Giorgio Fox e la religione laica degli “Amici” Prima parte di cinque
La religione laica degli Amici
Circa un terzo della popolazione del nostro pianeta professa nominalmente il Cristianesimo, e di questi, meno della metà il Cattolicesimo.
Il tipo di Cristianesimo ortodosso, che al cercatore indipendente di verità offre un Credo antiquato e una raccolta voluminosa di Concili e di Sillabi; che, quale mezzo per sublimare e trascendere se stesso, offre al fedele riti e sacramenti dotati di virtù magica; che al viandante desideroso di un amico esperto compagno di via, offre di arruolarsi in un gregge e seguire docilmente il pastore autoritario, – il quale a sua volta dipende da un pastore supremo, assoluto sovrano, – questo tipo di Cristianesimo voi lo conoscete; come volontari frequentatori di prediche e di catechismi, ovvero come uditori obbligati nelle scuole di Stato italiane, alle quali il Concordato impose l’insegnamento cattolico: e non occorre che io ve ne parli. Con la sua teologia d’origine ellenica, liturgia orientale, e organizzazione romana; grazie ad abilità e virtù di suoi membri e agli stessi difetti e alle debolezze del sistema, e livellandosi all’umanità media, esso ha posto radici vaste e tenaci, se non profonde, e offre un aspetto massiccio e corrente a chi, sfornito di acuto senso critico e di esigenze spirituali superiori, ne esamini l’architettura esteriore e l’apparente solidità strutturale.
Vorrei oggi presentarvi invece un altro tipo di Società religiosa, largamente cristiana, caratterizzata: dall’assenza di qualunque credo dottrinale, pur con libertà ai suoi membri di aderire a dottrine fondamentali e tradizionali cristiane; dall’importanza prevalente, assorbente, assegnata a una concezione morale della vita ispirata specie da “Discorso del Monte” , ma presa sul serio, e non giocando a rimpiattino con la propria coscienza: dall’eliminazione completa, radicale, di qualunque sacerdotalismo, di qualunque sacramentalismo e ritualismo; quindi dalla completa laicità in religione, senza intermediari di sorta, ma non senza una valida fraterna assistenza nel camino della vita spirituale; e governata da una teocrazia democratica, che riconoscendo la rivelazione dell’anima dell’universo nella voce della coscienza individuale, è protesa con riverenza in ascolto della voce di tutte le coscienze che riconoscono nell’uomo Dio. Giacchè è solo dall’esperienza di ciò che di divino abbiamo constatato nell’uomo che ci è possibile indurre l’idea di Dio, e non già viceversa. “Qualunque cosa sia Dio, l’uomo è divino” (Pandit Nehru):
Questa Società sorse appunto tre secoli fa in Inghilterra, col nome di Società degli Amici, (Friends) in un’epoca di fermenti spirituali, dalla ridiscoperta fatta negli anni 1647- 49 dell’anima desolata e angosciata di un giovane artigiano, George Fox di Fenny Drayton, respinta e ricacciata dentro di sé dalla vacuità delle Chiese: la ridiscoperta del Dio entro di noi, di quella luce interiore che “illumina ogni uomo che viene al mondo,” e da tre secoli essa vive nobilmente, opera intensamente, rende una solenne testimonianza al suo principio della costituzione divina della coscienza, mostrando coi fatti che essa non è anarchica; o piuttosto, che costruire su tale base una società religiosa vitale e moderna, federazione di libere cellule, non è utopia. Giacchè “E? pienamente legittimo indurre dall’esistenza di una cosa la sua possibilità”. “A fianco ad posse valet illatio”:
Scopo di questa presentazione non è già di fare del proselitismo: bensì , -oltre a quello culturale di diffondere la conoscenza storica delle religioni e dei loro valori spirituali, – quello specialmente di allargare e snebbiare l’angusto orizzonte spirituale di tante anime religiose con un grande esempio storico, rispondendo alla ingenua domanda , che spesso si presenta come una obiezione formidabile: “ Come è possibile che esista una società religiosa senza dommi, senza sacramenti, senza riti, e soprattutto senza un clero? Come può una religione fondarsi su un’esperienza religiosa personale e di carattere prevalentemente morale? “ In realtà , sotto questa diffidenza per una religione umanistica di esperienza personale, prevalentemente morale, s’indovina un’ansia patetica per quello che diverrebbe la sorte del povero Dominiddio, qualora, apparentemente messolo in disparte, nessuno sembrasse più curarsi proprio di lui; non più spropositando sulla Sua natura, non più speculando né fantasticando sui misteri della Sua vita intima, sul numero delle Sue persone e sulla topografia dell’aldilà; non più cianciando sulla tecnica dell’azione divina sulle anime, sulla riclassificazione dei Suoi attributi, la Sua azione da tutta l’eternità, il “cachet” miracolistico e il corteo fantasmagorico delle Sue manifestazioni i suoi misteriosi piani per l’avvenire. Però questo allarme per lo spodestamento di Dio è, come vedremo, del tutto infondato: per ché tutto quanto a noi è possibile conoscere della realtà suprema e universale, ci è rivelato nella coscienza umana, che è per noi la perenne progressiva espressione della continua incarnazione dell’anima del mondo nell’uomo, al di là della quale non è possibile per noi riuscire nella nostra ricerca di Dio. Giacché “chi non ama il fratello che vede, come può amare Dio che non vede?” E’ tuffandosi nell’intimo della propria coscienza, in armonia con quella dei loro fratelli, è bene a un’esperienza di Dio che gli “Amici” giungono, perché “in Lui viviamo, siamo, ci muoviamo”; e noi non possiamo rappresentarcelo che come un uomo ideale.
CRISI RELIGIOSA DI GIORGIO FOX
Dalla persona di G. Fox e del decorso della sua vita non diremo qui che poche parole. Il suo ritratto ci è dato, oltreché dal suo Giornale autobiografico, dal suo più illustre amico e seguace , il famoso William Penn.
Nato a Fenny Drayton, nella contea di Leincester, nel 1624, da agiati genitori – il padre tessitore di proverbiale onestà, e la madre giudicata della “razza dei martiri” – egli si distinse già da fanciullo per la gravità , interiorità e speciale sensibilità. Ancora giovanetto, posto come apprendista presso un calzolaio, commerciante anche di be3stiame e lana, del quale presto divenne il “factotum”, egli spiccò per scrupolosa sincerità e rettitudine. Quando il giovane Giorgio aveva pronunziato il biblico “Verily” (“Amen”: “In verità, per certo”) si poteva con sicurezza contare sulla sua parola.
Ma presto il contrasto tra la sua anima retta e pura, sensibile, delicata, aspirante verso le ragioni ideali del bello e del buono, e la società corrotta, falsa febbrile, furiosa di passioni politiche – siamo nel periodo della lotta fra la Monarchia degli Stuarts e il Parlamento- , lo scosse dalla sua visione serena, suscitò il tumulto nella sua anima, e gli impose l’alternativa dell’essere o non essere se steso: del valore della vita e della difesa dei propri valori spirituali. Fu la sua “tempesta del dubbio”: la sua crisi di gioventù, rappresentativa della crisi di un’epoca. Carlyle , nel suo “Sartor Resartus” ne fa il seguente quadro, per mezzo del paradossale Teufelsdroeck.
“Forse l’incidente più notevole dela Storia moderna è non già la dieta di Worms, e meno ancora la battaglia di Austerlits o di Waterloo…,ma un incidente sorvolato dalla maggiore parte degli storici, mentre altri lo pongono in ridicolo: cioè quello di George Fox che si foggia un abito di pelle. Questo giovane seduto nella sua bottega a lavorare pelli conciate, tra pinze, barattoli di colla, resine, e setole aveva dentro di sé uno Spirito vivente…, che non si rassegnava a restarsene lì sepolto sotto monti di cianfrusaglie… Il compito di confezionare ogni giorno un paio di scarpe, sia pure con la prospettiva del salario e di divenire un giorno uno stimato Maestro Calzolaio …, non bastava a soddisfare uno spirito ardente come il suo. Mentre lavorava di resina e di martello, gli giungevano sentori, splendori, e terrori dalla sua patria lontana; giacché questo povero calzolaio era un uomo: e quel Tempio immenso del quale, come uomo, era stato destinato sacerdote, era per lui pieno di un sacro mistero.
Il Clero del vicinato, gli autentici e consacrati Guardiani e interpreti di quello stesso sacro mistero, prestarono l’orecchio, senza cercare di dissimulare la loro noia, alle sue richieste di consiglio; e come soluzioni alle sue perplessità, gli suggerirono di “Gustare tabacco, di bere qualche bicchiere di birra e ballare con delle belle ragazze”. Ciechi. Duci di ciechi! E che giustificazione avevano le loro rendite parrocchiali riscosse e divorate: che bisogno c’era di foggiare quei loro tricorni dalle falde larghe, e d’indossare cotte e sottane; che necessità c’era di tanto indaffararsi, e fare riparazioni alla Chiesa e suonare d’organi e di campane, e far tanto chiasso nel loro angolo del gran mondo di Dio…, se l’uomo non fosse altro che una macchina per digerire, e il suo stomaco con le sue appendici la sola Grande Realtà?
Fox volse le spalle con le lagrime agli occhi e con un santo disgusto, e ritornò al suo tavlo di lavoratore del cuoio…e alla sua Bibbia.
Una montagna di ceneri più alta dell’Etna si era adesso accumulata sul suo spirito: ma spirito esso era , e non si rassegnava ad essere soffocato. Per lunghi giorni ed altrettante notti di silenziosa agonia egli lottò in quel negozio di calzolaio, divenuto più sacro di ogni santuario del Vaticano e della Madonna di Loreto; lottò e si dibattè per liberarsi…
“Così bendato, inceppato, con mille esigenze di lavoro, obblighi, cinghie e stracci e ritagli non posso più vederci né muovermi, non appartengo più a me stesso ma al Mondo: e intanto il Tempo passa e il Cielo è in alto e l’abisso è profondo. Uomo! Pensa ai casi tuoi se hai cervello in testa! Che cosa me l’impedisce? Che cosa mi trattiene qui?… Il bisogno? Il bisogno! E di che? Potranno tutti i guadagni di tutte le scarpe sotto la luna bastare a trasportarmi fino a quella terra luminosa laggiù? .. Oh! So io dove ritroverò la mia libertà spirituale: nella foresta; là dove il cavo di un albero mi darà alloggio, e frutta selvatiche saranno il mio cibo! E per abito…? Ah! E non posso io cucirmi un abito di pelle di durata eterna? “ E Giorgio Fox, un bel mattino, stende per l’ultima volta la sua tavola di tagliatore e taglia le pelli su un nuovo modello, e la cuce insieme a formarsene una tuta, lavoro di congedo della sua lesina. Cuci, nobile spirito! Ogni foro della tua lesina va dritto al cuore della schiavitù, del culto del Mondo e del Dio Mammone. A lavoro compiuto, vi è nella Grande Europa un uomo libero: e quell’uomo sei tu…”
“Se Diogene”, conclude Carlyle dietro la maschera di Teufelsdroek, “fu il più grande uomo dell’antichità, ( salvo un po’ di decoro),a più forte ragione G. Fox fu il più grande tra i moderni: perché anche egli si erge sulla base adamantina della sua umanità, rigettando ogni puntello e ogni sostegno: non con un selvaggio disprezzo svalutando la Terra dal Tempio della sua botte, ma… proclamando sotto l’usbergo della sua tuta di pelle la dignità e la divinità dell’uomo, con spirito di amore”.
Fin qui Carlyle.
Quando G.Fox ebbe fatta l’esperienza fondamentale della sua vita, quella della “Luce interiore”, cioè dell’immanenza del divino nell’anima di ogni uomo, la sua vita fu trasformata: egli divenne, con frase di Wordsworth, “uno spirito dedicato”. La sua biografia, nel periodo dal 1647-49, anni della sua “illuminazione”, al 1690, ultimo della sua vita terrena, può chiudersi in due parole: apostolato e prigionia: entrambi nella serenità e nella gioia.
Quella che era stata più di venti secoli prima l’intuizione della conciliazione degli opposti del grande Eraclito di Efeso, quando scriveva: “Dio è giorno e notte, inverno ed estate, guerra e pace, abbondanza e penuria; come in noi abita la stessa cosa che è vita e morte, veglia e sonno, gioventù e vecchiaia: e la maggior parte della realtà divina sfugge alla nostra conoscenza soltanto a causa della nostra incredulità. Gli uomini non sanno quanto ciò che è diverso sia in armonia”: quella che era stata due secoli prima l’esperienza del cardinale di Cues (il Cusano, arcivescovo di Bressanone), cioè che il pensiero razionale, sottoposto al principio di contraddizione, è inetto ad approssimarsi a quella “conciliazione degli opposti” cioè dei terribili contrasti della vita e dell’esistenza, che è l’unica sintetica vivente dell’Universo; che solo la “intelligentia”, l’intuizione morale e religiosa, può sollevarsi al di sopra di tutte le antitesi vigenti nella sfera della ragione, “ratio”, e ritrovare l’unità e la ragione sufficiente del mondo e della vita umana – questa stessa fu l’esperienza fondamentale dell’incolto giovane calzolaio puro di cuore: e anch’egli pronunziò allora il suo “Everlasting Yea”; il suo “Eterno sì”: e si riconciliò con la vita.
“Vidi che, se vi era un oceano di tenebre e di morte, vi era anche un oceano di luce e di amore che si estendeva su di esso. E vidi l’immensità e la bellezza della mia missione: strappare gli uomini alle loro chiese e ai culti umani, verso il culto in spirito e verità: condurli a quella luce interiore che indicherebbe loro la strada che mena a Dio”.
INTUIZIONE RELIGIOSA DI GIORGIO FOZ
“Tutto il nostro sforzo è rivolto a condurre gli uomini al loro vero Maestro dentro di sé. (“Giornale” di G. Fox).
In questo enunziato della propria missione, che sembrava riecheggiare il monito del Buddha morente: “Monaci, siate luce a voi stessi, siate rifugio a voi stessi, non cercate rifugio in alcun altro”, – con la sostanziale differenza che il “dentro di sé” è sentito da George Fox in un modo immanente che è insieme trascendente – è chiusa tutta la ridiscoperta del fondatore della Società degli Amici, di un rapporto diretto e personale dell’io cosciente con l’io profondo, il “Dio in noi”; e della rivoluzione perenne e immediata di Lui ad ogni anima individuale: “Luce che illumina ogni uomo che viene al mondo”. Perché “Tutti vivono in Dio”; e ciascuno , nella propria coscienza, viene a contatto con quella super-anima , superiore a quella individuale, che opera in essa e in tutte le anime per un fine universale.
Che poi G. Fox abbia tradotto in termini tradizionali cristiani questa sua originale esperienza, ed abbia interpretato costantemente la “luce interiore”, “la luce e la vita”, lo “Spirito di Dio ad ognuno accordato, la grazia di Dio che adduce salvezza e che è apparsa a tutti gli uomini”: come una presenza vivente in ognuno, del Cristo eterno o “Logos” – apparso nel tempo di Gesù, “Dio in noi” che “abita nei cuori” – che egli e molti suoi seguaci a tutt’oggi, abbiano condiviso, riguardo al Gesù storico, per essi incarnazione del “Cristo eterno” le dottrine tradizionali cristiane, anche su alcuni punti che dovevamo poi essere logicamente minati dalla sua concezione fondamentalmente immanentistica, ciò non deve far meraviglia. Le più grandi scoperte nel mondo dello spirito vengono alla luce non già in pure intelligenze ragionanti, ma in uomini legati e circoscritti storicamente per necessità psicologiche e sociali d’interpretazione ed espressione a se stessi e agli altri, alle forme mentali, alle formule, ai simboli, ai miti, alle costruzioni ideologiche del loro tempo e ambiente; in mentalità e coscienze condizionate dalla civiltà e coltura , che ha fornito l’l’”humus” da cui è germogliato il fiore esotico della loro intuizione originale. E noi dobbiamo guardarci dalla svalutare il contributo di preziosa originalità apportato da G. Fox, perché esso ci è offerto in una cornice tradizionale, e talora è nascosto e apparentemente soffocato, da una vegetazione parassitaria.
Quando G. Fox ebbe, nella sua angosciosa crisi giovanile, sperimentato appieno la vacuità di tutte le formole e dottrine delle Chiese e la loro impotenza a riempire il vuoto immenso del suo spirito e dare un valore alla sua vita desolata, una intuizione religiosa originale affiorò in lui. “Udii una voce che mi disse: “Vi è uno solo, Cristo Gesù, che possa dire una parola che faccia al tuo caso presente.” A queste parole il mio cuore sobbalzò di gioia… E di ciò ormai avevo l’esperienza… Vidi che la grazia DI Dio che adduce la salvezza era apparsa a tutti gli uomini, e che la manifestazione dello Spirito di Dio era accordata ad ogni uomo, perché ne tragga profitto… E questo io non vidi già con l’aiuto di uomini o per letture…, bensì nella luce del Signore Gesù Cristo e nel Suo immediato spirito e potere, appunto come i santi uomini di Dio dai quali le Sacre Scritture furono scritte. “ (Giornale) E ancora : “ Non conoscevo Dio per per rivelazione, come Colui che possiede la chiave che aveva aperto il mio cuore, e lo apre.”
La più completa emancipazione dalla schiavitù della lettera delle Scritture fu da lui raggiunta, non già rigettando la dottrina della loro divina ispirazione, ma anzi collaudandola con la sua propria esperienza.
“Perché io mi trovavo già in quello stesso Spirito dal quale le Scritture emanarono: e quello che il Signore mi rendeva chiaro internamente, io lo trovavo poi concordare con esso…” ; “La gente possedeva, sì, le Scritture, ma non era pervasa da quella stessa luce, da quello stesso potere e spirito da cui erano penetrati coloro che le le avevano dettate; e perciò essi non conoscevano giustamente né Dio, né Cristo, né le Scritture: né avevano l’unità reciproca, trovandosi privi del potere e dello spirito di Dio.” (Giornale) Fox proclamava così antifrasando il passo di Agostino: “Non crederei ai Vangeli se non me lo persuadesse l’autorità della Chiesa” – il canone complementare di credibilità: “ Non crederei alle Scritture, né alla Chiesa, se non credessi anzitutto alla mia propria personale intuizione religiosa.”
Sua missione fu quindi di volgere il popolo non già alle Scritture, non già direttamente ad alcuna Chiesa o setta, ma “a quella luce, a quella grazia e a quello spirito dentro di loro, per cui mezzo potessero conoscere la loro salvezza e la loro vita per andare a Dio: a quel divino Spirito che li introdurrebbe in ogni Verità, e che io sapevo infallibilmente non ingannerebbe alcuno”.” (Giornale). “Si da sentire la Sua presenza e possanza in mezzo ad essi nelle loro assemblee” (idem)
Questa nota della scoperta personale, e quindi della conoscenza e certezza diretta della Verità loro rivelata internamente dalla “Luce Interiore.” Dall’Io sublimale, senza bisogno di uscire da se stessi – ma pur senza disconoscere il valore della “rivelazione” affiorata nelle altre coscienze umane nella storia – ritorna assiduamente in G. Fox e negli Amici: e ad essa nel Giornale si allude generalmente, con l’espressione “la verità eterna di Dio”, o semplicemente, “la verità”. “Spalancate le porte alla luce da qualunque parte essa venga; consultate pur gli altri, ma più di tutti ascoltate l’oracolo che è dentro di voi.” Proclamerà poi W. Channing.
E’ vero che “gli stati mistici non recano alcuna autorità, per il semplice fatto di essere mistici” – osserva W James in: La Coscienza Religiosa. “Ma i più alti fra essi accennano a direttive, verso le quali inclinano i sentimenti religiosi anche dei non mistici. Essi parlano della supremazia dell’ideale, di immensità, di unione, salvezza, riposo, con l’autorità di chi possiede queste esperienze. Essi vi sono stati e hanno visto. Invano il razionalismo protesta: giacché i nostri stessi giudizi più “razionali” si basano su di una testimonianza esattamente simile per natura a quella che i mistici citano in favore dei loro… Anche se i cinque sensi sono assenti in tali rivelazioni, esse …sono altrettanto immediate quanto qualunque sensazione per noi: sono cioè presentazioni dirette di ciò che appare immediatamente esistente. Il mistico è insomma invulnerabile…
Egli era solo un teorico e non possedeva per esperienza ciò di cui parlava”; è la critica radicale che g. Fox fa di un prete a cui “turò la bocca”, e di tutte le dottrine religiose professate da chi non ne ha esperienza propria. Al pubblico, perciò , egli non pretende di trasmettere un suo messaggio personale; ma solo parla per “ dirigere gli uomini dalle tenebre alla luce, alla grazia di Dio nel loro interiore, che li istruirebbe gratuitamente” (Giornale) Quando, in America, gli giungerà notizia che i magistrati di Rhode Island divisavano di raccogliere fondi per assicurarsi la sua opera di ministro residente fra loro, egli esclamerà: “ E’ ora che me ne vada: perché se il loro sguardo sarà così rivolto verso di me, o su chiunque altro di noi, essi non verranno al loro vero Maestro.
Questo sistema di stipendiare ministri ha già guastato tanti, impedendo che facessero fruttare essi stessi i propri talento: mentre il nostro sforzo tende a condurre tutti gli uomini al loro Maestro dentro di sé. (Giornale).
E’ qui la ragione e la base dell’accanita opposizione di G. Fox e degli Amici ad ogni forma di sacerdotalismo e di ministero stipendiato.