino e va quindi con rigore repressa le donne che trasgrediscono alla disposizione vanno fermate oltre elevare ad esse eventuale contravvenzione se in bicicletta sia a quelle temporaneamente ritirata”.

 

L’entrata in Guerra degli Stati Uniti determina, nei loro confronti,  una serie di interventi da parte del Regime

                        REGIA PREFETTURA DI VARESE          8 marzo 1942 –XX-

                                                           Ai Podestà e Commissari Prefettizi

“ Come noto gli Stati Uniti d’America devono considerarsi Stato nemico dalle ore 14.30 dell’undici dicembre 1941 e da tale data ha effetto l’applicazione della legge di guerra nei riguardi di tale nazione.”

Le conseguenze di tale proclama si  fecero sentire subito in alcuni ambiti specifici.

L’ arrivo in Italia della musica sincopata di derivazione jazzistica coinvolse subito  soprattutto i giovani per cui fallì la campagna del Regime nei confronti di una musicalità che, secondo le ordinanze ministeriali, erano di derivazione negroide.

            Al podestà di Olgiate Olona, e a tutti i podestà della Provincia, il 21 gennaio 1944  viene inviato un telegramma , molto severo,  da parte del Minculpop.

“Per stretta osservanza trascrivesi circolare n.889 dell’undici c.m. (gennaio) del Ministero della Cultura Popolare prego impartire tassative disposizioni affinchè dai programmi musicali vengano assolutamente bandite musiche sincopate americaneggianti negroidi punto dispongasi adeguati controlli et vengano adottate severe sanzioni at carico trasgressori”

                                                                                  Questore Solinas

Eva Paola Amendola e Pasquale Iaccio in “Gli anni del regime” (1925-1939), Editori riuniti

scrivono a pag. 21

Una gita domenicale o una festa danzante organizzata dal Dopolavoro erano una manifestazione politica o un semplice passatempo?….Ci si metteva in divisa e si andava alle esercitazioni  del sabato fascista e poi si andava a ballare con la fidanzata sulle note di una canzone sincopata.

Si ascoltavano i discorsi infiammatori del  Duce  e si sognava l’America guardando un film di oltreoceano.”

 

 

 

REPUBBLICA SOCIALE

Varese 11 novembre 1943-XXII.

Un telegramma, con precedenza assoluta,  viene inviato  ai Podestà:

“Assumendo col primo dicembre lo stato repubblicano la denominazione di Repubblica Sociale Italiana uffici pubblici dovranno esporre bandiera”.

 

Segue una lettera urgente: del Capo della Provincia Enzo Savorgnan:”Ho rilevato che non tutti gli enti pubblici(…) sono provvisti della nuova Bandiera Nazionale.

Dopo un anno dalla fondazione del Nuovo Stato è inammissibile la mancanza del simbolo della Repubblica Sociale Italiana.

Il Nuovo Governo, impone una nuova Costituzione, che vuole cancellare definitivamente  i precedenti agganci  con la Casa Reale ed impone  la cadenza storica degli avvenimenti  in stile fascista: la  qualifica di Prefetto è  sostituita con quella di Capo della Provincia,la parola “regio o regia” va eliminata in ogni citazione,gli stemmi della Casa Regnaste devono essere rimossi, nelle date deve essere riportato l’anno dell’Era Fascista

Sempre a proposito della Casa Regnante in data 29 aprile 1944 XXII  il capo della Provincia Mario Bossi  ordina che “i ritratti,busti,effigi ecc. degli appartenenti alla ex casa regnante, se di bronzo o di altro metallo siano ritirati dall’Ente Distribuzione Rottami”(ENDIROT)

 

 

A G  R  I  C  O  L  T  U  R  A

 

Tra il 1911 ed il 1921 parte della proprietà fondiaria passa, gradualmente, sganciandosi dai nobili

proprietari terrieri e dei borghesi, verso una conduzione in cui gli agrari sono i principali soggetti.

Questa situazione viene subito valutata da parte dei fascisti e dei socialisti, anche se  questi ultimi sono conoscitori, di vecchia data, del problema “Agricoltura”

Tra il 1919 ed il 1920 i contadini stanno ancora dalla parte dei socialisti ma dopo quest’ultima data ,le cose cambiano.; nei ceti rurali c’è qualche defezione rispetto al socialismo storico per affacciarsi speranzoso alle prospettive miglioristiche del fascismo, che nella sua propaganda non si presenta come conservatore, basti pensare alle bonifiche, alla battaglia del grano ( 14 luglio 1925) ma come il Partito che porterà alle masse contadine quel benessere che hanno sempre sperato.

Ma l’agricoltura gradualmente diventa un settore dove il Governo può spremere la forza lavoro, con imposizioni ed ordinanze malviste dai contadini mentre dall’altro canto ammorbidisce la situazione divenendo, in qualche modo “assistenziale”; vedi l’ O.M.N.I., le colonie elioterapiche, i sussidi alle famiglie numerose e disagiate perché, in realtà, incentiva la prolificità delle  stesse. (1)

 

1) AA. VV. sull’argomento  “Gli anni del Regime”

 

 

“Nel 1926 viene creato l’Ente Nazionale Fascista e nelle grandi cooperative e nei grandi consorzi si insediano attivisti di sicura fede politica per una gestione di chiaro indirizzo mussoliniano.

Da questo momento scatta una serie di ordinanze, di leggi, di richiami e di sanzioni che programmano ogni attività agricola.”

Passeranno “Gli Anni Ruggenti”, con tutte le loro tragiche peripezie, fino a giungere al “Manifesto di Verona,del novembre 1943 dove si parla di “terre incolte e di aziende malvestite da espropriare e da dare a braccianti e cooperative, e la moltiplicazione di spazi aziendali cooperativi.

E’ una specie di ripensamento del Governo repubblicano che tenta un’ultima carta di democrazia ma nessuno è più disposto a farsi sorprendere dalle promesse.

L’esperienza della guerra ha maturato il cittadino.” (2)

 

(2) Domenico Agasso: Storia d’Italia” ed. Mondatori   pgg. 102….118.

 

Già prima dell’assedio economico il Regime organizzava l’attività agricola nei minimi particolari e ci ci fu subito un impegno a privilegiare certe cultura autoctone che andavano propagandate e sostenute con enorme “battage” pubblicitario, come l’intervento per l’incentivo al consumo del riso.

PREFETTURA DI VARESE                                                                      13 febbraio 1928-VI –

AI SIGG. PODESTA’ E COMMISSARI PREFETTIZI  DELLA PROVINCIA

 

“Come sarà certamente noto …il Sindacato Nazionale Fascista dei medici ha deliberato di indire una giornate del riso per il giorno di domenica 19 p.v..

L’iniziativa trae origine dalle seguenti considerazioni:

  1. che è dovere di ogni cittadino coadiuvare il Governo Nazionale nella battaglia del grano;
  2. che consumare …maggiori quantità di riso, prodotto eminentemente nazionale, favorisce la vittoria del grano perché se ne diminuisce l’importazione;
  3. che il riso ,cibo sano, è il più facilmente digeribile……utile in molte malattie, specialmente dell’apparato digerente ed è coadiuvato dall’allattamento materno;
  4. che il consumo è ridotto a poco più di Kg. 4 per persona mentre altre Nazioni europee ne consumano oltre 40 chilogrammi a persona.
  5. Cha la risicoltura italiana attraversa una grave crisi che ne minaccia l’esistenza, con conseguenza di forte disoccupazione;Per la completa riuscita dell’iniziativa del Sindacato Fascista dei Medici occorre diffondere sempre più il consumo del riso                                                                 p. IL PREFETTONon c’è la stessa propaganda per altre due culture autoctone;anzi se ne proibisce la coltivazione e la semina con interdizione totale e con la conseguente scomparsa di due cereali: Il Rosso Olona ed il Bianco Com’asco.                                                                 AL PODESTA’       di OLGIATE OLONA            Sarò grato alla S.V.Ill.ma se vorrà provvedere perché lo SVECCIATOIO di proprietà dekl Ministero dell’Agricoltura e Foreste e dato in consegna a S.V. non abbia a svecchiare, a preparare cioè grani per la semina della varietà “ROSSO OLONA”.OMISSIS      “ LO SVECCIATOIO NON PUO’ ESSERE ADOPERATO PER LA SELEZIONE DELLA VECCHIA VARIETA’ DI GRANO ROSSO OLONA E BIANCO COMASCO”        Lo scopo era quello di non permettere la fabbricazione di burro clandestino      “Piombato n. due scrematrici alla Fattoria Piantanida.                                                                            Firma illeggibile.La pressione della Guerra esigeva la consegna all’ammasso dei prodotti cerealicoli, degli animali da macello.La requisizione degli animali passa come un’esigenza militare ma sicuramente nei confronti della popolazione olgiatese è un duro colpo anche perché l’attività agricola nel paese è preponderante, accanto a quella del lavoro in fabbrica.      Comunque la situazione contingente spinge il Governo a requisire bovini, cavalli e muli di proprietà privata, e ogni Comune deve provvedere affinché questo avvenga secondo le ordinanze ministeriali.            Le statistiche, riportate in un articolo della “ Cronaca Prealpina” , dicono che sul mercato mancano circa 24 mila chili di carne, quantità sufficiente che, se immessa sul mercato, basterebbe a calmierare i prezzi. “A complemento del richiesto censimento quadrupedi (……) si prega di voler trasmettere entro il 10 gennaio p.v. gli elenchi degli equini soggetti a requisizione.             Seguono i nominativi dei proprietari con il nome del quadrupede, suo anno di nascita ed il suo appellativo.                                                                                  (Dr.Codecà)                
  6.                                                                                   IL PODESTA’
  7.                         Il Podestà, data 4 gennaio 1944 –XXII, trasmette l’elenco dei cavalli(:…) riconosciuti idonei all’attività militare.
  8.                                                                                               Il Capo della Provincia
  9.                                                            Prefettura di Varese     28 dicembre 1943 – XXII –
  10.             Invece vengono macellati clandestinamente dai 600 agli 800 vitelli al mese nella sola Provincia di Varese
  11.       Ma non tutti sono disposti a rispettarle.
  12. Le aziende agricole inoltre usano quasi esclusivamente quadrupedi per i lavoro agricoli e quindi i coltivatori sono a corto di mezzi meccanici, che sono costosissimi.
  13. La categoria che viene maggiormente tenuta sotto pressione è quella degli agricoltori e degli allevatori ai quali l’imposizione rende la vita difficile.
  14.                                                                  Olgiate Olona 28 luglio 1941 – XIX –
  15.                   La risposta del Comune di Olgiate è questa:
  16.       L’ordine giunge al Comune di Olgiate affinché vengano rese inservibili, con filo di ferro e piombo non facilmente sostituibile in modo che ne sia impedito l’uso, le scrematrici possedute dalle latterie che non ne abbiano denunciato il possesso.
  17. La pressione sugli agricoltori si fa più serrata e giungono ordini per quanto riguarda aspetti legati all’attività agricola, coma la proibizione di usare scrematrici che si prestino alla clandestina fabbricazione di burro nonchè della produzione di panna….ora proibita per la fabbricazione di gelati e pasticceria..
  18.                                          Il documento non reca la firma
  19.       M permetto quindi di consigliare a S.V. di far apporre sulla macchina svecciattrice un cartello con la dicitura di questo tipo.
  20. (…….) tale determinazione non deve essere intesa come restrizione alla selezione, ma quale contributo per favorire la scomparsa di una vecchia varietà di grano che , a causa di quel conservatorismo proprio dei contadini ha arrecato loro danni ingenti.
  21.                                                                                         Varese 7 settembre 1932 – X –
  22.                                                      E per conoscenza al Cav. Carlo Castiglioni
  23.       CATTEDRA AMBULANTE DI AGRICOLTURA
  24.                                                                  ( Cocuzza)
  25.       Gradirò immediata assicurazione
  26. (………)

   Ministero agricoltura e foreste-

.

Oggetto :Conferimento bovini                                                   Varese 28/12/1944 – XXIII

 

AL COMUNE DI OLGIATE OLONA

 

Risulta che codesto Comune all’ultimo raduno di Busto Arsizio,in luogo di q. 19.00 peso vivo di carne, ha consegnato solo  q. 1,32.

Vi invito ad ottemperare subito a quanto ordinatovi dalla Zootecnia….per la differenza  di cioè q.18.00 al raduno straordinario di Busto Arsizio………..

E’ inutile invocare la scusante del basso prezzo,essendo stato fissato dal Ministero…

Chi non conferisce volontariamente va soggetto alla requisizione della stalla…..

IL CAPO DELLA PROVINCIA

(Enzo Savorgnan)

 

 

 

Varese 9 gennaio 1945 –  XXIII

 

AL PODESTA’ DEL COMUNE DI OLGIATE OLONA

 

Nell’assoluta necessità di  fornire la carne alla popolazione civile e alle Forze Armate, in riferimento al decreto…..nr.25950/8 del 29 dicembre 1943…..si spediscono le cartoline precetto per la consegna di altrettanti capi bovini per un peso complessivo minimo di q. 30.00…..

La parziale o intempestiva  distribuzione del precetto verrà denunciato al  Capo della Provincia.

OMISSIS

Al mancato conferimento da parte dei soci precettati seguirà l’immediata requisizione della stalla……………….

IL DIRETTORE

(FIRMA ILLEGGIBILE)

 

ORTI DI GUERRA

 

Erano dei piccoli appezzamenti di terra che i Comuni  ed i privati dovevano gestire, o far gestire,  per la produzione di semplici generi alimentari  a sostentamento   delle famiglie.

La loro utilità fu veramente scarsa e non valse a sollevare dall’indigenza la popolazione perché i prodotti necessari erano venduti al mercato nero che prosperò, dato che le tessere annonarie erano assolutamente insufficienti a garantire l’indispensabile alla vita quotidiana.

I prodotti degli  appezzamenti di proprietà del Comune dovevano essere conferiti tutti all’ammasso.

 

 

 

 

foto

 

 

 

 

A scuola veniva insegnata una canzoncina che  pressapoco diceva così:

Orticello di guerra

………… e prego Iddio

che vegli su di te, babbuccio mio.

 

A Olgiate il  locale  destinato a questo scopo era una bassa costruzione sita nello spazio che ora è occupato dal  parco posto di fronte alla Scuola Media.

 

Per la raccolta dei prodotti degli “orti di guerra” gestiti dal Comune e che vengono conservati nei magazzini  dell’ammasso, il Ministero competente organizza anche la raccolta dei prodotti   con richiesta all’Amministrazione comunale  del nominativo degli incaricati  allo scopo.

 

Oggetto: Reparto patate e prodotti ortofrutticoli conservabili.

Al Podestà

OLGIATE OLONA

 

Vi preghiamo di voler urgentemente di voler evadere la nostra nota OMISSIS in proposito alla nomina di un raccoglitore comunale per le patate,legumi e cereali minori.

Il Presidente

(cav.uff.Manlio Stabilini)

 

In Olgiate non si trova uno che si assuma tale incarico.

RISPOSTA DEL COMMISSARIO PREFETTIZIO

5 agosto 1943

Oggetto: raccoglitore patate ecc….

Non mi è riuscito di trovare qui persona disposta ad accettare l’incarico.

 

Ma la normativa esigeva che la coltivazione degli orti di guerra non fosse indiscriminata e lasciata all’ interpretazione fantasiosa di qualcuno.

Infatti in data 26 ottobre 1942 – XX

AL  SIG .PROVVEDITORE AGLI  STUDI   di VARESE

26 OTTOBRE 1942 – XX –

“La Direttrice Didattica di Castellana, senza neanche domandarmi l’autorizzazione, e nonostante il mio divieto,(………….) sta facendo dissodare il cortile inghiaiato dell’edificio scolastico della frazione “Buon Gesù” di questo Comune, che serviva per esercitazioni ginniche, allo scopo di seminarvi il frumento.

Le ho fatto dire che,se pur ritiene utile seminare il frumento innun microscopico appressamento, si fosse limitata a farlo in  liste di terreno già coltivate l’anno scorso, mi ha risposto che l’edificio scolastico “ è come fittato dal Comune alla Scuola e che, pertanto,lei può farne quel che le pare”.

Vi prego di far rimettere nel pristino stato il cortile e di richiamare la Direttrice  al rispetto delle buone norme.

OMISSIS

VINCEREMO

IL PODESTA’

 

Il Ministero , o chi per lui, controllava sistematicamente l’utilizzo degli “orti di guerra” e con regolarità inviava carte da compilare e  che contenevano richieste molto particolari.

Ogni appezzamento  di proprietà comunale  doveva essere coltivato ed ogni Comune era tenuto a completare il modulo  relativo.

 

 

 

 

Varese 21/7/1943 – XXI –

AL COMUNE DI OLGIATE OLONA

Oggetto:Orti di guerra

“Con riferimento alla vostra nota (….) si prega di restituire a questa Segreteria… l’unito modulo debitamente compilato relativo agli “Orti di guerra” istituiti in questo Comune.

VINCERE

Il Segretario Provinciale

(Ponziano Culasso)

Viene spedito il modulo compilato in ogni sua parte.

 

COMUNE DI OLGIATE OLONA                                                     26/10/1943

 

GLI ORTI COMUNALI     sono di mq. 1.500  ( in località CAMPO SPORTIVO)

sono di mq. 9.000 ( i campi intorno al  CIMITERO)

I prodotti sono stati consegnati all’ammasso.

IL PODESTA’

 

Il Dopolavoro si faceva garante dell’utilizzo degli “orti di guerra”

 

OPERA NAZIONALE DOPOLAVORO PROVINCIALE               di      VARESE

Gli “Orti di guerra”  in terreni di proprietà di questo Comune sono stati coltivati direttamente da questa  Amministrazione.

I prodotti sono stati  regolarmente consegnati all’Ammasso presso il magazzino di Olgiate Olona.

IL PODESTA’

 

 

Alla coltivazione degli “orti di guerra” si aggiunge anche l’obbligo di disboscare e di coltivare zone di brughiera, che a Olgiate erano estese: erano gli  spazi che circondavano  le ampie aree coltivate a segale,grano e granoturco e che erano il regno delle robinie e degli arbusti della vegetazione spontanea.

 

BRUGHIERA

 

Anche le superfici a brughiera  devono essere dissodate e ogni Comune deve comunicarne l’estensione ed i proprietari.

Infatti con la data del 7 ottobre 1942-XX°- in risposta ad una richiesta da parte del Comune, datata 1° ottobre dello stesso anno, l’Ing. G. Balossi –Restelli scrive:

OMISSIS …La maggior parte dei terreni di proprietà Restelli chiamati brughiere, non sono tali, ma boschi cedui di essenza forte in dotazione fittalizia ai coloni perché abbiano la dovuta e necessario dotazione di legna anche per la coltivazione dei bozzoli…non è conveniente destinarli ad altra coltura essendo preminente ed importante la PRODUZIONE SERICA.

E’ opportuno che io veda nei dettagli gli appezzamenti  ecc..ecc..

Firmato

 

 

 

CONFEDERAZIONE FASCISTA DEGLI AGRICOLTORI

Varese 2 docembre 1942 –XXI°-

Oggetto: disboscamento e messa a coltura della brughiera .

AL DELEGATO COMUNALE di

OLGIATE OLONA

Come vi è noto…..allo scopo di assicurare la piena attuazione del piano di produzione provinciale….si rende obbligatorio il dissodamento delle superfici di brughiera nelle zone scelte dall’Ispettore Provinciale dell’Agricoltura:

OLGIATE OLONA     Ha. 50 (cinquanta)

Notificheremo nei prossimi giorni agli agricoltori… che ci saranno indicati dai Podestà l’obbligo di provvedere al dissodamento della superficie per ciascuno fissata….

(manca la firma)

 

 

ALL’ISPETTORATO PROVINCIALE DELL’AGRICOLTIRA

4  DICEMBRE  1942-xxi°-

Oggetto: Dissodamento brughiere.

 

OMISSIS………Sto facendo procedere ad una ricognizione delle brughiere suscettibili di bonifica …..ma vi ripeto che buona parte delle brughiere site in questo Comune sono state dissodate ad opera dei  benemeriti volenterosi  Sigg.Martegani, Piantanida e Dedionigi.

IL PODESTA’

(firma Guidi?)

 

 

 

 

 

COMUNE DI OLGIATE OLONA : 15 DICEMBRE 1942-xx°-

Oggetto: Dissodamento brughiere

ALL’ISPETTORATO PROVINCIALE DELL’AGRICOLTURA

VARESE

Il Sig.Geom. Palenga Alvaro è incaricato da questo Comune per la identificazione dei terreni a brughiera e cedui di robinia per ottemperare all’obbligo della compilazione dell’elenco dei proprietari tenuti al dissodamento.

OMISSIS

IL PODESTA’

(firma illeggibile)

 

 

Ma il Magazzino dell’ammasso non è sicuro sia per la sua ubicazione che per la sua struttura muraria piuttosto  pericolante e quindi il Comune richiede  una sorveglianza particolare alla GUARDIA NAZIONALE REPUBBLICANA  che risponde però che non può assegnare personale di sorveglianza alla struttura  dell’ammasso.

Una uguale richiesta da parte del Comune rivolta al CAPO DELLA PROVINCIA DI VARESE non ottiene  alcuna risposta.

 

Il malcontento degli agricoltori , dovuto agli interventi legislativi  volti a sfruttare la categoria, (vedi quanto scritto in proposito) si evidenziò in atti di rivolta che manifestavano  tutto il  dissenso e la posizione di scontro tra il Governo ed i proprietari terrieri, come nel caso dell’incendio della macchina trebbiatrice.

 

AL  CAPO DELLA PROVINCIA   di VARESE

COMUNE DI OLGIATE OLONA                         20 LUGLIO 1944 – XXII –

 

Come da vostre istruzioni avevo preso contatto con il Presidente delle Società Agricola Trebbiatrice, Sig. Bianchi Mario,per dar corso ai lavori della trebbiatura dei cereali.

Ieri sera, verso la 22.30, due uomini che abitano in quella corte, visto del fumo e del fuoco, sono corsi per spegnere l’incendio.

Già quando erano ormai prossimi alla macchina si è verificato uno scoppio.

OMISSIS

Chiedo pertanto un servizio di sorveglianza nei pressi della macchina, in quanto gli abitanti della corte sono spaventatissimi.

Ho interessato il Sig.Bianchi perché dia corso, con la massima sollecitudine, ai lavori di riparazione.

IL COMMISSARIO PREFETTIZIO                                                                                                                                                                                                                                                                            Dr.Ing. E. Frattarelli)

 

P.S Mi viene riferito in questo momento che il Presidente della Mutua per la Trebbiatura, Sig. Bianchi Mario, ha ricevuto minaccia di morte e di distruzione della casa nella eventualità che assuma il compito di far riparare la macchina e di procedere alla trebbiatura..

 

 

 

L’indigenza della popolazione spingeva spesso al taglio di alberi per il riscaldamento e per l’alimentazione, dato che il focolare era la struttura fondamentale che necessitava di un’unica fonte di calore: la legna.

Succedeva però che  alla necessità si aggiungesse anche il profitto derivante dalla vendita di legname  procurato abusivamente, sia con il taglio  che con il furto.

Ai primi di marzo del 1945 viene quindi inviata una lettera

 

 

AL COMANDO MILITARE GERMANICO

OLGIATE OLONA

Olgiate  Olona  6.3.1945

 

“Come vi è noto questo Comune ha istituito delle squadre di vigilanza notturna campestre…..allo scopo di reprimere il taglio abusivo ed il furto delle piante, in particolare dei gelsi.

Poiché i componenti le squadre sono 14 (quattordici) e dispongono di un solo fucile da caccia, prego codesto Comando di voler ottenere, dal Comando Militare Germanico di Varese, la restituzione di almeno 14 dei 29 fucili da caccia consegnati il 28.10.1943 ed il 13.3.1944, a seguito del noto bando……….”

IL COMMISSARIO PREFETTIZIO

( Dr.Ing. E. Frattarelli)

 

 

R E  C  L  U  T  A  M  E  N  T  O

 

 

La chiamata alle armi era controllata metodicamente dal Ministero  che esigeva dai Comuni un’attenzione specifica al problema dei renitenti alla leva.

Infatti ad una nota del suddetto Ministero, in cui si chiedeva di indicare l’ubicazione di una struttura adatta per il reclutamento, il Podestà risponde:

AL COMANDO MILITARE   di VARESE

COMUNE DI OLGIATE OLONA     13 settembre 1930 – VIII –

Risposta alla nota n. 1283 dell’otto settembre  1930.

Oggetto: Chiamata di controllo.

“Ad evasione della nota sopraccitata comunico che il locale predisposto per la presentazione dei militari che devono rispondere alla chiamata di controllo è l’ ORATORIO SITO IN VIA ORTIGARA.

Resto quindi in attesa di ulteriori disposizioni.

IL PODESTA’

(Mario Guidi)

 

Una susseguente circolare, due anni dopo, richiama l’obbligo delle chiamate di controllo, quasi a voler sottolineare che i militari renitenti alla leva erano un problema non indifferente per il Regime.

COMANDO DISTRETTO MILITARE DI VARESE

30 settembre 1932 – V –

AL PODESTA’ del COMUNE  di OLGIATE OLONA

….chiamata di controllo in tutti i Comuni:

  • dei sottufficiali e militari di truppa nati nel 1.900, 1905,1906,1.907;
  • dei sottufficiali e militari della R.Aeronautica degli stessi anni;
  • tutti i militari in congedo devono presentarsi alla chiamata di controllo
  • ne sono esclusi i riformati ed i sacerdoti.
  • Si richiede il locale adatto per il controllo; locale che dve essere in posizione centrale, noto e sufficientemente comodo..
  • IL COL. COMANDANTE DISTRETTO

L’ annotazione autografa del Podestà richiama la comunicazione del 1930 ed aggiunge :” Riaperto il locale dell’Oratorio”.

Il Podestà

(Mario Guidi)

Gli arruolamenti venivano fatti  soprattutto per corpi militari  “specializzati” come la Compagnia della Morte.

Telegramma  AI PODESTA’ ET COOMMISSARI PREFETTIZI  PROV.VARESE

22/3/1938

“ n. 1075. Gabinetto alt urge svolgere attivissima energica efficace propaganda per arruolamenti  nella COMPAGNIA DELLA MORTE alt Vi invito occuparvene personalmente et attendo entro 27 corrente relazione telegrafica su opera svolta et risultati raggiunti alt.

Capo  Provincia

Bossi

Con lo scoppio della Guerra  il malcontento che serpeggiava tra la popolazione  faceva sì che molti giovani di leva non rispondessero alla chiamata alle armi e, di conseguenza, la propaganda si fece più martellante ed anche minacciosa nei confronti dei renitenti , delle famiglie e di chi proteggeva  i disertori.

 

 

COMANDO QUINTA LEGIONE

ARTIGLIERIA CONTRAEREA

Varese 5 gennaio 1941  – XXII –

Oggetto: Reclutamento artiglieri

“Questo Comando attraverso i rapporti dell’Ufficio propaganda e reclutamento ha potuto constatare che la chiamata alle armi degli artiglieri dalla classe 1818 a quella del 1923 incluso, si svolge faticosamente.

OMISSIS

Alcuni precettati ,succubi della propaganda nemica ed al sovversivismo clandestini ,  rifiutano inconsideratamente la cartolina precetto e si rendono irreperibili nella stolta speranza di potersi esimere dall’obbligo sacro di servire la Patria in questa sua eroica decisione di rinnovamento.

Premesso che per  tutti gli illusi e per tutti i disertori sono in esame provvedimenti di drastica severità, se occorre anche verso le famiglie complici della diserzione, resta però il fatto che tanta ottusità diffusa è purtroppo da  attribuirsi alla negligenza delle Autorità locali.

OMISSIS

Prossimamente questo Comando avrà modo di  valutare lo spirito che vi anima e la vostra opera attraverso lo svolgersi del reclutamento.

L’UFFICIALE ADDETTO ALLA PROPAGANDA

(Cent. G. Pestalozza)

 

 

“La chiamata alle armi fatta alla fine del 1943…prevedeva l’arresto dei famigliari dei renitenti” Ma  preveda anche la pena di morte per gli stessi                                                  (Cent.  G. Pestalozza)

 

“ All’inizio di febbraio (1944) fu pubblicato un nuovo manifesto di richiamo alle armi delle classi del 1922 , del 1923 e del primo  quadrimestre del 1924.Il termine ultimo per la presentazione  viene fissato per il 25 febbraio.”

 

 

Naturalmente la propaganda clandestina  si impegnava a convincere i giovani a non presentarsi alle armi, con volantini che incitavano alla diserzione.

Questa azione inarrestabile di convincimento era una spina nel fianco del regime.

 

PREFETTURA DI VARESE

4 dicembre 1943 – XXII –

Oggetto: Reclute non presentatesi alle armi

  1. 4793 Gab.

Raccomandata

AI PODESTA’ E COMMISSARI DEI COMUNI DELLA PROVINCIA

“ Da volantini di propaganda antinazionale si rileva che le reclute delle classi 1923 – 1924 – 1925 –  vengono consigliate a non rispondere alla chiamata alle armi ed a raccogliersi al Nord.

Prevengo che saranno adottati severi provvedimenti a carico di coloro che,informati del verificarsi di quanto sopra è precisato, omettessero, per qualsiasi motivo, di darne comunicazione immediata e col mezzo più rapido, come prescritto.

Per l’organizzazione dei servizi di vigilanza  i Podesta’, oltre che avvalersi delle Guardie dipendenti, prenderanno diretti accordi con i locali organi di polizia (Commissariati p.s., Comandi Militari, Carabinieri e Guardie di Finanza).

IL CAPO DELLA PROVINCIA

(Pietro Giacomo)

 

ARRUOLAMENTI NEKLLA X MAS

Questa formazione della Marina era stata fondata da due artisti del Cinema: Osvaldo Valenti e Luisa Fèridan che comandavano tutta la zona del Piemonte. Nel 1944 la propaganda a mezzo di manifesti si fece più pressante, allo scopo di arruolare uomini disposti ad entrare nella struttura della Marina.

 

X  FLOTTIGLIA  MAS

MARINA DA GUERRA REPUBBLICANA

Ufficio di propaganda murale

Milano 3 giugno 1944

Al Sig.Podestà di Olgiate Olona

 

“…a mezzo postale sono stati spediti n. 5 ,manifesti di propaganda.

ALLE ARMI PER L’ONORE!

che si prega di affiggere IMMEDIATAMENTE in codesta città per un periodo non inferiore a 15 giorni..

Si raccomanda di dare disposizioni agli affissatori dipendenti, perché i manifesti vengano esposti in ottime e visibili posizioni…..

Dati gli scopi che questo Ufficio di Propaganda Murale, dipendente dal Comanda della X FLOTTIGLIA MAS , si prefigge da questa propaganda, nel superiore interesse della Patria,si confida che l’esecuzione sarà sorvegliata personalmente dal responsabile del servizio.

Si avverte (….) che sono state impartite disposizioni ai Centri Provinciali di Reclutamento, per l’opportuno controllo.

X FLOTTIGLIA  MAS

Il Capo Reparto Stampa

(dott. Pasca Pireddo)

Questa Organizzazione non aveva solo lo scopo di arruolare nella Marina ma si dedicava ad azioni di ricerca e di repressione territoriale.

 

 

CARLO FERRARI

 

               “Quando la DECIMA   MAS  venne a casa mia a cercare documenti compromettenti, io avevo nascosto le tessere dei Partigiani nell’imbottitura di una sedia nella camera da letto.

   Quelli sospettavano che io dovevo essere una dei capi; sono arrivati alle  23.30 comandati da un ufficiale italiano. Erano in tre.

               Mi ricordo anche che una domenica, durante la messa delle undici, quelli della DECIMA MAS sono entrati in chiesa ed hanno portato via della gente:quelli che erano scappati dopo l’ otto settembre”.

 

Tra i corpi specializzati c’era anche la MONTE ROSA.

Al Podestà di Olgiate Olona

Telegramma del  4 dicembre 1944

“Comando militare provinciale di Varese est stato superiormente autorizzato creare Centro Raccolta Alpini destinato at assicurare complementi at Divisione MONTE ROSA alt volgiate svolgere opera propaganda intesa assicurare maggior successo alla patriottica iniziativa.”

CAPO DELLA PROVINCIA

(   SAVORGNAN )

 

                                         LAVORATORI IN GERMANIA

 

 

Questa realtà dei lavoratori in Germania porta  alla ribalta il fatto che l’Italia era considerata dai tedeschi zona di frontiera dalla quale si poteva attingere una forza-lavoro a buon mercato facendo leva su due  elementi fondamentali : contare sulla situazione di povertà della gente che così veniva invogliata  all’espatrio per un salario più decente e sulla possibilità si evadere la leva obbligatoria prestando la propria opera in Germania.

Questa aveva bisogno di braccia sia per l’agricoltura che  per l’industria visto lo spopolamento dovuto alla chiamata alle armi dal Regime nazista; occorrevano contadini per le campagne e per le stalle, operai per le industrie e per le ferrovie distrutte dai bombardamenti.

“La logica è nei fatti: i tedeschi combattono con le loro armate sul fronte italiano e nel    tentativo di frenare  l’avanzata anglo-americana, i lavoratori italiani devono  andare a occupare i posti lasciati vuoti dai lavoratori tedeschi nella  Baviera e nella Rhur”. (   )

 

)  Franco Giannantoni “ Fascismo, guerra ecc..   pg. 378 – 384

 

Gli inviti ad espatriare in Germania sono promettenti perché si prospetta una vita decorosa, ed uno stipendio allettante, ma una volta giunti sul posto di lavoro la realtà è ben diversa dalle promesse perché la Germania è sottoposta a continui e disastrosi bombardamenti.

Le lettere che giungono però ai famigliari sono ottimistiche perché raccontano di cibo abbondante, di stanze ampie e pulite, di ottimi rapporti con la popolazione, di stipendi appetibili.

Ma a poco a poco ci si rende conto che la le cose non stanno così.

Gli operai non accettano più l’espatrio, visto che le promesse rimangono inattuale. Allora si ricorre a chi risulta sindacalmente più attivo nelle fabbriche, a chi si schiera con gli scioperanti, a chi chiede migliori condizioni di lavoro.

Per questi non solo arriva il licenziamento ma anche l’invio in Germania.

Le Prefetture chiedono ai Comuni elenchi di soggetti non desiderati e per loro si aprono i campi di lavoro in Germania che non sono di lager anche se molti poi verranno inviati nei campi di sterminio.

Allora si parla di “precettazione”.

A questa si aggiunge il richiamo alle armi delle classi 1919 –20 –21. Siamo  nel 1944.e se questi giovani non sono al fronte, e quindi sono renitenti, vengono destinati al lavoro coatto  in

 

“ I tedeschi nel territorio…controllano tutto anche le deportazioni verso la Germania, di migliaia e migliaia di lavoratori destinati alle fabbriche ed ai campi.

La vigorosa propaganda del Regime invita a compiere il viaggio in Germania…promettendo in cambio denaro, alloggio e vitto ottimo.

A Varese il primo ordine ufficiale del reclutamento dei lavoratori per la Germania è dell’ otto marzo 1944” (1)

(1) Franco Giannantoni “Fascismo …” pg 205

 

 

“Nell’aprile del 1944 un’ordinanza del Capo della Provincia a tutti i Podestà dice :” Desidero richiamare la vostra attenzione sulla precettazione dei lavoratori per la Germania che deve essere accelerata ed estesa a tutte le categorie di operai…..”Da questo momento si assiste ad una serie di denunce contro operai che turbano il clima della fabbrica, contro avversari del regime a cui è opportuno far cambiare aria, contro i sobillatori di ogni tipo

Nel mese di maggio l’elenco delle persone da inviare in Germania è lungo  e dettagliato. Tra i nominativi, in data 3 maggio, figura ALBERTO GAMBINI di Olgiate Olona segnalato dal Commissario Prefettizio del paese, Egidio Frattarelli,  (..) al Capo della Provincia.” (1)

 

  1. Franco Giannantoni “Fascismo ecc…. (pg. 361).Il Giannantoni aggiunge inoltre che le diserzioni sono all’ordine del giorno per cui gli elenchi dei precettati sono lunghissimi. Ad Olgiate Olona sono precettati quattro operai che però si rendono irreperibili. (pg368)                         In questo caso la famiglia veniva punita e doveva subire le dure imposizioni del Regime e del Comando germanico vedendosi togliere le già ridotte tessere annonarie.                                                                                              22 giugno 1943 – XXII –            Il lavoratore ELZI LUIGI abitante in Olgiate Olona Via N.Bixio – 1 – avrebbe dovuto riespatriare in Germania il 25/4/1943.                Nel mentre vi preghiamo di invitare il lavoratore in parola a presentarsi immediatamente a questo ufficio per regolarizzare la sua posizione, date le gravissime sanzioni previste (…..) richiamiamo la vostra attenzione sulle precise disposizioni impartite (…) circa il RILASCIO DELLE CARTE ANNONARIE SOLO QUANDO I LAVORATORI PRESENTANO REGOLARE DICHIARAZIONE A DI QUESTO UFFICIO.                                                                                  (Cesare Toffaretti)            La risposta del Podestà è in data 30 giugno 1943            “ Assicuro che il lavoratore ELZI LUIGI, qui residente (….) è partito per la Germania in data 25 aprile 1943                                                            Ente Comunale di Assistenza di Olgiate Olona.             AL COMANDO DISTRETTO MILITARE DI VARESE                                                     e, per conoscenza al PODESTA’ di OLGIATE OLONAOggetto: Filippini Giovanni di Giuseppe e Viganò Bambina, nato a Olgiate Olona il 3/6/1909, ivi residente ,operaio.            Il Podestà di Olgiate Olona è pregato di prendere nota affinché al medesimo non sia concesso il nulla osta per un nuovo espatrio senza la preventiva autorizzazione di questo ufficio.”              In BREMEN (Germania)            Vi ringrazio.                                                                                   BERLINO             “ La famiglia del lavoratore Rosa Giuseppe mi fa conoscere di non ricevere notizie del proprio congiunto da ben quattro mesi.                                                 AL COMUNE DI OLGIATE OLONAOggetto : Lavoratori GIANI – LUGA – FERIOLI – RAMPININI – COLOMBO.                        “Vi informiamo di aver ricevuto lettera del nostro cantiere di Heydebech in data 13/10/1943 con la quale ci si assicura che, in generale, i nostri dipendenti di quel cantiere stanno bene.”               Già dal marzo del 1944 il Governo di Salò, stimolato dalla propaganda nazista, accoglieva  l’indirizzo del Comando Tedesco che ordinava il reclutamento forzato di operai da inviare in Germania per l’industria pesante, soprattutto di tipo militare.                        Praticamente quelli fermati erano contadini, pensionati, studenti mentre ne erano esclusi gli industriali ed i professionisti perché servivano alla causa.                        Per i renitenti alla chiamata per il servizio obbligatorio per la Germania viene inviato al Comando Provinciale Guardia Del Lavoro di Varese un elenco nel quale sono compresi alcuni abitanti di OLGIATE OLONA con specifiche sanzioni nei confronti dei famigliari-Colombo Pietro – assente da casa – diffidati i famigliari
  2. -Crenna Mario:si è già presentato all’Ufficio Collocamento, attualmente ammalato;
  3.                         Questi fermi erano in pratica l’anticamera della deportazione in Germania per lavori pesanti , per morire sotto i bombardamenti o per finire nei lagher di annientamento.
  4.                         Non riuscendo però ad organizzare trasferimenti in massa di operai nelle fabbriche, che avevano bisogno di braccia lavorative, i tedeschi eseguirono retate sui treni, sugli autobus, sui tram e nelle sale cinematografiche.
  5. Il Giannantoni aggiunge inoltre che le diserzioni sono all’ordine del giorno per cui gli elenchi dei precettati sono lunghissimi. Ad Olgiate Olona sono precettati quattro operai che però si rendono irreperibili. (idem pag. 368)
  6.                                                            Dott. Merendi
  7.                                                                                               Milano 10 dicembre 1943
  8.             IMPRESA DI COSTRUZIONI MERENDI
  9.             Anche le imprese che fornivano uomini e materiali per attività in Germania venivano sollecitate dal Comune a fornire notizie dei lavoratori.
  10.             Vi prego di fornirmi notizie.
  11.             Ed ancora
  12. “Si è rivolta a me la moglie del sottoindicato lavoratore Provasi Gaudenzio Arado V.Vercjh Ratchenoss perché da molto tempo non riceve notizie.”
  13.                                                                        AL CONSOLATO ITALIANO DI
  14.                                                IL PODESTA’
  15.                                     La famiglia dell’operaio Saporiti Enrico di Carlo, lavoratore presso GemeinsckrflotLAGER – Gremeker Michele baracca n. 7 camera n. 10, mi fa conoscere che non riceve notizie dal proprio congiunto da ben quattro mesi….Vi prego fornirmi le più recenti informazioni sulla salute del connazionale.
  16.             AL SIGNOR CONSOLE ITALIANO
  17.             La preoccupazione per la sorte degli uomini che lavoravano in Germania e che non facevano avere, per lungo tempo, loro notizie la si vede dalle lettere che il Podestà inviava nei campi di lavoro per sollecitare invio di notizie..
  18.                                                                        IL QUESTORE
  19.                         “Il lavoratore dell’industria in oggetto, rimpatriato dalla Germania per trascorrere il periodo di ferie, non ha fatto più ritorno in detto Stato per riprendere la sua attività di operaio come da obbligazione contrattuale assunta.”
  20.                                                                                                                       14/12/1942-XXI –
  21.             REGIA QUESTURA DI VARESE
  22.                         “ L a sottoscritta Ferioli Giacomina dichiara di aver ricevuto a titolo di assistenza straordinaria, quale anticipazione per mancata rimessa periodica alla famiglia da parte di ELZI LUIGI operaio in Germania per giorni 16 :dal 16 al 31 dicembre 1943 la somma di lire 176. “
  23.             Sicuramente Elzi Luigi era rientrato in Germania alla data comunicata dal Podestà perché nel dicembre 1943 la mamma Ferioli Giacomina firma una quietanza.
  24.                                                                        IL PODESTA’
  25. ALLA CONFEDERAZIONE FASCISTA LAVORATORI INDUSTRIA – VARESE –
  26.                                                                                   Il segretario dell’ Unione
  27.                                    Foto miniera di Elzi
  28.             Invece in questo ufficio non è ancora pervenuta dalla frontiera la comunicazione dell’avvenuto riespatrio.
  29. Oggetto: Mancato riespatrio ingiustificato di lavoratori in licenza in Germania.
  30.             Chi accettava il lavoro per evitare il richiamo alle armi, una volta però scoperto il vero volto della realtà spesso, dopo il breve rimpatrio accordato per un rientro presso la famiglia,preferiva darsi alla macchia e alla clandestinità.
  • Virgilio Giovanni – assente da casa – diffidati i famigliari
  • Gambini Alberto –occupato presso le Officine CaproRenoldi Gino – occupato presso O.T. MalpensaBianchi Pietro – idem                                 Siamo ormai al 14 aprile 1945. Da Busto Arsizio, in tale data, un rapporto viene inviato al Capo della Provincia – Varese- per metterlo al corrente della situazione di tensione che c’è negli stabilimenti della zona.                    Durante il conflitto reclutava manodopera straniera spesso con coercizione e nei campi d’internamento, divenendo così tristemente famosa” (1)1) da “Appunti…..” di Annalisa Castiglioni e Daniele Mantegazza.            In pieno periodo di guerra occorre premere sulle ditte che lavorano per la Germania : quindi in data 22 novembre 1943 –XXII^“Considerata la necessità e l’urgenza che sia dato alla Organizzazione TODT ed alle Forze Armate germaniche i mezzi atti ad effettuare i lavori da eseguirsi in Italia;            E’ fatto obbligo alle imprese esercenti l’industria edile di mettersi a disposizione della Organizzazione TODT e delle Forze Armate germaniche per l’assunzione di lavori per conto delle predette Autorità.            Il Commissario della Federazione nazionale fascista costruttori edili, imprenditori di opere ed industriali affini, provvederà a dare esecuzione al presente Decreto informando il Ministero delle imprese inadempienti.            Al Olgiate l’ordinanza giunge in data 27 dicembre 1943.
  •                                                                                               IL MINISTRO Silvio Gai
  •             Le imprese che si rifiutano di ottemperare a tale disposizione saranno radiate dall’inquadramento sindacale.
  •                                                D E C R E T A
  •                         IL MINISTERO PER L’ECONOMIA CORPORATIVA scrive a tutti Comuni
  •             “Durante la Seconda Guerra Mondiale la TODT, che aveva preso il nome dall’architetto e generale Fritz Todt, era una formazione ausiliaria dell’esercito tedesco incaricata di effettuare lavori di infrastrutture di interesse militare e di realizzare opere di fortificazione permanente e campale.
  •  
  •  
  •                                                                                   Foto manifesto
  •  
  •                                                TODT
  • 1) F.Giannantoni Fascismo, guerra …. (Pag.269…301)
  •                         Si parla di concessioni speciali date a qualche operaio più esagitato, si parla degli stabilimenti che hanno ripreso il lavoro e si dice che “ tranquillizzatasi la popolazione, ma permanendo una NON FACILE SITUAZIONE PARTIGIANA con la presunzione che per questa sera venga fatto un attacco alla caserma della G.N.R. di Fagnano Olona (zona nella quale operava la Brigata Garibaldi del Comandante Lago( n.d.r.), viene disposto perché il reparto mobile della Muti,rinforzato dalla Brigata Nera e della G.N.R. svolga un’azione di rastrellamento nell’anello compreso tra Busto Arsizio, OLGIATE OLONA, Gorla Maggiore e Minore….”(1)
  • Bertulessi Mario – arruolato Esercito al Distretto Militare di Treviglio. (1)
  • Chierichetti Giuseppe – assente da casa – diffidati i famigliari
  • Un secondo elenco, datato 7 giugno 1944, riporta altri nominativi olgiatesi:

Carlo Ferrari

 

            “Dopo l’8 settembre io ero spaventato dato che avevo una ditta e lavoravo anche per le ditte che fornivano macchine per la TODT, un’organizzazione tedesca con sede a Monza”.-

 

Le ordinanze erano chiare e perentorie: bisognava  obbligare le industrie affinché si rendessero disponibili per lavori in favore delle forze armate.

MINISTERO PER L’ECONOMIA CORPORATICA

 

“Considerata la necessità e l’urgenza che sia dato alla Organizzazione TODT e alle forze armate germaniche i mezzi atti ad effettuare i lavori da eseguire in Italia:

DECRETA

 

E’ fatto obbligo alle imprese esercenti l’Industria edile di mettersi a disposizione della Organizzazione TODT e delle Forze Armate Germaniche per l’assunzione di lavori per conto delle predette Autorità.

Le imprese che si rifiutano di ottemperare a tale disposizione saranno radiate dall’inquadramento sindacale.

OMISSIS                                                                  Padova, 22 novembre 1943 – XXII –

 

MINISTERO DELLE FORZE ARMATE

Varese 12 gennaio 1944

“E’ in corso la costituzione a Varese di un gruppo di Centuria Lavoratori alle dipendenze del Ministero delle forze armate.

Lo scopo è quello di eseguire lavori a carattere militare, normalmente nell’ambito della Provincia, contribuendo così alla rinascita della nostra Patria.

Le condizioni sono molto vantaggiose, come risulta dall’allegato specchio

OMISSIS

Dato il carattere dell’organizzazione, contiamo sul vostro incondizionato appoggio per l’alto fine che ci proponiamo.

IL COMANDANTE DEL GRUPPO

(Cap.o E. Galbo)

 

Viene allegato un elenco di indennità:

 

1^ operaio specializzato: assegni famigliari normali – moglie                      £   3.10

–  due figli                £   5.60

– due genitori            £   3.60

 

assegni famigliari speciali   – moglie                    £  20.00

– due figli                  £  17.00

– due genitori            £  11.00

 

Lo stesso trattamento dicasi per l’operaio specializzato e per il manovale.

 

 

 

 

                                                             SCIOPERI

 

“Il  21 aprile 1927, dopo una lunghissima riunione,  che si concluse nelle prime ore del 22… fu approvata la “CARTA DEL LAVORO” preparata dal sottosegretario delle corporazioni Giuseppe Bottai e da un gruppo di collaboratori “ (1).

Domenico Agasso  “Storia d’Italia” vol. VIII pg. 147.

 

Prima di quell’approvazione, “ fin dal dicembre  1926, la Confederazione degli industriali….accusava i dirigenti sindacali fascisti di comportarsi secondo il sindacalismo vecchio stile, impedendo agli imprenditori di dirigere la produzione secondo gli interessi nazionali” (2)

2) Idem   pg. 150

 

Ma gli industriali si adeguarono presto alle nuove normative della “carta del Lavoro” , messi in allarme dalle agitazione nelle fabbriche , dopo che diverse amministrazioni avevano messo in opera modifiche allo scopo di aumentare il profitto con conseguente maggior sfruttamento delle maestranze.

 

.           Il problema degli scioperi e della propaganda clandestina sono il segno della rivalsa e della disperazione  della gente, specialmente degli operai.

La situazione politica peggiora sempre più, aumenta il nervosismo;  c’è la distribuzione di manifestini sovversivi che spingono alla rivolta, alla eliminazione di tedeschi e di fascisti, c’è bisogno di mantenere alta la tensione allo scopo da opporre un’azione diretta contro lo strapotere del Regime.

Le fabbriche sono le maggiormente interessate a questa azione , ed i vari uffici dei Commissariati  sono subissati da relazioni, verbali e rivendicazioni  di  attività che minano alla base la gestione impositiva  dell’autorità pubblica.

 

 

C’era quindi nelle fabbriche un movimento  deciso a non cedere al ricatto degli industriali  per cui il Governo creò il

SERVIZIO D’ORDINE VIGILANZA  STABILIMENTI

Busto Arsizio 25 febbraio 1930- VIII

All’Ill.mo Podestà

Di Olgiate Olona

“Prego di volermi restituire colla (sic) massima urgenza e debitamente completato colle (sic) notizie richieste, l’elenco delle operaie del cotonificio Ogna-Candiani ( diverrà poi Tornella.ndr.) che scioperarono nel 1927 e trasmesso e trasmesso fin dal dicembre u.s. essendomi lo stesso stato sollecitato dal superiore Ministero.”

Firma illeggibile

 

Il Podestà risponde

ALLA REGIA PRETURA DI BUSTO ARSIZIO

25 febbraio 1930  (stesso giorno della richiesta ndr.) n.1866/27

“Elenco delle operaie che scioperarono il 1 giugno 1927 ad evasione del foglio soprassegnato”.

 

Nell’archivio comunale non c’è questo elenco.

Nonostante le minacce e le azioni intimidatorie, il 12/2/34, operai comunisti e socialisti organizzarono un grande sciopero.

Nello stesso tempo a  Parigi, dove si erano rifugiati, Nenni e Longo scrivono il  Manifesto che vede i Socialisti ed i Comunisti uniti contro il Regime. E’ il 17 agosto 1934.

E.P. Amendola  afferma che  fino al 1943 non ci furono grandi scioperi di massa  ma le azioni di rivendicazione nelle fabbriche non morirono mai.

Il 1943 vede la ripresa degli scioperi nelle fabbriche, scioperi che si acuiranno dopo il 25 luglio dello stesso anno, con la caduta di Mussolini, obbligando il Governo a concessioni salariali(1)

1) Franco Giannantoni in “Fascismo, guerra…..” (pg.    )

 

SCIOPERI AUTUNNO 1943

“I movimenti agitatori presero le mosse, secondo un piano prestabilito, con scioperi di masse di donne lavoratrici………..Presso la ditta Eercole Comerio, (Busto Arsizio), dove lavoravano molti operai oliatesi, fu costituito un Comitato di agitazione sostenuto da elementi politic che operavano al di fuori del C.L.N.

Il generale Zimmermann convocò a Varese i rappresentanti dei diversi settori industriali e disse loro che egli aveva la possibilità di schiacciarli tutti.

Fra le maestranze fu segnalata la presenza di informatori, alla cui azione  in seguito dovrà essere imputata la fine di altri agitatori sindacali.

Per stroncare sul nascere gli scioperi ed i sindacati clandestini “i tedeschi deportarono nei campi di sterminio operai della Comerio, ma senza risultato” (2)

 

2) da “25 aprile 1945 – 25 aprile 1965” n. unico per il ventennale della Liberazione, edito a cura della “Rivista Città di Busto Arsizio”.

 

 

Il Regime controllava con attenzione e con severità, arrestando e denunciando quanti si macchiassero del reato di propaganda clandestina o di operazioni sovversive.

In data 3/9/1943 dal Commissariato di Busto Arsizio viene spedito , alla R:Questura di Varese, un elenco di persone denunziate e arrestate.

Tra queste figura anche CASTIGLIONI AMELIA fu Pietro e di Casanova Candida, nata a OLGIATE OLONA IL 29/1/1913 ivi abitante, impiegata privata, per propaganda sovversiva.

 

Il 26 aprile 1943 al Tribunale Militare di Milano “per infrazione alle norme del Comando Militare di Presidio di Varese, sugli assembramenti e manifestazioni e del reato di violenza privata e minacce con cirdocstanze aggravate” viene denunciata Castiglioni Amelia fu Pietro e di Casanova Candida, nata a Olgiate Olona il 29/1/1913 ivi impiegata privata, per propaganda sovversiva (art. 265 C.P.)  (    )

)   Franco Giannantoni in “La notte di Salò   pg. 51

Per attività sovversiva  in fabbrica nell’elenco dei fermati  c’è anche Moneta Natale di Mario e di Vincenzina Colombo, nato il 6/11/1926 ad Olgiate Olona ed ivi domiciliato. (   )

) Franco Giannantoni idem pg. 52.

 

Da “ 1944-1994 – 50 Anniversario della deportazione nei campi di sterminio nazisti”.

Anche la ditta Franco Tosi di Legnano, dove lavoravano molti operai oliatesi, dovette subire ritorsioni per attività di sciopero delle maestranze.

“ Un notiziario della guardia repubblicana fascista, datato 5 gennaio 1944, riservato a Mussolini, informa testualmente. :” Oggi, nello stabilimento Franco Tosi gli operai hanno ripreso lo sciopera e sobillati incominciavano dimostrazioni all’interno della fabbrica……”

L’arrivo di un contingente militare tedesco pone fine alle dimostrazioni perché i militari sparano sugli operai ad altezza d’uomo.

Dopo questo fatto  da parte della SS di Zimmermann, appoggiate dai fascisti,  iniziano rastrellamenti che porteranno ai campi di sterminio di Mauthausen, di Auschwitz e di altri ancora, un centinaio di lavoratori delle Officine Franco Tosi di Legnano.

Il Partito Comunista, tramite il giornale “La Fabbrica” sostenne  questa forza di massa e diffuse il movimento di opposizione sia nelle fabbriche che nelle campagne, raccogliendo adesioni plebiscitarie tra i lavoratori.

Il mondo operaio era pronto a sfidare gli occupanti tedeschi nei vari settori della produzione che spaziava dal settore economico, che realizzava profitti e capitale,a quello politico-militare, che li impegnava duramente nell’ambito della Resistenza in tutta l’Alta Italia.

Si organizzarono così le S.A.P. (squadre di azione partigiana) e le G.A.P. (Gruppi di azione partigiana) a supporto della grandi  Brigate  che operavano in montagna.

 

 

 

 

 

Queste rivendicazioni venivano spesso pagate con la deportazione nei campi di sterminio.

Gli scioperi erano preparati dalla distribuzione clandestina  di volantini che incitavano  soprattutto e far in modo che i tedeschi non esportassero in Germania  macchinari e prodotti industriali.

La vigilanza sugli stabilimenti più sospetti  diventa severa.In data  8 aprile 1945 , a tutti i Comandi militari della  Provincia di Varese viene inviata, con  dicitura “SEGRETO E URGENTISSMO, un servizio d’ordine riguardante  proprio la vigilanza sugli stabilimenti.

Tra quelli da sorvegliare con particolare attenzione sono in Olgiate Olona:

SOCIETA’ ANONIMA FILATURA SANT’ANTONIO e

SANITARIA CESCHINA

 

 

Siamo ormai al 14 aprile 1945. Da Busto Arsizio, in tale data, un rapporto (nr.2) viene inviato al Capo della Provincia – Varese- per metterlo al corrente della situazione di tensione che c’è negli stabilimenti della zona.

Si parla di concessioni speciali  date a qualche operaio più esagitato, si parla degli  stabilimenti che hanno ripreso il lavoro e si dice che “ tranquillizzatasi la popolazione, ma permanendo una NON FACILE SITUAZIONE PARTIGIANA con la presunzione che per questa sera venga fatto un attacco alla caserma della G.N.R. di Fagnano Olona (zona nella quale operava la Brigata Garibaldi del Comandante Lago( n.d.r.), viene disposto perché il reparto mobile della Muti,rinforzato dalla Brigata Nera e della G.N.R. svolga un’azione di rastrellamento nell’anello compreso tra Busto Arsizio, OLGIATE OLONA, Gorla Maggiore e Minore….”

 

E’ evidente che la tensione  nelle fabbriche fa crescere la voglia di vendicarsi dei soprusi sofferti e quindi ,contro gli industriali  sospettati di connivenza con i tedeschi, si  attuano colpi di mano punitivi.

A questo proposito dal Comune di Olgiate Olona parte una missiva al Capo della Provincia – n. 2448.

Olgiate Olona  26/8/1944 – XXII

Vi informo che ieri sera, verso le ore 20, ignoti in bicicletta lanciavano una bomba a mano nel cortile antistante la villa di proprietà del Sig:Antonio Tornella, noto industriale, ivi dimorante con la famiglia per sfollamento.

Non si lamentano vittime né danni.”

IL COMMISSARIO PREFETTIZIO

(Dr.Ing. Frattarelli)

 

Mario Colombo

 

            “Il giorno 25 aprile volevano arrestare il Tognella perché era un fascista; diciamo che era un fascista ideologico (sic) e non un fascista di azione. L’hanno infatti liberato subito perché lui aveva finanziato i partigiani ed aveva ritirato la denuncia contro un gruppo della Garibaldi che, per finanziarsi, avevano rapinato i soldi , destinati alle paghe degli operai della ditta, che un fattorini trasportava da Busto a Olgiate in bicicletta.

            Il fattorino era un certo  ……. di Olgiate Olona e la somma rapinata era di circa tre milioni di quel tempo.

 

 

 

INSERIRE MANIFESTI PER SCIOPERI

 

L A       Z.   A.   T.       (ZONA AEREA TERRITORIALE)

 

Angelo Borsetta

 

            Occorre risalire al periodo precedente l’8 settembre 1943 per avere un’idea di quello che successe dopo quella data ad Olgiate Olona.

            Nell’anno 1941, due tenenti dell’Aviazione Italiana erano venuti a Olgiate pe cercare un luogo che fungesse da magazzino al deposito dell’Aeroporto di TAGLIENO (Milano), che poteva essere bombardato.

            Erano stati mandati alla Tessitura S.Antonio, del Tognella, perché la stamperia  era stata fermata per una ristrutturazione; alcuni locali erano quindi vuoti e potevano essere requisiti ed adibiti ad uso magazzino di materiale bellico e di sussistenza.

            I due tenenti sono venuti da noi chIedendo di vedere i locali e spiegandoci il motivo della loro ricerca.

            La risposta fu che c’erano sì dei locali ma che non erano adatti allo scopo e mostrammo loro dei capannoni che non potevano essere utilizzati, secondo noi.

            Loro invece  furono irremovibili ed allora li indirizzammo al Sig. Tognella, proprietario dello stabilimento.

            Egli si dimostrò ben disposto a concedere i locali e mostrò loro anche altre sale vuote, adatte  per essere  trasformate in magazzino dell’esercito. Lo fece per spirito patriottico nei confronti dell’Aviazione Italiana.

            Dopo qualche giorno incominciò ad arrivare il materiale che non si poteva più tenere nel campo d’aviazione di Milano e fu eretto un muro che separava lo stabilimento vero e proprio dal magazzino.

Occorrevano però anche gli uffici ma c’eranio degli inquilini che però furono sgomberati, dopo aver loro assegnata un’altra dimora.

            Il Comandante era un certo  Colonnello Nencioni, che si stabilì a Milano e che non venne mai a Olgiate. (1)

 

1)idem Natale Spagnoli “Olgiate ecc….”

 

 

)

MIA FOTO DEL COMANDO (vedi libro)

 

 

 

 

 

 

 

Colombo Mario

 

            Intanto occorreva trovare una  sistemazione per gli ufficiali, sottufficiali e  truppa; la Villa Restelli fu vista come il luogo più adatto a questo scopo.

            Nonostante la decisione di requisire la Villa subito, questo non avvenne se non dopo la morte di Piero Restelli, avvenuta nel 1942.

            In quella data la Z.A.T. requisì la Villa ,dove si stabilirono i militari che lavoravano per il Comando nello stabilimento del Cotonificio Bustese (Togella) in Valle attivando le operazioni di magazzinaggio; alla sera rientravano in Villa.

Questo gruppo di militari, questo distaccamento era comandato dal Maggiore Pirrone, persona stimata da tutti per la sua integrità morale ed orgoglioso della sua divisa. Aveva l’incarico di tener il magazzino, per cui era il tecnico che conosceva tutti i segreti della sua organizzazione., dalla ricezione del materiale, alla sua sistemazione ed alla sua distribuzione.

Era cioè l’unico a conoscere ed a saper far funzionare alla perfezione tutto l’apparato.

           

 

UN PERSONAGGIO SIGNIFICATIVO: IL Maggiore Pirrone.

Mario Colombo

 

            Originario di Palermo era persona correttissima, ligia al suo dovere ed al suo lavoro, senza cedimenti di sorta.

            Dopo l’otto settembre tutti i militari della Z.A.T. abbandonarono la Villa Restelli, lasciando sulle brande le divise e le rivoltelle di ordinanza.

            Mio padre raccolse il tutto e in una cassa mise  tutte le divise(che verranno poi distribuite da Giancarlo a chi avrebbe usato i documenti falsi ndr.).

            Prese poi le armi, le mise in una cassa di zinco, le fasciò con i graticci del vivaio di piante, le coprì di grasso e le seppellì  nel giardino della Villa, sotto una panchina di sasso.

            C’erano  parecchie  pistole, moschetti, mitragliatrici, tra cui una Breda.

            Il Maggiore Pirrone invece non si volle allontanare dal suo posto; si tolse la divisa con le stellette e la mise in una cassa che venne conservata nella nostra casa, appoggiandovi sopra la pistola.

            Era persona di grande orgoglio patriottico ed estremamente rispettato

Io ero presente al fatto ,avevo tredici anni, e mi ricordo che disse a mio padre :” A chi toglierà queste stellette dalla mia divisa io sparerò con questa pistola”.

Si tolse quindi la divisa e si mise in borghese, restando a casa nostra come un famigliare.

Intanto i tedeschi, subito dopo l’8 settembre, avevano occupato lo stabilimento ed il magazzino del Tognella ,dando al Pirrone l’incarico di gestire il magazzino, data la sua esperienza in merito. Era tanto stimato da loro che spesso, la sera, alcuni Ufficiali tedeschi venivano in casa nostra, nella Villa, e conversavano con lui amichevolmente.

Dopo breve tempo, una volta formatasi la Repubblica di Salo’, ritornarono gli avieri della Z.A.T. che offrirono a Pirrone  il grado  che aveva prima. Egli  rifiutò di indossare una divisa che non aveva le stellette come simbolo ma il “GLADIO”: uno stemma formato da una corona che incorniciava  il gladio, il corto pugnale degli antichi romani.”

 

Adesso le realtà militari sono due: in Valle c’è il Comando Tedesco  mentre nella Villa Restelli c’è ancora la Z.A.T.”

Può meravigliare  il fatto che il Pirrone, ormai “borghese” per aver smesso la divisa,  non fosse perseguito dalla milizia della Repubblica Sociale, comandata dal Capitano Pupillo insediatosi nella Villa Restelli.

Occorre però tener presente che lui era al servizio del Comando Tedesco, che non era certo succube dei fascisti dell’ultima ora.

I tedeschi ormai avevano preso in mano la situazione e la gestivano autonomamente senza permettere interferenze di  chicchessia.

Per loro era indispensabile alla gestione del magazzino perché ne conosceva ogni aspetto e quindi era, in un certo senso, intoccabile.

La gestione delle due unità era quindi distinta e non le coinvolgeva, perché ciascuna agiva autonomamente ,tranne che per la linea telefonica, che ad un certo punto fu tagliata dai partigiani, la quale permetteva  comunicazione di messaggi in caso di urgenza.

 

 

Angelo Borsetta

 

Il magazzino della Z.A.T. rimase attivo fino all’8 settembre, giorno dell’Armistizio

            La nostra zona, in quel periodo fu fatta segno di continui bombardamenti perrchè una ciminiera dello stabilimento “Cotonificio Bustese” era un punto di  riferimento per i bombardieri che potevano colpire punti strategici in Valle.

Per questo il Sig.Tornella diede ordine di abbattere  una parte della ciminiera affinché i bombardieri non potessero prendere le coordinate per le loro incursioni.

(Oggi la ciminiera c’è ed è rimasta nella sua struttura “monca”. ndr.).

 

 

 

 

FOTO MIO LIBRO

 

 

 

 

 

 

 

 

La Z.A.T. aveva anche funzioni di sorveglianza al bisogno; infatti verso la metà del mese di luglio 1943 si hanno movimenti che preludono ad azioni di rivolta contro le sedi del fascio.

E’ una situazione di nervosismo e di incertezza  ed il Podestà richiede un intervento degli avieri della Z. A T. allo scopo di prevenire disordini.

 

AL COMANDO DISTACCAMENTO R. AERONAUTICA

OLGIATE OLONA..26/7/1943

In vista di fermenti verificatisi in paese, e venuto a conoscenza che alcuni malintenzionati avrebbero manifestato il proposito di mettere a fuoco la Casa del fascio ed uil Municipio, presi gli ordini dal Sig. Questore(……..) ho richiesto a codesto Comando l’intervento della truppa, per il mantenimento dell’ordine pubblico.

Difatti, è intervenuto un drappello di Avieri comandato da un sottotenente..

IL PODESTA’

 

 

 

 

 

 

 

 

 

8     S  E  T  T  E  M  B  R  E    1943

                                                                       (il giorno del caos)

Angelo Borsetta

 

“Il giorno dell’otto settembre 1943 Badoglio proclamò che la guerra continuava e questo determinò uno sbandamento nella truppa e sbigottimento tra gli ufficiali del Comando dell’aeronautica,sito in Olgiate, che non sapevano cosa fare. Telefonarono al Colonnello Nencioni ma quello non rispondeva perché al Comando di Milano non si trovava nessuno .Tra i soldati i pareri erano contrastanti;qualcuno proponeva di resistere , altri di abbandonare le armi.  

Tutto ciò durò sino a mezzogiorno quando il Tenente Sinforniani,di Pavia venne da me allo stabilimento del Bustese dove lavoravo,avvertendomi che forse avrebbero abbandonato tutto.

Mentre parlavo con lui,prevedendo lo svilupparsi degli eventi,gli chiesi di distribuire ai Comuni quello che era immagazzinato in particolare, generi di prima necessità,perché avevano bisogno di tutto.Abbiamo chiesto quindi ai vari comuni:Olgiate,Solbiate,Marnate e Gorla di cosa avrebbero potuto aver bisogno subito.

Il Capitano Marmeris però non era del parere di fare la distribuzione del materiale perchè non era sicuro della destinazione.Ci recammo comunque presso il comune di Olgiate,per farci dare dei fogli di ricevuta e con quelli potemmo ricevere due sacchi di riso,due sacchi di pasta e marmellata.

Tutti i Comuni, prima menzionati,ricevettero qualcosa.

Per Gorla mi ricordo,a rappresentare il comune c’era l’ingegner Fasoli.

Tutto Questo avvenne prima di mezzogiorno;dopo quell’ora inizio il saccheggio.

C‘era in paese un certo subbuglio e verso mezzogiorno la gente cominciò a dirigersi verso il magazzeno con l’evidente intenzione di prenderlo d’assalto non appena fosse stato abbandonato.Gli ufficiali intanto,senza dare nell’occhio ,erano spariti;era rimasto solo il Capitano

Marmeris, e alcuni altri,intendevano impedire il saccheggio,si udirono alcuni colpi d’arma da fuoco presumibilmente sparati a scopo intimidatorio,ma poi abbandonarono tutto.

Incominciò il saccheggio;nel magazzino c’era di tutto : pasta,olio, zucchero, formaggio coperte,vestiti scarpe,marmellate ,riso, farina,maglie di lana…..

In men che non si dica si sparse la voce,anche nei paesi vicini,la gente sopraggiungeva a frotte con ogni mezzo,carretti,carriole,mezzi di fortuna ,persino qualche rara macchina,tutti cercavano di portare via il più possibile….

 

 

CARLO FERRARI:

 

 

“Io ed il Parroco,don Zappa,eravamo qui a vedere la gente che saliva da S.Antonio carica di roba che aveva preso dal magazzino.Era un disastro!

Gente che correva carica di roba,vino rovesciato a terra farina e zucchero sparsi dappertutto;gente che veniva anche da Busto,Legnano Castellanza….

Depredavano tutto, quella roba presa poi alcuni,pur di non farla trovare o per immagazzinarla ,l’hanno persino sotterrata

 

 

 

 

                                               Descrizione autografa di Don Zappa

 

 

ANGELO BORSETTA:

 

 

“Ho visto,persone per bene”mescolarsi agli altri senza ritegno alcuno pur di appropriarsi di qualcosa,caricandola sui mezzi a disposizione,usando anche l’automobile.

Uno risaliva la valle con una grossa forma di formaggio parmigiano sulle spalle, la vendette per dieci mila lire e ritornò a rifornirsi…..Venivano anche da Legnano e da Rho”

.

“PIPPO”BELLONI

 

Molte famiglie,anche la mia,si erano rifornite di una certa quantità di stoffa di lana grezza e ruvida,del tipico colore blù delle divise invernali dell’aeronautica e di una quantità indefinita di maglie di ispida lana grigiastra che facevano parte del corredo militare e di cui il magazzino era, a quanto pare,abbondantemente rifornito.

In paese nei mesi successivi all’evento,vi fu un grande consumo di tintura marrone:si era scoperto che l’unico colore che riuscisse a mimetizzare il blù delle stoffe militari era il marrone scuro.Le pezze venivano ritinte a domicilio con delle complesse operazioni che comprendevano la bollitura della stoffa e col materiale così ottenuto,si confezionavano cappotti,pantaloni corti e alla zuava,giacche con cui veniva rivestita la gioventù del luogo;tutti in quei tempi a Olgiate e nei paesi limitrofi indossavano una divisa marrone…..

Le nostre cosce,i nostri inguini,la superficie interna delle gambe i nostri coppini erano perennemente di un colore indefinito fra il marrone della tintura,malamente fissata,e il rosso delle maligne irritazioni cutanee provocate dalla ruvidezza della stoffa;le magliette ci mettevano un prurito insopportabile e taluni di noi avevano le ascelle letteralmente piagate dal contatto della micidiale lana militare.Entrò nell’uso comune un termine che definivano quegli abbigliamenti :i vestiti della naja.

 

GIANNINO GALBERSANINI:

 

Davanti ai cancelli del magazzino si era radunata molta folla,c’era gran ressa e una confusione indescrivibile,io ed alcuni miei coetanei eravamo nel bel mezzo del marasma,abbiamo sentito alcuni colpi d’arma da fuoco:non ci rendevamo conto del pericolo.Improvvisamente il Piero Gerenzani classe 1926,stramazza a terra proprio poco distante da me,io Luigi Conti ed altri lo solleviamo ed a braccia senza, accorgerci subito della gravità della situazione,lo portiamo all’osteria dùl”Puiàn” (ndr originario di Pogliano)

Solo allora mentre lo adagiamo sui tavoli di pietra del giardino,ci accorgiamo della tumefazione e del rivolo di sangue che fuoriesce dalla fronte,rimaniamo impietriti,poi qualcuno corre a perdifiato chiamare il don Ettore….Quando arriva non gli resta altro che impartigli la benedizione;dopo poco,avvisata, arriva anche la mamma,una scena straziante,aveva perso in guerra anche un figlio marinaio,scene che non si dimenticano più.  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Colombo Mario.

 

Dopo l’otto settembre arrivano i tedeschi,occupano il magazzino e non lo mollano più.

Vogliono l’inventario del materiale che era rimasto dopo il saccheggio e l’inventario di quello che era stato portato via.

Io avevo solo dodici anni ma mi è rimasta in mente la cifra che mio papà disse un giorno:nel magazzeno,prima del saccheggio,c’era il valore di sette miliardi di materiale,dopo il saccheggio ne era rimasto ancora per cinque miliardi di valore.

Io chiedevo a mio papà come si faceva a scrivere una cifra così grossa che non riuscivo nemmeno ad immaginarla.

 

Carlo Ferrari

 

Dopo sono arrivati i Tedeschi e hanno dato ordine di riconsegnare tutto ciò che era stato rubato Avevano affisso dei manifesti in paese.Pochi hanno riportato la roba ,anche questi,in minima parte.

 

Con l’arrivo dei tedeschi,cade la breve illusione della fine della guerra.Ritorna però anche una mai sopita  diffusa e sommessa opposizione al regime fascista e agli occupanti Tedeschi;opposizione   anche passiva,infatti in data 1 ottobre 1943 il Comando Germanico invia una lettera :

 

AI SIGG. PODESTA’di OLGIATE OLONA e di GORLA MINORE:

 

“Il Comando Germanico

Cortesemente si rivolge alle SS:VV:per portare a conoscenza quanto segue e Vi prega di prendere le misure necessarie affinché cessino gli inconvenienti qui appresso segnalati:

sulla via tra i magazzini ,dalla mattina alla sera,una massa di gente,uomini,donne,bambini ecc..si affollano in mezzo alla strada ostacolando in tal modo il movimento dei veicoli.

OMISSIS.

Dalle nostre sentinelle in perlustrazione,dopo le ore 21,00 spesse volte vengono incontrati ammassamenti di gente,uomini e giovanotti,dell’età tra i 18 e 30 anni.

Le nostre sentinelle hanno ricevuto l’ordine di usare rigorose misure contro tali persone in avvenire.

Con stima.                                                              IL  COMANDANTE

 

                                                                                 Firma  illeggibile.

 

 

                                     8  SETTEMBRE   1943: militari  allo sbando

 

 

ANGELO BORSETTA:

 

Al pomeriggio dell’8 settembre gli ufficiali della Z.A.T. che si erano defilati, non sapevano esattamente dove andare; quelli che abitavano nella zona erano andati a casa,altri invece non         potevano,meridionali specialmente,dato che abitavano oltre la linea del fronte.

Alcuni di questi si presentarono alla signorina Amelia Castiglioni,già conosciuta qualche giorno

Prima, lei ed il professor Gasperini,erano stati arrestati perché si erano presentati ai soldati per consegnar loro dei giornali.Dopo un breve interrogatorio erano stati rilasciati,senza maltrattamenti.

La signorina indirizzò da me ad al ragionier Macchi questi ufficiali.

Anche i soldati erano scappati;alcuni andarono con i partigiani,altri invece, non potendo andare a casa,si presentarono al comando Tedesco presso lo stabilimento e chiesero di poter rimanere in qualità di ausiliari.

I Tedeschi però non si fidavano degli Italiani,quindi li disarmarono e chiusero le armi in un armadio di ferro nella villa Restelli,rimaneva armato solo il militare che faceva il turno di guardia.

Durante il giorno i soldati rimasti lavoravano presso il magazzeno e negli uffici; a dormire tornavano presso la villa Restelli.”

 

 

  GIANCARLO CLOMBO:

 

Io ero stato chiamato con una cartolina di precetto e facevo parte del terzo Artiglieria Celere di Milano:poi feci la campagna di Sicilia e abbiamo combattuto durante i primi giorni dello sbarco Americano sull’isola;la nostra batteria fu distrutta dagli aerei Americani e poi abbandonati dalla nostra aviazione,abbiamo dovuto ritirarci.

Nel passare lo stretto il 28/8/1943 io,con altri quindici commilitoni ci siamo persi e siamo tornati a Milano:L’otto settembre tutti a casa…..

Risultavo così come disertore,avevo paura che i Tedeschi mi chiedessero i documenti,e non trovandomi in regola mi portassero in caserma,temevo il peggio.

 

ALBERTO GAMBINI:

 

 

Nel 1943 io ero in Croazia e il due o tre settembre sono tornato a casa in licenza.Tornato al reggimento il Capitano mi disse di tornare a casa:doveva essere l’otto settembre;mi disse di non farmi trovare per non andare in Germania.Non facevo parte di nessun gruppo partigiano,tornato a casa mi trovai lavoro come autista presso il Colombo di Castellana.

Ogni tanto arrivavano i fascisti a cercare gli “sbandati,”quei militari che non si erano presentati al richiamo alle armi.Una volta ero lì in cortile e sono arrivati due fascisti da castellana che mi hanno chiesto se conoscevo un certo Gambini Alberto,io gli ho indicato una casa ma che in quel giorno non c’era perché si era recato a Novara,Gambini Alberto ero io.

Quando venivano i fascisti io scappavo in casa e poi c’era un uscita posteriore e mi rifugiavo dalla signorina Angelina Macchi,nipote del Macchi che divenne poi Sindaco di Olgiate.”

 

 

 

 

 

GIUSEPPE GRAMPA:

 

I giovani si rifugiavano nelle cascine,nella campagna e uscivano la notte.Qualcuno è anche stato preso dai Tedeschi. In genere erano ragazzi di leva che non avevano risposto alla chiamata,molti erano,militari che dopo l’otto settembre erano allo sbando.Chi poteva scappava;molti sono scappati in Val D’Ossola,unendosi alle formazioni partigiane.

 

 

 

GIOVANNI GALBERSANINI:

 

Io ho dovuto presentarmi ed avevo solo 17 anni.Ma poi sono scappato tre volte e una volta volevano portare via mia mamma;eh sì che avevo già il fratello in Tunisia e il papà in Russia,mi hanno portato in Germania,dal marzo all’agosto del 1944,dove avevo fatto addestramento. Rientrato in Italia sono scappato di nuovo e sono tornato a casa.

Io non ero inquadrato nel C.N.L. allora si andava per le campagne e non potevo lavorare,si parlava con uno ,si parlava con l’altro…..si cominciava già ad avere dei collegamenti…..c’era il Pasquale Rossini, un mio coscritto,quello lì andava su in Piemonte a portare le armi.

Noi ci trovavamo in una casetta di campagna,dalle parti dove c’è ora il Rovelli verso Solbiate.

 

 

 

ELISEO CASANOVA:

 

Il giorno 11 settembre 1943 sono stato richiamato sotto le armi ma non mi sono presentato;ma un giorno però,in seguito a una spiata,sono stato preso dai Carabinieri di Gorla perché disertore e sono stato portato a Somma Lombardo.Poi sono stato mandato a Guastalla per operare contro i partigiani della zona.Io però sono scappato di nuovo e sono tornato a casa con mezzi di fortuna.

A Olgiate sono stato ripreso, causa un’altra spiata e sono stato mandato a Vercelli,da cui un giorno sono fuggito unendomi ai partigiani della zona di Colazza”

 

 

 

GIOVANNI GALBERSANINI:

 

 

“Quando ero al Pignone nascosto,i Tedeschi un giorno hanno puntato la pistola alla mia nonna che veniva su a portarmi da mangiare.

Lei da Prospiano veniva su al Pignone; con mè c’era anche mio cugino Nino Ciceri.

Mia nonna mi portava su un po’ di patate,un po’ di farina,un po’ di riso……quello che poteva portarci di nascosto dal marito.”

 

 

AMBROGIO CASTIGLIONI:

 

“Io facevo parte della squadra comandata dal Domenico Colombo che era in contatto con un Maggiore di Novara c’era anche suo fratello il Battista Colombo.

C’erano anche il Giannino Vigano,il Bruno Menzaghi,,due o tre di Solbiate e il Giudice,che poi è morto in montagna a Miazzina,in un’imboscata.

Portavo da mangiare agli sbandati della “Merla”,dopo la “Balina”per capirci nella zona dell’attuale via Medaglie D’oro .

Quando ero dispensiere al Circolo Verdi, veniva da me il Capitano Lago,per nascondersi;dormiva sdraiato sul biliardo.

 

 

 

CAROLINA VILLA:

 

 

 

Il giorno dei morti del 1943 sono venuti tre Tedeschi a cercare mio figlio Nino per andare a militare ma io ho detto che non era a casa;allora hanno minacciato di bruciare la “curti”.

Allora sono andata a Varese a consegnarlo e l’hanno portato a Monza, ai “casermetti”dove lo hanno picchiato.

Un giorno sono andato a trovarlo e l’ho visto da lontano che portava travi di legno con altri .

Ho chiesto di vederlo ma loro non volevano;alla fine mi hanno permesso un colloquio di 5 minuti.

Poi c’è stato un bombardamento e sono scappata in una cascina.

Per queste cose sono stata ammalata sette od otto anni.”varda lù par un fiò che vita o fa”

 

 

 

GIUSEPPE MENZAGHI:

 

 

Vicino a casa mia c’era una crocerossina che si chiamava Maria Colombo che ha sposato un Saporiti e che era impiegata in comune.

Per merito della Maria (del Mentin) e della Vanny Ganna ricevevo acasa la decade che dovevo prendere a militare anche se ero scappato.

Un giorno sono venuti a casa mia,non so che soffiata c’è stato,due fascisti : un ragazzino ed un vecchio che mi cercavano.Mia mamma allora,per mantenersi, cuciva le camice dei militari per guadagnare qualche soldo.Si è salvata con quelli lì e con delle lettere che io avevo mandato dalla Germania e nelle quali dicevo che stavo bene.non potevo mettere i miei reali pensieri,dato che ero lontano.”

 

OLGA BANFI:

 

Nino, mio fratello,ed il Pino Pellegrini,li tenevamo nascosti nel cortile del macellaio di via Matteotti e quando nel ‘44 vennero i tedeschi per prendere mio padre,l’abbiamo nascosto dietro una catasta di legna.Tenevamo nascosto anche mio cugino Colombo Giuseppe.”

 

 

GIANCARLO COLOMBO:

 

“Una sera arrivati a Olgiate Olona ,vicino al Circolo Verdi,c’era la villetta dei Casanova e un Tedesco ci fermò,poi è entrato nella villa,io ero in strada e ho sentito un rumore sul tetto;era lì che cercavano il Casanova figlio,che si era rifugiato sul tetto;non trovandolo,hanno portato via il padre. Noi al Tedesco gli abbiamo fatto vedere i biglietti della rivista ma voleva portarci in caserma.Io dissi al Ninetto,gobbo, di zoppicare poi ci hanno lasciati liberi.

Il giorno dopo abbiamo saputo che ne avevano presi tre e portati in caserma:il papà del Casanova, del Mario Guidi e un altro.Si diceva che anche il Parroco si era interessato ma non li hanno lasciati liberi.

 

 

GIUSEPPE MENZAGHI:

 

“Era un sabato sera e mi lavavo un po’ così,perché bagni non ce n’erano……però a casa mia c’era

un mastello per il bagno.Quella notte lì,senza che io lo sapessi i Tedeschi erano venuti a prendere il Casanova ma lui,scavalcando due cinte la mia e quella del Saporiti era fuggito,i Tedeschi però presero suo padre e l’avevano portato via.”

 

ELISEO CASANOVA:

 

“Allora i Tedeschi hanno preso mio padre e hanno lasciato detto a mia mamma che mi davano48 ore di tempo per presentarmi a loro.Io allora ho deciso di consegnarmi e mio padre fu liberato.

Mi consegnai al Comando Tedesco che era giù in valle;incominciarono ad interrogarmi perché volevano sapere i nomi dei compagni.Io non ho parlato e mi hanno mandato a Varese dove avvenivano interrogatori e,botte .”

 

 

GIUSEPPE MENZAGHI:

 

“Quella volta è intervenuta la Franca Ganna ,che lavorava giù al comando Tedesco e ha salvato la situazione,perché ha parlato con i Tedeschi che hanno lasciato libero il padre ma il Lisetto è stato portato via.”

 

MARIO GUIDI(deportato a Flossemburg):

 

Sono stato richiamato nel maggio del 1944 con un bando che era stato esposto sui muri dai fascisti,ma non mi sono presentato;sono scappato in Brianza in attesa di andare in montagna.

Però mi hanno poi preso ad Olgiate il primo di novembre dello steso anno insieme col Lisetto Casanova  e sono stato portato in Germania nel campo di sterminio di Flossemburg.

Mi ricordo che una sera mentre tornavo da Castellanza quando sono stato fermato da una pattuglia di Tedeschi e fascisti;con me c’era anche il Lisetto Casanova,il Nino Banfi con altri giovani.Eravamo nella zona della Garotola ad allora approfittando di un attimo di distrazione dei tedeschi siamo riusciti a fuggire saltando delle siepi e tornare a casa .

Quando poi mi presero mi portarono con il Lisetto,dopo alcuni interrogatori,a S. Vittore, il carcere di Milano,siamo stati anche fortunati perché ci siamo dichiarati capaci di fare diversi lavori:feci così l’inserviente alla mensa delle guardie.In questo modo potevamo procurarci da mangiare anche per gli altri compagni di cella.

Noi ci tenevamo buone le guardie perché davamo anche a loro qualcosa da portare a casa per la famiglia così anche loro chiudevano un occhio.

Così potevamo anche aiutare altri detenuti come quelli del sesto raggio ,infatti alla sera quando rientravamo in cella ,facevamo scivolare nelle loro celle,che erano ad un livello più basso del cortile, delle bottiglie di latte,mentre le guardie facevano finta di non vederci.

Da San Vittore fummo poi portati a Bolzano,dove io e Lisetto fummo divisi,ci perdemmo di vista.

 Da Flossemburg ebbi molta fortuna,mi salvai perché durante la marcia della morte,con gli Americani che incalzavano da vicino i tedeschi ,un ufficiale Italiano anche lui deportato,mi aiutò a defilarmi dalla colonna di disperati ridotta allo  stremo e votata all’eliminazione sicura. Vagammo per una notte,fino a quando una pattuglia Americana ci incontrò,è stato un miracolo!

Dopo che sono tornato dalla deportazione,nel 1963 ricevetti dal Governo Tedesco,un”indennizzo”.

Ma gli orrori di cui sono stato testimone,gli stenti,la fame le angherie subite sono ricordi indelebili,non si possono cancellare.

 

 

 

 

 

 

FOTO AUTOGRAFO DI GUIDI

 

 

 

 

Le retate sul territorio sono ormai continue ,l’importante è arrestare il maggior numero di uomini in modo da chiarire subito gli intenti nei confronti di chi è renitente,o perlomeno è idoneo al servizio militare ,molti vengono deportati in Germania .

Le motivazioni sono le più varie e fantasiose,nella loro fredda determinazione.

Il Giannantoni in “Fascismo,Guerra e Società nella Repubblica Sociale Italiana”scrive:Fra il 16 ed il 17 novembre una pattuglia di carabinieri e agenti di pubblica sicurezza intercettano tre “sbandati”.Sono militari,fra cui l’Olgiatese,omissis,20 anni disoccupato,pregiudicato.

.

 

 

 

CARLO FERRARI:

 

“C’era un maniscalco di Busto che non voleva tornare nell’esercito ed era scappato. Io lo sapevo che lo cercavano e gli avevo detto di fermarsi nella mia officina e di non tornare a casa.

Lui ha voluto andarci ,l’hanno preso,lo hanno deportato in Germania e non si è saputo più nulla .”  

 

 

            Era Moroni citato  nel capitolo delle “Formazioni Partigiane” con Ghioldi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                           COMANDO TEDESCO

 

L’otto settembre è il giorno del caos: il magazzino della Z.A.T. viene saccheggiato dalla popolazione olgiatese e da altri delle zone limitrofe.

E’ il giorno della dichiarazione dell’armistizio ed i tedeschi occupano rapidamente il magazzino nel Cotonificio Bustese del Tognella e vi stabiliscono il loro Comando.

Organizzano rapidamente la gestione del tutto e  dimostrano subito di  non essere succubi a nessuno, anzi, stabiliscono, senza mezzi termini, chi comanda.

Innanzitutto bisogna ristabilire l’ordine.

COMANDO TEDESCO DI PROSPIANO

Olgiate Olona            15 settembre 1943

Ill.mo Signor Podestà

 

“Ringrazio vivamente del vostro interessamento per la nostra situazione del momento attuale come pure della vostra Patria.

(……) Intanto siamo a conoscenza di certi movimenti poco simpatici di una certa parte della popolazione. Mi permetto di farvi sapere che se dovesse succedere qualche incidente da parte di certi elementi, dovrei intervenire energicamente….

Il Comandante Cap.

Firma illeggibile

 

 

Nella popolazione c’è ancora un certo nervosismo, il saccheggio del magazzino ha  acuito la voglia di appropriazione di beni non facilmente reperibili sul mercato e scarsamente acquistabili con le tessere.     Viene messo di mezzo anche il Parroco per riportare la calma perché siamo ancora a ridosso dell’otto settembre.

 

Mentre i tedeschi hanno stabilito il loro Quartiere Generale nel Cotonificio Bustese, la Squadra Aerea  Territoriale occupa la Villa Restelli.

 

I  bombardamenti da parte degli Alleati creano  non pochi  problemi e quindi il Comando Tedesco “impone” al Podestà  una squadra di protezione antiaerea.

Non è una richiesta, non è un “chiedere” all’autorità preposta un aiuto per tutta  la popolazione in caso di bombardamento; è semplicemente “un ordine per la salvaguardia dei militari tedeschi”, al quale il Podestà  deve soltanto ubbidire.

 

IL COMANDO TEDESCO

AL PODESTA’ DI OLGIATE  OLONA

16/3/1944

Riferimento : Conversazione per la passiva resistenza di protezione antiaerea.

Con riferimento a quanto discusso verbalmente domenica 12/3/1944 vi comunichiamo quanto segue:

  1. Il Comune di Olgiate Olona nel caso di assalti aerei è obbligato dal Comando Tedesco a prestare congruo aiuto.
  2. Costituire una squadra per la protezione antiaerea che deve restare a disposizione del Comando tedesco.
  3. Il Comune obbligherà il dott. Fraenza Lorenzo a prestare servizio sanitario.
  4. In caso di assalto aereo alla località di Olgiate Olona, due uomini devono annunciarsi immediatamente al Comando Tedesco e devono essere muniti di bicicletta.
  5. Il dott. Fraenza dovrà recarsi immediatamente al ricovero antiaereo del Comando. La sua entrata nel ricovero dovrà avvenire entro 15 minuti.
  6. Firma illeggibile

La risposta del Podestà è contenuta in una deliberazione che ebbe per oggetto

ACQUISTPO MATERIALE PER LA SQUADRA DI PROTEZIONE ANTIAEREA

Prot.1141        1^ aprile 1944

“Visto l’invito del Comando Militare Germanico di Olgiate Olona di istituire una squadra per la protezione antiaerea, da mettere a disposizione del detto Comando nel caso di  attacco aereo….considerato che la squadra è stata  costituita..occorre attrezzarla di maschera antigas, di una piccozza, di un elmetto e di una lanterna…

DELIBERA

Di acquistare

  1. 11 maschere antigas
  2. 11 piccozzze

n.11 lanterne

  1. 11 elmetti

di imputare la spesa ai fondi di cui agli articoli  38  (spesa L. 760)– 39 (spesa L. 1000) –

40 (spesa L.1000)

IL  PODESTA’

(Angelo Codecà)

 

In risposta alla richiesta dei nominativi per la protezione antiaerea, da parte del Comando tedesco con sede in Valle, il Commissario Prefettizio Frattarelli scrive in data 14/7/1944

“Vi informo che la costituzione della squadra per la protezione antiaerea è òa seguente:

COLOMBO FELICE                                                           caposquadra

COLOMBO GIUSEPPE FRANCESCO                vice-caposquadra

MINORINI PIETRO                                                           muratore

CAIMI STEFANO                                                  muratore

VIGANI CARLO                                                    manovale

DONATI LUIGI                                                      badilante

MINORINI GASPARE                                           manovale

BELLUSCHI CARLO                                             badilante

RAMPONI OTTAVIO                                            elettricista

ZAMCHETTA GIUSEPPE                                     idraulico

COLOMBO CARLO                                                           meccanico

Vi ripeto che occorre provvedere urgentemente, da parte di questo Comando,all’autorizzazione alle suddette staffette di vigilare in bicicletta anche durante l’oscuramento.

IL COMMISSARIIO PREFETTIZIO

(Dr.Ing:Egidio Frattarelli)

 

 

 

 

Il Comando Tedesco organizza inoltre ,in  breve tempo ed in segreto,  le strutture che garantiscano sicurezza per i militari.

  • la costruzione del bunker in cemento , sotto la costa di Prospiano
  • il posizionamento della bomba da 7 mila chili per la sua autodistruzione
  • la messa in opera di cariche esplosive nello stabilimento con centralina di innesco
  • la costruzione di un piccolo aeroporto per un aereo “cicogna,”in caso di necessità.Tranne il piccolo aeroporto, tutto il resto rimase segretissimo fino al 25 aprile 1945.Solo allora ci si rese conto del terribile pericolo che la popolazione aveva corso per un anno e mezzo circa.                                     METTERE MAPPE DI MARIO                                                    I L     B U N K E RIl Comando Tedesco riorganizzò subito la zona in modo che potesse rispondere ad esigenze di intervento e di difesa programmate con meticolosità.            Il bunker, che si trova di fronte all’ex stazioncina ferroviaria di Prospiano sul fondo valle, è stato costruito dopo l’8 settembre.
  •             La sua struttura è
  • COLOMBO MARIO
  • m 143 di sviluppo
  • m. 2’20 di altezza
  • m. 1,80 di larghezza
  • ha quattro entrate sulla strada del “Lazzaretto” che conduce a Marnate.        Da una conversazione con Mario ColomboIl bunker non ha però, attualmente visibile , alcuna uscita verso l’alto;manca cioè una specie di “camino” di sfogo all’insù.            A conferma di ciò è la posizione dei detriti che sono composti da tegole, mattoni e sassi che “franano “ dall’alto verso l’ingresso del bunker e non portati dall’esterno. Oltre al fatto che il bunker è stato costruito unicamente in cemento armato liscio e che quei detriti devono provenire non dalla composizione della costa ma da qualche riporto dall’alto.                   Il “camino” poteva servire anche ad aerare l’interno, avente funzione quindi di un condotto per il tiraggio dell’aria;inoltre doveva servire per i rifornimenti di armi e di viveri ai mitraglieri che avevano la postazione proprio sulla sommità della costa stessa, senza dover percorrere tutta la strada del Lazzaretto o la scalinata di Prospiano per raggiungere la sommità.Inoltre nessun operaio o addetto allo stabilimento in quel periodo sa dire se ci fosse una struttura adatta allo scopo.
  •             Lo scopo di questo bunker è un enigma non ancora risolto:poteva essere un ospedale d’emergenza? Lo farebbe supporre l’ordine al dott.Fraenza di presentarsi “ al ricovero antiaereo”.
  •                                                Foto interno con detriti
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  •             Molti a Prospiano sostengono che non ci fosse alcun passaggio dal bunker verso l’alto,mentre dalle mie perlustrazioni, allo scopo di rendere il bunker agibile per visite guidate, ho potuto constatare come di fronte ad una delle entrate ,ci fosse una “ frana” di detriti che dovevano essere sicuramente stati gettati dall’alto, quindi lungo quel “camino” che permetteva di salire alla sommità della costa.
  •  
  • MIA FOTO INGRESSI BUNKER

Colombo Mario

 

Sicuramente doveva essere una struttura segreta per diversi motivi:

  • era stata impegnata una squadra di maestranze altoatesine per la sua costruzione
  • il bunker era stato “protetto” da una bomba da settemila chili per l’autodistruzione            In seguito all’incidente fu aperta un’inchiesta da cui risultò che quella manovalanza dipendeva da un personaggio che soggiornava a Busto Arsizio in albergo e che non compariva mai sul luogo dei lavori.                                                   Foto dall’ archivio privato di Mario

 

  •             Una volta concluso il processo, Mario Colombo, conferma di aver visto nel bunker delle buche di un metro e mezzo di profondità e di larghezza. Non c’era altra spiegazione plausibile se non quella che il bunker celasse un segreto.
  •             Durante il processo quel personaggio enigmatico fu riconosciuto come un ex ufficiale tedesco che prestava servizio presso il Comando Tedesco nello stabilimento del Tognella nel periodo compreso tra l’8 settembre 1943 ed il 25 aprile 1945.
  • Inoltre rimane avvolto nel mistero un fatto avvenuto nel 1956 quando un gruppo di operai tedeschi lavorarono nel bunker, in gran segreto, fino a quando una donna di Gorla Minore fu travolta dalla loro auto e rimase uccisa.

Giampietro Galli

 

            Tra le ipotesi attendibili potrebbe esserci quella dell’OPERAZIONE ODESSA, che  aveva come scopo l’espatrio di criminali nazisti verso Paesi del Sud-America,; espatrio pianificato dalle SS fin dal 1944 e preparato con accantonamento di denaro, gioielli e ricchezze varie per i gerarchi che avrebbero così potuto pagarsi un soggiorno tranquillo in Paesi ospitali, una volta terminata la Guerra.

            Le grosse buche scavate nel pavimento del bunker potrebbero  far supporre che vi fossero documenti, denaro o  altro ancora  e  che   l’ipotesi “ODESSA” quindi  forse non è del tutto lontana dal vero.

 

                                                             CAMPO AVIAZIONE

Mario Colombo

Molta gente di Olgiate non ricorda questo particolare del piccolo campo di aviazione costruito dai tedeschi nella zona  all’incrocio di V:Fagnano con lo svincolo dell’autostrada , ma io, che son dovuto emigrare in Irlanda per lavoro, non ho potuto dimenticare le mie origini e la mia terra per cui, nelle sere dopo il lavoro, mi trovavo a pensare alla mia giovinezza ad Olgiate, ai luoghi che avevo frequentato e che, per me lontano, erano rimasti tali e quali, senza la sovrapposizione dello sviluppo urbanistico del paese; in questi ricordi compariva anche il campo di aviazione tedesco alla periferia del mio paese.

 

Nel 1944 era stato creato un piccolo campo di aviazione  proprio dove Mario Colombo lo ricorda.

C’era stata una precisa richiesta da parte del Comando tedesco che aveva proibito anche l’aramento del terreno ; richiesta  alla quale il sindaco Angelo Codecà aveva risposto in modo affermativo.

Non abbiamo la richiesta del Comando ma abbiamo la risposta del Podestà che chiarisce quali furono le disposizioni impartite.

 

 

“ Io, ANGELO CODECA’, Podestà di Olgiate Olona ho visitato ,in presenza del Capitano F e y. (sic) Com. dell’ufficio voli dell’aeroporto di Gallarate, un terreno di atterraggio. Ho preso conoscenza del vietato aramento del terreno prescritto e prendo cura, che il proprietario del predetto terreno sia portato a conoscenza quanto sopra esposto. Io stesso prendo la responsabilità della sorveglianza.”

 

 

 

 

                                                          

FOTO CAMPO

 

 

 

 

 

Fu così costituito un piccolo campo di aviazione nel quale sostava  permanentemente un aereo detto “cicogna”, date le sue ridotte dimensioni. Doveva servire in  situazioni di emergenza ;in un angolo c’erano le tende sotto le quali aveva il suo quartiere  generale il gruppo di avieri  che gestivano il campo

Fu costruito  anche un acquedotto per il rifornimento di acqua. Oggi esiste ancora la  struttura che lo  ricorda.

 

 

 

 

FOTO ACQUEDOTTO

 

 

 

 

 

 

 

Dr:”Pippo” Giuseppe Belloni lo ricorda così:

 

            “Nella primavera del 1944 nella brughiera, ai margini della strada che da Busto porta a Fagnano, era stato creato un piccolo campo di aviazione servendosi di un campo di poche pertiche circondato da boschi di robinie.

            Serviva per un aereo dalle forme strane, con un carrello molto alto una grande ala rettangolare posta sopra la fusoliera e un’ampia cabina in plexiglass.

            L’aereo si chiamava “Cicogna” ed aveva contrassegni germanici. Nel bosco che delimitava un lato del campo era stata ricavata una rimessa ben mascherata ed erano state collocate dlle tende che servivano per gli uomini di guardia.

            Per la maggior parte erano tedeschi e,in  particolare, uno di loro di nome Rudi, tollerava la presenza di noi ragazzi che non resistevamo alla tentazione di vedere l’aereo da vicino.

            In un paio di occasioni assistemmo al decollo dell’aereo e una volta anche all’atterraggio e rimanemmo di stucco nel vedere il brevissimo spazio che gli serviva per la manovra.

            Rudi si adattava senza problemi alla nostra presenza, peraltro molto discreta: i tedeschi incutevano sempre un certo timore. Quando però riceveva delle notizie tramite il telefono da campo o da un portaordini, ci faceva sgombrare con un metodo molto efficace e sbrigativo.

Impugnava il fucile e gridando: “ Weg,weg, raus, raus” sparava due colpi in aria e noi ci eclissavamo…o meglio, ci acquattavamo un po’ più in là nel bosco per spiare quello che succedeva.”

 

 

 

 

FOTO CICOGNA

.

 

 

 

            F  O  R  M  A  Z  I  O  N  I      P  A  R  T  I  G  I  A  N  E

 

Federico Chabot in “Italia contemporanea (1918-1942) ed. Einaudi, a pg 104-105 fa un esame attento delle forze politiche che sono state in prima  linea nella Resistenza Italiana.

Tre sono stati i  Partiti che hanno dato vita alla Resistenza stessa, evidenziandone le caratteristiche che li contraddistinguevano.

“ IL PARTITO COMUNISTA”. Ha conservato nella clandestinità la propria organizzazione,

ha duramente pagato con incarcerati e morti, ma l’organizzazione clandestina

è di tipo militare.

Di tutti i Partiti quello Comunista è il più preparato.

“I CATTOLICI. Non possiedono l’organizzazione clandestina dei comunisti ma hanno un

forte sostegno nella Chiesa  e nell’Azione Cattolica., e quindi possono

organizzarsi  rapidamente in Partito politico: la Democrazia Cristiana.

“ I SOCIALISTI”. Sono meno organizzati dei comunisti e dei cattolici ma hanno dalla loro

parte una tradizione antica che risale al XIX secolo e che ha il sostegno della

massa popolare. Tanto che nelle votazioni che si terranno a Milano il 6 aprile

1946 avranno la meglio su comunisti e cattolici. E’ la tradizione socialista che

sopravvive al Fascismo.”

Quindi le azioni delle diverse Brigate avranno uno stesso scopo: la Liberazione dell’Italia dai nazifascismi ma le modalità di intervento saranno talvolta diverse.

 

                               LE   BRIGATE   GARIBALDI

Le “ Brigate Garibaldi”  ebbero rapido e costante  sviluppo, forti di un’esperienza maturata nelle guerre  civili di altri paesi, con posizione di rilievo nella organizzazione partigiana sia per l’ordinamento dei reparti combattenti sia dei servizi nel continuo processo di unificazione. ( 1…)

 

1…) Da “Contributi dell’Istituto “La Provvidenza” di Busto Arsizio –  Cesare Gallazi Ediz. La Provvidenza  2004 – pg. 44

 

E’ di chiara ideologia comunista che ha una lunga tradizione di opposizione al fascismo , iniziata già nel 1922. L’impostazione della Brigata è di tipo militare, cioè uso delle armi ed azioni del “mordi e fuggi”. Non è più una posizione di trincea, come dice Mario Colombo in un’ intervista, ma una pianificazione rapida dei combattimenti e delle imboscate con ritiri altrettanto rapidi, una volta portate a compimento le operazioni di guerriglia.

 

La Brigata raccoglieva aderenti da tutta Europa, tanto che si costituirono le BRIGATE INTERNAZIONALI durante la guerra di Spagna nel 1935-36, guidate da Luigi Longa e sovvenzionate con armi e mezzi dall’Unione Sovietica.

I volontari italiani confluirono nel Battaglione Garibaldi *-III Compagnia –12 BRIGADE INTERNATIONAL.

 

 

 

 

 

FOTO     DELLA GARIBALDI IN SPAGNA

 

 

 

 

 

In Valdossola questa Brigata, dopo l’8 settembre, conserva la sua organizzazione al comando di Vincenzo “Cino” Moscatelli, che la conduce con decisione e con preparazione ormai consolidata di guerriglia.

Togliatti appoggiò questa Brigata con il sostegno di Segretario del Partito Comunista e si incontrò con Moscatelli assicurandogli il suo appoggio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

FOTO TOGLIATTI CON MOSCATELLI

 

 

 

 

 

Nell’ALBO D’ORO  DELLA GLORIA della Provincia di Varese è ricordato un combattente della Brigata Garibaldi

 

PAVAN GIUSEPPE nato a Costa di Rovigo il 31/3/1919, Partigiano combattente della BRIGATA GARIBALDI  (1943-44-45), residente in Olgiate Olona, premiato con la Croce al Valor Militare sul campo”.

La motivazione così si esprime: “”Animato da purissimo amor di Patria, iniziava volontariamente in terra straniera una nuova campagna di contrasto con gli umilianti ordini dei tedeschi.

Montenegro 8/9/1943    –   8 marzo 1945”

 

Altra medaglia d’argento è assegnata a MAURI ENRICO Serg.Magg. dei Bersaglieri, nato a Cislago il 1/9/1916. residente in Olgiate Olona

La motivazione dice:

“ Campagna di guerra 1940 – 41 – 42 – 43

Partigiano combattente

Tre  Croci al Merito di Guerra

Ferito in combattimento.

Bosco di Serafimowitsch (Russia)  13 – 14 agosto 1942.

Durante un violento attacco nemico……benché ferito alla testa, rifiutava il soccorso per restare sul posto coi suoi bersaglieri”

 

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          Da una ricerca di Giampietro Galli

 

                                          MAURIZIO MACCIANTELLI

         

Un altro caduto della Brigata Garibaldi è anche Maurizio Macciantelli del quale c’è una testimonianza del Comandante la Formazione , Marinoni Giuseppe “Orsi”.

“Nel marzo 1944 ebbi l’incarico dal Comando Brigate Garibaldi  di recarmi in Bassa  Brianza per raggruppare i primi distaccamenti di  punta e squadre volanti per combattere contro i nazi-fascisti di quella zona.

Arrivato sul posto feci conoscenza coi vari gruppi già formati da giovani del luogo, fra questi distinsi un gruppo organizzato da un giovane operaio datosi alla macchia per cause politiche: si chiamava  MAURIZIO MACCIANTELLI.

Forte e coraggioso si distinse in diverse azioni pericolose.

(……..) Ai primi di maggio del 1944 mi arrivò l’ordine di trasferimento in  VALLE OLONA e Maurizio mi volle seguire. (…..) Gallarate e Busto Arsizio furono il primo teatro di operazioni (…) come il recupero viveri al Deposito tedesco di Gallarate (…..) spediti ai partigiani della montagna, partecipò al recupero di una quarantina di mitragliatrici calibro 22 (…….) situate nel deposito di Verghera,   lavorò per l’interruzione di linee di alta tensione e di tratti di ferrovia .

(…) Durante un’azione cadde da eroe il giorno 24 luglio 1944 sulla strada che conduce al campo di Vergiate.”

 

 

 

Lo stesso Marinoni Giuseppe “Orsi” , in data 20 settembre 1946 dichiara:

“ Io sottoscritto dichiaro che all’epoca clandestina e precisamente dal marzo al luglio 1944, il Garibaldino Maurizio Macciantelli fece parte, come Comandante ,di distaccamento delle “Volanti della Bassa Brianza”   e dell’Alta valle Olona.

Pochi giorni prima la sua azione che gli costò la vita, si formava la Brigata e lui era promosso a Vice Comandante della stessa.”

 

 

Un riconoscimento gli viene dal

COMANDO 12 ^  DIVISIONE BRIGATA  S.A.P.

BUSTO ARSIZIO

Busto Arsizio 13 giugno 1945

“Si attesta che il Partigiano Maurizio Macciantelli è stato elemento di punta della Squadra d’Azione dlla 102^ Brigata Garibaldina S.A.P.  ed è rimasto vittima dei nazi-fascisti il 24 /7/ 1944 durante un attacco ad una colonna tedesca  proveniente da Lonate Pozzolo.”

 

MAURIZIO MACCIANTELLI fu decorato con medaglia d’oro alla memoria come caduto per la Liberazione

 

                                                          PIETRO MORONI

 

TESTIMONIANZA DEL FRATELLO BERNARDO

 

Dall’ archivio personale del sig. Tronconi …Aldo ………….di Solbiate Olona

 

Pietro è della classe 1906 e all’età di 37 anni si arruola con il fratello Bernardo nella “Squadra di Punta”della 102^Brigata Garibaldi.Questa squadra viene chiamata così per le sue imprese audaci nel territorio della Valle Olona e nei paesi limitrofi.

Essendo operaio nella “Sanitaria”di Olgiate Olona ottiene così l’esonero dal prestare servizio agli ordini dei Tedeschi,evitando di essere inviato in Germania a lavorare nell’industria pesante.

Un permesso speciale gli serve per poter condurre con il padre la bottega di maniscalco in Olgiate Olona,dato che il suo domicilio è a Solbiate.

 

 

 

 

 

 

 

Foto permesso

 

 

 

 

Nei primi mesi del 1944 gli viene affidato l’incarico dell’attentato al Commissario di Busto Arsizio

Sandro Mazzeranghi,in piazza del Tribunale.

All’azione partecipano anche il fratello Bernardo,ed altri Patrioti che, come lui,lasceranno una traccia indelebile nella storia della resistenza in Valle Olona,Ghioldi Stefano,di Solbiate e Bruno Menzaghi di Olgiate.

Il giorno stabilito il gruppo ben organizzato arriva a Busto in bicicletta,circonda il Mazzeranghi, Moroni gli spara ma la pistola si inceppa,attimi convulsi si danno alla fuga non prima però di aver assestato, con il calcio della pistola,un colpo alla nuca del Commissario.Accorrono i militi ed un colpo di moschetto ferisce ad un braccio il Bruno Menzaghi ma riesce a fuggire ugualmente. Lo curerà, in un capanno di Fagnano Olona il dottor Tignola.

Stefano Ghioldi e Bernardo Moroni prima si nascondono e poi fuggono in Piemonte a rinforzare la guerriglia partigiana.

Pietro,nonostante i consigli,rimane per aiutare anche il vecchio padre;ma una spia,un ex partigiano di Busto,lo denuncia alle brigate nere che lo stanno braccando.Lo arrestano nell’estate del 1944 a Olgiate mentre è nella bottega del padre,lo fermano lo caricano a forza su un macchina e spariscono

Viene portato prima a Busto poi a Varese,sottoposto a interrogatorio e a torture spaventose,tanto da essere reso irriconoscibile anche da chi lo conosceva bene:il federale di Solbiate.

Non ha mai rivelato i nomi dei suoi compagni di militanza politica e partigiana.

La sentenza finale è la condanna al campo di sterminio di Buchenwall ma le sue tracce si perdono

Al posto di Polizia di Bolzano,da dove invia un’ultima lettera ai famigliari.

Torturato morirà il 29 marzo 1945.

 

 

MARIO COLOMBO:

 

 

Il 25 aprile al mattino,un gruppo di partigiani della Garibaldi,si presenta in casa Moroni ed invitano il padre a recarsi con loro a Legnano,dove si sono rinvenuti dei corpi di partigiani martoriati e uccisi

Dalle torture e poi gettati in una cisterna.Dicono al padre che, ad un primo esame del vestito,è sembrato loro di riconoscere Pietro,il padre,quando vede quel cadavere martoriato scoppia in lacrime quel corpo non è di suo figlio Pietro.

 

 

   .

 

 

 

 

STEFANO GHIOLDI Classe 1919

 

Ha combattuto su diversi fronti ma dopo l’otto settembre 1943,è entrato come Moroni nella “squadra di Punta “della 102^Brigata Garibaldi che era Comandata da Mario Cozzi “Pino”

Della squadra fanno parte anche il fratello Pierto,Giannino Vigano,Bruno Menzaghi.

La 102^ tiene le sue riunioni presso il cimitero dei Cecoslovacchi alla confluenza della strada che proviene da Solbiate Olona e che si immette da quella per Fagnano. E’un luogo strategico perché è vicino alla Caserma Mara,dove si forniscono nottetempo di armi,vicino vi è anche l’abitazione del

Vigano che provvede a nasconderle.

Le armi vengono vendute ai partigiani da alcuni soldati Tedeschi che ne traggono un bel profitto economico.In seguito però i militari responsabili di tali azioni verrano “trasferiti”per cui non si seppe più nulla di loro.

Stefano partecipa col Moroni e gli altri all’attentato fallito,nei confronti del commissario di Busto Mazzeranghi.Deve fuggire,in un primo momento braccato dalle brigate nere si nasconde in           Solbiate.Decide quindi di darsi alla macchia e si rifugia a Mezz’omerico,in provincia di Novara,dove entra a far parte della “Volante Azzurra”comandata dall’audace capo soprannominato”Barba”.La mattina de4 novembre del 1944 a s. Pietro di Nibbia,la sua squadra ha uno scontro con le forze nazifasciste che sono preponderanti. Stefano,durante lo scontro viene colpito da una raffica di mitraglia e muore dissanguato.

Olgiate Olona gli ha dedicato una via nel

Rione “Buon Gesù”ma,sulla targa della via non vi è posta alcuna motivazione.

 

 

 

 

La Brigata aveva addentellati in ogni parte d’Italia tanto che in Emilia-Romagna un gruppo di Partigiani  Garibaldini diede una veste nuova alla  vecchia aria di un inno fascista . IL nuovo testo divenne l’inno ufficiale della Brigata e  memorabile ne è rimasta l’interpretazione di Giovanna Daffini nell’ album “La Resistenza dell’Emilia Romagna.”

 

Libertà…sì.  Libertà…sì

Noi siamo i Partigiani fate largo che passa la Brigata Garibaldi

la più bella, la più forte, la più ardita che ci sia.,

quando avanza, quando avanza

il nemico fugge allor

tutto rompe, tutto infrange con la forza e con l’ardor.

Abbiam la giovinezza in noi, simbolo di vittoria

marciamo sempre forte e non temiam la morte;

la stella rossa in fronte

la civiltà portiam

ai popoli oppressi, la libertà porterem.

 

Fate largo, che passa la Brigata Garibaldi

La più bella, la più forte, la più ardita che ci sia.

Quando passa, quando avanza

il nemico fugge

allor siamo fieri, siamo forti per cacciare l’invasor.

 

Col mitra e col fucile siam pronti a scattare,

ai traditor fascisti

ce la farem pagare

con la mitraglia fissa e con le bombe a mano

le barbarie commesse sul nostro popolo fedel.

 

Nella nostra zona operava la Garibaldi con ramificazioni in tutte le località come risulta

 

Da “Contributi dell’Istituto “LA PROVVIDENZA” di Cesare Gallazzi – Ediz.La Provvidenza – 2004. (pgg. 82 –83)

 

                        12^ DIVISIONE S.A.P. GARIBALDI

                        Comandante:  Macchi Andrea (Oscar) – Busto Arsizio

                        Commissario di guerra  :Villa Sandro – Busto Arsizio

                                   Forza numerica 2.369

 

102^ Brigata S.A.P.   MACCIANTELLI

            Comandante:  Albè Leandro (Pinuccio)

Commissario di guerra : Toia Bruno (Pino)

            Forza numerica: 744

            Zona clandestina: Valle Olona, Busto Arsizio…

            Zzona insurrezionale: Valle Olona e Busto Arsizio…

 

150^ S.A.P. Tomasetti Emilio

Zona di Cavaria – Oggiona

 

151^ Brigata S.A.P. Nino Locarno

                     Zona di Samarate

 

152^ Brigata Garibaldi S.A.P.

Zona di Cardano al Campo

 

183^ Brigata Garibaldi S.A.P.

Zona Saronno Cislago

 

121^ Brigata Marcobi S.A.P. con distaccamento G.A.P.

Zona  Varesotto

           

 

 

                                                    LA VALTOCE

 

Ai primi di luglio del 1944 in Valdossola , dove già operava la Garibaldi con Moscatelli, si costituì la BRIGATA VALTOCE al comando di Alfredo di Dio, con i sottocapi Eugenio Cefis, Giovanni Marcora, Rino Pacchetti e Aminta Migliari.

Alfredo di Dio era un monarchico convinto ed il suo  fine era quello di liberare l’Italia perchè tornasse poi sotto la Monarchia.

Tuttavia  nella sua organizzazione c’era posto per tutti senza distinzione di ideologie.

Alfredo fu ucciso in un’imboscata dei tedeschi nell’ottobre del 1944.

A questo punto la Brigata Valtoce, priva del suo capo, si disgrega e molti si rifugiano in Svizzera abbandonando sul confine i mezzi militari, altri invece ritornano ai loro paesi dandosi alla clandestinità.

 

Mario Pigatto ( “ Alto Milanese –Alfredo di Dio, “  V:Espinasse  -di Busto Arsizio)

 

 “Io ero con Alfredo di Dio quando fu ucciso.

            Da Megozzo eravamo saliti a Pian dei Sali, in Val Vigezzo,  e ci eravamo diretti verso Finero nella Val Cannobina perché sapevamo che un ponticello di legno, che doveva servirci per passare, era stato distrutto.

            Io comandava un gruppo di Partigiani, attenti ad ogni movimento sospetto.

            Non ci si aspettava un’imboscata e ad  un certo punto ci sorpassò la camionetta  sulla quale viaggiava anche Alfredo di Dio “Marco” con altri tre

Davanti a noi c’era un tunnel e vedemmo nella penombra delle sagome indistinte che si muovevano al suo interno:Aprimmo il fuoco perché dovevano essere dei nemici e allora si scatenò l’inferno: tutto intorno la zona era formicolante di tedeschi che ci sparavano addosso.. Mi buttai giù per una scarpata e così mi salvai la vita Terminato lo scontro aspettavamo acquattati nell’erba che tornasse la camionetta che ci aveva preceduto sulla quale ci doveva essere Alfredo “Marco”.

            Era il 12 ottobre 1944.

            Ci rendemmo conto allora che era stato ucciso e quindi, cautamente, risalimmo la montagna attraverso il Severo ed espatriammo in Svizzera rischiando  di venire colpiti dalle guardie di frontiera svizzere che ci avevano scambiati, forse, per banditi o contrabbandieri..

            Ma fummo risparmiati dopo alcuni chiarimenti.”

 

 

 

Foto Alfredo di Dio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Qualcuno pensò allora alla riorganizzazione della Valtoce

Per capire il senso della riorganizzazione  di questa Brigata  in  Val d’Ossola , e la sua valenza  all’interno delle diverse azioni che portarono poi alla Liberazione ,  è  necessario  parlare di ALDO ICARDI.

ICARDI E L’OPERAZIONE CRYSLER….

 

Dall’Archivio di Mario Colombo.

 

Aldo Icardi era un italo-americano che si offrì volontario per una missione segreta  che portasse al collegamento delle formazioni partigiane della Valdossola con gli Alleati.

Era stato quindi arruolato nella O.S.S.  ( Organisazion Secrety Service) e , dopo un addestramento severo e specializzato, fu arruolato nella Mangusteen  Crysler e  fu paracadutato sul Mottarone nel 1944.

La consegna che aveva avuto dagli Americani era di organizzare militarmente la Resistenza nel Nord Italia cercando l’appoggio della Democrazia Cristiana.

I servizi Segreti inglesi invece erano in contatto con la” Brigata Garibaldi” di Moscatelli.

Quando fu  paracadutato nella zona del Mottarone  cercò ,appena gli fu possibile, un contatto con Ferruccio Parri; lo ottenne  e gli diede l’incarico di organizzare il nucleo della Resistenza dell’Alta Italia consegnandogli, da parte degli Americani, anche  una  somma considerevole, necessaria per questa operazione

 

Si trattava quindi  di riprendere i contatti con i capi , per la creazione di una nuova formazione che  avesse  le finalità e le idee della VALTOCE.

Nella nostra zona agisce  intanto Giovanni Marcora “Albertino” che intende fondare un gruppo di Partigiani che abbiano una denominazione autonoma, a indirizzo cattolico.

Organizza così una prima riunione presso l’oratorio di Inveruno con l’aiuto di Don Piero Bonfanti., la notte di Natale del 1943.

La sua idea è quella di dare al nuovo gruppo la denominazione di ALTO MILANESE.

In una seconda riunione, dell’8 dicembre 1944, giorno dell’Immacolata, sempre ad Inveruno ad opera di Don Bonfanti, viene fondata la DIVISIONE ALTO MILANESE  “Alfredo Di Dio” in ricordo dell’eroico partigiano ucciso nell’ottobre dello stesso anno.

Con questo atto si ricompatta, in un certo senso, la VALTOCE, SOTTO LA NUOVA DENOMINAZIONE.

 

Mario Pigatto:

“La formazione Alto Milanese “Alfredo Di Dio” probabilmente si è costituita ad Inveruno ma la sua definitiva ed ufficiale consacrazione l’ebbe molto probabilmente a Busto Arsizio, dove risiedeva Don Ferdinando Mercalli, cappellano dell’Istituto La Provvidenza., ricercato attivamente dalla Brigate Nere per il suo impegno di antifascista.”

 

L’ALTO MILANESE –“ Alfredo di Dio” ora si pianifica, oltre che ad  essere una Brigata operativa in montagna, è un supporto logistico di informazione attraverso gli Oratori,i Parroci, le Organizzazioni cattoliche e procura alle  Brigate  partigiane notizie, armi, cibo e vestiario..

 

Questa Divisione si ramifica, come la Garibaldi, nei diversi Comuni dell’hinterland, creando una struttura di sostegno e di azione partigiana molto attiva.

Ancora  in  “Contributi dell’Istituto “LA PROVVIDENZA”  ivi  si legge a pag. 80 –81.

 

DIVISIONE ALTO MILANESE

 

            Raggruppamento “Alfredo di Dio”

                                   Comandante : Marvelli Adolfo – Busto Arsizio  

                                   Commissario : Luciano Vignati – Busto Arsizio

                                   Forza numerica : 4.583

                                           Zona di operazione :  Il Varesotto

 

Brigata Berra S.A.P.

Zona operazioni : Tradate

 

Brigata Carroccio S.A.P.

Zona operazioni : Legnano – Saronno

 

Brigata S.A.P. GIANI

Zona operazioni : Busto Arsizio

 

Brigata S.A.P. COSTANZIA

Zona operazioni : Castellanza, Olgiate Olona, Marnate, Gorla 

 

Brigata S.A.P. Lupi

Zona operazioni: Busto Arsizio

 

 

 

CHIERICHETTI GIANLUIGI in “Tesi di Laurea”  Recupero di documenti della partecipazione del Clero e Laicato Cattolico alla Storia dell’Alto Milanese tra il 1943 e il 1945” scrive:

“Dal punto di vista più specificatamente militare, durante il primi incontri a Inveruno e di Busto tra Marcora ,don Mercalli, Migliari ( si aggiunse poi ai tre principali organizzatori anche Rino Pacchetti, patriota della  prima ora e uomo di sicura affidabilità)… si tentò un primo bilancio delle forze disponibili” (pgg. 250 – 251).

 

Una delle azioni della Brigata ALTO MILANESE  nella nostra zona è ricordata da

 

Mario Colombo

 

  “ L’operazione riguardò i prigionieri sud-africani ( o neozelandesi, come chiarisce il dr. Belloni) che lavoravano per la tenuta Piantanida, nel territorio di Olgiate Olona.

            Questi prigionieri erano  stati portati in Italia  dopo la conquista della Libia da parte delle forse italo-tedesche; erano in pratica dei mercenari pagati dal Governo inglese e qui da noi furono impiegati in attività agricole.

            Dopo l’8 settembre questi uomini fuggirono dalla tenuta e si dispersero nelle campagne circostanti. Erano circa una decina e don Angelo Grossi, coadiutore a Solbiate Olona, ne parlò con Mons. Galimberti, prevosto di Busto, quale a suo volta ne parlò con Luciano Vignati dell’ ALTO MILANESE “Alfredo di Dio” il quale provvide a raccoglierli ed a farli espatriare in Svizzera.”

 

Dr “Pippo” Giuseppe Belloni. (impressioni di uno scolaro del tempo)

 

            “Proseguimmo la gita verso la Fattoria Piantanida che era stata trasformata in una sorta di colonia penale per un gruppo di prigionieri di guerra australiani o neozelandesi. Per quella fattoria servirsi del lavoro dei prigionieri era una tradizione di guerra: infatti durante la Prima Guerra Mondiale vi  erano stati trasferiti prigionieri cecoslovacchi tra i quali, si dice,  l’epidemia di “spagnola” del 1918 fece una vera strage e i morti furono sepolti in un piccolo cimitero nella brughiera tra Olgiate e Solbiate, cimitero detto “ ul cimiteri di Zechi. Dopo la guerra le salme vennero esumate e sull’area del cimitero sorse un condominio, negli anni sessanta.

            …..quando giungemmo nei pressi della fattoria scorgemmo quindi, intenti a dissodare  un pezzo di terra strappato alla brughiera, un gruppo di una decina di uomini sorvegliati da due militi armati di fucile; erano allampanati, indossavano delle divise cachi e portavano degli strani cappelli con una delle tese ripiegate verso l’alto.

            Scorgendoci  smisero di lavorare appoggiandosi agli attrezzi; uno di loro, con una faccia lunga che sembrava quella di un cavallo, levò una mano a salutarci e sorrise. Alcuni di noi  proruppero in grida di gioia contagiando il resto della brigata; era tutto un vociare ed un festoso agitar di braccia.

A questo punto la maestra disse una cosa sensata:” Basta gridare ,ragazzi, che sembra che abbiamo vinto la guerra”.

            Ci  zittimmo, guardammo ancora quegli strani esseri che chissà come erano arrivati a Olgiate dagli antipodi e poi ci fecero fare dietro front e ci ricondussero alla scuola”.

 

 

“Dopo l’8 settembre 1943 (…) sorsero quasi spontaneamente dei gruppi di attività e di combattimento nelle città e nelle campagne (….) come i GAP che vennero collegati con le formazioni della Garibaldi (…) sotto la direzione del C.L.N..

Un altro tipo di formazione erano le SAP. Le due formazioni avevano il compito di sabotaggio contro le vie di comunicazione, contro i centri di raccolta di armi e nel sostegno dell’azione di sciopero nelle fabbriche”.

 

I nomi alle diverse  Brigate (Costanzia, Ghioldi, Gasparotto ecc) vennero dati dopo il 25 aprile, contrariamente a quanto si pensa, in seguito ad una circolare del  COMITATO DI LIBERAZIONE ALTA ITALIA.

 

“ Tutte le formazioni partigiane cessano di dipendere organizzativamente dai vari Comandi differenziati (…) sono quindi  abolite tutte le dominazioni particolari in uso ( Giustizia e Libertà, Fiamme Verdi, Julia,Matteotti…..) e qualsiasi altra non prevista dalle presenti norme.

I Distaccamenti ed i Battaglioni di ogni Brigata  DEVONO PORTARE IL NOME DI UN CADUTO PER LA GUERRA DI LIBERAZIONE.”

Quindi i Partigiani, prima di quella data si muovevano, avendo  denominazioni che vennero abolite con questa circolare. Tranne la Garibaldi e l’Alto Milanese (che si era già aggiunta “Alfredo di Dio”.

Nella nostra zona , di conseguenza,   le Brigate si diedero  nomi riferiti a Partigiani uccisi, come la “Ghioldi”,  e la Costanzia”.

 

 

LA COSTANZIA

 

Questa Brigata prese il nome, dopo un’attenta ricerca di Mario Colombo, dal sottotenente GIUSEPPE COSTANZIA DI COSTIGLIOLE.

 

 

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METTERE     FOTO

 

 

 

 

 

“Nato a Torino il 22/8/1921 frequentò l’Accademia Militare di Artiglieria di Torino e si presentò volontario ad un reparto militare che apprestava la resistenza contro i tedeschi.

Fino al gennaio 1944 svolse attività clandestina di informazione alle dirette dipendenze del C.L.N..

Ricercato dalla polizia repubblicana dovette cercare scampo in Val d’Ossola, dove gli vennero affidati incarichi di organizzativi e di collegamento con Milano e Varese.

Il 17 aprile del 1944 fu catturato da un reparto della g.n.r. e rinchiuso nelle carceri di Novara.. da dove fuggì aiutato dal fratello e da amici.

Fu nuovamente arrestato perché in possesso di documenti falsi fu  imprigionato a Torino e condannato a morte; ma anche questa volta fu liberato dai Partigiani nel settembre del 1944.

Raggiunse allora la  “VI banda Catania” e prese il nome di “Corsi” in Val Chisone e ebbe modo di dimostrare, in ogni occasione, il suo coraggio ed il suo alto spirito patriottico.

Di ritorno da una perigliosa missione…..ebbe una gamba sfracellata. Trasportato all’ospedale di Giaveno, il 27 novembre del 1944, fra le braccia della madre angosciata egli spirava, dopo otto giorni di orribili sofferenze.

I  suoi primi compagni di lotta clandestina  NEL VARESOTTO, a ricordo del carissimo caduto hanno voluto intestare ed hanno intestato una loro  Brigata al Suo nome, la “Brigata GIUSEPPE COSTANZIA DI COSTIGLIOLE del Gruppo Alfredo di Dio – Divisione Alto Milanese”. (1)

 

1) Da “Stampa Sera” . del 19/4/44   e da “Gazzetta del Popolo” del 20/4/1944.

 

 

 

 

 

 

METTERE LETTERA AUTOGRAFA DEL COMANDANTE

 

 

 

 

 

 

Questa Brigata (con la Garibaldi) operò nella zona di Olgiate Olona e nei paesi limitrofi sia per quanto riguardò la carta filigranata,per documenti falsi, sottratta ai tedeschi sia in operazioni militari, come la sottrazione di armi ai tedeschi e la spedizione delle stesse nelle zone della Valsesia.

Partecipò anche all’assalto del Comando tedesco, che aveva sede nello stabilimento del Tognella, il giorno 26 aprile 1945.” (2)

 

2) da “Gorla Minore – Prospiano – La Divisione Alto Milanese LA BRIGATA COSTANZIA DI

COSTIGLIOLE – 1995” A cura di Colombo Mario e di De Minico Giuseppe.).

 

LA COSTANZIA

Questa Brigata radunava sotto il suo Comando l’ 8^ Compagnia di Castellana, la 18^ di Olgiate Olona, la 28^ di Marnate, la 38^ di Gorla Minore e la 48^ di Solbiate Olona.

I primi approcci per la sua costituzione risalgono al novembre 1943 e , pur aumentando  progressivamente, si potè contare su pochi elementi che limitavano la loro attività alla distribuzione di manifestini.

Ai primi di febbraio del 1944 il lavoro si intensificò anche perché il Comando del Raggruppamento “Alfredo di Dio” viene trasferito a Castellana.

 

Mario Cozzi “Pino”.:

 

            “ La Costanzia era un’organizzazione  partigiana che faceva capo all’Alto Milanese, quindi era di estrazione cattolica.

            Tramite i Prevosti ed i preti, che raccoglievano e trasmettevano informazioni, la Costanzia aveva un supporto enorme.

            A Busto infatti il Prevosto (mons. Galimberti) mandava in giro Luciano Vignati e fare propaganda sotto copertura di essere uno che insegnava la dottrina cattolica negli oratori e che poteva raccogliere informazioni da trasmettere ai Partigiani.

Inoltre il Vignati ed altri prendevano dei camoins e andavano negli stabilimenti a prendere la roba da spedire ai Partigiani in montagna. Come pure facevano con le armi sottratte al Comando tedesco e alla Caserma “Mara” sulla strada per Solbiate.”

 

Mario Colombo

           

            “ Ai partigiani della Valdossola giungevano le armi che provenivano dal magazzino presso la Filatura S.Antonio, quella del Tornella. Lì i partigiani della Costanzia e della Garibaldi provvedevano a rifornirsi di armi e munizioni, rischiando la vita.

 

La Costanzia poteva contare su diverse Compagnie operanti in zona:

8^   Compagnia di Castellana

18^ Compagnia di Olgiate Olona

28^ Compagnia di Marnate

38^ Compagnia di Gorla Minore

48^ Compagnia di Solbiate Olona

 

 

Ecco l’elenco degli olgiatesi aggregati alla Costanzia:

 

NOME                                                                      DATA DI PRESENTAZIONE

 

Ferioli Mario                                                             25/4245

Ferrario Angelo                                                         “  “

Ferrario Luigi                                                            ottobre 1944

Terrazzi Angelo                                                         maggio 1944

Favena Giuseppe                                                          “   “

Galli Ubaldo                                                             25/4/1944

Albè Luigi                                                                 maggio 1944

Lavezzari Pietro                                                       “    “

Muggiasca Isaia                                                           “   “

Martinol Pierino                                                        novembre 1944

Mona Eligio                                                              gennaio 1945

Rossi Francesco                                                        25/4/1945

Taglioretti Carlo                                                        “   “

Colombo Costanzo                                                   “   “

Pigozzi Francesco                                                     “   “

Corio Carlo                                                                “    “

Colombo Mario                                                          “    “

De Dionigi Giovanni                                                  “    “

Colombo Pietro                                                            “    “

Menzaghi Giuseppe                                                  “   “

Albè Nino                                                                    “   “

Gambini Cesarino                                                      “   “

Castiglioni Giuseppe                                                 febbraio 1945

Gedi Mario                                                                25/4/1945

Gedi Giannino                                                             “       “

Tosi Stefano                                                              “   “

Cerana Giuseppe                                                          “   “

Colombo Giovanni                                                    settembre 1944

Roveda Vittorio                                                        “     “

Bertani Enrico                                                           “    “

Colombo Domenico                                                     “     “

Ceriani Luigi                                                             “    “

Castiglioni Ambrogio                                                “    “       (1)

 

Dall’archivio privato di Mario Colombo Presidente dell’ A.N.P.I. di Gorla Minore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                   LA   COSTANZIA

 

Relazione fatta al CLNAI dopo il 25 aprile e che comprende la cronologia dei fatti avvenuti il 25 ed il 26 aprile 1945.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

FOTO RELAZIONE   (mio libro)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                    IL   C.L.N.   A   OLGIATE OLONA

 

Dopo l’8 settembre la situazione di caos che si era venuta a creare aveva avuto  come risultato uno stato di indecisione e di paura. Nessuno sapeva più come agire, mancava un punto di riferimento e gli “sbandati” cercavano  un  modo   per  aggregarsi, una strada da seguire in questa realtà nuova.

Il Comando Supremo dell’Esercito , in data 10 settembre 1943, emana il decreto che annuncia :” Le forze armate italiane non esistono più”.

   Più che un annuncio è una minaccia e la Germania agisce di conseguenza: nelle caserme vengono consegnati tutti i militari in servizio ed in licenza che poi vengono scortati fino alle stazioni ferroviarie per essere spediti sui vagoni piombati nei campi di concentramento nazisti dai quali molti non torneranno più.

Molti però si rifiutano di rientrare nelle caserme e scelgono la via della fuga pur di non arrendersi ai tedeschi.

Alcuni si rifugiano da parenti ed amici, molti invece prendono la via delle montagna per unirsi alla Brigate che vi operano.(1)

 

1) Da un ciclostilato della Rivista “Gli anni gloriosi”. Anonimo di Novara.

 

In montagna c’era la Brigata Garibaldi e la Brigata Alto Milanese –“Alfredo Di Dio”. Queste due formazioni, ormai  strutturate e capaci di azioni autonome, divennero punti di riferimento per i Comitati di Liberazione che incominciavano a nascere qui da noi.

 

Nella nostra zona l’indecisione si coagulava in gruppuscoli di renitenti e di antifascisti ai quali però veniva meno una figura carismatica capace di  organizzare qualcosa di concreto.

 

Mario Cozzi “Pino”

 

               Io dovevo organizzare i Partigiani di Busto ,  Olgiate, Marnate, Fagnano, Solbiate…. ed ebbi l’incarico da un Comandante del CLN di Milano che mi indicò un certo Menzaghi che abitava vicino al Circolo Verdi       .

Presi l’impegno di riunire i militari sbandati mettendomi d’accordo con Giuseppe Menzaghi che riuniva gruppuscoli di sbandati, io andavo l’, tenevo le riunioni e poi  li affidavo a lui come responsabile politico per le diverse azioni da compiere.

 

Giuseppe Menzaghi

 

   Quando ero sbandato a casa, ho saputo che c’era un certo Capitano Cozzi di Busto che era partigiano; gli sono stato presentato tramite un amico, il Giannino Viganò “Tullio” che era partigiano  e che ora abita a Castellana e gestisce la mensa dell’ANPI di Busto

 

Mario Colombo       

 

Un giorno venne ad  Olgiate Mario Cozzi “Pino” per un incontro con i partigiani  ma  una squadra di fascisti sono venuti lì per arrestarlo mentre era dal Domenico Colombo nell’osteria di Piazzaletto Patrioti. Il Cozzi è però riuscito a scappare, ha saltato una cinta ed è entrato nel giardino del dott.Fraenza.

 

Mario Cozzi “Pino”

 

                           Era il mese di febbraio 1944 ed  avevo fatto una riunione con i Comandanti del Distaccamento dei Partigiani di Legnano.

   Terminata la riunione mi incammino  verso Gorla Minore, per strade laterali dato che c’era il coprifuoco ed era proibito andare in bicicletta, ed arrivo dal Domenco Colombo.

   Vado a dormire ma mentre cerco di prendere sonno vengo svegliato da un grande frastuono:sono i  tedeschi che mi vengono a cercare; allora salto giù da una finestra posteriore, attraverso il cortiletto, scavalco un basso muro e mi arrampico su un muro; c’è un’apertura rotonda ed entro lì passandovi tutta la notte. Il mattino scappai verso Solbiate.

   In seguito venni a sapere che il mio rifugio era stata la casa del dott. Fraenza.                                     

 

 

Testimonianze tratte da “ Olgiate Olona e la Resistenza “di Natale Spagnoli –Edizione a cura dell’Amministrazione Comunale – anno 1985.

 

       Angelo Borsetta

 

Dopo l’8 settembre non c’era nulla di veramente organizzato; c’era un gruppo di pattigiani di Fagnano e di Solbiate che si riunivano al cimitero dei “tzechi-sluachi” ( dei cecoslovacchi). Noi facevamo parte di un gruppo di partigiani ma senza essere organizzati e inquadrati in qualche formazione ufficiale.

Una delle prime riunioni fatte per trovare un’intesa fu tra socialisti e comunisti.

C’eravamo io, Macchi, Morelli ed una signorina di cui non ricordo il nome, che abitava in piazza e che aveva combinato quella riunione segreta.

Ci siamo riuniti in un granaio nel cortile di piazza S.Stefano perché non si poteva andare in un luogo pubblico; la riunione non era completa perché mancavano i democristiani.

In questo cortile aveva abitato anche Dante Segatto.

 

 

 

 

 

 

      

                                          F O T O      C O R T I L E

 

 

 

 

 

 

 

 

Era notte e la signorina mi accompagna nel cortile, sotto un portico ci sono tutti i carri agricoli e saliamo per una scaletta (oggi non c’è più) arrivando ad un granaio.

Lì abbiamo discusso e abbiamo stabilito le precauzioni da prendere.

Un giorno dalla Federazione di  Varese è venuto un certo Tanzini ( nome di battaglia “Manara”) che ci disse di cercare un accordo con i cattolici affinché il C.L.N. fosse completo di tutte le forze politiche.

Noi sapevamo che il maggior rappresentante dei cattolici era Carlo Ferrari e ,per poterlo contattare, gli telefonai dallo stabilimento del Tornella, dove ero impiegato, e gli dissi che avevamo bisogno di riparare delle serrature. Glieli portai e lui dopo venne a consegnarcele.Approfittai dell’occasioone per chiedergli, in modo velato, se stava organizzando qualcosa.Egli allora mi propose di andare in casa sua, una sera,per discutere della cosa.

 

                   Carlo Ferrari

 

I socialisti non avevano una sede vera e propria per riunirsi; io avevo avuto l’ordine dal Comando di cercare i partiti  con cui fare un Comitato; in quel momento io ero   Commissario politico.

Molti mi hanno detto di no, altri invece hanno aderito.

Ho trovato Angelo Borsetta e Ruggero Macchi (socialisti) e Morelli (comunista).

 

       Angelo Borsetta

 

Infatti una sera ci trovammo a casa sua, io, Macchi,e morelli; Favena era presente come guardia del corpo perché comandava un gruppo di partigiani cattolici e quindi era lì come sicurezza. Quella sera  NACQUE IL C.L.N. OLGIATESE nella casa del Ferrari.

I componenti erano

– Ruggero Macchi                              socialista Presidente

–  Carlo Ferrari                                   democristiano, Commissario politico

–  Angelo Borsetta                             membro socialista

– Nino Morelli                                    membro  comunista.

 

 

            Carlo Ferrari

 

Quando dovevamo fare delle riunioni io avvisavo gli interessati che erano tutti giovani e ognuno portava le sue osservazioni. Le riunioni si tenevano in casa mia , in piazza S. Gregorio. (1)

 

1)N. Spagnoli . “Olgiate Olona e la Resistenza” ( 8 settembre 1943 – 25 aprile 1945” ) pg. 2

 

 

 

 

RIFORNIMENTO AI PARTIGIANI

 

ARMI SABOTAGGI:

 

L’impegno delle diverse compagnie operanti nel nostro territorio,oltre che tenere in scacco i nazi-fascisti, era anche quello di rifornire di armi,viveri e quant’altro i partigiani che operavano in montagna.

La fornitura di armi aveva la precedenza assoluta.

 

 

GIANCARLO COLOMBO:

 

Molte armi erano erano fatte pervenire ai partigiani della Val D’Ossola .

Dette armi erano,in parte,pagati ad alcuni soldati tedeschi contrari a Hitler,di stanza al campo

(l’attuale caserma Ugo Mara)i quali le facevano passare di nascosto sotto le reti di recinzione .

Il destinatario di tutto era il Giannino Vigano, dato che abitava in una casa che confinava con il deposito militare ,per cui gli era più facile familiarizzare con i militarie poter avere da loro un aiuto clandestino.Il nome di battaglia del vigano era “Tullio”.

 

 

 

 

 

 

 

COZZI MARIO   “PINO”:

 

Il Viganò Giannino,”Tullio”, aveva l’incombenza di portare a Busto in albergo,alla sera,gli ufficiali della caserma di Solbiate e li riportava indietro al mattino.

I partigiani avevano fatto sapere alle sentinelle della caserma,che nei paesi vi erano ragazze disponibili a tener loro compagnia nei bar,se avessero però allentato la sorveglianza sul deposito di armi della caserma stessa.

Cosa che avveniva,per cui ci furono furti di armi che poi venivano inviate nelle zone di montagna .

Naturalmente i tedeschi trovavano alcune ragazze “facili”erano tre o quattro ,che tenevano loro compagnia,quelle dei dintorni non si prestavano certo al gioco.

Quindi i partigiani portavano fuori armi e munizioni dalla Caserma ,operazione alla quale io non partecipavo;io però andavo lì,prendevo le armi e le mettevo in un cascinale,in un casa di campagna.

Era la casa del Colombo Domenico,che aveva una rivendita di vini,nel piazzaletto Patrioti di Olgiate.

Io mi sono occupato del deposito di armi vicino all’ospedale,corso Italia n°1,perché in un colpo solo mi sono impossessato di cinquanta fucili ed una mitragliatrice e ho portato le armi qui a Borsano,via Francesco Crispi 33 ,e le messe in una cisterna asciutta,che nessuno conosceva .

Erano armiche dovevano raggiungere i partigiani in montagna .

Poi le dovemmo spostare a Dairago perché qualcuno fece la spia.I fascisti le sequestrarono e misero un taglia sul mio capo.

Da quel momento dovetti lasciare Bustoper andare in montagna con i partigiani della Val Sesia .

 

 

CARLO FERRARI:

 

Le armi le avevo perché arrivavano delle soffiate che mi indicavano dove c’erano armi da ritirare

E io la portavo a casa e le nascondevo in cantina sotto la legna e il carbone.

Alla mattina presto un Sacerdote di Legnano, in gambissima, veniva con una macchina,di cui io avevo progettato il motore a legna e che si chiamava “Fergan”, caricava tutto il materiale che potevo recuperare: bombe, mica bombe, fucili…..e portava tutto a San Lorenzo di Bognanco dove c’era la divisione alto milanese.

 

PINO COZZI

 

Per rifornire di viveri i partigiani in montagna, un giorno siamo andati con un camion al Gerbone, dove c’era un negozio che aveva anche un magazzino di viveri e mentre facevamo questa operazione, abbiamo ordinato ai proprietari di non muoversi da lì, finchè non fosse terminata l’operazione.

Naturalmente erano spaventati, ma noi non abbiamo fatto del male a nessuno.

La testimonianza corrisponde alla denuncia fatta dal Rag. Capozza, allora Segretario Comunale a Olgiate Olona.

 

 

 

 

 

 

 

Olgiate Olona 23/8/1944 XXII°

 

 AL CAPO DELLA PROVINCIA DI BARESE

 

Vi riferisco quanto mi ha raccontato il Segretario Comunale di qui, Sig.Giovanni Capozza: ieri sera, verso le ore 19.00, essendo egli in compagnia delle due bambine, di passaggio per la via Gerbone per recarsi a Busto Arsizio per l’acquisto di libri, ha pensato di fermarsi un  momento dal Sig. Tosi Battista (negoziante all’ingrosso di generi alimentari), allo scopo di chiedergli informazioni sulla scuola Media di Busto Arsizio, che viene frequentata dai figli del Tosi e dove il Capozza intenderebbe riscrivere le figlie.

Se non che mentre il Capozza si accingeva a spingere la porta socchiusa, un uomo, che evidentemente era a guardia, ha pregato lui e le bambine di deporre le biciclette nel cortile e di entrare nel magazzino.

……..Qui erano radunate la famiglia Tosi e alcuni dipendenti, mentre un gruppo di uomini mascherati, asportava dal magazzino per caricarle su un camion, generi alimentari, mentre tre sorvegliavano le porte.

Compiuto il carico, gli ignoti si qualificarono come agenti della forza pubblica, tagliarono il filo del telefono, costrinsero i presenti a scendere in cantina diffidandoli a non risalire se non dietro loro ordine.

………..Anche altre tre persone, due delle quali erano andate dal tosi per il prelievo di generi alimentari contingentati, ed un meccanico andato nel magazzino per un lavoro richiesto dal Tosi, subirono la stessa sorte.

 

IL COMMISSARIO PREFETTIZIO

(Dr.Ing.Egidio Frattarelli)

 

 

 

DOCUMENTI FALSI

 

La fabbricazione di documenti falsi si rese più impellente e pericolosa dopo l’8 settembre, quando gli “sbandati” , i renitenti alla leva, i partigiani si trovarono allo scoperto ed avevano bisogno di copertura e quindi di nuove identità.

Ma il problema si era presentato già in precedenza ed il Ministero competente era stato costretto ad emanare ordinanze significative di uno stato di allerta.

PREFETTO DELLA PROVINCIA di VARESE

Circ. n. 3902

Varese 25 agosto 1943

“Constata la necessità di disciplinare l’uso di timbri e bolli recanti indicazioni di Comandi Militari, Uffici Pubblici ed Enti vari;

ORDINA

1 – Sono vietate la fabbricazione e la vendita di timbri e bolli intestati a Comandi Militari e ad Enti Pubblici, nonché la stampa di carte aventi le dette intestazioni, senza formale ordinazione scritta dei Comandi o Enti interessati, della quale i fabbricanti e i venditori dovranno accertare l’autenticità:

OMISSIS

L’autorità di P.S. ed i Comandi dell’Arma del CC.RR. sono incaricati dell’esecuzione della presente ordinanza.

Le infrazioni saranno perseguite ai sensi dell’art.650 del C.P.

Il Prefetto

(G.B. Laura)

 

Mario Colombo

 

            Mio fratello Giancarlo, quando venne a casa dopo l’8 settembre, siccome era un momento di transizione, di incertezza, andò a Novara dove aveva lavorato come impiegato. Il direttore era un mio cugino  che lo fece risultare come impiegato e gli fece ottenere un documento falso “ bilingue” (italiano e tedesco) con  il quale poteva circolare senza rischi.

            Risultava quindi “ esonerato dal servizio militare” in quanto impiegato “indispensabile” alla gestione dell’ Istituto di Credito.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

FOTO DEL DOCUMENTO FALSO

 

 

 

 

 

Il possesso di un documento era un lasciapassare per quanti lavoravano di notte ma serviva anche come copertura per il trasporto di armi e munizioni, per incontrarsi e impostare strategie di sabotaggio o  di guerriglia.

Quando i tedeschi hanno capito che i documenti falsi si potevano fare imitando firme e timbri, hanno iniziato a fare documenti su carta filigranata, che aveva  il suo punto di raccolta e di distribuzione  nel magazzino del Tornella, in Valle.

L’”Alfredo di  Dio”, tramite Luciano Vignati di Busto, ha rubato questa carta filigranata e così mio fratello Giancarlo ha potuto fare documenti falsi che sembravano autentici.

 

Giancarlo Colombo

 

            Io  di documenti falsi ne feci una trentina ma era una cosa pericolosa e molto delicata.

Alla Z.A.T. nella Villa Restelli c’erano degli impiegati civili e militari che avevano documenti veri per spostarsi e circolare liberamente. Un giorno una pattuglia tedesca, dopo il coprifuoco, fermò un sottufficiale civile a Marnate che disse di essere in servizio alla Z.A.T. Gli presero i documenti, per controllarli, ed il Comandante confermò che il sottufficiale era in realtà un dipendente del Comando stesso.

            Il documento era dattiloscritto e portava anche la firma del Comandante. Io trovai quel documento e così potevo imitare la firma del Comandante.

Ma mi occorreva anche il timbro tedesco, timbro molto temuto e rispettato dai tedeschi e dalla Milizia.

            Io frequentavo il Bar Ganna e spesso ci veniva Franca Ganna che era segretaria del Comandante tedesco.

Una sera le feci vedere il cartoncino pieghevole per un documento falso; da una parte aveva la dicitura in italiano e dall’altra c’era la dicitura in tedesco.

 

 

 

 

 

 

FOTOCOPIA mio libro

 

 

 

 

 

 

 

Le chiesi se poteva farmi avere anche il timbro del Comando Aeronautico; all’inizio si mostrò molto titubante ma poi mi mise il timbro sul cartoncino.

Allora sono andato a Busto dal Meschieri che faceva timbri e che vendeva armi e munizioni. Io lo conoscevo bene perché andavo a caccia con lui; data questa amicizia gli chiesi di farmi un timbro uguale a quello che gli avevo portato; anche lui era molto indeciso ma poi me lo fece.

Adesso avevo tutto: la macchina da scrivere dell’Ufficio (ero impiegato al Comando), la carta, la firma ed il timbro autentici; era impossibile distinguere i documenti falsi da quelli veri.

 

Avevo fatto documenti falsi anche per Colombo Arcangelo e per Vignati Elivio.

 

 

 

 

 

foto

 

Erano della classe 1923 e un giorno furono arrestati presso Castano e tradotti al Comando tedesco, posto giù in Valle, per l’identificazione, dato che erano stati segnalati come soggetti che appoggiavano il movimento della Resistenza. Dopo il controllo dei documenti, che risultarono autentici mentre in realtà io li avevo abilmente falsificati, stavano per essere rilasciati quando la Segretaria del Comandante entrò ed ingenuamente  salutò col vero nome  uno degli arrestati, perché lo conosceva bene, mentre sul documento ne risultava un altro. A quel punto furono presi e torturati  sul posto poi furono trasferiti a Milano dove furono torturati ancora dal famigerato

^ Battaglione Azzurro ma non dissero mai da chi avevano avuto i documenti falsi. Se l’avessero fatto, per me sarebbe stata la fine.

Furono condannati a morte a Milano ma furono tempestivamente liberati il 25 aprile 1945 dai Partigiani che operavano a Milano.

 

Giampiero Galli

            Arcangelo ed Elivio furono salvati ma le torture e le sevizie subite pregiudicarono la loro vita perché è vero che tornarono liberi ma rimasero profondamente scossi nel fisico e nel morale.

            In conseguenza di quella drammatica vicenda  possiamo dire che la loro morte fu prematura.

Vignati Elivio, classe 1923, morì nel 1952 all’età di 29 anni.

Colombo Arcangelo, classe 1923, morì nel 1976 all’età di 53 anni.

 

Mario Colombo

 

            Nella Villa Restelli c’erano divise per ogni grado militare e  mio fratello faceva documenti falsi fornendo anche la divisa adatta.

            Mi ricordo il fatto del Casanova che fu salvato da mio fratello e di cui nessuno ha mai parlato.

            Una sera mio fratello, c’era il coprifuoco, è nella zona del Circolo Verdi e trova la Decima Mas che sta facendo un sopralluogo; lo fermano, controllano il documento, perfettamente falsificato, e lo lasciano andare dicendo che sono  lì per arrestare il Casanova. Mio fratello si offre di accompagnarli alla casa del ricercato, la casa è lì vicina, suggerendo loro una strategia: dovevano restare davanti alla casa mentre lui sarebbe passato da dietro per prenderlo. Invece lui va nella parte posteriore, butta dei sassi contro la finestra, il Casanova scende e scappa.

            Il giorno dopo il Lisetto Casanova viene da mio padre e gli porta un gallo come ringraziamento.

Anche Giannino Galbersanini è stato aiutato da Giancarlo perché gli aveva fatto una tessera falsificata per ritirare la Decade in Comune, come se fosse un militare. Da quella tessera risultava che era uscito dall’ospedale di Baggio, e questo era vero, e che quindi era a casa come convalescente mentre in realtà era un renitente alla leva.

 

Giancarlo Colombo

 

            I miei documenti falsificati risultarono provvidenziali  anche in un’altra occasione.

Una sera eravamo lì al bar Ganna e c’era una Rivista a Legnano;decidemmo di andarci e prendemmo la bicicletta: io, Borra Mario, Cerini Nino, detto Ninetto e un altro.

            Al ritorno veniamo fermati dalla Milizia a Castellana, ci puntano il mitra ma noi facemmo vedere loro i biglietti dello spettacolo e aggiunsi che avevo un permesso che fungeva  da lasciapassare, visto che c’era il coprifuoco; feci vedere il cartoncino pieghevole, falsificato, dove c’era scritto:” L’aviere Giancarlo Colombo, nostro portaordini, è autorizzato a viaggiare in divisa, in borghese e armato”. Accanto c’era la traduzione in tedesco con il timbro del Comando.Quando hanno visto il timbro e la firma, si scusarono e dissero che avevano ucciso il Segretario Politico di Rescaldina e quindi stavano facendo dei posti di blocco.

 

            A Olgiate feci un documento falso ad un signore che venne da me e mi disse che voleva andare a trovare suo fratello che era militare in un paese del Piemonte ma c’era il coprifuoco.Gli feci un lasciapassare come aviere e gli falsificai anche il foglio di via per il viaggio in treno.          

 

 

 

.

 

 

                                                      SABOTAGGI:

 

 

In un documento che doveva preparare lo sciopero del 10 febbraio 1944,e fatto pervenire clandestinamente al CLNAI(Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia)si diceva testualmente…..”perché si ponga termine al saccheggio del Paese da parte degli occupantiTedeschi e dei loro servi fascisti,si impedisca il trasporto in Germania delle installazioni industriali Italiane ,delle nostre scarse materie prime e delle maestranze più qualificate e perché si ottenga la soppressione delle industrie di guerra di Hitler onde evitare bombardamenti aerei….”

 

Tratto da “donne per la Libertà”a cura di Annalisa Castiglioni,Rossella Formenti Daniele Mantegazza.Note storiche a cura di Annalisa Castiglioni e Mario Colombo.

 

                                          I CILINDRI DI RAME DEL BUSTESE

 

Angelo Borsetta

 

“Nello stabilimento del Tognella c’erano molti cilindri di rame custoditi in un locale e che nessuno aveva mai visto;allora con alcuni operai abbiamo deciso di nasconderli dato il loro prezzo e la loro importanza .Il rame era prezioso e guai se fossero andati in mano ai Tedeschi.

Abbiamo usato una vasca per la nafta,che era vuota ,abbiamo messo sul fondo della sabbia,abbiamo deposto dei cilindri e li abbiamo coperti.

Tutto questo lavoro si faceva di sera tardi e di notte;alcuni operai ci aiutarono.Andavano a casa a mangiare e poi tornavano col buio,erano in due o tre.

I cilindri di rame pesavano 120Kg quando erano nuovi ,dopo usati ne pesavano solo Kg80.

Ne avevamo circa (tremilatrecento)con un peso medio di circa 100Kg ciascuno.Un patrimonio!

Una volta riempita la vasca l’abbiamo sigillata.

C’erano ancora altri cilindri,rotoli di cinghie,di cuoio di pezze…..abbiamo stipato tutto in una campata dello stabilimento e abbiamo tirato su un muro.

Il Palenga ci nascose anche la sua moto,che era una cosa rara a quel tempo,ma tanto non c’era nemmeno benzina…..

Nascondemmo lì anche un’automobile e pezzi di ricambio dei telai.

Ma un giorno si presenta uno sconosciuto ,un fascista,che dice di sapere per certo che nello stabilimento sono nascosti dei cilindri di rame.

Si mise ad urlare e a fare il prepotente,ordinando di tirar fuori i cilindri nascosti.

Qualcuno aveva fatto la spia!

Intimoriti gli operai hanno abbattuto un pezzo di muro e sono apparsi…… i cilindri.

Ma nella cisterna non hanno guardato,perché non lo sapeva.

Il direttore dello stabilimento ,il sig.Ratti,discusse animatamente con quel tizio che insisteva.

Alla sera tutto fu lasciato così come era e quello se ne andò dicendo che sarebbe tornato all’indomani.Alla mattina seguente ci recammo allo stabilimento molto presto,prendiamo delle cinghi,due colli di materiale,e portiamo tutto in magazzeno.

Verso le 10.30 torna il fascista del giorno prima con un ufficiale;vuole trovare un colpevole e mi arresta,conducendomi nell’ufficio del direttore sig Ratti.

Tutto lo stabilimento entra in subbuglio e succede un pandemonio.

Intanto qualcuno telefona a Busto chiedendo che cosa si può fare.Il Tognella manda sua figlia che parlava Tedesco,dicendo di dare pure tutto quello che vogliono ma di lasciarmi andare.

Il capitano intanto mi disse :Voi rischiate la vita per salvare la roba del padrone,il quale resterà sempre vostro padrone.

Io però non potevo rispondergli che lo facevo per un’ideale di Libertà.

Dopo il colloquio con la figlia del Tornella con l’ufficiale Tedesco,il Capitano Straub,mi hanno lasciato andare.

 

 

                                                  E I VAGONI  RITORNANO  VUOTI:

 

Angelo Borsetta

 

“Alla stazioncina di Prospiano arrivavano vagoni carichi di materiale per lo stabilimento ma per ordine del Comando Tedesco,dovevano tornare a Milano immediatamente , una volta vuoti, perchè il materiale rotabile era poco e ridotto in misere condizioni.

Allo stabilimento era stato dato l’ ordine di caricare sui vagoni vuoti i cilindri di rame che erano stati scoperti.Naturalmente noi non volevamo che ciò avvenisse e quindi,una volta scaricati i vagoni,il Capo Stazione non permetteva,d’accordo con noi che i vagoni sostassero e li spediva subito indietro vuoti.Il gioco ci riuscì per qualche tempo ma alla fine,su richiesta precisa del Comando Tedesco ,

con i suoi ufficiali che erano lì vicino controllarono le operazioni,dovemmo deciderci di consegnare i cilindri e ne caricammo un vagone;per fortuna erano pochi

 

 

 

 

 

 

Foto stazione di Prospiano

 

 

 

 

                                           CHIODI SQUARCIA GOMME.

Mario Colombo

 

Carlo Ferrari Comandante della Brigata Costanzia,faceva fabbricare gli squarciagomme nella sua ditta in Piazza S: Gregorio a Olgiate.

Quelli che venivano fabbricati alla Franco Tosi di Legnano e in qualche altra ditta di Busto,naturalmente di nascosto o durante le ore di pausa,erano saldati tra loro e quindi era difficile trasportarne tanti perchè erano voluminosi.Quelli invece fabbricati dal Ferrari erano due triangoli

e si potevano assemblare senza saldatura al momento dell’uso, ed erano anche di facile trasporto,e si poteva anche metterne una certa quantità in tasca.

 

Giancarlo Colombo

 

Un giorno al Circolo Verdi c’era un certo “Pino”e il Villorè….ero lì,mi si avvicina e mi da un pacchetto…era roba per bucare le gomme…..sono andato a casa e ho visto che roba era.Poi me ne hanno portati altri a casa,erano circa una ventina.Ma io non sapevo dove buttarli per strada non si era sicuri che passavano i Tedeschi e andare lungo le strade era pericoloso.

Operai ingegnosi costruirono nelle fabbriche i famosi squarciagomme nei ritagli di tempo di nascosto,strumenti indispensabili per rallentare l’avanzata delle colonne tedesche.Essi si dedicavano a questa attività senza tema di essere scoperti o denunciati.

Prima del coprifuoco,uscivamo dal Circolo Giuseppe Verdi passavamo dalla stradina vicino al Merelli e buttavamo giù sull’autostrada quei chiodi lì….chiodi a tre punte.

Dopo ci hanno sconsigliato di farlo,ed eravamo d’accordo fra di noi,perché l’avevamo fatto tre volte sempre allo stesso posto, rischiavamo di essere scoperti e denunciati.

Con chiodi squarciagomme abbiamo creato un sacco di guai ai Tedeschi i quali una volta,dopoche li abbiamo attaccati anche con bombe a mano lanciate sull’autostrada,sono entrati nel Circolo,Verdi minacciando i presenti di rappresaglia ,dato che il Circolo era vicino al luogo dell’attacco ed era conosciuto come ambiente frequentato da partigiani e antifascisti.

 

Giuseppe Menzaghi

“Abbiamo fatto qualche cosa noi di dispetto lì all’autostrada buttando giù delle stellette di lamiera,che si incastravano nelle gomme che scoppiavano,per fermare le autocolonne tedesche.

 

 

Ambrogio Castiglioni Una volta con me c’era mio cognato Bianchi abbiamo staccato tutti i fili telefonici che collegavano la Villa Restelli con il Comando Tedesco giù dal Tornella .

Un giorno assieme al Battista Colombo abbiamo messo una bomba ad orologeria ad un palo i cemento di un’industria della zona e l’abbiamo fatto saltare.

Il fatto è convalidato da Carlo Ferrari,nella relazione al Comando Alto Divisione Alto Milanese “Atto di sabotaggio contro un palo di sostegno della linea elettrica dell’alta tensione nei pressi di Castellanza,provocandone l’interruzione per tre giorni.

 

 

 

                                    LA BEFFA DELLA SEGNALETICA STRADALE:

   

Lo stralcio della relazione ,datata 10/06/1945,inviata al Comando Divisione Alto Milanese dal Comandante della 18^ Compagnia Carlo Ferrari,relaziona sulle operazioni di guerriglia partigiana nella zona di Olgiate Olona.

Uno degli argomenti è quello della segnaletica stradale che veniva manomessa allo scopo di far deviare in altre direzioni gli automezzi tedeschi che collegavano la zona dell’Alta Lombardia con il magazzeno Tedesco che occupava una parte dello stabilimento del Tognella.

La nota infatti dice:”Distruzione ed esportazione di cartelli indicatori Germanici dall’inizio del mese di settembre 1943”

.

Angelo Borsetta ”Abbiamo fatto anche altri sabotaggi.

Il magazzeno nello stabilimento del Tognella veniva rifornito dai camions Tedeschi che provenivano da Busto o da altri luoghi .

I partigiani di  notte spostavano le frecce direzionali che indicavano il percorso e quindi i conducenti ,che non conoscevano la zona sbagliavano strada e si trovavano in tutt’altro posto.

Allora i tedeschi facevano scolpire le frecce sui muri cosicché resero vani questi tipi di sabotaggi.

 

 

 Carlo Ferrari

“Il mio gruppo di partigiani non c’entrava con le frecce perché il nostro pensiero era che non si poteva mettere a repentaglio tutto il paese ,per uno scherzo ,che era divertente ma anche pericolosissimo se i tedeschi avessero fatto una rappresaglia.

C’era il rischio di far ammazzare gente come in Emilia,o fare bruciare il paese;e noi non eravamo d’accordo.DOPO quel fatto lì i Tedeschi hanno messo fuori i manifesti che minacciando rappresaglie se si fosse ripetuto:si parlava di impiccagione.”

 

 

 

Rag.Giovanni Capozza

(Segretario Comunale in quegli anni)

 

“Dopo il fatto della manomissione delle frecce,direzionali, io fui convocato a Legnano dal Comando Tedesco.

Con me c’erano altri due segretari di altri Comuni.

Un Maggiore gridava parole incomprensibili che un interprete traduceva:l’ordine era di di reclutare vecchi validi che nella notte rimettessero le frecce nelle giuste direzioni.

Naturalmente io mi   preoccupavo perché non sapevo chi reclutare né come fare.

Allora mi rivolsi ad un interprete Tedesco che era nel magazzeno della tessitura;si chiamava

Hoffer era un sacerdote,(io non lo sapevo)che mentre studiava a Roma era stato chiamato sotto le armi .Parlò con i superiori e mi tranquillizzò dicendomi che l’ operazione di ripristino era compito di Castellanza perché le frecce spostate erano nel suo territorio.”

 

 

IL Comando Militare Germanico,con sede a Sacconago,nella villa Calcaterra,esige la massma attenzione al problema per cui da Olgiate Olona,il comune maggiormente responsabile del fatto,partono lettere del Podestà a chiarimento della situazione,e anche a scanso di ritorsioni già minacciate dal Comando stesso

 

 

                                                       

 

               

               

 

Lettera del Podestà al

AL COMANDO MILITARE GERMANICO

 

                           Data :18/11/1943        SACCONAGO DI BUSTO ARSIZIO

 

Informo di aver fatto applicare le richieste sei nuove frecce direzionali sull’autostrada ed al bivio tra questa ed il territorio di Busto Arsizio,ed assicuro che,qualora si verificasse qualche guasto,provvederò subito a farle rimettere nel pristino stato.

                                                                                 Il Podestà

                                                                          (firma con la sigla)

 

N.b. Avverto che la prima freccia posta sul vertice del bivio che da Busto porta all’autostrada

È in territorio di Busto Arsizio,la sua conservazione andrà,quindi ,curata da quel comune.

 

In data  22/11/1943,un ORDINE DI SERVIZIO giunge al

                                       Sig. Mochetti Pietro Messo Comunale di Olgiate Olona

 

Vi ordino di curare sotto la vostra responsabilità,che le frecce indicative apposte per ordine del comando militare Germanico,sull’ autostrada in prossimità di Busto Arsizio,al bivio autostrada

=Busto Arsizio e sulla strada di questo comune,restino tali quali furono applicate e comunque,

riferirmi immediatamente qualsiasi variazione venisse a verificarsi.

Firmerete copia della presente,in segno di assicurazione i esatto adempimento.

                                                                                              Il Podestà

                                                                                     (firma con sigla)

 

 

Data 26/11/1943 XXII°

OGGETTO:Frecce direzionali apposte per Ordine Militare Germanico.

 

COMANDO MILITARE GERMANICO

                                                                          SACCONAGO DI BUSTO ARSIZIO

                                                        e p.c.            COMMISSARIO PREFETTIZIO         

                                                             di                  BUSTO ARSIZIO

 

 

Informo che,da accertamenti eseguiti in collaborazione dell’ufficio Tecnico Comunale di

Busto Arsizio,è risultato che anche la seconda freccia di direzione posta sulla strada che da

Busto Arsizio porta all’autostrada,è(come la prima)in territorio di quel Comune.

Pertanto la vigilanza per la sua conservazione (come la prima)sarà esercitata da Comune di

Busto Arsizio.

 

SEGNALETICA.

 

Il grande movimento di camions che nel periodo 1943-45 arrivavano ad Olgiate o che

Partivano per le diverse destinazioni allo scopo di rifornire i vari comandi tedeschi

Dell’Alta Italia di armi,munizioni,viveri,vestiario ecc…aveva compromesso seriamente l’assetto viario del paese.

Dopo la guerra si dovette stanziare una somma congruente per il ripristino regolare della viabilità stessa con delibera del Consiglio Comunale datata il 24/5/1946

 

 

IL CONSIGLIO COMUNALE

 

Ritenuta la necessità di provvedere per la sistemazione della strada Comunale che raccorda

Olgiate Olona con la vicina ed industriosa città di Busto Arsizio,perché la detta strada ,oltre che difettosamente costruita,fu gravemente danneggiata dal traffico intensissimo di questi ultimi anni,

causato maggiormente dalla presenza,nei locali magazzini dellaS.A.Filatura di S.Antonio,dal deposito della Vermacht, che servivano ai rifornimenti di tutti i reparti tedeschi dislocati in Alta Italia.Specie dopo la soppressione del funzionamento della Ferrovia della Valle Olona mediante la quale prima venivano trasportati molti materiali dai magazzini Tedeschi.

Visto il progetto per l’esecuzione dei lavori occorrenti,redatto per incarico di questo Comune dai Sigg Geometri Nino Morelli e Sergio Galli,che prevede la spesa di £4.900.000.

Ritenuto che il detto progetto corrisponde alle esigenze dell’attuale stato della strada ed all’intendimento che si propone questa Amministrazione,e cieè ,oltre che la sistemazione della strada,pur indispensabile,il sollievo della disoccupazione operaia,mediante l’impiego dei disoccupati in detti lavori.

 

Approvato con voto unanime espresso per appello nominale.

 

 

 

 

 

 

                                   RIFORNIMENTO DI ARMI

 

            Giancarlo Colombo

            Molte armi venivano fatte pervenire ai partigiani della Val d’Ossola sfruttando anche il malcontento di alcuni militari tedeschi acquartierati nella Caserma “Ugo Mara” di Solbiate:.Dette armi venivano sì pagate ai soldati e poi recuperate facendole passare sotto la rete di recinzione.

Il destinatario era soprattutto il Giannino Vigano “Tullio” (vedere la relazione finale del partigiano ndr.) che abitava  in una casa  che confinava con la caserma per cui era più facile familiarizzare con i militari.

 

Cozzi Mario “Pino”

Il Vigano aveva l’incombenza di portare tutte le sere, in un albergo di Busto, gli ufficiali della caserma e di riportarli il mattino.

I partigiani avevano detto alla sentinelle che qualche ragazza sarebbe stata disponibile a tenere loro compagnia se avessero allentato la vigilanza sul deposito di armi della caserma stessa.

Io non partecipavo a quelle operazioni ma andavo a prendere le armi recuperate e le portavo in una casa del Domenico Colombo, che aveva un’osteria lì al Piazzaletto Patrioti.

Poi dovemmo spostarle a Dairago perché qualcuno fece la spia.

Per rifornire di viveri i partigiani in montagna, un giorno siamo andati con un camion al Gerbone dove c’era un negozio che aveva un magazzino di viveri che riforniva tutte le mense degli stabilimenti della zona.

            Era verso sera ed avevamo un camion di tessuti di una ditta di Busto; eravamo in setto o otto e abbiamo riempito il camion di viveri e mentre facevamo questa operazione abbiamo ordinato ai proprietari di non muoversi da lì  finchè non fosse terminata l’operazione.

            Naturalmente erano spaventati ma noi non abbiamo fatto male a nessuno.

 

                        A questo proposito è emblematica la testimonianza del dott. Capozza, allora Segretario Comunale di Olgiate, come risulta da una lettera del Commissario Prefettizio Frattarelli.

 

 

                            AL CAPO DELLA PROVINCIA DI VARESE

 

                                                                                              Olgiate Olona 23/8/1944 –XXII^

 

Vi riferisco quanto mi ha raccontato il Segretario Comunale di qui, Sig.Giovanni Capozza:

                                   “ Ieri sera, verso le ore 19.00, essendo egli , in compagnia delle due figlie bambine, di passaggio sulla Via Gerbone per  Busto Arsizio per l’acquisto di libri, ha pensato di fermarsi un momento dal Sig.Tosi Battista (negoziante all’ingrosso di generi alimentari) allo scopo di chiedergli informazioni sulla Scuola Media di Busto, scuola che era frequentata dai figli del Tosi e alla quale il Capozza voleva iscrivere le figlie.

            Senonchè mentre il Capozza si accingeva a spingere la porta socchiusa, un uomo che evidentemente era a guardia, ha pregato lui e le bambine a deporre la bicicletta nel cortile e di entrare nel magazzino.

……..qui era radunata la famiglia Tosi ed alcuni dipendenti, mentre un gruppo di uomini asportava dal magazzino, per caricarli su un camion, generi alimentari, mentre tre uomini sorvegliavano la porta.

            Compiuto il carico, gli ignoti si qualificarono come agenti di pubblica sicurezza, tagliarono i fili del telefono, costrinsero i presenti a scendere tutti in cantina diffidandoli a non risalire, se non dopo loro ordine.

            …….anche altre tre persone, due delle quali erano andate dal Tosi per il prelievo di generi alimentari contingentati (da vendersi con la tessera annonaria ndr.), ed un meccanico ,andato in magazzino per lavori richiesti dal Tosi, subirono la stessa sorte.

                                               IL COMMISSARIO PREFETTIZIO

                                                           (Dr.Ing. Egidio Frattarelli)

 

Carlo Ferrari                     

 

Le armi le avevo perché arrivavano dalle soffiate che mi indicavano dove c’erano quelle armi da ritirare e io le portavo a casa e le nascondevo in cantina sotto la legna ed il carbone.

            Alla mattina presti un prete di Legnano veniva con la macchina, di cui avevo progettato il motore a legna e che si chiamava “Fergan”, caricava il tutto ,bombe, mica bombe, fucili…. E le portava a S.Lorenzo di Bognanco dove c’era la Divisione “Alto Milanese”.

 

 

OSCURAMENTO E COPRIFUOCO

 

Ancora poco  prima della Guerra  l’oscuramento doveva essere osservato scrupolosamente.

Le norme erano severe e quindi il Podestà (a questa data era  Frattarelli) invia lettere, in merito, a tutti  coloro che devono rispettarle.

Infatti la Ditta Giuseppe Azimonti (Candeggio-tintoria-preparazione tessuti)comunica al Podestà quanto segue:

Olgiate Olona 31/5/40-XVIII-

Ill.mo Sig. Podestà del Comune di Olgiate Olona

“In pronta evasione alla stimata vostra in data 27 corr.

OSCURAMENTO LUCI

(…) Tutti i lucernari ai tetti della fabbrica verranno da noi fortemente verniciati con colore bleu come d’uso.

Tutte le finestre laterali e perimetrali verranno protette con apposite tende  delle quali parte già si trovano in opera.

L’ultimazione del lavoro verrà effettuata entro pochissimi giorni.

Si provvederà ad una prova di collaudo per essere sicuri che le misure adottate rispondono allo scopo.

Tutte le lampade esterne ad un ordine verranno spente.”

Gradite distinti saluti.

 

Giuseppe Azimonti e figli

 

 

Dopo l’8 settembre viene adottata una serie di provvedimenti, da parte dei Tedeschi ,allo scopo di cautelarsi nei confronti delle incursioni aeree degli Alleati sugli obbiettivi militari , sulle sedi dei Comandi e sugli stabilimenti.

Si tratta quindi dell’oscuramento di stabilimenti, case, uffici, mezzi di trasporto nello ore notturne con orari rigorosi.

 

AI PODESTA’ ET COMMISSARI PREFETTIZI DELLA PROVINCIA

Varese 18 settembre 1943

“A partire da domenica 24 corrente et fino a nuovo ordine OSCURAMENTO avrà inizio ore venti et trenta et termine oscuramento ore sei”

per Capo Provincia JODICE

 

 

 

Scatta inoltre IL COPRIFUOCO , la proibizione di tenere riunioni in locali  chiusi,  ad esclusione dei luoghi di culto cattolico, la qual cosa  darebbe obbligo di aprire il fuoco.

I Prefetti ingiungono la chiusura di locali pubblici  e di sale  da spettacolo entro le ore 21.00 ed i negozi devono chiudere invece entro le ore 20.00

I Comuni sono precettati affinchè  facciano osservare scrupolosamente queste disposizioni e sorveglino ,intervenendo con rigore, nei confronti di quanti non  le rispettano.

Il motivo era che i Partigiani aspettavano la sera per tenere le loro riunioni e per attuare azioni di guerriglia e di sabotaggio

Scuramente qualche Comune otteneva facilitazioni nell’applicazione di queste norme restrittive , come avvenne per il Comune di Busto, contro tale agevolazione ricorre il Commissario Prefettizio di Olgiate , visto che anche questo paese ha molti operai che fanno i turni di notte e che devono spesso recarsi in luoghi piuttosto lontani.

 

AL CAPO DELLA PROVINCIA   di VARESE

 

Olgiate Olona   2/9/1944 – XXII –

“Vengo a conoscenza che per la confinante città di Busto Arsizio avete riportato il coprifuoco alle ore 22.00 e la circolazione delle biciclette alle ore 21.00

(…..) vi prego di dirmi se la revoca s’intenda estesa a questo Comune.

Nel caso negativo Vi prego di dimi quale fu il motivo del provvedimento a carico di questo paese (Olgiate Olona).

Il Commissario Prefettizio

(Dr.Ing.Frattarelli)

 

Gli esercizi pubblici e privati avevano una sorveglianza “privilegiata” per il rispetto della normativa al riguardo.

 

COMANDO TEDESCO      di   OLGIATE OLONA

 

Al Comune di Olgiate Olona

1 novembre 1944

 

“In questi ultimi tempi si è ripetutamente notato che gli esercizi pubblici (bar, osterie, trattorie) trasgrediscono sia direttamente che indirettamente l’orario di chiusura dei loro esercizi.

Il Comune è invitato a ricordare agli esercenti della loro zona di attenersi scrupolosamente agli ordini impartiti in merito, pena severe sanzioni ai trasgressori.”

IL COMANDANTE

(firma illeggibile)

 

Tre giorni dopo

COMUNE DI OLGIATE OLONA

Olgiate Olona 4/11/45- XXIII –

All’esercentieCircolo S.Stefano

All’esercente Circolo Verdi

“Vi diffido ad osservare scrupolosamente l’orario serale di chiusura del vostro esercizio, sotto pena di severe sanzioni.”

(Dr.Ing. Egidio Frattarelli)

 

Le severe sanzioni vengono applicate secondo minaccia.

AL COMUNE   di OLGIATE OLONA

2 aprile 1945

Oggetto: Punizione per trasgressione coprifuoco.

 

“ Conn la presente punisco le persone indicate a tergo, sono dodici , con una multa disciplinare di lire 200 (duecento) perché il giorno  1 aprile, alle ore 23.45 si trovavano al Circolo Cooperativo di Olgiate  (Circolo Verdi ndr.)  bevendo vino.

OMISSIS

Da tutti è stato esposto quale scusa l’ora di spettacolo prolungata del Circo a Olgiate. Di conseguenza questo Circo deve terminare le rappresentazioni alle ore 21.30.

La lettera prosegue

Il coprifuoco è da osservare scrupolosamente alle ore 22.00

Ulteriori trasgressioni saranno punite più severamente.

IL COMANDANTE

(firma illeggibile)

Siccome la lettera proseguiva dicendo che l’importo della multa doveva essere versato al Comando Tedesco, il giorno 26 aprile, quindi pochi  giorni dopo, lo stesso Comandante accusa “ricevuta di lire 2.400 (duemilaquattrocento) quale importo delle multe suindicate”.

 

 

 

PROPAGANDA   CLANDESTINA

 

Un personaggio che sicuramente ha lasciato una traccia nelle Storia della  Resistenza olgiatese c’è Amelia Castiglioni

Le sorelle Colombo Maltagliati e Colombo Saporiti la ricordano come una signorina impegnata nella vita politica, dedita alla causa della Resistenza e fermamente convinta della necessità di far fronte  alla violenza nazi-fascista., anche a rischio della propria vita.

 

“ Il Regime controllava con attenzione e con severità , arrestando e denunciando quanti si macchiassero del reato di propaganda clandestina o di operazioni sovversive.

 

In data 3/9/1943 dal Commissariato di Busto Arsizio viene spedito

ALLA REGIA QUESTURA DI   VARESE

un elenco di persone denunziate ed arrestate.

Tra queste figura anche AMELIA CASTIGLIONI fu Pietro e di Casanova Candida, nata a Olgiate Olona il 29/1/1913 ivi abitante, impiegata privata, per propaganda sovversiva.

Il suo nome è legato anche a quello del giudice Orrù del Tribunale di Busto Arsizio.

 

Angelo Borsetta

 

            Devo accennare al Giudice  Cosimo Orru’ che aveva il fratello medico a Solbiate.

            Questo giudice veniva a portare i fogli clandestini nella Valle e noi si prendevano questi foglietti, si distribuivano……così in casa non restava nulla.

            Una di questi si chiamava  “L’Italia Libera : Dio lo vuole” un giornale del partito d’Azione.

            Il giudice mi invitava ad iscrivermi a questo Partito ma io non mi sentivo di cambiare idea, non c’era una ragione per cambiare.

            Io dicevo a questo giudici di stare attento perché erano momenti pericolosi, gli consigliavo prudenza ma lui diceva che non c’era nessuno che potesse sorprenderlo.

            Invece una volta   lo presero i fascisti e lo portarono a Milano nel carcere i S. Vittore.

Allora alcuni suoi amici, tra cui il giudice Pedona, hanno cercato di parlare con qualcuno per farlo liberare ma non ci fu niente da fare.

            I fascisti stabilirono di deportarlo in Germania, senza fargli il processo come se fosse un privilegio.

            E’ partito per la Germania ma durante il viaggio, non se n’è saputa mai l’esatta verità, è morto.

            Al  Tribunale  di Busto Arsizio ci deve essere ancora una bella lapide che lo ricorda.(1)

  1. Natale Spagnoli – “Olgiate Olona e la Resistenza “ a cura dell’Ammin.Comunale.                                     FOTO LAPIDE                             “ Cosimo Orrù: sardo, nato il 1910.            Il fratello è medico nel rione S. Michele ed è detto il “medico dei partigiani”.            Viene cioè arrestato e mandato a S. Vittore da dove verrà deportato in Germania nel campo di concentramento di Flossenburg.”                         Inoltre nelle votazioni del 1946, a Olgiate Olona ,sarà eletta nella lista del P.C.I.            Angelo Borsetta doveva conoscere bene il giudice Orrù perché la signorina Amelia lavorava nello stesso ufficio di Angelo.            Dopo l’Armistizio occorre dilatare la propaganda, far prendere coscienza che i tempi sono maturi per un’opposizione dura e , se necessario, armata.
  2.             “Il contributo della donna alla Resistenza italiana ancora oggi è poco riconosciuto secondo la sua reale portata, soprattutto per le difficoltà di riportare alla luca una presenza quasi sempre discreta, sotterranea, vissuta per lo più nello svolgimento dell’oscura e anonima attività di staffetta o nella collaborazione al settore dei servizi annessi alle organizzazioni clandestine” (1)
  3.                         Questo personaggio lo ritroveremo il 25 aprile 1945 ,giorno della Liberazione, con Angelo Borsetta in un viaggio avventuroso in bicicletta a Milano.
  4.                         L’autore aggiunge ancora a pg. 119 : “AMELIA CASTIGLIONI, una giovane impiegata presso il Cotonificio Bustese di Olgiate Olona, affettivamente legata a Cosimo, riuscirà più tardi a ricostruire i suoi spostamenti ed a seguirli fino a Bolzano. Da lì perderà ogni traccia”.
  5.             Nel tribunale di Busto il giudice è conosciuto come antifascista, viene perseguitato ed, in una nota della Questura si legge “addì 21/06/1944 il giudice Orrù non è in ufficio perché a disposizione della SS. Germania”.
  6.             Si laurea in giurisprudenza, esercita a Bergamo e arriva a Busto Asrsizio nel 1934. Si iscrive al Partito d’Azione dopo l’8 settembre.
  7. Nel libro “Quei ventenni del ‘43” di Paolo Pozzi – ediz. Macchione si legge
  1. Chierichetti Gianluigi : “tesi di Laurea ecc……….pgg. 443-444.

Carlo Ferrari

 

Era difficile fare della propaganda perché non c’era da fidarsi.Quando arrivavano i volantini li distribuivamo ai nostri iscritti, ma non tanti foglietti perché non si poteva portare in giro tanta roba.

Questi foglietti venivano da Varese, da Como…noi andavamo a prenderli nel posto indicato: vicino al Cimitero  su una strada secondaria…..” (1)

1) Natale Spagnoli   “Olgiate Olona e la Resistenza – ecc….

 

Da “Donne per la libertà” di Annalisa Castiglioni e Rossella Formenti –Assessorato Cultura di Gorla Maggiore. Pg 33.

 

Testimonianza di Alma Negrini, classe 1919.

“ Andavo a ritirare la stampa clandestina a Milano…Partivo alla mattina col primo tram della 6 e ritornavo con quello delle 19.30…perché i controlli erano meno frequenti….per l’inizio imminente del coprifuoco.

Il centro di smistamento della stampa clandestina era alla Tabaccheria  del Buon Gesù”

 

Quindi Olgiate, per la  posizione strategica della  località situata  sul Sempione, permetteva un rapido smistamento della stampa clandestina che entrava poi nelle fabbriche e tra la gente.

 

Da “ 25 aprile a Busto Arsizio”….

 

“Inverno 1944-45: il materiale di propaganda fa difetto ma il problema si risolve occupando diverse tipografie e stampando istantaneamente volantini e manifesti. Nella primavera del 1945 veniva decretato uno sciopero generale…Partigiani garibaldini entrano nelle fabbriche distribuendo manifestini.”

 

 

I foglietti di propaganda recavano anche “vignette” che suscitavano un sorriso ironico  mettendo alla berlina, in modo feroce, personaggi che tenevano in pugno il destino di milioni di uomini.

 

 

VOLANTINO DEI CINQUE PORCI        (Archivio Mario Colombo)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Questo personaggio lo ritroveremo il 25 aprile 1945 ,giorno della Liberazione, con Angelo Borsetta in un viaggio avventuroso in bicicletta a Milano.

Inoltre  nelle votazioni del 1946, a Olgiate Olona ,sarà eletta nella lista del  P.C.I.

 

 

 

 

BOMBARDAMENTI E AEROMOBILI

 

Già nel 1937 , forse in previsione di quanto sarebbe potuto succedere, o che era già preventivato  succedesse, giungono normative  ai Comuni circa gli allarmi.

 

COMUNE DI OLGIATE OLONA

27 gennaio 1937 –XV –

Oggetto: Segnalazioni allarme e cessato allarme a mezzo di sirene per

PER L’ODIERNO ESPERIMENTO DI PROTEZIONE ANTIAEREA

 

  • ALLA SOC. A. SANITARIA
  • ALLA SOC.A. OGNA CANDIANI
  • ALL’ISTITUTO PREVENZIONE ANTITUBERCOLARE INFANTILE
  • AL M. REV.PARROCO DI OLGIATE OLONA“Facendo seguito agli ordini verbali, preciso che, come da ordinanza prefettizia in data 26 c.m.:
  1. Il segnale d’allarme, appena ricevuta la comunicazione dalla Radio trasmittente E.I.A.R. di Milano, dovrà essere comunicato alla popolazione con suono prolungato e contemporaneo di sirene per la durata di due minuti primi e le campane dovranno suonare a distesa;
  2. Il segnale di cessato allarme, che verrà pure trasmesso dalla predetta stazione radiofonica, dovrà essere comunicato alla popolazione col suono delle sirene per la durata di cinque secondi ad intervalli di dieci secondi ripetuto per sei volte consecutivo;
  3. Durante il periodo di allarme è proibito, e ciò per non generare confusione, il suono delle sirene per altri scopi che non siano le segnalazioni di cui ai punti uno e due. Le campane suoneranno a martello per due minuti primi.            Saluti fascisti.                                                                                  ( Il Segretario )C’erano quindi anche prove generali di oscuramento in previsione di attacchi aerei. Cosa che avvenne dopo l’entrata in guerra dell’Italia in appoggio al dilagare dell’invasione della Germania nello scacchiere europeo.
  4.             I bombardamenti allora si susseguirono con risultati drammatici per le persone e per le cose.
  5.                                                                        D’ordine del Podestà
  6. Raccomando di attenersi alle istruzioni già diramate per quanto riguarda il divieto assoluto di far riverberare all’esterno luci di qualsiasi edificio.

Dr. “Pippo” Giuseppe Belloni

 

  Nell’agosto del 1943 la città subì un terribile bombardamento durante il quale, oltre ai numerosissimi civili uccisi, ebbe gravi danni anche al patrimonio artistico; furono infatti colpite e gravemente danneggiate, fra l’altro, la Scala e la Galleria. Ricordo che il giorno dopo quel bombardamento, con Piero e Angelo, prendemmo il treno delle Nord e ci recammo a Milano. La spedizione era guidata da Angelo, orami diciassettenne e che di lì a un anno sarebbe stato rastrellato dalle brigate nere e spedito in Germania. Il treno si fermò ben al di fuori della stazione di piazzale Cadorna, anch’essa danneggiata e noi ci avviammo a piedi tra le rovine. Ricordo le case oscenamente ridicole nei loro spaccati che mostravano mobili e masserizie sospesi nel vuoto su frammenti di pavimento miracolosamente intatto; pompieri che si affannavano ad abbattere a picconate cornicioni periclitanti, poveri esseri che frugavano tra le macerie alla ricerca di un qualcosa che si fosse salvato e nell’area prima occupata da un palazzo un cumulo di macerie sbriciolate alto una decina di metri ed in cima a quello una sveglia all’apparenza intatta. Nel nostro girovagare ci trovammo a un certo punto ai giardini di porta Venezia, che a quell’epoca ospitavano anche il giardino zoologico; le gabbie degli animali erano ovviamente vuote: le anatre del laghetto peso che abbiano allietata la mensa di qualche affamato. Su di un prato vedemmo una bomba inesplosa, cui faceva la guardia un milite dell’UNPA; stava lì minacciosa con la sua sagoma affusolata, sottilmente elegante, colorata di grigio con un paio di circoli rossi verso l’estremità appuntita; le alette direzionali erano leggermente contorte per l’impatto sul terreno. Ad un nostro tentativo di avvicinarci per meglio osservarla il milite reagì apostrofandoci con una colorita espressione meneghina:

“oei, foera di balI de chi, che l’è periculus. L’han non ancamò disinnescada e la poeu anca mo sciupà’. (fuori dalle scatole, che è pericolosa, non l’hanno ancora disinnescata e puiò ancora scoppiare)

Il milite voltava le spalle all’oggetto che proprio in quel momento cominciò ad emettere un sottile fu di fumo nerastro: tutti e tre insieme gridammo:

“la sciopa, la sciopa’.’ e rimanemmo lì a indicare col dito il fumo che si faceva più spesso. Il milite si girò, gridò a squarciagola :” atenziun ca la scioppa, via, via tucc de chi!~ ci spinse correndo a sua volta dietro una sorta di padiglione in muratura che sorgeva lì appresso e si accovacciò sul terreno facendoci segno di imitarlo. Di lì a poco udimmo un botto strano, come di qualcosa che si squarciasse, mentre un fremito percorreva le foglie degli alberi ed un odore di zolfanelli accesi ci feriva le narici; udimmo qualche esclamazione lontana poi un silenzio strano; facemmo capolino e, al posto della bomba, vedemmo un buco nel prato da quale uscivano delle lingue di fuoco bluastre; l’erba intorno, per il raggio di qualche metro era carbonizzata. “L’era al fosforo, un’incendiaria a ritardo.” disse il milite.

 

 

Tra il settembre del 1943 ed il 25 aprile del 45 succedeva che qualche aereo alleato, in ricognizione o durante un bombardamento, venisse colpito e finisse in zone isolate.

Il Comando Militare tedesco invitava tutti i cittadini a  riferire se ci fossero aerei o militari

Caduti in zona, promettendo ricompense appetibili.

CADUTA AEROMOBILI E PROIBIZIONI AL RIGUARDO

AI COMMISSARI PREFETTIZI E AI PODESTA’

6 aprile 1944 – XXII –

 

“Vogliate provvedere alla stampa e all’affissione (…..) del seguente manifesto

P R E M I O

Ad ogni italiano che dia, per primo, avviso al Prossimo Comando militare germanico

  • della caduta di aeromobili (proprio o nemico) precisandone la località di caduta
  • verrà dato un premio di £ 300 (trecento) e in casi particolari anche di più.             A Olgiate si verificò proprio uno di questi fatti che impegnò, sia il CLN che la popolazione, in un’opera di soccorso, contro ogni richiesta e ogni promessa dell’Autorità militare.             Angelo Borsetta – Carlo Ferrari – Colombo Maltagliati Piera                        Nelle campagne del Gerbone c’erano nascosti due avieri sudafricani, Christian e Thomas, ai quali la gente del posto dava da mangiare; erano nascosti in un capanno che aveva l’ingresso dal lato opposto della strada, per non farsi vedere.            La Piera dice:”Mi ricordo che c’erano degli avieri inglesi abbattuti e che si erano rifugiati innun capanno al Gerbone,
  •             I signori Borsetta a Macchi andavano qualche volta a trovarli ed ogni tanto incaricavano mia mamma, Carolina Colombo (“Mentina”, moglie del Mentìn, nominato diverse volte in questo volume ndr.) di portar loro da mangiare. E lei andava anche se aveva già 60 anni. (1)
  •             Angelo aggiunge che gli aveva dato un soprabito ed il rag.Macchi un vestito e ogni tanto andavano a trovarli.
  •  
  •             Era la rivendicazione del diritto alla disobbedienza civile.
  •             L’atterraggio forzato o l’abbattimento di aerei alleati era un grosso problema per il tedeschi che sapevano bene come la pensasse la popolazione al riguardo; le ordinanze ne erano la conseguenza.
  • Nel contempo si diffida a presentare aiuto di qualsiasi genere agli equipaggi di aerei nemici o a prigionieri di guerra.”

 

  1. N.Spagnoli –“Olgiate Olona e la Resistenza” pg.20
  2.  I BOMBARDAMENTI visti con occhi disincantati di un ragazzo

Dr.”Pippo” Giuseppe Belloni

 

Anche i bombardamenti, che da un certo periodo in poi divennero abbastanza frequenti, pur nella loro tragicità divennero un diversivo per noi ragazzi. Le incursioni aeree erano annunciate dal suono delle sirene: la nostra era una zona ricca di opifici, pertanto erano molte le sirene che suonavano, ripetendo per cinque o sei volte il loro grido che, soprattutto nei primi tempi, quando i bombardamenti erano quasi sempre notturni, laceravano il silenzio strappandoti bruscamente dal sonno. Distinguevamo chiaramente dal suono la sirena di ciascun opificio: la più vicina era quella della Sanitaria, col suo grido petulante da vecchina irritata; il fischio più acuto era quello del Cotonificio Bustese, una parte del quale era stato requisito per essere adibito a deposito dell’Aeronautica militare; quello del Cotonificio Cantoni di Castellanza, sembrava il fischio di una locomotiva, mentre quello della Montecatini richiamava la sirena di una nave nella nebbia. Da lontano facevano eco le sirene di Legnano e di Busto. Al suono ci si alzava tutti quanti, tranne mio padre che borbottava qualcosa e si girava dall’altra parte; in paese non esistevano rifugi nei quali peraltro nessuno di noi si sarebbe recato. Il nostro ballatoio era aperto verso sud, sud est, proprio in direzione di Milano e ci sedevamo sui gradini sicuri di assistere ad uno spettacolo.

La città era l’obbiettivo di gran parte delle incursioni; attorno ad essa erano schierate numerose batterie contraeree, che, ben presto iniziavano un furioso fuoco di sbarramento, mentre le lame delle fotoelettriche sciabolavano il buio cercando di inquadrare gli aerei. Si diceva che se uno di questi veniva inquadrato da un riflettore, il suo destino era segnato: la lama di luce non Io abbandonava più ed i cannoni potevano abbatterlo. Ricordo di averlo visto fare una sola volta, ma non potrei giurare che l’aereo sia stato effettivamente abbattuto. Sul “Corriere” del giorno dopo, ovviamente, gli obiettivi colpiti dal barbaro nemico erano solo chiese e ospedali e gli aerei abbattuti millanta. Per quanto riguarda gli obbiettivi non sbagliava di molto, specie quando bombardavano le grandi città, nelle quali la commistione tra fabbriche ed abitazioni era tale per cui era praticamente impossibile colpire un complesso di importanza strategica senza nel contempo distruggerne centinaia di altri, palazzi o case di ringhiera, che sorgevano nelle vicinanze.

Il tutto era frutto dei sonni profondi della ragione per cui gli umani sciorinarono tutto il mostruoso campionario di stupide atrocità: dapprima una guerra che massacrò il fiore della gioventù europea, poi le dittature tra le quali si distinsero per stupidità il fascismo e per inaudita ferocia il nazismo e, infine, quella sentina di tutte le mostruosità che fu la seconda guerra, con i bombardamenti a tappeto sulle popolazioni inermi, la shoà, le guerre civili e, per finire, l’atomica. Milano non sfuggì al destino di tante altre città e pagò con migliaia di morti la criminale labilità mentale dei nostri capi di allora. L’episodio più orribile fu senza dubbio la morte dei circa duecento bambini di GorIa per una bomba che colpì in pieno la loro scuola: questo bombardamento avvenne di giorno nell’ottobre del 1944; il Corriere, unico giornale che si comprasse a casa mia, usci per diversi giorni con articoli che grondavano sdegno contro la barbarie degli anglo americani, lasciando quasi intendere che gli aerei fossero pilotati da aviatori negri, ubriachi di whisky, che sceglievano con ferocia i loro bersagli fra scuole, asili, chiese e ospedali; a scuola ci fecero svolgere dei temi sull’argomento e, ricordo, il mio fu particolarmente lodato dalla maestra Falcombello per le parole di dolore e di sdegno che seppi trovare nell’occasione

 

Aspettavamo con ansia, soprattutto la Domenica e nei periodi di vacanza, il suono delle sirene che preannunciava l’arrivo degli americani volanti. lì paese è attraversato dalla prima autostrada che fosse stata costruita in Italia, la Milano- Laghi, nella sua diramazione di Varese e Sesto Calende; a Varese e Vergiate, vi erano le Officine della più importante fabbrica di aerei da caccia italiani, la Macchi e il campo d’aviazione sul quale si effettuavano i collaudi: il traffico di mezzi militari sull’autostrada era pertanto abbastanza intenso e questo ben sapevano gli alleati che la facevano oggetto delle loro incursioni quasi tutti i giorni. A Castellanza vi era, allora, quello che era considerato uno dei più importanti impianti di produzione della maggiore industria chimica nazionale: la Montecatini; a Legnano vi era la fabbrica di motori della Franco Tosi, anche questi obbiettivi che venivano sovente visitati dai “Thunder-bolt”.

Fra di noi si era diffuso una nuova specie di collezionismo. Facevamo a chi riuscisse a raccogliere un maggior numero di bossoli e di proiettili di mitragliatrice sparati dagli aerei durante le loro incursioni. Non appena suonavano le sirene si correva verso l’autostrada e ci si nascondeva nei boschetti di acacie che la fiancheggiavano: se il traffico di camion era intenso le speranze di fare un buon bottino si accrescevano; vedevamo gli aerei spuntare da sud, compiere un’ampia virata sul paese e quindi puntare uno per volta sul camion che l’autista, avvisato dalla vedetta che viaggiava all’esterno sul cassone, aveva tempestivamente arrestato e abbandonato, buttandosi velocemente al riparo. Da una distanza di qualche centinaio di metri, mentre i suoi motori ruggivano nella picchiata, il mostro cominciava a scaricare le sue armi; non appena il primo ritornava in quota scendeva il secondo a completare l’opera. Dal boschetto in cui eravamo nascosti, in posizione sopraelevata rispetto alla sede stradale, vedevamo i grossi aerei sfilarci tanto vicini da scorgere chiaramente la sagoma del pilota e di seguirlo con lo sguardo mentre, richiamando l’aereo volgeva la testa all’indietro, per controllare l’effetto della sua azione. Di solito bastavano due passate per ridurre l’obbiettivo alla stregua di un autentico colabrodo; poi uno dei due compiva un altro passaggio senza sparare, forse per constatare l’entità dei danni provocati e quindi sì allontanavano per ritornare alla base o per cercare nuovi bersagli. Già durante il terzo passaggio noi eravamo all’opera, ripercorrendo la traiettoria compiuta dagli aerei per raccogliere i bossoli delle dodici e settantacinque. Ci capitava spesso di raccoglierli ancora caldi. Erano magnifici nella loro gialla lucentezza quei cilindri di ottone! Qualcuno di noi alla fine della guerra ne aveva raccolti a decine di chili. Iniziava poi la seconda parte dell’operazione, che era quella di raccogliere i proiettili. Per quello dovevamo raggiungere l’obiettivo e lì intorno ne raccoglievamo a decine; gli esperti fra di noi li avevano catalogati secondo il colore delle punte in: perforanti, punta azzurra, dirompenti, punta gialla, tracciantì, punta rossa. Queste ultime erano ritenute le più pregiate dai collezionisti e venivano scambiate per non meno di due dirompenti o tre perforanti; i proiettili di mitragliatrice avevano sostituito le figurine, le biglie e i tappi delle gazzose come oggetti da collezione.Quella Domenica pomeriggio, una giornata calda dell’estate del ‘44, il mio amico Piero ed io annusavamo l’aria come due puledri scalpitanti: non ci andava proprio di restare all’oratorio ; erano tre giorni che i Thunder non sì facevano vedere e sentivamo che quello era il pomeriggio buono. Ci avvicinammo chiotti, chiotti al muro di cinta e non appena i tirapiedi del coadiutore si distrassero per un momento, oplà, oltre il muro e via di corsa, per i viottoli più nascosti, per non incappare in qualche spione che avrebbe potuto riferirlo ai nostri genitori, verso l’autostrada. A metà strada circa sentimmo il suono delle sirene e perciò allungammo il passo per prendere posizione il più in fretta possibile nel solito boschetto. Vedemmo un camion telonato, blu dell’organizzazione TOD che dirigeva ad andatura sostenuta verso Milano: aveva oramai superato gli ampi cavalcavia che gli avrebbero permesso una sosta al riparo; da lì in avanti la strada correva completamente allo scoperto. Ed ecco la coppia dei nostri amici che, avvistata la preda, inizia la solita virata che li porta a prendere d’infilata il nastro asfaltato: con un rumore infernale il primo scende in picchiata e come arriva sopra le nostre teste incomincia a sgranare il suo infernale rosario, rendendo insopportabile il fracasso. Vediamo il camion sbandare, quindi fermarsi intraversato: i due che viaggiano in cabina scendono a precipizio e si tuffano nel fosso che fiancheggia il ciglio; un altro salta dal cassone e si butta tra le robinie del terrapieno appena in tempo per schivare le raffiche del secondo aereo che trasformano il camion in una carcassa fumante. Poi il solito passaggio a costatare i danni e l’involo verso altri obbiettivi o verso la base, con un battito di ali a mo’ di beffardo saluto. Spinti dalla curiosità decidiamo stavolta di invertire l’ordine di raccolta dei trofei, prima i proiettili, poi i bossoli e ci avviciniamo cautamente al camion. I proiettili avevano sforacchiato in più punti il telone; nel cassone c’erano dei buchi del diametro delle nostre teste. Tre delle gomme erano forate, la cabina sembrava arata e dal motore colavano acqua, nafta e olio. Sotto il telone una gavetta di alluminio aveva rovesciato il suo contenuto di spaghetti sconditi sul pianale. L’autista in tuta blu e un tedesco in divisa estiva, armato di mitra, emersi indenni dal fosso, guardavano in silenzio la scena: erano visibilmente scossi e come ci videro strabuzzarono gli occhi chiedendosi, evidentemente, da dove fossimo sbucati. Dimentichi per un momento della nostra mania da collezionisti guardavamo anche noi l’autocarro pensando che non vi sarebbe stato altro da fare che spingerlo nel fosso, in modo da liberare la strada e andarsene: non vi era certo la possibilità dì riparare i guasti che aveva subito.

 

 

 

 

 

VITA DIFFICILE

 

 

 

DA 25 LUGLIO –8 SETT ’43 – ALBUM DI UNA DISFATTA Mario Cervi – Rizzoli edit.

 

Gli anni 1942  e 1943  sono i più difficili per la popolazione perché le tessere annonarie non possono bastare al sostentamento della famiglia e quindi, chi può, ricorre al mercato nero dove si trova la merce ma dove  i prezzi sono maggiorati in maniera esponenziale.

Ad esempio: una dozzina di uova con la tessera costa 6 lire, al mercato nero costa  90 lire

: il pane costa con la tessera 2,5 lire il chilo  mentre al mercato nero costa 23 lire

: l’olio con la tessera costa  15 lire , al mercato nero costa 90 lire il litro.

Di fronte alle lagnanze ed alle perplessità suscitate dalla congiuntura Mussolini afferma:

“Il livello di vita materiale del popolo italiano è sempre stato e sempre sarà più che modesto (…)Su questo campo dei consumi sono così tranquillo che ho annunciato che il tesseramento durerrà anche dopo la guerra e diverrà permanente in modo da armonizzare il consumo con la produzione” (da “Corriere della Sera”del 26 luglio 1943).

Furono anche razionati scarpe, vestiti sapone.

La carne scomparve  dalle città e quindi chi aveva qualche amico o parente in campagna, la domenica inforcava la bicicletta e scambiava qualche chilo di sale o di zucchero con farina,  uova,qualche pezzo di carne o animali da cortile. L’Italia protesa nel mare mancava del prezioso sale soprattutto dopo lo sbarco degli Alleati in Sicilia nel 1943.( 1)

 

1) Mario Cervi :”Dal 25 luglio all’8 settembre ‘43” Album di una disfatta – Rizzoli edit.

 

Dr. “Pippo” Giuseppe Belloni

 

Le biciclette avevano subito, per servire allo scopo, delle trasformazioni che le facevano somigliare più a dei tricicli da trasporto, tipo quelli usati dai garzoni dei fornai, che a normali velocipedi. Compiuti i nove anni e ricevuto come premio una bicicletta Volsit che portava in decalcomania sul canotto il prezzo, (£ 1220>, mio padre decise di aggregarmi ad una spedizione risicola che aveva come meta San Martino di Trecate, dove mio zio conosceva un contadino disposto a venderci del riso. Era una Domenica di fine primavera e partimmo piuttosto presto; facevano parte della comitiva oltre a mio zio, un cugino di nome Giovanni, un ragazzone di 17 anni che pochi mesi dopo, compiuti i diciotto, catturato dai fascisti durante un rastrellamento, sarebbe stato arruolato di forza nella divisione Monterosa. Un cugino di mio zio, Antonio detto Tognn, ed altre tre o quattro persone, tutte oltre il limite di età per il servizio militare, reclutate tra gli innumerevoli parenti di mio zio.

Il punto di ritrovo era a Legnano, alla Ponzella, una frazione che peraltro si trovava sulla nostra direttrice di marcia. Pedalando di buona Iena, attraversati Dairago, Arconate, Inveruno, arrivammo nel giro di un’ora a Boffalora e qui dovemmo affrontare le prime difficoltà. Il ponte che avrebbe dovuto permetterci di attraversare il Ticino, un ponte doppio, stradale e ferroviario, era stato bombardato qualche giorno prima: la sede stradale, distrutta in più punti, era stata ripristinata con alcuni pontoni dai genieri tedeschi; questi però permettevano il passaggio ai soli mezzi militari o paramilitari. La lunga fiumana di gente, a piedi o in bicicletta, veniva fatta passare in fila indiana sulla sede ferroviaria, fra il passaggio di un treno e l’altro. La sede ferroviaria non era certo in condizioni migliori di quella stradale: le due campate centrali erano state centrate dalle bombe e tronconi di binari e blocchi di cemento si vedevano sul greto del fiume o semisommerse nell’acqua turbinante a diverse decine di metri di distanza. Anche in quel caso i genieri avevano ripristinato il transito sistemando i binari e le relative traversine su delle enormi putrelle d’acciaio gettate sui piloni rimasti miracolosamente intatti. Due guardie armate ci incanalarono con decine d’altre persone sulla sede ferroviaria e ci avviammo: quando arrivammo alle due campate centrali io, che marciavo con la bicicletta a mano davanti a mio padre mi arrestai di botto, atterrito. La massicciata ferroviaria non esisteva più; davanti a me vedevo solo le traversine dei binari e nell’enorme spazio fra l’una e l’altra scorgevo, una decina di metri più in basso, turbinare l’acqua del fiume, che il disgelo primaverile aveva gonfiato. Per quanto fossi alto per la mia età e avessi le gambe abbastanza lunghe, l’idea di compiere quei grandi passi tra una traversina e l’altra, trascinandomi per giunta la bicicletta, mi terrorizzava. Levai uno sguardo sconsolato verso mio padre che vedevo ergersi in tutta la sua imponenza di granatiere ed un’espressione sorridente e rassicurante sul volto:

“Stai tranquillo mi disse sono passati gli altri, passeremo anche noi”

Si issò la sua bicicletta sulla spalla destra, afferrò saldamente con la sinistra la sella della mia e:

“Avanti, attaccati con tutte le tue forze al manubrio e non mollarlo, qualunque cosa ti succeda. Vedrai che ce la faremo”

Così, un passo alla volta, impiegandoci un tempo che mi parve un’eternità, compimmo quella traversata; quando misi i piedi sulla massicciata dall’altra parte, mi girai e guardai con un misto di imbarazzo ed orgoglio quell’impervio percorso: avevo avuto paura, una paura folle, ma, seppur con l’aiuto di mio padre, ero anche stato l’unico ragazzino di nove anni e mezzo che quella mattina aveva attraversato a piedi quel ponte.

Arrivati sull’altra sponda prendemmo a sinistra per una strada che seguendo la sponda del fiume ci portò a San Martino; trovammo il contadino che ci fornì il riso di cui avevamo bisogno.

Dopo esserci rifocillati alla meglio, con un tozzo di pane nero e del formaggio “Roma”, un surrogato che aveva sostituito, almeno nel Nord, tutti i tipi di formaggio di cui erano ricche le nostre regioni, ci avviammo sulla strada del ritorno. Il nuovo passaggio del ponte non mi preoccupava in quanto avevamo notato che il passaggio sulle traversine era riservato solo alla direzione Lombardia­Piemonte, mentre per il flusso inverso era stata allestita una passerella abbastanza agevole. Percorrevamo tranquilli una strada sterrata a poca distanza dal fiume allorché notammo due tedeschi armati fermi sul ciglio della strada. Ci fermarono e ci fecero capire a gesti e con qualche parola storpiata di italiano che volevano controllare il contenuto dei nostri sacchetti: glielo mostrammo e, malgrado la grande paura di mio zio che ci sequestrassero tutto, il più anziano dei due mi abbozzò un sorriso, mi diede un buffetto sulla guancia e ci fece cenno di proseguire. Dopo che avevamo percorso poche centinaia di metri, all’improvviso intorno a noi si scatenò l’inferno:

Una decina o più di cannoni cominciarono a sparare all’impazzata tutt’intorno a noi: eravamo nel bel mezzo di una batteria contraerea e c’era evidentemente un attacco aereo in atto. Ci fermammo di botto e ci volgemmo per vedere che fine avessero fatto i due tedeschi: il più anziano era in piedi in mezzo alla strada e ci faceva dei gesti concitati perché ci buttassimo nel fosso che fiancheggiava la strada. Mio zio accolse al volo il consiglio e, buttata la bicicletta sul ciglio, si buttò quasi a pesce nel canale di irrigazione che, per fortuna era asciutto. Lo seguimmo tosto e ci accomodammo alla meglio sul fondo del fosso. Nei brevi intervalli tra una cannonata e l’altra udivamo distintamente il rumore degli aerei che compivano i loro mortali caroselli sopra le nostre teste e ad intervalli il fischio e lo scoppio delle bombe. L’obiettivo di quel giorno era il ponte autostradale posto poche centinaia di metri a monte di quello che avevamo traversato la mattina. Quell’inferno durò una mezzora circa, durante la quale mio zio riuscì anche a farci ridere con una battuta:

Figlioli -disse- tenete sotto la testa e fuori il sedere; se vi colpisce una scheggia, sul molle fa sempre meno male che sul duro”

Finalmente il bombardamento finì e dopo qualche tempo il solito Tedesco ci fece segno che potevamo proseguire. Ritornammo così a casa con i nostri pochi chili di riso che, almeno sul piano emotivo, ci erano costati non poco.

 

Dopo la dichiarazione di guerra le ristrettezze economiche si fecero maggiormente sentire con la imposizione delle TESSERE ANNONARIE, bollini che venivano distribuiti dai Comuni e che permettevano, mensilmente , di acquistare con prezzi calmierati i vari generi di sussistenza.

 

 

FOTO   TESSERE ANNONARIE

 

 

 

 

 

C’era un severo controllo da parte delle Amministrazioni locali sulla gestione delle tessere.

La loro comparsa però non riuscì ad aiutare la popolazione di basso ceto perché i generi alimentari soprattutto erano reperibili al mercato nero, che prosperò divenendo ambito di acquisti per il ceto abbiente.

Anche alcuni commercianti fecero sparire dagli scaffali generi di prima necessità per poterli rivendere sottobanco con prezzi maggiorati.

 

Colombo Maltagliati Piera – Colombo Saporiti Maria

 

            Per noi che avevamo bottega era un’impresa tenere la contabilità perché dovevamo tenere un registro apposito  che  ogni mese si doveva consegnare in Comune, dove ci davano gli ordinativi per l’acquisto all’ammasso, in base allo smercio del mese precedente..

            I bollini servivano per tutto:carne, latte, pane. Riso, legna, zucchero

            Ogni persona poteva comprare  settimanalmente gr. 70 di carne a persona, la legna era fissata a Kg. 50 al mese per persona ed il Messo Comunale doveva sorvegliare questa prassi e riferirne in Comune.

            Il pane invece era fissato a gr. 100 per persona , al giorno. Il latte era il genere alimentare più importante ed a ciascun bambino era assegnato mezzo litro a testa per ogni giorno.

            Dopo il compimento dell’anno la razione era di un quarto di latte giornaliero.

Ogno contadino che possedeva le mucche doveva detrarre per il suo consumo un litro di lette per ciascuna persona famigliare ed il restante doveva essere venduto a chi aveva la tessera ed il Comune fissava da chi si doveva andare per  l’acquisto del latte.

           

Angelica Gambini

 

            Se tenevamo da conto i bollini ci servivano per comperare i biscotti per i piccoli della famiglia.

 

 

Italo Castaldi

            Se non eri residente non ti spettavano i bollini e senza tessera potevi trovare il pane ma al mercato nero a prezzi esorbitanti.

E quando andavi dal macellaio dovevi accontentarti della “giunta”, cioè un pezzo d’osso e se non compravi quello non ti davano nemmeno la carne. Si poteva trovare , al mercato nero, anche carne di cavallo o di asino.

 

Serafino Saporiti

 I bollini servivano anche se si andava a mangiare da qualche parte.

            Mi ricordo che sono andato a Venezia in viaggio di nozze e ci eravamo portati dietro uova sode ed una ciambella. Ad un certo punto si presenta la Milizia per controllare se avevamo pagato la tessera.Eravamo per fortuna in regola. Perché quello mangiato in sovrappiù ce l’eravamo portato da casa.

 

Mario Colombo

A quei tempi non si compravano vestiti confezionati perché non c’erano soldi ed allora si comprava la stoffa per farli; però uno non poteva comprarla doveva avere l’autorizzazione dal Comune. Allora si andava in Comune, si doveva aspettare magari un nese o due perché l’Ufficio Comunale doveva vedere se c’era la stoffa oppure no. Se c’era solo allora veniva rilasciato un buono per l’acquisto.

 

 

 

 

FOTO RILASCIO BUONO  PER STOFFA

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Giuseppe Bianchi (Pepìn, mugnaio)

 

            Erano momenti di tessere e guai se si macinava senza la scheda della macinatura. Non tutti l’avevano ed io mi arrischiavo a macinare lo stesso.

            Ogni tanto arrivava la Finanza da Varese  e controllavano i registri. IO dicevo loro che la gente doveva mangiare ed io dovevo aiutarli.

            Quelli che avevano la tessera pagavano £ 100 al quintale per macinare mentre per quelli che non l’avevano li facevo macinare ma invece di pagarmi in soldi mi lasciavano un chilo di farina per ogni quintale di granoturco macinato.

            Qui vicino al mulino c’era il Comando tedesco e quindi i Partigiani venivano da  me alle due alle tre di notte; magari erano nascosti nelle campagne ed avevano bisogno anche loro della farina per fare la polenta. Ed io macinavo il granoturco che mi portavano e non volevo niente in cambio.

 

Stefanina Gedi “ Nina”

            Io uscivo da Messa alla domenica mattina presto…allora c’erano sempre alcune donne fuori dal mulino che aspettavano la farina per fare la polenta….cosa dovevo fare? Io ne davo gratis un chilo ciascuna ed erano tutte contente.

            Un giorno sono venuti giù quelli di Varese a controllare ed io ho detto:” Sono in tanti in famiglia, “por balitt” e ho dato loro un po’ di farina”. Quella volta non hanno parlato più. (1)

 

1) N.Spagnoli – “ Olgiate Olona e la resistenza” – pgg. 32……….)

 

Con il RITIRO DLLE CARTE ANNONARIE ai famigliari,  si procedeva  a fare terra bruciata intorno ai renitenti alla Leva.

 

IL CAPO DELLA PROVINCIA

A TUTTI I PODESTA’

TELEGRAMMA 574 Gab.

“Risulta che alcuni Comuni non hanno in qualche modo ritirati le Carte Annonarie at reclute renitenti avendo famigliari affermato che reclute stesse si sono allontanate portando con sé le Cearte alt mentre confermo che devono at chiamati sempre essere ritirate le Carte….Dispongo che nei casi predetti Carte stesse siano ritirate ad uno dei famigliari alt est ovvio che con nuove distribuzioni  non dovranno essere consegnate Carte Annonarie intestate giovani chiamati alle armi.

CAPO DELLA PROVINCIA

La risposta del Comune conferma

Mod. 25 Ediz. 1942 – XXI

“Riscontro telegramma 574 Gb. Assicuro di aver ritirato Carte Annonarie a tutti i giovani 1924 – 1925 et che non hanno saranno consegnate nuova distribuzione ai chiamati alle arme”

PODESTA di OLGIATE OLONA

 

 

 

 

 

 

 

 

Un lancio di armi atteso ma non attuato

 

                        18 APRILE 1945

 

Questa data segna un punto strategico della lotta partigiana nella Valle Olona.

Mario Cozzi “Pino” racconta che siamo alla vigilia del 25 aprile 1945 e  che riceve da Aldo Icardi un messaggio urgente e segretissimo. Aldo, che firma il messaggio, è nella zona di Busto per  mantenere i collegamenti tra  le formazioni partigiane e  l’azione degli Alleati.

Si tratta di un lancio di armi assai consistente che dovrebbe  dare l’ultimo  colpo di grazia alle forse nazi-fasciste operanti nel nostro territorio.

La zona più indicata per questa azione militare è quella attorno a Gorla Maggiore perché pianeggiante , perché circondata da boschi e lontana  dalle  abitazioni.

Prima delle indicazioni  per un lancio sicuro, Aldo  Icardi fa una lista dettagliata degli armamenti che verranno paracadutati.

Si tratta di 800 mitra – di 300 Brem –  di 500 Rivoltelle automatiche – 1.500 bombe a mano Sipel – pallottole  per mitragliatrici 12,7 e 7,7 –  10 lanciafiamme.

Le disposizioni per ricevere  il lancio sono:

  1. Organizzare un servizio di ascolto a Radio Londra a cominciare dalle ore 14,30 del 18/4:
  2. La frase convenzionale da usare è “Luce del mattino”
  3. Durante il lancio gli aerei eseguiranno azioni di disturbo:
  4. Luce intermittente in alfabeto Morse della lettera Q da trasmettere da terra agli aerei
  5. Risposta dall’aereo, sempre in alfabeto Morse, con la lettera Z
  6. Disposizione delle batterie in modo da formare un rettangolo sul terreno di m. 150 per m. 200.
  7. In presenza di vento occorre segnalarlo con delle luci poste su un lato del rettangolo in modo che sia visibile dall’aereo che deve effettuare il lancio;
  8. Far in modo che il luogo del lancio sia segreto
  9. Al termine del lancio e del recupero delle armi occorre darne immediata relazione al Comando Alleato. (1)
  1. Da “Appunti per una storia della Resistenza gorlese” op. citata – pag. 29             Il lancio non avvenne e Mario Cozzi “Pino “ se ne rammaricò fortemente perché non ne ebbe spiegazioni plausibili, dato che ormai le forze partigiane erano coordinate per l’attacco finale
  2. Mario Colombo:
  3. Scannerizzare il foglio

In realtà si era ormai vicini al fatidico 25 aprile, anche se nessuno ancora sapeva esattamente la data della Liberazione, e gli Alleati avevano ormai pianificato la strategia di attacco alle forze nazi-fasciste, che si trovavano impegnate sui diversi fronti di guerra.

 

Qualcuno ipotizzò anche  un ripensamento da parte degli Alleati; quelle armi , alla vigilia della Liberazione, potevano forse diventare un pericolo in mano a tanta gente che avrebbe  potuto usarle anche in modo improprio, una volta ottenuta la libertà .

 

 

LA LIBERAZIONE

            L’antefatto                           

 

I giorni che precedono questa data sono frenetici, la stretta finale è ormai prossima, la si sente nell’aria e i diversi Gruppi di Partigiani si mobilitano per le ultime azioni militari che porteranno alla resa dei tedeschi.

Si susseguono intanto bombardamenti sull’autostrada  Milano-Varese contro colonne di camions tedeschi che stanno risalendo verso il confine per una fuga precipitosa mentre gli aerei alleati, cha hanno avuto segnalazione di tali movimenti, compiono incursioni.

Una relazione dice:

“ La mattina del 19 aprile 1945 precipita nei boschi al confine tra Gorla Minore e Mozzate, un quadrimotore americano del tipo “Liberator B  24”.

Era decollato da Rossignano, a sud di Livorno  per rifornire di viveri e munizioni i partigiani del Nord Italia.

Nei pressi di Varese viene attaccato da caccia “M.E.  109 della R.S.I.”   dislocata a Lonate Pozzolo.

Il caccia del Ten. Morandi viene abbattuto e precipita nei boschi di Cassina Rizzardi (CO) e l’altro, del Ten. Colonna ,riesce a ritornare alla base con l’aereo in fiamme mentre i dieci componenti l’equipaggio del Cap. Sutton abbandona l’aereo con paracadute, avendo anch’esso l’aereo in fiamme.

Cinque sono salvati da partigiani, due catturati dai tedeschi e gli altri, compreso Sutton, vengono catturati dai paracadutisti della Folgore e tenuti prigionieri nel castello di Tradate fino al giorno 29 aprile.

 

 

 

 

 

DISEGNO DI MARIO COLOMBO

 

 

 

 

 

 

 

 

I bombardamenti sono intensificati da parte degli Alleati, che sono acquartierati sulla riva destra del Po, in attesa di superare quel confine che li separa dal Nord-Italia, dove la Resistenza ha tenuto impegnate sette divisioni tedesche che così non hanno potuto andare a rinforzare le difese contro l’invasione degli anglo-americani..

 

 

 

 

Il martellare delle bombe sull’autostrada mette in crisi la protezione antiaerea organizzata dal Comando Tedesco e quindi il Podestà riferisce della situazione alla Prefettura di Varese.

ALLA PREFETTURA      di VARESE

Olgiate Olona 28 gennaio 1945

Verso le ore 16.00 di oggi, quattro aerei nemici hanno mitragliato due autocarri di transito sull’autostrada Milano-Varese in territorio di Olgiate Olona e Marnate.

Risultato: due feriti:

Il Commissario Prefettizio

(Ing:E. Frattarelli)

Un susseguente dispaccio dice:

ALLA PROTEZIONE ANTIAEREA

Marzo  1945

“Stamani alle ore otto un velivolo nemico ha mitragliato un camion tedesco che attraversava il paese (Olgiate Olona).

Il camion è stato danneggiato. Nessuna vittima.

Il Commissario Prefettizio

(Ing. E:Frattarelli)

 

AGGIUNGI BELLONI (Intorno alla metà di aprile…….)

I Comandanti delle diverse Brigate si tengono pronti.

 

Cozzi Mario “Pino”

 

            A quel tempo io comandavo  la Garibaldi di Legnano, di Gorla Maggiore, di Olgiate Olona, Marnate, Castellana e Fagnano.

            Il Vicecomandante era l’Ing.Pensotti, il  Capo di Stato Maggiore era l’avvocato Carlo Tinelli marchese di Gorla, il Commissario era il Ten. Angelo di Canegrate e il Vicecommissario era Achille Moschini.

            Nella zona di Olgiate operava la Brigata 101; la comandavo io ed avevo circa settecento uomini alle mie dipendenze.

            Ma occorreva rifornirsi di armi e quindi ci sono azioni dei Partigiani  a questo scopo.

            Mario Cozzi “Pino”

 

Dopo la mia esperienza con Cino Moscatelli in montagna,dove ero fuggito  dopo l’assalto al deposito di armi e munizioni sui Cinque Ponti,  ero stato mandato a Comandare la Brigata 182^ Venegoni a Legnano.

            Nel mese di marzo 1945  ricevetti un messaggio segreto nel quale mi si ordinava di aspettarmi un lancio di armi nella zona di  Gorla Maggiore.

 

Un lancio di armi atteso ma non attuato

 

                        18 APRILE 1945

 

Questa data segna un punto strategico della lotta partigiana nella Valle Olona.

Mario Cozzi “Pino” racconta che siamo alla vigilia del 25 aprile 1945 e  che riceve da Aldo Icardi un messaggio urgente e segretissimo. Aldo, che firma il messaggio, è nella zona di Busto per  mantenere i collegamenti tra  le formazioni partigiane e  l’azione degli Alleati.

Si tratta di un lancio di armi assai consistente che dovrebbe  dare l’ultimo  colpo di grazia alle forse nazi-fasciste operanti nel nostro territorio.

La zona più indicata per questa azione militare è quella attorno a Gorla Maggiore perché pianeggiante , perché circondata da boschi e lontana  dalle  abitazioni.

Prima delle indicazioni  per un lancio sicuro, Aldo  Icardi fa una lista dettagliata degli armamenti che verranno paracadutati.

Si tratta di 800 mitra – di 300 Brem –  di 500 Rivoltelle automatiche – 1.500 bombe a mano Sipel – pallottole  per mitragliatrici 12,7 e 7,7 –  10 lanciafiamme.

Le disposizioni per ricevere  il lancio sono:

  1. Organizzare un servizio di ascolto a Radio Londra a cominciare dalle ore 14,30 del 18/4:
  2. La frase convenzionale da usare è “Luce del mattino”
  3. Durante il lancio gli aerei eseguiranno azioni di disturbo:
  4. Luce intermittente in alfabeto Morse della lettera Q da trasmettere da terra agli aerei
  5. Risposta dall’aereo, sempre in alfabeto Morse, con la lettera Z
  6. Disposizione delle batterie in modo da formare un rettangolo sul terreno di m. 150 per m. 200.
  7. In presenza di vento occorre segnalarlo con delle luci poste su un lato del rettangolo in modo che sia visibile dall’aereo che deve effettuare il lancio;
  8. Far in modo che il luogo del lancio sia segreto
  9. Al termine del lancio e del recupero delle armi occorre darne immediata relazione al Comando Alleato. (1)
  1. Da “Appunti per una storia della Resistenza gorlese” op. citata – pag. 29             Il lancio non avvenne e Mario Cozzi “Pino “ se ne rammaricò fortemente perché non ne ebbe spiegazioni plausibili, dato che ormai le forze partigiane erano coordinate per l’attacco finale
  2. Mario Colombo:
  3. Scannerizzare il foglio

In realtà si era ormai vicini al fatidico 25 aprile, anche se nessuno ancora sapeva esattamente la data della Liberazione, e gli Alleati avevano ormai pianificato la strategia di attacco alle forze nazi-fasciste, che si trovavano impegnate sui diversi fronti di guerra.

 

Qualcuno ipotizzò anche  un ripensamento da parte degli Alleati; quelle armi , alla vigilia della Liberazione, potevano forse diventare un pericolo in mano a tanta gente che avrebbe  potuto usarle anche in modo improprio, una volta ottenuta la libertà .

 

 

 

Giancarlo Colombo

            Qualche giorno prima del 25 aprile, una sera si presentano nella Villa Restelli alcuni uomini mascherati che ci impongono di consegnare delle armi. Ci fanno schierare tutti contro il muro e si riforniscono. Poi ci perquisiscono e non si accorgono , o non vogliono accorgersi per non dare nell’occhio, che io tengo in tasca una piccola pistola placcata in argento, che mi era stata regalata dal Maggiore Pirrone . Alla scena è presente un addetto alla cucina, che guarda spaventato il tutto.

            Poi questo Gruppo prende le armi,  scende la scalinata ,sul retro della Villa ,che  degrada sulla  Via Mulino del Sasso  e che porta al mulino del Bianchi.

            Al cancello della Villa c’è una gettata di cemento che permette  l’uscita; sotto c’è un tunnel  nel quale questi Partigiani nascondono le armi.

Ci sono circa 20 fucili a quattro o cinque casse di munizioni, che per portarle ci vogliono  due persone

            Il giorno dopo vengono prelevate e  nascoste nella chiesetta di S.Genesio, che si trova sull’angolo della discesa che porta a Marnate.

            Si dice che poi furono portate a Milano.

Il giorno dopo venne da Milano il Quinto Battaglione Azzurro ed io fui portato  nella caserma dell’aeronautica di Lonate Ceppino.

 

Il fratello Mario Colombo completa e arricchisce l’avventura.

 

            “Molto probabilmente quel gruppo di Partigiani era della Brigata Garibaldi, della quale mio fratello faceva parte;inoltre sembra che solo uno fosse mascherato ed era uno di Olgiate ; mio fratello lo conosceva bene ma   era sconosciuto agli altri, essendo avieri non residenti in paese.

            Giancarlo sbriga con poche parole il fatto dell’’ispezione che venne da Milano il giorno dopo.In realtà i fatti si svolsero così.

            Il Battaglione Azzurro era dell’aeronautica, una specie di Decima MAS , di Brigate Nere della Polizia Fascista. Era un Corpo temutissimo.

            Tutto il personale viene schierato per l’interrogatorio circa  la rapina delle armi.

            Naturalmente tutti negano di conoscere i componenti della banda ma l’addetto alla cucina, che aveva assistito alla scena,interviene  dicendo ingenuamente  a mio fratello :” Fortunato te che non ti hanno trovato addosso la pistola”

            A  queste parole il Comandante il Battaglione Azzurro accusa mio fratello di complicità per il possesso di un’arma che non doveva avere e lo porta in prigione a Lonate Ceppino. Qui c’erano i prigionieri e c’era anche la camera di tortura. Io l’ho vista , aveva tutti i muri sporchi di sangue.

            Comunque il giorno 25 aprile , il Galbersanini e  il Dino Segatto con la macchina del dott. Fraenza lo prelevarono da lì e lo riportarono sano e salvo a Olgiate, portandosi dietro anche le armi”.

 

 

                                   IL 25 APRILE 1945

 

 

Mario Colombo

 

            Per  quanto riguarda la data della Liberazione  nessuno sapeva esattamente quale sarebbe stato il giorno dell’insurrezione.La mattina del 25 aprile giunse per radio la notizia che gli Alleati avevano superato la linea del Po e stavano risalendo verso Nord.

            Nella nostra zona, partendo da Busto Arsizio, ci fu un primo movimento nella mattinata e la gente cominciò a riversarsi per le strade.

 

Giannino Galbersanini – Giuseppe Menzaghi – Ambrogio Castiglioni

 

            Nessuno si aspettava che sarebbe successo qualcosa quel giorno però abbiamo cominciato a prepararci.Gli avieri che c’erano nella Villa Restelli avevano paura e i tedeschi non uscivano più dal magazzino.

Abbiamo tirato fuori le armi che avevamo nel Circolo Verdi; tenevamo nella legnaia sotto la tettoia dei moschetti.

            Nella palestra si tenne una riunione per sapere che  cosa si doveva fare.. poi si andò su a Fagnano e a Solbiate per fare l’inquadramento con il Comandante Lago, per andare all’attacco dello Stabilimento (del Tognella). (1)

 

  1. N.Spagnoli “Olgiate Olona e la Resistenza pg.52.

 

            Al mattino presto io e la Sig:na Amelia Castiglioni siamo partiti in bicicletta per Milano allo scopo di chiedere  al C.L.N.A.I.  che cosa si doveva fare del magazzino tedesco una volta arrivato il momento giusto.

            Percorrevamo l’autostrada, perché allora si poteva fare e a Legnano abbiamo visto  un gruppo di Partigiani che assaltavano la caserma della Brigate Nere che tutti stavano saccheggiando, compresi gli operai che andavano al lavoro.

            Noi ci siamo impauriti temendo l’arrivo dei tedeschi e dei fascisti che avrebbero fatto una rappresaglia e siamo proseguiti per Milano. Arrivati lì siamo andati dal prof. Gasparini, in Viale Sardegna,  e gli abbiamo spiegato che non volevamo si ripetesse quello che era successo , cioè il saccheggio del magazzino, avvenuto l’8 settembre 1943.

            Egli allora ci presentò ad un pittore, uno dei capi del C.L.N.,  che ci accompagnò presso la ditta Borletti dove ci dissero di aspettare nuovi ordini.

            Andiamo versi una trattoria e durante il cammino vediamo una colonna di camionette tedesche che va verso l’Arcivescovado.

            Su una di quelle c’era Mussolini che fuggiva per espatriare.

            Dopo aver mangiato,  ritorniamo dalla ditta Borletti dove ci dicono di tornare subito a Olgiate perché c’è l’ordine di insurrezione; al magazzeno ci si sarebbe pensato dopo. (1)

 

  1. N.Spagnoli “Olgiate Olona e la Resistenza” pgg. 50..52
  2.             Nella nostra zona, partendo da Busto Arsizio, ci fu un primo movimento nella mattinata e la gente cominciò a riversarsi per le strade.

Carlo Ferrari

 

            Il 25 aprile io ero pronto.lo sapevo che sarebbe successo qualcosa perché la radio, che avevo in casa di nascosto, mi dava tutte le notizie.

            Allora sono andato dal Presidente del C.L.N., rag.Macchi, e gli dissi che ero pronto con i miei uomini. Li disposi in gruppetti, parte sulla stradina dell’oratorio vecchio, parte in giro con noi e altri sulla costa di S.Antonio. Un gruppetto era stato messo anche sulla Via Diaz, all’incrocio con Via per Fagnano dove c’era la Stazione Radio. Lì aspettavamo i Partigiani  della Valdossola che dovevano arrivare  Noi non eravamo armati tranne uno che aveva una vecchia pistole della Prima Guerra Mondiale.

 

Luigi Albè

           

            Il rag. Mario Albè, che durante la Resistenza si era tenuto nascosto presso la zia Luigina di Olgiate, il giorno del 25 aprile venne dalla Via Diaz con un gruppo di partigiani per prendere ordini dal C.L.N. che aveva occupato il municipio.

 

Dr.”Pippo” Giuseppe Belloni

 

C’é un’improvvisa fioritura di fazzoletti rossi al collo delle persone di ogni ceto ceti. La mattina stessa del venticinque, verso mezzogiorno, avevo visto piombare in cortile la Idelca, che tornava da Saronno, dove lavorava. Era, come il solito, in bicicletta ma agghindata in modo pittoresco. Disse che lungo la strada era un fermento di gente con fazzoletti rossi al collo, armata in modo assai eterogeneo che sostava ai bordi delle strade in attesa del passaggio di qualche colonna tedesca o fascista.

Le voci sugli spostamenti di fantomatiche colonne si susseguono con ritmo frenetico e nella maggior parte dei casi si tratta di falsi allarmi che, comunque, eccitano la folla. Idelca era stata fermata da un gruppo di partigiani scesi dall’Ossola che le avevano fatto indossare un berretto militare con la stella rossa e le avevano messo al collo un fazzoletto dello stesso colore. Devo dire che così agghindata faceva proprio un bel vedere.

Nella tarda mattina del 26 castellanza viene attraversata da una colonna tedesca che si dirige verso il confine svizzero seguendo la statale del Sempione. Alla Cascina del Buon Gesù, partigiani dell’Ossola e alcuni gruppi locali allestiscono un posto di blocco, ponendo dei carretti e delle masserizie di traverso sulla strada a formare una barricata. Il nonno del mio amico Sergio decide di partecipare all’azione. Il nonno Dé, come veniva famigliarmente chiamato, durante la prima guerra mondiale rivestiva il grado di sergente maggiore degli Autieri ed aveva la responsabilità di un parco macchine che, durante la ritirata di Caporetto, aveva dovuto giocoforza abbandonare al nemico austro-tedesco. Di questo episodio si rammaricava spesso con noi che lo prendevamo bonariamente in giro. Forse fu anche un desiderio di riscatto che lo indusse ad andare in solaio a recuperare un vecchio revolver a tamburo, un’arma da borsetta con il calcio di madreperla, caricarla, e d appostarsi al riparo dell’angolo del muro di cinta del giardino, a una decina di passi dalla barricata. La colonna tedesca formata da alcuni camion preceduti da un blindato, si ferma ad alcune decine di metri dall’ostacolo. Dalla mitragliera del blindato, puntata verso l’alto viene sparata una raffica di avvertimento. I Partigiani, appostati negli stabili che fiancheggiano la barricata rispondono al fuoco. Non appena si è spento l’eco degli spari il nonno Dé punta la sua pistolina verso il blindato e: pim! Pim! Spara due colpi a breve intervallo contro il blindato. A quel punto i Tedeschi alzano bandiera bianca e dopo un breve incontro con una delegazione di Partigiani decidono di arrendersi. Nessuno riuscì mai a togliere dalla testa del nonno Dé che erano stati i due colpi di pistola a costringere i tedeschi alla resa. L’episodio di Caporetto era stato riscattato e il suo onore reintegrato.

 

 

 

Capozza Giovanni (Segretario Comunale)

 

            Non appena veniamo a conoscenza dei fatti che stavano precipitando radunai i miei collaboratori e decidemmo di continuare il nostro lavoro.

            Ad una certa ore dal mattino si presentano  in Comune il rag. Macchi, i signori Carlo Ferrari, Nino Morelli e Angelo Borsetta. Noi ci alziamo in piedi per sentire cosa dovevamo fare..

            Il rag. Macchi mi si avvicina, mi stringe la mano e mi dice di continuare il lavoro. Fui felice di quell’atto di stima e di correttezza nei miei confronti.

 

Angelo Borsetta

 

            Quella mattina il CLN entrò in Municipio, ne prese possesso ed allontanò immediatamente il Commissario Prefettizio Frattarelli e sua figlia e confermò la fiducia al Segretario Comunale, rag.Giovanni Capozza ed ai suoi collaboratori.

            Si trattava adesso di mettersi in contatto con il Comando Tedesco in Valle per trattare la loro resa. Telefoniamo giù intimando di consegnare le armi ma ci rispondono che non possono prendere decisioni dato che il il loro Comando di Legnano non risponde alle chiamate.      

 

Mario Colombo

            Erano circa le nove e mezza quando è venuto in Villa Restelli un gruppo di uomini che hanno piazzato una mitraglia, una Breda settantacinque,  quella che mio padre aveva sepolto in giardino con u fucili dopo l’8 settembre, e l’hanno piazzata verso la strada che scendeva  al mulino  perché temevano che i tedeschi potessero salire da lì per entrare  in  paese. Ero ancora un ragazzo.

            Quel giorno il Comandante Lago si impossessò delle prime armi, tolte ai fascisti , vicino alla Caserma “Mara”. Stava per entrare nella caserma quando sopraggiunge un camion carico di fascisti armati; lui senza armi né niente fa segno loro di fermarsi perché “sono circondati da partigiani”, cosa non vera, e “di  arrendersi , mentre dà ordini a destra e a sinistra di prepararsi a combattere” In realtà sono solo in quattro o cinque. I fascisti si arrendono e consegnano le armi.

 

            Quindi incominciano  scontri isolati ma tutti convergenti ad un unico fine: liberarsi dai  nazi-fascisti.

 

“Il 25 aprile (……) nel bustocco infuriano gli scontri. Alcune colonne tedesche marciano da Cascina Costa dirette verso Somarate (…….) La battaglia vede di fronte i Partigiani del “Gruppo Valle Olona della 102 Brigata Garibaldi a reparti germanici. (….) Carlo Moltrasio e Gian Battista Danieli, entrambi ventenni, cadono a Olgiate Olona e a Fagnano,

rispondendo al fuoco dei tedeschi (1).

 

  1. Franco Giannantoni in “Fascismo, guerra e società “…… pg 555.L’azione contro il Comando tedesco, dopo il rifiuto di resa, diventa pressante. Le Brigate Garibaldi e Costanzia si posizionano in luoghi strategici al fine di controllare tutta la zona e di impedire la fuga dei tedeschi asserragliati nel Bustese del Tognella.

Angelo Borsetta

 

            C’erano alcuni punti di osservazione partigiana: uno era ad est sul campanile della Chiesa della Madonna di Marnate, un altro era sulla costa del Pignone (lato ovest), un terzo era sul campanile della Chiesa di S.Antonio (lato nord).

 

 

 

 

 

Foto planimetria colorata di Mario

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Carlo Ferrari

 

           Allora una parte dei partigiani li ho mandati giù per entrare nello stabilimento della Sanitaria ed anch’io sono entrato di lì. Qualcuno di Fagnano era già entrato dal cancello e ci siamo trovati  fronte.

 

Giovanni Galbersanini – Ambrogio Castiglioni – Olga Banfi – Angelo Borsetta

 

            Noi siamo arrivati dalla discesa di S.Antonio poi siamo girati dietro alla casa operaia (il Pignone) e abbiamo attraversato l’Olona; qualche altro è entrato dal cancello dello stabilimento.

            Ad un certo punto un soldato tedesco viene ferito ed il Comando tedesco telefona in Municipio chiedendo l’intervento del dott. Fraenza che si fa accompagnare da Don Zappa; scendono sventolando un drappo bianco ma vengono sfiorati da colpi d’arma da fuoco. I colpi probabilmente  partivano dalla costa di  Prospiano, sopra il bunker; forse quei militari non sapevano il perché del movimento di quelle due persone.

            Quel giorno, alla sera, uno di Fagnano era stato colpito a morte mentre passava da un riparo all’altro

            Olga dice “Quel partigiano ferito a morte l’ho tamponato io, l’ho fasciato e l’ho portato all’ospedale di Busto”.

 

Solo verso sera confluirono verso lo stabilimento anche i partigiani che erano appostati sulla costa di Prospiano.

 

Angelo Borsetta – Giovanni Galbersanini

 

            Alla sera un camion che proveniva da Legnano carico di tedeschi incominciò a sparare lunga la strada che conduceva al Comando tedesco., poi scese per Via Isonzo.

            Prima però buttarono anche due bombe a mano nella palestra, senza colpire nessuno.

            Infine entrarono nello stabilimento e sono rimasti chiusi dentro con i partigiani che erano entrati prima.

 

Dr. “Pippo “ Giuseppe Belloni

 

La mattina del 25 Aprile ottengo da mia madre, dopo lunghe insistenze, il permesso di fare un giretto per il paese. Ben coperto, anzi imbacuccato come in pieno inverno, mi avvio verso la piazza e noto un movimento di uomini con il fazzoletto rosso al collo, che impugnando armi da fuoco di ogni tipo, dai fucili novantuno ai revolver da borsetta con l’impugnatura di madreperla, si incamminano a piccoli gruppi sulla strada dell’Oratorio.

Incontro il mio amico Lorenzo, detto Orel, e decidiamo di seguirli. In parte si dirigono verso le case popolari del Pignone, altri scendono per la scarpate che fiancheggia la discesa verso la Valle e, camminando curvi, costeggiano il terrapieno dell’Olona verso il cotonificio dov’é la sede del Comando tedesco. Orel mi da di gomito e mi dice:

“Guarda chi c’è”

“ Ma quello lì è il Giampiero. Ma guarda com’è messo.”

Si tratta dell’avanguardista che ci faceva le esercitazioni al sabato fascista e che ora porta un vistoso fazzoletto rosso al collo. Con lo stesso cipiglio di un tempo ci impone di non muoverci dal riparo del un muro di cinta. Pare che i tedeschi abbiano armato una mitragliera da venti millimetri sulla costa di Prospiano e che sparino a raffica su tutto quello che si muoveva. Di lì a poco sopraggiunge un gruppetto di armati che scortano alcune persone munite di bandiera bianca. Gli armati si fermarono presso di noi mentre gli altri proseguono per la discesa. Tra di essi riconosciamo il parroco don Zappa e il dottor Fraenza, il medico condotto. Sentiamo dire che i Tedeschi in una precedente scaramuccia hanno avuto dei morti e dei feriti e hanno richiesto l’intervento di un medico. I partigiani approfittano dell’occasione per inviare una delegazione che tratti la resa. Dopo qualche minuto sentiamo il crepitio di una raffica di mitragliera e vediamo la delegazione dei parlamentari precipitarsi dietro il muretto.

“Quelli sparano!” dice il dottore. Il Parroco è piuttosto pallido e respira con affanno.

Domenico Colombo. il capo degli armati è arrabbiatissimo e grida:

“Questa ce la pagate, maledetti! Presto qualcuno telefoni al comando e dica che il medico se lo possono scordare.”

Si riesce a stabilire un contatto telefonico con i Tedeschi. Apprendiamo in seguito che il comando non ha potuto avvisare gli addetti alla mitragliera, che si trovano isolati nel bunker e quelli, notato il movimento sulla discesa, hanno aperto il fuoco. I Tedeschi vogliono comunque maggiori garanzie per arrendersi.

Durante tutta la giornata si scambiano solo dei colpi con armi leggere e con  il buio cessa ogni attività.

 

 

Mario Colombo

            Il giorno 25 aprile io avevo quindici  anni ed abitavo nelle Villa Restelli ; ad un tratto  due aerei , che la gente chiamava “Pippo”e che avevano la missione di mitragliare i camions tedeschi sorvolarono la zona per individuare eventuali truppe tedesche dirette al confine.

 

Da “Appunti per una storia della Resistenza Gorlese” di Annalisa Castiglioni e Daniele Mantegazza. –Arti grafiche Gallo , Vercelli – 2003. pag. 34.

 

            Una  folla era radunata in piazza  e salutava un camion carico di uomini che volevano portare aiuto e rinforzi ai partigiani di Legnano.

            “Intanto nel cielo volteggiavano due aerei alleati, i soliti aerei che da qualche tempo perlustravano l’intera zona del Varesotto (….) Gli aviatori dall’alto individuano il camion pieno zeppo di uomini, li scambiano per un veicolo militare nemico e uno degli aerei si abbassa e mitraglia il convoglio che aveva percorso poco più di un chilometro dal luogo di partenza, la Piazza di Gorla Maggiore. (…) Il camion  sbanda e si ferma in bilico sul ciglio della strada (….) gli uomini  (..) vengono falcidiati dai colpi. E’ una strage. Non solo vittime innocenti ma di uomini e giovani che andavano a combattere per liberare un pezzo d’Italia dall’occupazione nazista.”

 

 

 

 

 

 

 

 

FOTO  CARTOLINA MARIO’

 

Mario Colombo

 

            Quel giorno io scattai una fotografia di uno di loro dal balcone della Villa Restelli, senza sapere ancora che avevano mitragliato, per errore, un camion di persone che esultavano per il fatidico giorno della Liberazione.   Ho dimenticato quella foto per diversi anni ma quando divenni Presidente dell’A.N.P.I. di Gorla Minore e mi dedicai alla ricerca di documenti che legavano la nostra zona alla Resistenza, mi sono ricordato di quella foto che risultava solo come  un puntino. La feci ingrandire millecinquecento volte ed apparve l’aereo che aveva compiuto quel terribile errore, diversi anni prima, uccidendo persone innocenti.

 

 

 

 

 

FOTO AEREO

 

 

 

 

 

 

ALDO ICARDI

 

Il 25 aprile riporta alla ribalta il nome di ALDO ICARDI. l’italo-americano, ufficiale di collegamento tra le formazioni partigiane della Valdossola e gli Alleati durante la Resistenza, come già detto nel capitolo delle Formazioni Partigiane.

Questo protagonista della Resistenza, nei primi mesi del 1944 si sposta dal Lago d’Orta nella zona di Busto Arsizio e dintorni.

 

 

 

 

 

 

 

Mario Cozzi “Pino”.

 

            “Io lo incontrai a Mezzomerico e lo salutai con il pugno chiuso ed il braccio teso, come Comandante di una Brigata Garibaldi.Lui mi ha guardato con distacco e non ha risposto al mio saluto.militare.

            Da quel momento non ci siamo più rivisti se non il 25 aprile, a Busto, quando fui fermata la colonna. Stamm.”

           

A Busto ebbe contatti con molti personaggi della Resistenza, come Luciano Vignati, , con Giovanni Martora “Albertino” e con altri che con lui prepararono il 25 aprile, giorno della Liberazione.

            A Busto Arsizio aveva l’appoggio di un certo Don Carlo “Cassandra”, come dice nelle sue memorie  ,cappellano della Provvidenza, che lo aiutò a piazzare le antenne della radio clandestina stendendole sui fili per la stesa dei panni ad asciugare.

            Queste antenne dovettero però essere ritirate velocemente non appena si intuì che i tedeschi ne avevano localizzato la postazione.

            Nessuno però ricorda questo Don Carlo “ Cassandra”, nome che poteva essere di copertura. Probabilmente Icardi lo confonde con  Don Ferdinando Mercalli  (detto Don Carlo), che era cappellano della Provvidenza in quegli anni.

            Un altro personaggio, ben ricordato a Busto            e che aiutò Icardi nella sua azione, fu sicuramente Pierino Solbiati che lo ospitò nella sua fattoria “La Campagnola” in quel di Borgo Ticino, dove ebbe sede il Quartier Generale dell’Operazione Chrysler, mentre Icardi era in zona operativa da noi.

 

 

 

 

 

 

 

FOTO CAMPAGNOLA

 

 

 

 

 

Qui venne in contatto con Don Giuseppe  Ravazzani, altro personaggio della  Resistenza bustocca, che si recava nella fattoria per celebrare la messa domenicale.

 

 

Gemmi Giovanni, di Borgo Ticino, ricorda che i figli di Solbiati chiamavano Icardi con l’appellativo di ” zio “perché lo ritenevano della famiglia, non sapendo che invece era un Comandante  americano   con copertura segreta.

Qui venne in contatto con Don Giuseppe  Ravazzani, altro personaggio della  Resistenza bustocca, che si recava nella fattoria per celebrare la messa domenicale.

Il giorno 25 aprile  Icardi si presentò alla “”Campagnola “ e disse ai figli di Solbiati :”Da questo momento non chiamatemi “zio” ma  “capitano” ….. spiegando loro chi fosse  lui veramente.

 

 

 

Mario Colombo

 

“E il 25 aprile Icardi prese in mano la situazione a Busto nella trattativa con il Comandante tedesco “”Stamm”, da cui prese il nome la “colonna” da lui comandata. Comandante che subito dopo si suicidò.

Lo stesso giorno del 25 aprile Icardi  scrisse  il PROCLAMA DELLA LIBERAZIONE  DELL’ITALIA A TUTTO IL MONDO, letto alla Radio Alto Milanese  (ex E.I.A.R.)  dal Colonnello Oggioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

AUTOGRAFO DEL PROCLAMA

 

 

 

 

 

 

“Il fatto dell’occupazione della Stazione Radio da parte delle Forze Partigiane ha bisogno di una precisazione.

Il Comando della Stazione Radio di Via Mentana n. 17, in Busto Arsizio, fu occupata dal Gruppo Alto Milanese “Alfredo di Dio” mentre la stazione trasmittente  dell’ E.I.A.R., posta nel territorio di Olgiate Olona, fu occupata dalla Brigata Garibaldi.

 

Subito dopo Icardi fu esaltato con grandi festeggiamenti a Busto  che gli diede anche la cittadinanza onoraria.

 

 

 

 

 

 

 

METTERE FOTO festeggiamenti e cittadinanza

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quando ritornò in America fu insignito della “Legion of Merit” ed in Italia il Governo lo fregiò con la medaglia d’argento al Valor Militare.

Nel 1953 , dopo aver conseguito la laurea in Giurisprudenza negli Stati Uniti, fu accusato in Italia di aver ucciso , durante la Missione Chysler, il suo Comandante il maggiore Holohan per impossessarsi del suo denaro.

Accusa infamante della quale non potè mai discolparsi e per la quale fu condannato all’ergastolo in contumacia.

Ferruccio Parri, che lo conosceva bene, avviò la pratica per  la revisione del processo ma la caduta del suo Governo bloccò il tutto.”

Oggi Mario Colombo, amico carissimo di Icardi e suo estimatore, sta riproponendo la revisione del processo e dice che non possiamo dimenticare ALDO ICARDI per il grande ruolo che ha avuto nella Storia della Resistenza  e della Guerra Partigiana.

 

 

IL 26 A P R I L E

 

Giuseppe Menzaghi – Angelo Borsetta – Giovanni Galbersanini – Giancarlo Colombo – Ambrogio Castiglioni

 

            Dopo la sfuriata del 25 aprile stavamo molto attenti, ciascuno sulle proprie postazioni: la Brigata Garibaldi, comandata da Antonio Lago e la Brigata Costanzia.

            I tedeschi erano sempre trincerati nello stabilimento e noi si sparava giù ma sapevamo anche che sulla costa di Prospiano sopra il bunker,c’era una mitragliatrice da 22 mm.

            Loro però erano tutti sotto tiro dei Partigiani, anche perché qualche gruppo era già entrato nello stabilimento il giorno prima .

            Infatti ad un certo punto questi spararono e uccisero cinque tedeschi che saranno sepolti nel Cimitero di Olgiate. E furono mandate in Germania le loro targhette di riconoscimento così che qualche anno dopo le salme furono  riportate in Patria.

            Occorreva un mortaio per poter sparare sui tedeschi trincerati sopra il bunker  e allora decidemmo di andare alla “Canazza” di Legnano per prenderne uno; ci serviva o il 45 oppure l’81

e ci andammo con la macchina del Mario Ferioli; ci rifornimmo mica male di armi e del mortaio che portammo a Olgiate piazzandolo al Pignone, da dove si controllava tutta la zona dello Stabilimento del Tognella, in Valle.

            Colombo chiarisce che nessuno sapeva usare  quel  mortaio e quindi lui si rivolse ad un amico detto “Sepina”, che faceva il postino a Busto, e quello lo piazzò ed insegnò come usarlo.

Ma per prendere la postazione della mitragliera occorreva avvicinarsi perché il mortaio dal Pignone non raggiungeva l’obbiettivo.

            E allora  Galbersanini se lo caricò in spalla, scese dal sentiero a gradini che portava in Valle e che serviva agli operai del Pignone per andare e tornare dal lavoro, risalì la ripida scaletta che portava a Prospiano, c’è tuttora, e piazzò il mortaio nell’Oratorio. Dopo qualche colpo i tedeschi si arresero.

 

 

 

 

FOTO SCALETTA (mio libro)

 

 

 

 

 

A questo punto  ci furono scontri nello stabilimento con  dei feriti ed un morto; anche noi però avemmo qualche ferito leggero. Menzaghi  aggiunge che i morti furono forse cinque.

I tedeschi allora , erano una trentina  più il loro Comandante, si arresero.

Il Comando però avevano minato il bunker e buona parte dello Stabilimento, collegando tra loro le cariche esplosive e le spolette con una centralina di comando per l’autodistruzione.

Noi abbiamo provveduto a far disinnescare  dalla Società “Lombarda” tutto l’impianto.

Dopo la resa i tedeschi furono portati in Palestra (il salone attualmente occupato dalla Palestra della  Scuola Media)

 

Olga Banfi.

 In Palestra furono fatte confluire anche donne che avevano collaborato con i tedeschi e con i fascisti ed io fui  incaricata di tagliare loro i capelli…..mi rifiutai. (1)

 

1) N. Spagnoli :” Olgiate Olona e la Resistenza” pgg.60 – 62.

 

Dr. “Pippo” Giuseppe   Belloni

 

Alcuni, in paese, volevano punire Franca Ganna, una splendida donna che in seguito divenne una modella per riviste di moda. Secondo loro aveva avuto stretti rapporti con gli occupanti. Ma intervennero con tempestività i componenti del CLNAI che ne presero le difese e la additarono alla popolazione come un esempio di comportamento valoroso, avendo in diverse occasioni corso dei gravi rischi per strappare ai Tedeschi delle persone che stavano per essere deportate o, addirittura, fucilate.

 

Carlo Ferrari – Giovanni Galbersanini

 

            Dopo il 26 aprile  la  popolazione entrò nel magazzino ed asportò generi alimentari e altro materiale, finchè il C.L.N. proibì il saccheggio, fecero prendere la roba dai camions e la fecero portare in una costruzione che occupava una parte dell’area dei giardini accanto alla Villa Sciapira, di fronte alla Scuola Media  (la costruzione era l’Ammasso dove confluivano i generi che dovevano essere consegnati alle autorità dopo la loro requisizione  ai tempi del Regime.Oggi non esiste più ndr.)

            Questa “roba” veniva così distribuita alla gente ed ai militari che tornavano a casa e “che avevano  fatto una vita da canaglia.”.

 

Giancarlo Colombo

           

            In seguito il Comandante Lago mi mise in Ufficio a fare i  “Buoni di prelevamento”. Io conoscevo ogni tipo di merce e quindi son venuti diversi Gruppi di Partigiani  cosicché con l’aiuto del Parroco e del CLN abbiamo distribuito la popolazione, anche tramite i miei fratelli che abitavano nella Villa Restelli,  sacchi di riso e pasta del peso di circa 30 Kg. ciascuno e anche qualche forma di formaggio. Allora c’erano ancora le tessere annonariE.

            In seguito i Dirigenti della Filatura ci chiesero di lasciar liberi i capannoni per poter riprendere il lavoro e così l’ufficio della distribuzione si trasferì a Fagnano dove il Lago aveva la fonderia “Fratelli Lago”.

 

Dall’archivio privato di Aldo Tronconi di Solbiate Olona

Una dichiarazione del Comandante Lago riguardante i combattimenti al magazzino di Olgiate Olona.

                       

 

“OMISSIS

                                   Nel pomeriggio partimmo per Olgiate prendendo posizione nei pressi dell’armatissimo presidio del magazzino che si  trovava in Valle presso la Filatura S.Antonio (ul Tugnela) e aprimmo il fuoco contro i soldati germanici trincerati all’interno.

            Alle 18 circa le ostilità vennero sospese per inviare sul posto un sanitario chiesto a mezzo telefono dai Tedeschi per curare due loro feriti.

            Si tentò ripetutamente di invitare  il Comando ad arrendersi per evitare inutili spargimenti di sangue, ma inutilmente.

            Tutta la notte si combattè con accanimento contro il Presidio.

            Il mattino del 26 (aprile 1945) , con l’aiuto di un mortaio, si riuscì a neutralizzare la mitragliatrice da 22 mm. e costringere, verso le 11,30, alla resa incondizionata l’intera guarnigione.

            In questo combattimento parteciparono anche Partigiani della 18^ e 28^  Compagnia della Brigata Costanzia di Castellana  ( era presente , in primo luogo, la Compagnia della Brigata Costanzia  Olgiatese  ndr.) e cadde il garibaldino Moltrasio di Fagnano.

            Da  parte nemica si contarono 5 morti e 4 feriti. Diciotto furono i prigionieri.da noi catturati.

OMISSIS….   

 

 

Mario Colombo

 

            Mio fratello ha formato con il Comandante Lago un ufficio a Fagnano che divenne il Centro dell’organizzazione dopo la Liberazione.

            Qui faceva i Buoni di Prelevamento per la distribuzione delle merci tenute nel magazzino perché lui era pratico e quindi firmava personalmente le consegne fatte.

            Succedeva anche venissero dei Partigiani  a chiedere rifornimenti; magari non erano neanche partigiani ma erano armati e allora  preferiva consegnare la merce senza discutere.

 

Generi di sussistenza venivano forniti anche a Enti Assistenziali e a Ospedali,come risulta da questo documento.

 

 

 

 

Foto consegna ospedale

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Alla fine di Aprile giunge al Comune  un

 

COMITATO DI LIBERAZIONE ALTA ITALIA – MILANO

FONOGRAMMA prot.n. 1270

 

AL COMUNE DI OLGIATE OLONA      30/4/1945

“ Disporre che sia vigilato il magazzino ex germanico in attesa di controllo per rilevare giacenze, di cui siete personalmente responsabile.”

Ricevuto dal Segretario Comunale   – Camozza Giovanni.

 

 

Mario Colombo

 

            Nel mese di maggio del 1945 arrivò l’ordine di consegnare al C.L.N. tutte le armi ed il luogo di conferimento  per tutta la Valle era la Villa Restelli.

            Queste armi furono messe nella cucina della Villa e ogni giorno i carabinieri venivano a fare un sopralluogo per controllare, poi chiudevano la porta, mettevano i sigilli e se ne andavano.

Intanto era stato costituito il Gruppo della Polizia Partigiana del CLN nella Villa Restelli dove venivano portati e processati i Fascisti di tutta la zona.

Io stesso avevo al braccio la fascia tricolore con la scritta Polizia Partigiana  e facevo parte.

Della Brigata “Alfredo di Dio”.

            Dopo la Liberazione si incominciarono a formare i Partiti Politici: Partito Socialista,  Democrazia Cristiana, Partito Comunista e, come in tutta l’Italia ogni Partito cercava di portarsi a casa le armi perché si veniva da un periodo agitato e quindi c’era il timore che potesse ripetersi, per cui bisognava premunirsi, in caso di nuovi rischi.

I carabinieri, incaricati del controllo della armi in Villa, chiudevano sì la porta della cucina ma restava il “passapiatti”, uno sportello scorrevole attraverso il quale si passavano le vivande nella sala da pranzo.

            Il “ passapiatti “ era contenuto in un armadio, collocato proprio accanto alla porta sigillata; noi si entrava in questo armadio, si passava attraverso il passapiatti, prendevamo le armi e,sempre attraverso il  “passapiatti”, le consegnavamo ai diversi Partiti che ce le chiedavano, senza aprire la porta sigillata

 

 

 

 

 

 

METTERE FOTO OLGIATESI PARTIGIANI    (pg. 69)

( non ci sono tutti)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

RELAZIONE INVIATA AL COMANDO REGIONALE LOMBARDO IN MILANO DAL RAG. RUGGERO MACCHI, PRESIDENTE DEL C.L.N. OLGIATESE, NELLA QUALE SONO DESCRITTI I FATTI AVVENUTI AD OLGIATE OLONA NEI GIORNI 25 E 26 APRILE 1945.

 

COMITATO DI LIBERAZIONE NAZIONALE

OLGIATE OLONA

Olgiate Olona 12 gennaio 1946

 

AL COMANDO REGIONALE LOMBARDO  C.V.L.

UFFICIO STRALCIO-ARCHIVIO STORICO

Milano

  1. Albania 36

 

Copia del rapporto inviato al Comando Piazza di Busto Arsizio in data 26/4/1945.

 

Giunto in Olgiate Olona il noto ordine alle ore 9 circa del 25 corrente, questo Comitato provvide subito ad armare degli uomini per la tutela della sicurezza dei servizi pubblici e per garantire l’ordine interno. Ciò infatti avveniva senza il minimo incidente.

Verso le ore 10 del 25 stesso il Comando Germanico locale veniva telefonicamente invitato alle resa, ma questi respingeva l’invito e poco dopo apriva il fuoco contro nostri elementi.

Nel frattempo veniva inviata, nel deposito di artiglieria sita nei pressi del casello dell’autostrada di Busto Arsizio, una squadra di uomini che provvedeva a disarmare, senza colpo ferire, quel presidio e ad impossessarsi del materiale ivi esistente.

I prigionieri colà fatti sono stati accompagnati direttamente a codesta Comando.

Nella stessa azione i patrioti hanno disarmato 32 militi ferroviari che transitavano sull’autostrada a bordo di un’autocorriera , catturando tre  mitragliatrici pesanti, un fucile mitragliatore, 60 moschetti, casse di bombe a mano ed altre munizioni, che sono state usate per armare altri nostri uomini.

In tale circostanza i patrioti procedettero al fermo di 8 dei 32 militari che erano al comando del Capitano Marin Bruno, fu Luigi, che  in data odierna verranno accompagnati a codesto Comando.

Tutti i militi si sono arresi senza far uso delle armi ed hanno tenuto verso i nostri patrioti contegno corretto.

Mentre avvenivano queste due operazioni, elementi di questo Comando, di quello di Solbiate Olona, Fagnano Olona e Marnate, aprivano il fuoco contro i Germanici trinceratisi nell’interno del Comando posto a Valle nello stabilimento  Filatura S.Antonio  (era il Cotonificio Bustese del Tornella ndr.).

Il combattimento durava ininterrottamente fino alle 18.00 circa.

Durante l’azione questo Comitato, a mezzo telefono, invitava nuovamente i Germanici alla resa, promettendo ad essi l’incolumità personale ed il trattamento di prigionieri, secondo le convenzioni internazionali. Gli stessi però respingevano ogni nostra intimidazione.

Verso le ore 18.15 i Germanici chiedevano l’invio, in luogo, di un sanitario per curare due loro feriti. Questo Comitato faceva sospendere le ostilità ed inviava sul posto il medico condotto accompagnato dal Curato ( don Zappa ndr.) con l’incarico  preciso, oltre a quello di curare i feriti, di fare del tutto per convincere il Comandante tedesco ad accettare la resa, al fine di evitare inutile spargimento di sangue.

Anche questo tentativo a nulla valse e, subito dopo l’allontanamento del sanitario e del Curato, venivano riprese  le ostilità. (Dalle testimonianze risulta invece che sia il medico che il Curato furono fatti bersaglio di raffiche di mitragliatrice,  per cui  non poterono avvicinarsi allo stabilimento ndr.)

Per tutta la notte si combattè con accanimento contro il Presidio e stamane con l’ausilio di un mortaio,portato in linea  dai nostri patrioti, è stato possibile ridurre in silenzio le mitragliatrici pesanti (in realtà  c’era  una sola mitragliatrice  da 22 mm. sul costone di Prospiano ndr.) delle quali si servivano per difendersi..

Contemporaneamente i nostri uomini penetravano nell’interno e ,dopo aspri combattimenti ravvicinati, costringevano i tedeschi alla resa.

L’azione dei patrioti è stata energica e degna di elogio.

 

PERDITE NOSTRE                                     un morto ed un ferito

PERDITE NEMICHE                                  cinque morti, quattro feriti e diciotto prigionieri

 

I prigionieri saranno fatti accompagnare  presso codesto Comando in data odierna.

 

IL PRESIDENTE DEL C.L.N.

Ruggero Macchi

 

Mettere timbro

 

 

Dr.”Pippo” Giuseppe Belloni

 

La mattina del 26 un paio di boati diversi dai colpi uditi il giorno precedente ci fanno accorrere alla nostra postazione. I partigiani della Val d’Ossola e quelli locali si sono muniti di un mortaio da 81 e dopo due colpi sparati a forcella ne fanno cadere uno a breve distanza dalla piazzola. A quel punto “il nemico” issa bandiera bianca e anche gli uomini asserragliati nel comando si arrendono. I tedeschi disarmati , sono incolonnati e accompagnati tra due ali di folla alla palestra della scuola dove vengono rinchiusi nell’attesa di essere consegnati come prigionieri di guerra agli alleati che risalgono da sud. Vedendoli sfilare ci accorgiamo di quanto, disarmati, i Teutonici sono pateticamente malandati, tutti piuttosto anziani, alcuni menomati nel fisico o impauriti dalle escandescenze di qualche eroe dell’ultima ora che, rendendosi forse conto dello stato effettivo degli individui ai quali aveva leccato i piedi per anni, fa la faccia tanto feroce quanto era stata servile e ossequiente sino ad allora.

Il 27 giungono sporadiche notizie di quanto sta succedendo anche in altri luoghi della nostra regione. Verso sera si sparge la notizia che Mussolini in fuga travestito da tedesco è stato arrestato nei pressi di Dongo, sul lago di Como, da un Comando partigiano. Si dice che con lui siano stati arrestati la sua amante, Claretta Petacci, e alcuni gerarchi fascisti.

 

Dalle nostre parti sulla strada che porta a Saronno furono fucilati il giorno 26 alcuni fascisti accusati di essere i torturatori che agivano nei locali del circolo, detto “dei signori” di via Alberto da Giussano, a Legnano. Fra questi c’era il pediatra che si era preso cura della mia persona. Mi risultò molto difficile considerarlo un torturatore. Aveva risolto molti miei problemi di salute, alcuni dei quali anche complicati.

 

In molti Comuni, durante il ventennio, usava rendere omaggio  al Dittatore onorando la figura del fratello di questi, Arnaldo, morto di malattia in ancor giovane età. Ad Arnaldo Mussolini era dedicato un albero che veniva piantato nella piazza principale del paese. Nel nostro caso si trattava di un abete bianco, situato in una aiuola isolata sul lato nord della piazza principale. Si decise che, come simbolo del regime, andava abbattuto e si stabilì di farlo con dell’esplosivo.  Purtroppo, durante l’operazione, un partigiano si ferì seriamente e, col senno di poi, si disse che, visto che si trattava di un bell’albero,  si sarebbe potuto semplicemente ribattezzarlo.

 

 

 

 

 

 

Da “ LA RESISTENZA e il contributo delle Forze Armate alla guerra di Liberazione. Milanostampa  – Farigliano (Cn).

 

“Contributo delle Forze Armate regolari nelle guerra contro i tedeschi dall’8 settembre 1943 al 25 aprile 1945 nelle operazioni svolte in Italia e all’estero, esclusi i militari che operarono nelle formazioni partigiane:

 

ESERCITO                                       in territorio nazionale e in Corsica

 

3.227  morti

    1. dispersifuori del territorio nazionale
    1. morti
    1. dispersi

MARINA                              4.766    morti

  1. navi da guerra perdute
  1. navi mercantiliAERONUATICA                    138 morti
  1. velivoli perduti e 156 danneggiati

240 mila partigiani combattenti

55 mila partigiani caduti

33 mila partigiani feriti.

 

Un caduto ogni cinque combattenti. Nessun esercito vittorioso ebbe mai una percentuale di caduti così elevata.”

 

RELAZIONE DI “ TULLIO “ (Giannino Viganò) capo partigiano

 

Questa relazione è un po’ la sintesi delle diverse testimonianze raccolte. Si tratta della cronaca di quegli anni da parte di un capo partigiano che ha operato nella nostra zona.

 

Ecco come si combatteva per una Nazione nuova.

            Scappammo a casa dal servizio militare l’8 settembre per tornare con la nostra famiglia.

            Io avevo 22 anni e la mia abitazione, in quei momenti, era a Solbiate Olona proprio nelle vicinanze della Caserma Ugo Mara, che era stata occupata  dai tedeschi.

            Vista la possibilità di essere vicino ad un deposito di armi e di munizioni, cercai subito di mettermi in contatto con degli sbandati di Fagnano, Solbiate e Gorla Maggiore.

            Per i primi tempi lavorammo in segreto fra sbandati, poi allargammo i contatti anche ad altri paesi della Valle.

            Io ed altri amici ci siamo dati da fare per promuovere un movimento contrario al nazi-fascismo e si cominciò quindi a fare sabotaggi e a disarmare tedeschi e Brigate Nere, dopo che Mussolini aveva creato la Repubblica di Salò.

            Cominciò subito la vita difficile per noi che eravamo un piccolo gruppo e con nuovi arrivati. Si viveva nella più assoluta clandestinità e dividemmo la Valle Olona in diversi nuclei diretti da un Comandante.

            Il coordinamento era a Busto Arsizio, i contatti anche tra noi erano sporadici; usavamo dei nomi di battaglia e spesso non ci conoscevamo neppure tra noi.

            Per vivere dovevamo darci da fare in qualche modo; la popolazione capiva la nostra condizione e ci dimostrava molta simpatia e molta comprensione, aiutandoci a  sopravvivere e dandoci anche notizie a nostro favore. 

            Io che abitavo dirimpetto alla Caserma Ugo Mara, occupata dai tedeschi, mi feci amico di un gruppo di loro che erano stanchi e demotivati dalla guerra e che erano disposti a fornirci armi e munizioni.

            La cosa andò avanti per un certo periodo di tempo e per noi ci fu la possibilità di armare molti partigiani

            Fu più facile allora fare sabotaggi alle ferrovie, dove transitavano i treni-merci che esportavano in Germania i macchinari torli alle nostre industrie

            Attaccammo anche depositi di munizioni in mano ai fascisti.

            Un assalto fu fatto dal Comandante Mario Cozzi “Pino” al deposito di armi situato sui Cinque Ponti di Busto  all’incrocio tra Corso Italia e Via Francesco Crispi nr. 1.Armi che poi furono nascoste in quel di Borsano. Ma una volta scoperte, “Pino” dovette abbandonare Busto per rifugiarsi tra i partigiani in montagna.

            Però qualche tempo dopo il Comando tedesco scopì  che io ed alcuni amici avevamo contatti con militari della Caserma. Fui subito ricercato e i soldati che avevano collaborato furono arrestati e fatti sparire; non se ne seppe più nulla.

            Io da quel momento vissi allo sbando; un giorno in una capanna, il giorno dopo in un fienile e certe volte in casa di amici, mentre continuavo a cercare di  farmi nuove amicizie per ingrossare il nostro contingente e per rendere più vicino il giorno della Liberazione.

            I tedeschi ed i fascisti riuscirono a catturare diversi partigiani, amici miei, che furono torturati e poi fucilati. Qualcuno ,diciamo più fortunato, fu mandato in campo di prigionia ma finì poi a Mauthausen, uno dei campi di sterminio, e non è più tornato.

            La sorte per me fu diversa; non riuscendo ad arrestarmi misero sulla mia testa una forte taglia e mi condannarono a morte in contumacia.

            Per un certo tempo trovai rifugio in una tomba vuota, vicino al muro di cinta del piccolo cimitero degli “tzechi-sluàchi”, situato all’incrocio della Via per Fagnano con la Via per Solbiate.

(oggi c’è un complesso di abitazioni per i militari della caserma ndr.) Quando ero maggiormente in pericolo mi rifugiavo lì sia di giorno che di notte.

 

 

 

                                                           Mettere disegno del cimitero

 

 

       

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

            Mi portava qualche volta da mangiare l’Ambrogio Castiglioni di Olgiate Olona, dato che era il gestore del Circolo Verdi.

            Allora i nazi-fascisti si scatenarono contro la mia famiglia, prendendo in ostaggio mio fratello di 16 anni e una mia sorella di 18 che furono portati in cella di isolamento a S.Vittore a Milano.

            Visto che la  mia presenza in Valle Olona era pericolosa per me ,per la mia famiglia e per i miei compagni, andai in montagna.

            La Valle Olona  è stata  quindi una zona che ha vissuto in pieno la lotta della Resistenza; non a caso  Busto Arsizio, oltre ai piccoli paesi della Valle , furono tra i primi ad essere liberati, dopo vent’anni di dittatura fascista.

 

Una relazione del C.L.N. olgiatese , parlando della “Costanzia”  dice:

“I giorni della Liberazione furono veramente gloriosi per la ”Costanzia” in quanto, forte di 436 uomini, procede energicamente alla cattura di armi per il proprio equipaggiamento.

Le azioni dirette iniziarono il 25 aprile e la prima fu l’assedio di un villino sul Sdempione, occupato da ufficiali tedeschi che si arresero senza lottare.

Poco dopo è la volta di anticarro con a bordo 5 tedeschi, attaccato in località “ Cascina Oleina” dove il nemico lascia due morti e due feriti gravi.

Sempre nella giornata del 25 aprile, alla “Canizza” di Legnano avviene uno scontro con due autoblinde le quali, nel tentativo di salvarsi, alzano prima bandiera bianca e poi lanciano furiose raffiche ferendo gravemente due opatrioti.

Alla fine lo scontro termina con l’annientamento degli equipaggi e con la cattura degli automezzi.

…………Il 28 aprile un gruppo egregiamente armato accorre per fronteggiare la famosa colonna Stamm ed il 29 si ripete per la colonna segnalata nei pressi di Ribecco.

 

(La Colonna Stamm non fu fermata solo dalla “Costanzia”, nella persona di Luciano Vignati, ma anche dalla Brigata “Garibaldi” comandata da Cino Moscatelli e alla presenza di Aldo Icardi, comandante della Mangusteen Crysler,  che fece da mediatore. Ndr.)

 

Accanto a queste operazioni vanno ricordate pure quelle dell 28^ e 18^ Compagnia contro l’armatissimo presidio del Magazzino di Olgiate Olona, terminate con la cattura dei 18 uomini superstiti, mentre 6 furono i feriti e 4 i morti.

 

(Anche a questa operazione partecipò attivamente la Brigata “Garibaldi”. Ndr.)

           

                    

 

 

 

E’ finita la Guerra e si pensa di tornare alla normalità. Ad Olgiate, come in tutti gli altri Comuni d’Italia, si inizia un lento ma decisivo  cammino verso la ricostruzione. Occorre dare al paese una impostazione di  sicurezza democratica e così nasce la Prima Giunta Municipale, nell’attesa delle Elezioni Amministrative che dovranno dare un definitivo assetto alla Pubblica  Amministrazione

 

 

 

 

 

COMITATO NAZIONALE DI LIBERAZIONE

OLGIATE   OLONA

 

“Oggi otto maggio millenovecentoquarantacinque, il COMITATO DI LIBERAZIONE NAZIONALE ALTA ITALIA  di OLGIATE OLONA, riunitosi nella sua sede presso la Villa Restelli, ha proceduto, come disposto dal Comitato Superiore, alla nomina dei membri della Giunta Comunale, nelle presenze di:

 

 

 

FOTOCOPIA  manoscritto

 

 

 

 

 

 

Subito dopo è steso il Verbale della Riunione della Prima Giunta Municipale:

 

FOTOCOPIA  “ 13 maggio 1945    (1)

 

 

 

 

 

1) N.Spagnoli “ Olgiate Olona e la Resistenza”  pgg. 69 – 70.

 

 

  1. 1413 Gab.

IL PREFETTO DELLA PROVINCIA DI VARESE

5 giugno 1945.

 

Visto il R.D.L. 4  Aprile 1944 n.111 (………)

Visto il T.U. della Legge Comunale (…………)

Ritenuta la necessità di legittimare, a termini degli art. (…..) la nomina delle Amministrazioni Comunali sulla base delle designazioni effettuate dal C.L.N.

D E C R E T A

L’Amministrazione del Comune di Olgiate Olona è formata come appresso.

Sig. Rag. Ruggero Macchi fu Angelo                                              SINDACO

GIUNTA EFFETTIVA

1)  Sig.  Ferrari Carlo fu Costanzo                            assessore effettivo

 

2) Sig. Ciapparelli Pierino fu Carlo                                                 “

3) Sig. Dedionigi Mario fu Stefano                                                  “

4) Sig. Gedi Pietro fu Giovanni                                                        “

5) Sig. Borsetta Angelo fu Giuseppe                                                “

6) Sig. Gerenzani Luigi fu Ambrogio                                               “

Il Sindaco incaricato dell’esecuzione del presente decreto e della comunicazione agli assessori.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E si arriva alla Prima Votazione per l’elezione del Consiglio Comunale : Anno  1946.

 

Tra i candidati per il Partito del “Sole che sorge” c’è anche  AMELIA CASTIGLIONI che tanta parte ebbe dell’ambito della Resistenza  ad Olgiate, e della quale si parla ampiamente in questo libro a proposito di stampa clandestina e del Giudice Cosimo Orrù

 

 

.

 

 

 

 

METTERE FOTOCOPIA DELLE DUE LISTE.

 

 

 

 

 

 

La guerra è finita. Dilaga  la voglia e il bisogno di divertimento. La musica sincopata, tanto avversata dal Regime e tanto apprezzata dai giovani, riesplode nelle sale e nelle piazze.

 

 

 

 

Foto ballo   in Storia d’Italia Elio d’Auria  393

 

 

 

 

 

 

Il traffico riprende ovunque e si moltiplicano le scritte, proibite dal Fascio, con le scritte in inglese per le forze alleate.

 

 

 

 

 

 

Idem  pg  393

 

                                                                                                 

 

 

 

 

Dr.”Pippo” Giuseppe Belloni

Da noi non successe nessuno dei gravi atti che, purtroppo, si accompagnano talora agli eventi insurrezionali. Questi fatti sono il frutto di una furia popolare sfrenata, ma il tentativo fatto in seguito e tuttora in atto di dequalificare la resistenza e la Lotta di Liberazione per ridurle ad una serie di atti esecrabili se non delinquenziali, è ignobile e del tutto ingiustificato. Sarebbe come giudicare ( come del resto qualcuno ha fatto) la Rivoluzione francese solo in base a quello che è successo durante il Terrore. Il popolo quando si scatena diventa, a volte, incontrollabile. Ma chi aveva aderito alla Repubblica di Salò non aveva agito in base ad un moto irrazionale, ma scientemente e con metodo, secondo un disegno prestabilito e messo a punto dagli strateghi. E basterebbe per condannare senza appello la loro scelta l’avere collaborato al mostruoso crimine della Shoà.

 

 

Il seguente proclama apparso sulla prima pagina del n. 1 del “Corriere Prealpino” in data 26 Aprile 1945 dimostra che nessuno dei capi partigiani ha nascosto la testa sotto la sabbia facendo finta di non vedere le violenze inevitabili durante gli atti rivoluzionari.

 

CITTADINI TUTTI!…

LE COSE BUONE SONO QUELLE FATTE CON SENNO. NON FRUSTRIAMO I SACRIFICI, LE SOFFERENZE, I MARTIRII DEL PASSATO CON ATTI INCONSULTI, CON ESORBITANZE DISSENNATE.

NESSUNA COSA VIOLENTA HA DURATA: È LA SAPIENZA ANTICA CHE LO INSEGNA. DIAMO PROVA DI SERIETÁ E DI SAGGEZZA IN QUEST’ORA VERAMENTE STORICA DI CUI PARLERANNO I SECOLI A VENIRE.

AL GIUDIZIO DELLA STORIA, A QUANTO DIRANNO DI NOI I POSTERI, PENSIAMO OGGI, PERCHÉ POSSIAMO UN GIORNO E SEMPRE ESSERE APPROVATI E BENEDETTI E NON MAI ESECRATI DA QUANTI VERRANNO DOPO DI NOI.

 

 

Angelo Borsetta

 

“ Noi abbiamo lottato per questa libertà, rischiando anche la vita; speriamo che adesso rimanga”.

 

 

 

                                                                                 La prima lapide posta  sul monumento

                                                                                  ai caduti della Resistenza, a Olgiate Olona,

                                                                                  è della   classe  III  E  (anno 1977 – 1978),                                                            

                                                                                 della Scuola Media “Dante  Alighieri”

                                                                          di Olgiate Olona.

 

 

“  L I B E R T A ‘:

                                      C H E   N O N    R E S T I   S O L O

                                      U N     I D E A L E “