17° Congresso Mondiale sulla Rendita Incondizionata: un gran successo!

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17° Congresso Mondiale sulla Rendita Incondizionata: un gran successo!

Il 17mo Congresso Internazionale sulla Rendita di Base Universale Incondizionata, che si svolge a Lisbona dal 25 al 27 settembre, ha superato le aspettative degli organizzatori per numero di partecipanti, qualità degli interventi e sintonia, il che permette di avanzare proposte congiunte.

Di Mayte Quintanilla e Álvaro Orus

Il Congresso, organizzato dagli attivisti portoghesi BIEN (Basic Income Earth Network), ha avuto il sostegno dell’Assemblea della Repubblica, che ha concesso la sua sala principale del Palazzo di San Benito per le sessioni della prima giornata, nonché dell’ISEG (Istituto Superiore di Economia e Gestione) di Lisbona, in cui si sono svolte le sessioni dei giorni seguenti.

Circa 400 attivisti provenienti da 35 paesi di cinque continenti hanno partecipato a 37 sessioni simultanee con diverse attività (conferenze, mostre, tavole rotonde, cineforum, ecc.)

Questa intensa attività di scambio di esperienze ha portato a convergenze che, a loro volta, hanno dato origine a nuove idee e progetti congiunti che consentono all’azione internazionale di collocarsi a un livello di qualità nettamente superiore. In questi giorni proposte come un campo internazionale di studio delle esperienze pilota di Rendita (impropriamente detta reddito – NDT) di Base Universale Incondizionata-RBUI, e quella di un festival internazionale di film sulla RBUI, sono fiorite dall’entusiasmo e dalla partecipazione.

Orizzontalità e apertura mentale sono state la tendenza dominante, in un ambiente in cui scrittori famosi come Guy Standing e Philippe Van Parijs, o attivisti riconosciuti come Scott Santens e Stanislas Jourdan, condividevano iniziative con attivisti di base, artisti, associazioni e docenti universitari da tutto il mondo.

 

Traduzione di Leopoldo Salmaso

Convegno a Firenze perché l’Italia firmi il trattato antinucleare

28.09.2017 – Firenze Redazione Italia

Convegno a Firenze perché l’Italia firmi il trattato antinucleare
(Foto di Pressenza)

In occasione della giornata internazionale per l’abolizione delle armi nucleari la VII commissione del Comune di Firenze ha organizzato, nella splendida cornice del Palagio di Parte Guelfa,  un convegno dal titolo “Il nuovo trattato di proibizione delle armi nucleari approvato dall’ONU; una nuova possibilità per eliminare le armi nucleari”. Una ulteriore occasione di aprlare di un tema poco trattato ma della massima importanza nel momento attuale, sia dal punto di vista politico che cultiurale, come hanno sottolineato tutti gli intervenuti.

Nell’introdurre i lavori Serena Perini,  Presidente della Commissione (dedita alla pace, ai diritti umani, alle pari opportunità e all’immigrazione) ha ricordato la vocazione pacifista di Firenze, risalente al Sindaco La Pira, e la recente approvazione all’unanimità di una mozione del Consiglio Comunale che invita il governo a collaborare attivamente al processo di disarmo culminato con l’approvazione del Trattato di Interdizione delle Armi Nucleari a New York il 7 Luglio.

Hanno preso poi la parola i relatori, di fronte a un pubblico attento e partecipe: la Prof. Enza Pellecchia, dell’Università di Pisa, ha ricordato le toccanti parole dei superstiti di Hiroshima, volendo con questo sottolineare che la concreta possibilità esiste e che consiste in un’azione deliberata dei governi o dei terroristi o anche in un errore o incidente; continuare col le armi nucleari significa chiudere il futuro perfino alle future generazioni, levandogli il diritto a vivere; Angelo Baracca, Professore di Fisica e militante antinucleare della prima ora, ha ricostruito la storia poco conosciuta del conflitto tra gli Stati Uniti e la Corea del Nord, continuando con la necessità del comprendere l’inutilità e l’assurdità del concetto di deterrenza; solo un’azione incisiva e unitaria delle forze antinucleari e della società civile può riportare alla ragione una politica sempre più irragionevole e pericolosa; Joachim Lau, Presidente di IALANA Italia (Associazione Internazionale Avvocati contro le Armi Nucleari) ha sottolineato la portata storica del Trattato firmato a New York rivendicandone il merito agli stati che l’hanno promosso ma soprattutto alla società civile internazionale; da uomo di legge ha sottolineato il fatto poco noto che esistono tutte le leggi internazionali e nazionali per Pprocessare Trump per il suo discorso di istigazione al genocidio, fatto recentemente all’ONU.

Primo interventi dal pubblico quello di Giuseppe Padovano, del Comitato No Guerra No NATO,  che ha ricordato la gravità delle recenti dichiarazioni della NATO in occasione della prima tornata di firme del trattato lo scorso 20 settembre a New York, dichiarazioni che chiedevano la non collaborazione degli stati membri in un tono decisamente minaccioso e ricattatorio.

Catalogna, manifesto “Siamo difensori”

27.09.2017 – Barcellona Redacción Barcelona

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Catalogna, manifesto “Siamo difensori”
(Foto di elnacional.cat)

Davanti alla repressione difendiamo i diritti umani.

Il referendum per l’autodeterminazione della Catalogna previsto per il 1° ottobre e richiesto dalla grande maggioranza dei catalani punta a determinare la relazione della Catalogna con lo Stato spagnolo ed è un meccanismo per dare visibilità e trasformare il conflitto politico esistente. La risposta repressiva dello Stato spagnolo per impedirlo con misure giudiziarie e poliziesche contro le istituzioni catalane democraticamente elette rappresenta un grave passo indietro in materia di garanzia dei diritti umani e delle libertà individuali e collettive in Catalogna e un deterioramento della democrazia e dello stato di diritto nel suo insieme. Queste misure risultano inaccettabili all’interno di stati democratici. Per questo dalla società civile chiediamo solidarietà e appoggio nazionale e internazionale attraverso l’adesione a questo comunicato.

Come organizzazioni che difendono da tempo i diritti umani denunciamo che le misure adottate dallo Stato spagnolo in risposta alla convocazione del referendum del 1° ottobre, sospeso ma non ancora dichiarato incostituzionale dalla Corte Costituzionale, hanno finalità fondamentalmente intimidatorie, in molti casi sono state realizzate senza copertura giudiziaria e infrangono trattati internazionali ratificati dallo Stato spagnolo, come il Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici e la Convenzione Europea per la Protezione dei Diritti Umani e delle Libertà Fondamentali, la stessa Costituzione spagnola e le disposizioni dello Statuto di Autonomia.

Queste misure sono inutili e chiaramente sproporzionate e violano quattro diritti umani fondamentali: il diritto a un processo equo e a un’effettiva tutela legale; il diritto all’intimità, all’inviolabilità del domicilio e  alla riservatezza delle comunicazioni; il diritto alla libertà d’espressione e d’informazione e il diritto alla libertà di riunione e manifestazione.

Per quanto riguarda il diritto a un processo equo e a un’effettiva tutela legale e davanti all’ordine della Procura Generale sulle cariche pubbliche, DENUNCIAMO che si tratta di un provvedimento abusivo, che  viola tra l’altro il principio di proporzionalità e di intervento penale minimo. Ci troviamo davanti a una criminalizzazione prematura – i fatti da perseguire non avverranno in ogni caso fino al 1° ottobre – e inutile, giacché dallo stesso ordine della Procura si desume che sono già stati presentati ricorsi su questi fatti.

Per quanto riguarda il diritto all’intimità, all’inviolabilità del domicilio e alla riservatezza delle comunicazioni e di fronte alle azioni intraprese nei confronti di imprese pubbliche e private di servizi postali, DENUNCIAMO il fatto che l’intimità nel domicilio privato e sociale e la riservatezza delle comunicazioni sono diritti fondamentali in uno Stato di diritto e si possono limitare attraverso un ordine della magistratura, solo per fini legittimi e in modo proporzionato. Queste azioni sono inutili perché non puntano a proteggere un interesse superiore e sono state decise in modo arbitrario.

Per quanto riguarda il diritto alla libertà d’espressione e d’informazione e di fronte alle varie azioni intraprese per evitare la diffusione di determinati messaggi e campagne, ricordiamo che le restrizioni alla libertà d’espressione, un diritto che fa parte del nucleo essenziale dei principi democratici e del pluralismo politico, sono giustificate solo quando le idee in questione costituiscono una violazione diretta e grave di altri diritti o beni protetti dalla Costituzione, o potrebbero costituire un danno o un rischio serio e reale. Rispetto ai mezzi di comunicazione, i possibili limiti al diritto di informare dovrebbero basarsi sulla protezione di altri diritti fondamentali. DENUNCIAMO il fatto che le informazioni che si è tentato di proibire o di limitare nella loro diffusione non comportano alcun grave danno e che le misure adottate contro i mezzi di comunicazione sono interferenze esagerate e ingiustificate.

Per quanto riguarda le limitazioni al diritto alla libertà di riunione e manifestazione e davanti alla proibizione di iniziative, DENUNCIAMO l’assoluta mancanza di giustificazione di tali limitazioni, dato il chiaro carattere pacifico di queste azioni, espressione di un pluralismo politico che secondo l’articolo 1.1 della Costituzione rappresenta uno dei valori superiori. Sono decisioni che cercano di ricorrere alle vie legali e di criminalizzare la legittima mobilitazione dei cittadini, mentre si rifiutano le normali modalità del dialogo e del negoziato in un conflitto politico espresso in modo pacifico.

Per questi motivi e ragionamenti giuridici consideriamo fondamentale fermare con urgenza l’escalation repressiva in materia di diritti umani e di libertà fondamentali che si sta producendo in Catalogna. E perché questo avvenga esigiamo che i rappresentanti politici svolgano il loro compito di risolvere i problemi in modo politico e non con azioni repressive nei confronti di quelli che rappresentano.

Esortiamo la cittadinanza a continuare a difendere i suoi diritti con la mobilitazione, con raduni, manifestazioni e azioni popolari di disubbidienza civile, secondo i principi della nonviolenza e della pace.

Esprimiamo la nostra solidarietà a tutte le persone che sono state colpite dalla repressione.

Di fronte a qualsiasi altra violazione dei diritti fondamentali annunciamo la creazione di una Rete di Osservatori dei diritti, per seguire ciò che avverrà il 1° ottobre, oltre a svolgere azioni di accompagnamento legale e psico-sociale e l’attivazione di meccanismi di denuncia, consulenza e protezione per far fronte a misure poliziesche o giuridiche da ora fino al giorno del referendum. Se sarà necessario, le manterremo anche in seguito.

 

Adesione al manifesto

Dopo gli attacchi di Trump, il mondo dello sport si unisce per protestare contro il razzismo e la brutalità della polizia

26.09.2017 Democracy Now!

Dopo gli attacchi di Trump, il mondo dello sport si unisce per protestare contro il razzismo e la brutalità della polizia
(Foto di Democracy Now!)

Durante il weekend il mondo dello sport professionale è stato sconvolto da estese proteste contro il razzismo, la brutalità della polizia e il Presidente Trump. Domenica i membri della maggior parte delle squadre della National Football League si sono inginocchiati o hanno incrociato le braccia durante l’inno nazionale, o lo hanno disertato rimanendo negli spogliatoi. Domenica hanno protestato anche giocatori di baseball, di basket femminile, cheerleaders e cantanti dell’inno nazionale. Questo weekend di sfida è giunto dopo che Trump si era scagliato contro i giocatori che si sono uniti al crescente movimento di protesta iniziato dal ex quarterback Colin Kaepernick contro l’ingiustizia razziale.

Venerdì scorso, durante un comizio a Huntsville, in Alabama, Trump ha dichiarato: “Tutti in questo stadio sono uniti dagli stessi, grandi valori americani. Siamo fieri del nostro paese. Rispettiamo la nostra bandiera. Non vi piacerebbe vedere i proprietari delle squadre della NFL reagire quando qualcuno manca di rispetto alla nostra bandiera ed esclamare: buttate fuori quel figlio di buona donna dal campo da gioco ora! Fuori. E’ licenziato!?”

Lunedì mattina Trump ha twittato: “Ieri molta gente ha fischiato i giocatori che si sono inginocchiati (una piccola percentuale del totale). Questi tifosi esigono rispetto per la nostra bandiera.” Durante il weekend, Trump ha preso di mira anche la National Basket Association, cancellando un invito alla Casa Bianca rivolto ai campioni dei Golden State Warriors, dopo che la star della squadra Stephen Curry aveva detto che non ci sarebbe andato. La superstar LeBron James, uno degli atleti più famosi del paese, ha twittato in risposta: “Sei un pagliaccio. Steph Curry ha detto che non andrà, quindi hai ritirato l’invito. Ma andare alla Casa Bianca era un grande onore prima che arrivassi tu”.  In un’altra dichiarazione, LeBron James ha detto: “Saluto la NFL, gli allenatori, i giocatori, i proprietari e i tifosi. Tutti quelli che avevano un qualche legame con la NFL ieri sono stati incredibili. C’era solidarietà. Non ci siamo lasciati dividere nemmeno da quel tizio che cerca continuamente di dividerci come popolo.”

Lunedì notte le proteste sono continuate. Membri degli Arizona Cardinals hanno incrociato le braccia e giocatori dei Dallas Cowboys si sono inginocchiati insieme al proprietario della squadra, il miliardario  Jerry Jones, che in precedenza aveva cercato di convincerli a sospendere la protesta.

 

2 Ottobre 2017: Giornata internazionale della Nonviolenza

25.09.2017 La Comunidad para el Desarrollo Humano

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2 Ottobre  2017: Giornata internazionale della  Nonviolenza

Prendere coscienza, imparare e produrre azioni concrete basate sulla Metodología della Nonviolenza, è l’unico cammino per eliminare la violenza nel Mondo”.

Nel 2007, l’Assemblea Generale dell’ Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) dichiarò il 2 Ottobre, giorno della nascita del Mahatma Gandhi, come “Giornata Internazionale della Nonviolenza”. Così, quest’anno viene festeggiato il suo decimo anniversario.

La violenza colpisce il mondo e si espande nel pianeta sottoforma di guerre convenzionali, territori occupati, minacce nucleari (che potrebbero sfociare in una catastrofe nucleare futura) carestie, migrazioni di massa, sfruttamento economico, crisi di milioni di rifugiati, attacchi terroristici, violenza nelle scuole, nelle città e nelle famiglie. Ma si manifesta anche come violenza interna nelle persone esprimendosi come sofferenza interna. La violenza in tutte le sue manifestazioni (fisica, economica, razziale, religiosa, morale e psicologica) è parte integrante di un sistema individualista e disumanizzante la cui metodologia d’azione genera sempre più violenza.

La soluzione al problema alle differenti forme di violenza esiste, e consiste nell’applicazione di una precisa metodologia: la “Metodologia della NonViolenza Attiva”

La Nonviolenza è una metodologia d’azione che dà impulso ad una profonda trasformazione individuale e sociale.

La Nonviolenza è una forza capace di modificare la direzione violenta e disumana degli eventi attuali.

La Nonviolenza promuove una nuova attitudine interna ed esterna di fronte alla vita ed ha come pilastri fondamentali:

  • Il cambiamento personale, il rafforzamento e lo sviluppo interiore e simultaneamente la trasformazione sociale.

  • Il rifiuto e il vuoto alle differenti forme di discriminazione e di violenza.

  • La non-collaborazione alle pratiche violente.

  • La denuncia di tutte le situazioni di discriminazione e violenza.

  • La disubbidienza civile di fronte alla violenza istituzionalizzata.

  • L’organizzazione e la mobilitazione sociale, volontaria e solidale.

  • Lo sviluppo delle virtù personali e delle migliori e più profonde aspirazioni umane.

La Metodologia della nonviolenza è stata espressa nella Storia con azioni e sviluppi chiari nel tentativo di trasformare il mondo. In tal senso, contributi importanti sono stati realizzati da Leon Tolstoi, Mahatma Gandhi, Martin Luther King, Mandela, e più recentemente dalla Guida della nonviolenza e fondatore della corrente di pensiero conosciuta come Nuovo Umanesimo, Silo.

La Metodologia della nonviolenza si manifesta anche attraverso le migliaia e migliaia di azioni comuni a cui danno impulso in tutto il pianeta quotidianamente milioni di persone. Organizzazioni, gruppi di volontari e singoli individui che con spirito solidale cercano di trasformare le situazioni di violenza che esistono intorno a loro.

Sono segnali della nonviolenza, segnali di una nuova spiritualità e una nuova solidarietà. Segnali di un nuovo orizzante personale e sociale che abbiamo bisogno di costruire. Sono i segnali di un’evoluzone nonviolenta di cui ciascuno può essere parte.

E’ il momento opportuno perchè si manifesti il messaggio calmo e potente della Nonviolenza. Un momento di grande necessità nel quale si devono esprimere le nostre migliori qualità per costruire un futuro non violento.

Il prossimo 2 Ottobre irradieremo nel mondo con Forza

il messaggio che dice:

La Nonviolenza è l’unica soluzione”

Giulio Regeni: 20 mesi di prese in giro

25.09.2017 Riccardo Noury

Giulio Regeni: 20 mesi di prese in giro
(Foto di Dario Lo Scalzo)

Oggi, 25 settembre, sono 20 mesi dalla sparizione di Giulio Regeni al Cairo. Martedì 3 ottobre saranno altrettanti mesi dal ritrovamento del suo corpo, orribilmente torturato.

Che cosa è successo in questi 20 mesi? Quale risposta è stata data alla famiglia di Giulio, alla sua avvocata in Italia, ai consulenti legali in Egitto, ai milioni di persone che hanno chiesto, dai loro balconi, dalle strade e dalle piazze d’Italia e dai social media “verità per Giulio Regeni”?

La risposta è semplice: una presa in giro.

Dall’Egitto, dopo mesi di depistaggi e versioni incredibili e offensive, è iniziata la “melina”: incontri improduttivi, promesse e strette di mano, vacui impegni a collaborare che hanno convinto il governo italiano, ma solo quello, che le cose stavano prendendo una piega positiva.

E infatti, non appena è stato annunciato il ritorno dell’ambasciatore italiano, nell’afa pre-ferragostana, al Cairo hanno intensificato non la collaborazione ma la repressione, soprattutto contro la Commissione egiziana per i diritti e le libertà (che fornisce consulenza legale alla famiglia Regeni e a cui viene negato l’accesso ai fascicoli) e ai suoi collaboratori, come l’avvocato Ibrahim Metwaly.

Il governo italiano ha ceduto, dopo un anno e quattro mesi, all’esigenza di normalizzare le relazioni con l’Egitto. Preceduta da un’intensa campagna mediatica promossa da parlamentari, giornalisti che non hanno mai messo piede in quel paese, autori di articoli-fotocopia e persino persone attribuitesi ruoli all’interno di Ong), la decisione di rinviare l’ambasciatore al Cairo si è basata sulla premessa rivelatasi infondata che dal Cairo fossero arrivate carte importanti e sulla cinica e tutta da dimostrare promessa che la verità per Giulio si sarebbe avvicinata. Al Cairo hanno applaudito.

Alla presa in giro hanno contribuito, in modo comprimario, anche l’università di Cambridge che non ha mostrato la trasparenza da tanti auspicata e l’Unione Europea, che se Giulio fosse stato davvero un cittadino europeo avrebbe ritirato 28 ambasciatori.

Chi si occupa di diritti umani è abituato alle prese in giro, ma non è abituato ad arrendersi. E dunque, 20 mesi dopo la sparizione di Giulio al Cairo, la campagna “Verità per Giulio Regeni” continua a riempire l’Italia di giallo.

 

Il MIR da Napoli: “Il bando delle armi nucleari è un imperativo imprescindibile, Italia aderisci!”

23.09.2017 – Napoli Domenico Musella

Il MIR da Napoli: “Il bando delle armi nucleari è un imperativo imprescindibile, Italia aderisci!”
(Foto di Domenico Musella)

Continuano le mobilitazioni della società civile per diffondere ed applicare il Trattato di messa al bando delle armi nucleari, approvato lo scorso 7 luglio a New York in una conferenza ONU con 122 Paesi a favore, siglato il 20 settembre in sede di Assemblea Generale da oltre 50 Stati e che entrerà in vigore ufficialmente 90 giorni dopo la ratifica di almeno 50 firmatari − 3 di essi: Guyana, Thailandia e Santa Sede, lo hanno già ratificato.

Il governo italiano, che aveva disertato i negoziati e la conferenza di luglio, ha continuato a boicottare il bando negandogli la sua firma durante l’Assemblea Generale ONU e cedendo incondizionatamente alla volontà degli Stati Uniti e della NATO. Tuttavia i disarmisti italiani non demordono e stanno chiedendo a gran voce la ratifica di questo fondamentale accordo di proibizione: dopo un primo presidio davanti al Ministero degli Esteri giovedì 21 settembre, venerdì 22 è toccato a Napoli ospitare un evento molto significativo per sostenere questa richiesta.

Il MIR, Movimento Internazionale della Riconciliazione (branca italiana dell’International Fellowship of Reconciliation), alla vigilia della sua assemblea nazionale che si tiene nel capoluogo partenopeo il 23 e 24 settembre, ha infatti organizzato nella Sala Valeriano della Chiesa del Gesù Nuovo l’incontro pubblico “Bandire le armi nucleari: un imperativo imprescindibile”. Il tono forte del titolo si rispecchia anche nell’appello del sottotitolo che lo accompagna: “Italia ripensaci, aderisci al trattato ONU del 7 luglio 2017”.

Dopo i saluti introduttivi del parroco del Gesù Nuovo di Napoli Padre Vincenzo Sibilio e del presidente del MIR italiano Claudio Carrara, tutti gli interventi hanno incoraggiato la società civile a ritrovare la propria carica etica e di mobilitazione su questi temi, sottolineando la gravità della scandalosa assenza dalle iniziative per il disarmo nucleare mondiale di uno dei Paesi che richiama con più forza nella sua Carta costituzionale il rifiuto della guerra e l’impegno per la pace e la giustizia fra le Nazioni.

Francesco Ambrosi, referente del MIR nella Rete Italiana Disarmo, ha ribadito che la non partecipazione dell’Italia al processo di interdizione delle armi nucleari (alla stregua delle potenze nucleari e degli Stati membri della NATO, ad eccezione dei Paesi Bassi), unita alla presenza di ordigni atomici USA nelle basi di Ghedi ed Aviano, costituisce una grave violazione non solo dell’articolo 11 della nostra Costituzione, ma anche delle risoluzioni del Parlamento Europeo e del Trattato di Non Proliferazione del 1968. Di fronte a tutto ciò, compito degli attivisti per la pace ed il disarmo è far risvegliare sia nei decisori politici che nella gente comune la percezione del rischio nucleare: un compito non facile, soprattutto se a mettere i bastoni fra le ruote è, come purtroppo accade, il comportamento dei mass-media che tacciono quasi del tutto su questi argomenti.

Dal canto suo il portavoce dei Disarmisti Esigenti Alfonso Navarra è ritornato sui mezzi di comunicazione, evidenziando come L’Avvenire, quotidiano espressione della Conferenza Episcopale, sia stata l’unica testata a dare ampio spazio al bando delle armi nucleari e all’assenza dell’Italia, nettamente indietro rispetto al Vaticano in questa occasione. Il lavoro che la società civile dovrà fare per rendere effettiva la proibizione delle armi atomiche − afferma Navarra − è ancora molto. Si tratta innanzitutto di convincere le potenze nucleari ad uniformarsi ad una proibizione che prima era solo morale mentre adesso è legale, e la road map prevede due scadenze fondamentali: la Conferenza ONU sul disarmo nucleare del 2018 e la revisione del Trattato di Non Proliferazione prevista per il 2020. È necessario esigere con determinazione il diritto dell’umanità alla propria sopravvivenza, prioritario rispetto a qualsiasi altro interesse dei singoli Stati: una rivendicazione politica nonviolenta che deve accompagnarsi al rispetto degli accordi di Parigi sul clima e dell’agenda globale per lo sviluppo sostenibile.

Sul tema della mobilitazione nonviolenta necessaria per cambiare la società e giungere al disarmo totale è ritornato anche il sociologo Alberto L’Abate, che dall’alto del suo storico impegno per la pace ha invitato a non perdere mai di vista i tre aspetti interconnessi della ricerca, dell’educazione e dell’azione per vincere l’attuale senso di impotenza del movimento pacifista e della società civile in generale. Il passato ci ha dimostrato come i grandi cambiamenti, anche nell’evoluzione del diritto e delle coscienze, non avvengano dall’alto, ma grazie all’impegno convinto e costruttivo degli attivisti.

La dottoressa Dorothee Müller, pastore della Chiesa Evangelica Valdese, ha portato la sua testimonianza di donna di fede rispetto al disarmo, evidenziando anche come già dagli anni ’80 diversi documenti ecumenici delle Chiese Protestanti abbiano sancito la necessità assoluta dell’impegno di ogni fedele cristiano in favore della pace, così come l’appello globale delle religioni per la pace ha ribadito l’incompatibilità totale delle armi nucleari con il diritto delle persone a vivere in piena sicurezza.

Infine, l’ecopacifista Ermete Ferraro, referente del MIR napoletano, negli spunti di riflessione forniti tra un intervento e l’altro, ha affermato con forza che per realizzare l’imperativo imprescindibile del disarmo nucleare ognuno di noi deve farsene carico, nel suo piccolo e a vari livelli. In questo senso, è fondamentale che gli enti locali, comuni in primis, ma anche associazioni, comunità religiose, comitati, gruppi di base, movimenti politici, facciano proprio l’appello affinché l’Italia ci ripensi e aderisca al Trattato, dando una spinta dal basso al riconoscimento del primato dell’umanità su tutto il resto.

 

A fine settembre Venezia capitale mondiale dei resistenti agli sfratti causati dal turismo

22.09.2017 – Venezia Redazione Italia

A fine settembre Venezia capitale mondiale dei resistenti agli sfratti causati dal turismo
(Foto di ITE)

Non restate in silenzio : abitanti di tutto il mondo, denunciate il vostro caso di sfratto causato dal turismo !

Questo è l’appello del Tribunale Internazionale degli Sfratti (ITE), che si terrà a Venezia dal 28 al 30 settembre all’apertura delle Giornate Mondiali Sfratti Zero e nel quadro dell’”Anno Internazionale del Turismo sostenibile per lo sviluppo”.

Un Tribunale che, questa volta, metterà sul banco degli imputati i responsabili degli sfratti, non gli abitanti vittime della speculazione turistica in tutti i continenti. Ad organizzarlo, l’Alleanza Internazionale degli Abitanti, promotrice del Tribunale, in collaborazione con il Comitato Organizzatore locale coordinato dall’Unione Inquilini e dall’ Assemblea Sociale per la Casa Mestre-Marghera-Venezia e con la partecipazione delle realtà che si battono per il diritto alla casa e contro lo spopolamento di Venezia, No Grandi Navi, venessia.com, Garanzia Civica, Gruppo 25 aprile, Eddyburg e la rete Tourism Watch.

Venezia è stata scelta come sede della 6a Sessione ITE per due buone ragioni: sia per il massiccio spopolamento provocato dal turismo, che l’ha ridotta a 54.000 abitanti mentre nel 1953 ne contava 175.000, sia perché una società civile viva e indipendente organizza quotidianamente molte attività e sostiene le lotte contro gli sfratti e lo spopolamento.

Una Giuria, composta da esperti internazionali, coadiuvata da una Giuria popolare, esaminerà i casi selezionati, uno per ciascun continente:

  • India: Espropri e sfratti per il terzo aeroporto della capitale nazionale, New Delhi

  • Sri Lanka: Accaparramento delle terre per lo sviluppo turistico, Paanama Village

  • Argentina: Sfratti e gentrificazione nel quartiere storico e turistico La Boca, Buenos Aires

  • Kenya: Sfratti violenti dei Masai per la “difesa della fauna selvatica” per il turismo d’élite

  • Italia: False locazioni turistiche nell’isola di Pellestrina, Venezia

Il caso dell’isola di Pellestrina, isola di pescatori in cui i proprietari non affittano più ai residenti ma solo ai turisti, non è che la punta di un iceberg enorme e scandaloso rispetto al quale l’amministrazione comunale non fa niente per fronteggiare questa emorragia mortale.

E’ così che Venezia sarà a fine mese la capitale mondiale dei resistenti al turismo “abusivo”, con un programma ben articolato che debutterà il 28 con la visita alle isole ad ai quartieri della “Venezia che resiste”, poi il 29 e 30 si terrà la Sessione ITE che metterà sul banco degli accusati i responsabili dei casi di sfratto selezionati. Il 30 pomeriggio sarà consacrato a un dibattito tra vari soggetti sociali ed istituzionali, italiani e di altri paesi, per trovare soluzioni alternative che permettano di far fronte all’eccesso di turismo a partire dal rispetto integrale di tutti i diritti e responsabilità degli abitanti.

Il verdetto ITE, sotto forma di Raccomandazioni, sarà letto davanti all’installazione-monumento “Sfratti Zero” che sarà creata per l’occasione, e conterrà le linee guida da seguire per i casi giudicati, punto di riferimento per la solidarietà internazionale necessaria alla loro messa in atto.

Tutto questo in totale indipendenza ed in un ambiente di impegno e cultura, di proiezioni video e di concerti, animati in particolare dalle organizzazioni sociali e culturali di Venezia.

INFO E CONTATTI

www.habitants.org

Soha Ben Slama, Coordinatrice Tribunal Internazioanl edegli Sfratti, ITE2017@habitants.org

Cesare Ottolini, International Alliance of Inhabitants, cel. 3384642514

Matelda Bottoni, Unione Inquilini Venezia, cel. 3290870180

Impegno per profughi e migranti e giornalismo indipendente: una scelta di campo

21.09.2017 – Milano Redazione Italia

Impegno per profughi e migranti e giornalismo indipendente: una scelta di campo
(Foto di Rita Cuna)

Sala della Libreria Popolare di via Tadino a Milano strapiena ieri per l’incontro ”Illuminare l’oscurità. Impegno per profughi e migranti e giornalismo indipendente”.

Guido Duiella della libreria dà il benvenuto ai presenti e ricorda l’importanza di questo tema già toccato in passato e di cui la libreria continuerà a occuparsi con altre iniziative simili. Prova di questo interesse è l’enorme disponibilità dimostrata nell’organizzazione dell’incontro, dalla diffusione al fondamentale coinvolgimento di un gruppo di ragazzi della Scuola di Cinema di Milano, impegnati a risolvere tutte le questioni tecniche e a girare un video che verrà presto diffuso.

Introduce e modera Antonella Freggiaro dell’associazione Abarekà, attiva in progetti di sviluppo in Mali e in iniziative anti-razziste a Milano.

Inizia Anna Polo della redazione italiana di Pressenza, ricordando com’è nato questo incontro: a fine maggio, dopo aver intervistato Daniele Biella sul suo libro “L’isola dei Giusti – Lesbo, crocevia dell’umanità” e pochi giorni dopo un altro incontro sul tema di fare rete tra attivisti e giornalismo indipendente, è sorta l’idea di ripetere l’iniziativa, concentrandosi però sugli attivisti che si occupano di profughi e migranti. Già allora il tema era caldo, con la campagna denigratoria contro le Ong già in pieno svolgimento, ma in quel momento era difficile immaginare l’escalation di calunnie, disinformazione, brutalità e cinismo a cui abbiamo assistito negli ultimi mesi da parte del governo, di molti media e della maggioranza delle forze politiche. Opporsi alla deriva razzista che sta purtroppo investendo l’opinione pubblica è diventato un impegno fondamentale e in questo senso l’immagine dell’incontro del 20 settembre è stata una luce che ha illuminato l’oscurità di questa estate difficile, aiutando a superare impotenza e scoraggiamento. Un compito che Pressenza svolge ogni giorno, pubblicando notizie che cercano sempre di trovare un equilibrio tra la denuncia e la speranza e dando spazio ai movimenti sociali, alle iniziative di solidarietà e auto-organizzazione e alle reti tra attivisti impegnate in tanti campi.

Daniele Biella, giornalista, scrittore ed educatore, racconta poi il suo viaggio sulla nave Aquarius dell’ong Sos Méditerranée, impegnata in operazioni di salvataggio dei migranti con l’aiuto di Medici senza frontiere. Tornato da pochi giorni, questa è la prima volta che parla di quella che definisce “un’esperienza che tocca nel profondo, tra le più importanti della mia vita.” Un’occasione preziosa dal punto di vista giornalistico ed umano, cercata a lungo e arrivata al momento giusto. Partendo sapeva che, visti gli scellerati accordi stretti con la Libia dal governo italiano, poteva anche succedere di non incontrare nessuno da salvare. Invece non è stato così e alla fine, nel corso di tre operazioni, sono state portate in salvo oltre trecento persone. Con l’aiuto di foto scattate durante il viaggio Daniele coinvolge il pubblico in un’esperienza intensa, a contatto con persone reduci da mesi di violenze e torture che finalmente si sentono al sicuro e sciolgono la tensione accumulata in canti, abbracci, risate e balli. Un’esperienza che mostra come l’essere umano sappia superare i momenti più difficili. Descrive il misto di professionalità e umanità con cui gli operatori delle ong riescono a gestire queste situazioni a volte drammatiche e insiste sul concetto che sta al centro del suo libro su Lesbo: quello dei Giusti, persone coraggiose che antepongono la giustizia alla legge – quando è iniqua – la cui opera va diffusa e valorizzata.

Francesco Di Donna, responsabile medico dei progetti di Medici senza Frontiere in Italia e nel Mediterraneo centrale, si aggancia al racconto di Daniele descrivendo la sua esperienza decennale di operatore umanitario nel Mediterraneo, ma anche in contesti di guerra come la Siria e l’Afghanistan o di catastrofi naturali come i terremoti ad Haiti e in Nepal.

L’esperienza sulle navi che salvano i migranti in mare rimane comunque la più forte: il racconto è così toccante e coinvolgente che sembra di stare accanto alle persone che passano da una situazione disperata alla sicurezza totale, alla protezione di un’assistenza a 360 gradi come quella fornita dalle Ong e ringraziano chi li ha soccorsi. Dopo mesi di violenze e abusi finalmente hanno l’occasione di parlare con qualcuno di cui possono fidarsi; è stato così che è venuto fuori il tema delle terribili violenze subite in Libia, al centro della denuncia portata da Medici senza Frontiere al Parlamento Europeo.

Salvare le persone che compiono la pericolosa traversata del Mediterraneo però è solo un primo passo, a cui si sono via via affiancate attività concrete a sostegno dei più deboli e vulnerabili, come le vittime di tortura,  i migranti bloccati a Ventimiglia e a Como alla frontiera con la Francia e la Svizzera, o i rifugiati sgomberati e attaccati con cariche e idranti in piazza Indipendenza a Roma.

Pietro Massarotto, presidente del Naga, associazione impegnata da decenni nella tutela e nell’assistenza sanitaria e legale dei migranti, senza alcuna distinzione, parte dal finale dei racconti che lo hanno preceduto, dalla felicità delle persone che si sentono finalmente in salvo e avverte che quello che succede dopo è assai meno felice. Il punto centrale è semplice: non esiste un modo legale per entrare in Italia (e in Europa) e chiunque arrivi, salvo una risicata minoranza che avrebbe diritto all’asilo politico e allo status di rifugiato, di fatto non ha diritto di restare.  Inoltre l’Italia, come molti altri paesi europei, interpreta la normativa sui rifugiati in modo restrittivo, non facilita la domanda d’asilo e addirittura non la cita nei moduli che le persone appena arrivate vengono inviate a firmare, moduli spesso scritti in una lingua per loro sconosciuta. La “burocrazia del male”, la definisce.

L’argomentazione del “ci vanno bene tutti quelli che hanno diritto di restare”,  in apparenza più aperta del razzismo brutale, viene così smascherata per quello che è: una forma ipocrita di razzismo bianco, che invoca la legalità, ma in realtà veicola lo stesso messaggio. Ossia che non vogliamo nessuno.

Un po’ di luce in questo panorama fosco arriva dalle proposte elaborate dalla rete milanese “Nessuna persona è illegale” e rivolte all’amministrazione comunale, al governo italiano e all’Unione Europea. Sono più di venti e per brevità ne viene citata solo qualcuna: un permesso di soggiorno europeo, valido in Italia come in Danimarca o Lettonia, l’eliminazione della distinzione tra richiedenti d’asilo e migranti economici e la rinuncia a stipulare trattati per l’esternalizzazione delle frontiere con paesi notoriamente poco democratici come la Turchia, il Ciad, il Niger e la Libia (che in realtà non ha nemmeno un governo vero).

Alla fine si tratta di fare una scelta di campo, etica, a favore dell’immigrazione, di ragionare sul lungo periodo e non solo in base al breve orizzonte della politica e di riunire tutti i soggetti che hanno a cuore questo tema. Superando anche la divisione in settori, per cui chi si occupa di ambiente, pace e disarmo rimane scollegato dalle Ong e dagli attivisti impegnati per i migranti o per i diritti delle donne.

L’incontro si allarga a una visione più internazionale con i racconti di impegno e speranza contenuti nei video inviati da due attiviste di Barcellona e Atene. Mercé Duch, membro del Movimento Umanista e della campagna per la chiusura dei Centri di detenzione per stranieri, parla di alcuni indicatori positivi, come i gruppi auto-organizzati formatisi di recente a Barcellona: il sindacato dei venditori ambulanti, lo Spazio del Migrante, i Rifugiati Indignati e le Puttane Indignate. Sono gruppi composti da persone in condizioni molto precarie, che però lavorano in rete con altri movimenti e risultano scomodi perché mettono in discussione l’atteggiamento colonialista e paternalista ancora presente tra i benpensanti (e non solo tra loro). Così come i tanti femminismi di zingare, africane, musulmane, lesbiche e transgender, che superano l’immagine di un femminismo unico, occidentale e di classe media, denunciano tutti gli aspetti del patriarcato e rompono schemi. Cita poi i giovani che rifiutano le forme dogmatiche e autoritarie e cercano nuove forme di relazione, di lavoro e di convivenza e il numero crescente di mezzi di informazione indipendenti e alternativi, legati ai movimenti sociali e sempre più seguiti, man mano che i media tradizionali perdono credibilità.

Marianella Kloka di Atene descrive l’atteggiamento aperto e solidale di tante persone comuni nei confronti dei profughi arrivati in Grecia negli ultimi anni, la gente che offre case, cibo e vestiti, i sindaci che trovano spazi per ospitarli, le occupazioni come quelle del City Plaza ad Atene, un albergo chiuso da anni diventato un ostello auto-gestito e gli sforzi degli insegnanti per integrare bambini e adolescenti di diverse nazionalità. E tutto questo nonostante le devastanti conseguenze delle politiche di austerity e la crisi economica che perdura.

Un breve spazio per le domande del pubblico e l’incontro, durato oltre due ore nell’attenzione generale, si conclude in un’atmosfera calorosa, con i tanti attivisti presenti che si salutano, si incontrano magari per la prima volta e condividono nuove iniziative.

Foto di Rita Cuna e Andrea Pettinicchio

Repressioni fasciste intorno al referendum catalano

20.09.2017 – Barcellona Raquel Paricio

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Repressioni fasciste intorno al referendum catalano
Immagine di un cartello requisito, pubblicità del 1 Ott. Traduzione: Sei nato con la capacità di decidere. Rinuncerai? Ora più che mai il futuro della Catalogna è nelle tue mani

L’azione del governo centrale, guidato dal PP, è un attentato alla democrazia, che non si è mai visto dall’epoca della dittatura.

Davanti all’imminenza di un prossimo referendum in Catalogna, il governo spagnolo ha mostrato i suoi artigli più dittatoriali, fascisti e repressivi a fronte del diritto di scelta cittadino. Questo presuppone la chiara evidenza di uno stato in crisi, di uno stato di autonomia in crisi.

Lo stato spagnolo sta imponendo in Catalogna, contro questo referendum, uno stato di emergenza, secondo le parole di Pablo Iglesias.

La bolla mediatica creata tanto dal governo centrale spagnolo quanto dalla Catalogna sta generando un’opinione sulla situazione totalmente distorta. In Catalogna, come nel resto della Spagna, esiste quasi una dittatura mediatica che esclude voci di sinistra a parte quelle indipendentiste, come CUP, ERC, o come il punto di vista di Albano Dante che da Podem (Podemos) ne appoggia la tabella di marcia separato dal resto dei membri del suo partito.

Se i media catalani indipendentisti commentano solo il Sì al referendum a partire da un posizionamento che oscura un’altra realtà, il governo centrale sta agendo in modo fascista e militare, prendendo misure repressive certamente mai viste dall’epoca della dittatura franchista, al fine di impedire questo referendum.

Alcune delle misure, eccessive e contrarie a ogni diritto delle persone, sono state ad esempio la persecuzione di tipografie che stessero realizzando qualunque manifesto, documento o scheda di votazione per il 1 ottobre, con oltre 1.300.000 manifesti e volantini sequestrati, materiale ordinato dalla Generalitat (istituzione governativa catalana, ndt) e dal CUP. Anche il trasporto pubblico metropolitano ha ritirato tutti i manifesti relativi al referendum. Il Tribunale costituzionale ha proibito la concessione di permessi e spazi municipali per la campagna referendaria. La Guardia civile è entrata nelle redazioni dei media catalani che si supponeva emettessero pubblicità istituzionale sul referendum, chiedendo ai redattori i documenti di identità e trasmettendo la comunicazione al TSJC (Tribunale superiore di giustizia catalana). Oltre 700 sindaci sono inquisiti per l’appoggio al referendum. Si è richiesto ai principali operatori telefonici (Vodafone e Movistar) di bloccare l’ingresso ai server in cui si trova il sito ufficiale del referendum (www.referendum.cat), e di alcuni dei suoi mirror (www.ref1oct.cat, www.ref1oct.eu). Si è arrivati a dire che è illegale il semplice fatto di andare a votare. Sono stati interrogati direttori di aziende che hanno concorso alla realizzazione delle urne.

Come risposta, in Catalogna, la replica popolare si dibatte tra l’esasperazione e la beffa costante di fronte a tali barbarità, indegne di un presunto stato di diritto. Alcuni settori della popolazione sono stati capaci di mettere una nota di umorismo, e quindi se è un delitto la proclamazione di qualunque atto riferito al 1 Ottobre, si possono sempre utilizzare risorse stilistiche che lo suggeriscono, come il manifesto diffuso in rete che dice: ““L’1 D’OCTUBRE ÉS AIXÒ QUE TU JA SAPS No t’oblidis de sortir de casa amb aquella cosa i ficar-la dins d’aquella altra cosa. SI?” (IL 1 OTTOBRE E’ QUELLO CHE GIA’ SAI. Non dimenticare di uscire di casa con quella cosa e metterla dentro quell’altra cosa. Si?)

Una risposta più che comica di fronte a una situazione irrazionale!

 

Traduzione dallo spagnolo di Matilde Mirabella